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Autore: Luce Lawliet    05/09/2011    20 recensioni
Il mio nome è Lyanne Stoinich e questa è la mia storia.
A sedici anni sono stata rinchiusa in un istituto, con altri pazienti, molto...speciali.
Già, perchè il Wammy's Hospital è un luogo molto particolare, decisamente non adatto a voi se non sapete sopportarne la tensione.
Il Wammy's Hospital è un Ospedale psichiatrico.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Mello, Misa Amane, Near, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                 12.

                                                         " Inside, I'm still a Monster..."



                                                     

 



 

I due bicchieroni colmi di caffè diventato ormai freddo e fangoso giacevano dimenticati sulla scrivania bianca. Solo quelli si erano salvati dall'incommensurabile furia di Light, il quale in preda ad un attacco di nervi, aveva finito per gettare a terra qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro. Vagò con lo sguardo per tutta l'infermeria, borbottando qualcosa fra i denti, poi diede un pugno secco alla parete.
Cercavo di restare impassibile, ma stava iniziando ad irritarmi parecchio.

<< Sicuro che la morfina non serva di più a te?>>, ironizzai con falsa allegria, guadagnadomi una delle occhiate più disprezzanti di tutta la mia carriera infermieristica.

<< Come fai a scherzarci su? Ti rendi conto di che razza di situazione sia questa?!>>, il suo tono salì sproporzionatamente e dopo quel monito mantenni un discreto silenzio.

Certo che me ne rendevo conto.
Me ne rendevo conto anche meglio di lui, se era per questo.
Due omicidi in due settimane, record invidiabile per un Ospedale.

<< Merda. Che razza di situazione...>>, gemeva ancora Light. Si lasciò cadere sulla sedia affianco alla mia, fissando un punto indefinito davanti a sè. << Non possiamo lasciare che una cosa del genere continui>>, aggiunse. << Non so per quanto mio padre riuscirà a tenere bendati gli occhi dei media riguardo agli omicidi.>>

<< Una ragazza questa sera è morta e tu ti preoccupi dei giornalisti?>>, mormorai atona, stringendo le dita affusolate attorno al mio bicchiere di carta.

<< Devo preoccuparmi anche di loro e porli in primo piano, considerando che al momento ho le mani legate!>>, ruggì lui, stringendo le mani a pugno.

Sorseggiai lentamente il mio caffè, non badando alla sua reazione. Ero abituata alle paturnie professionali di quel ragazzo e ormai nulla di lui aveva più il potere di intimidirmi. Comprendevo però il suo malumore.
Invero, anch'io ero tendenzialmente turbata all'idea che al momento non potessimo concentrarci sul soggetto che aveva aggredito Amane Misa, poichè non sapevamo a cosa agganciarci.
O meglio, io non sapevo cosa pensare.
Light invece si era improvvisamente fatto silenzioso.
Si stava reggendo la testa con una mano, due dita posizionate sulle tempie; le altre erano scivolate fino a coprire la sua bocca, in una posizione che soleva prendere ogni qualvolta che rifletteva.

<< Tu ti fidi di quello che ha detto Lyanne?>>, mi domandò di punto in bianco, spezzando il silenzio mortifero, reso ancora più letale dal saporaccio di bruciato presente nel mio caffè. Era il terzo in una settimana... era tempo che le cuoche si meritassero la loro strigliata.

<< Perchè, tu no?>>

Fece un respiro profondo e puntò i suoi occhi caramellati nei miei. << Lei e Misa si trovavano all'esterno dell'edificio, sulle rive del laghetto. Erano sole. Non appena è rientrata Lyanne, ho ordinato agli addetti rimasti all'interno di chiudere le porte.>>

<< L'assassino potrebbe non essere rientrato.>>, azzardai.

<< L'ho pensato anch'io. Ma quando ho fatto riportare i pazienti nelle loro rispettive camere, ho controllato personalmente se dalla lista mancasse un nome. C'erano tutti.>>

Rimasi in silenzio.
Tipico di Light, affannarsi a trovare una spiegazione, anche se improbabile, ma pur sempre una spiegazione. Tuttavia non me la sentivo affatto di dargli corda in quest'assurda supposizione, ben che meno sospettando di Lyanne.

<< Senti, vai a casa, Naomi. Sei qui da diciotto ore e il mio turno sarebbe iniziato da un bel pezzo.>>

Non ci voleva un indovino per constatare che era ancora abbastanza alterato da non volere nessuno tra i piedi per il momento, perciò buttai bruscamente il mio bicchiere contenente quella vomitevole vernice color caffè nel bidone, per poi alzarmi e afferrare la giacca nera che avevo lasciato appesa allo schienale della sedia.

 

 

                                                                                                                                                   ***

 

Vivevo a cinque chilometri dall'Ospedale, in uno dei quartieri più affollati dell'Antica Winchester. Detestavo gli edifici posizionati negli affollati centri delle città, per questo non avevo esitato a tenermi la vecchia villa dei miei nonni, un edificio molto semplice, di due piani, accoccolato su un tappeto d'erba perennemente profumata, che faceva da manto colorato al resto del mio quartiere, se così si poteva chiamare.

L'Antica Winchester sorgeva su quelle che erano le rovine del più antico cimitero della città, seppellito dalla secca e spinosa vegetazione morta dei boschi, a Nord.
Detto così potrebbe suonare estremamente lugubre, ma a me era sempre piaciuto. Chissà, forse perchè avevo sempre avuto un debole per il lato oscuro.
Quell'ultimo pensiero mi fece venire in mente Misa.
Una volta entrata in casa, mi tolsi la giacca, senza badare a dove la lasciassi cadere, poi toccò la stessa sorte agli stivali.
Non ce la facevo neanche a guardarmi allo specchio, sapevo di essere devastata.
La faccenda di quella notte mi aveva riversato addosso una scia di inquietudine che per esperienza sapevo benissimo che non sarebbe scomparsa da sola. Per questo mi diressi verso la cucina, tirando fuori da uno degli scomparti più alti la mia riserva segreta di assenzio alla menta.
La mia cura personale in momenti simili ed enorme bomba di concentrazione. Presi un bicchiere pulito dalla lavastoviglie e mi sedetti su uno sgabello, iniziando a riempirlo, molto lentamente.
Non avevo visto il corpo di Misa, ma Light era riuscito comunque a traumatizzarmi, una volta descritto quello scempio.
Parole sue... uno scempio.
Il suo corpo era già rigido e freddo, dopo essere stato tirato fuori da quelle acque, ma nonostante gli sforzi, Light non era stato in grado di praticarle la respirazione artificiale.


[ ... E non ho potuto perchè il suo aggressore non si è limitato ad affogarla. E' presto per dirlo, ma a me sono sembrati segni di morsi quelli che le hanno strappato la carne dalla guancia.]

Inclinai dolcemente il bicchiere di cristallo con sottili movimenti rotatori, osservando compiaciuta il liquido cangiante dondolare pigramente.

Segni di morsi..., pensai, quasi inconsciamente.

Carne strappata...

Un animale...

Misa e Lyanne...

Segni di morsi...

E anche Near...

Segni di morsi.

Bevvi a goccia tutto il contenuto, ingoiando il più in fretta possibile.
Fuoco profumato mi accarezzò la gola, riscaldandomi le membra e accendendo i miei sensi.
D'un tratto, mi venne in mente un'altra cosa.
Lyanne passava praticamente tutto il suo tempo in compagnia di Misa... questo significava che se nell'Ospedale ci fosse stato qualcuno che ce l'aveva particolarmente con quella ragazza, lei avrebbe dovuto saperlo, ma...

No, mi stropicciai gli occhi. Non ci siamo.

Spettegolare era la ragione di vita di Misa.
Di conseguenza, come avrebbe potuto non metterla al corrente del piccolo bambino prodigio incapace di instaurare qualsiasi contatto verbale con chiunque?
Cosa mi aveva lasciata perplessa, dunque?
Ripensai al momento in cui Near aveva gridato: << Non è stata lei!>>
Quel bambino l'aveva difesa.
Ecco cosa mi aveva sorpresa... il fatto che dopo il suo intervento, il volto di Lyanne era rimasto scevro di alcun tipo di stupore.
Il che probabilmente simboleggiava la probabile quanto interessante possibilità che loro due si fossero già parlati, in precedenza.
Mentre mi interrogavo, versai un secondo bicchiere.
Forse tutto questo non c'entrava nulla, forse stavo perdendo tempo, fantasticando su cose apparentemente inutili e sorvolando ciò che contava davvero, ovvero l'omicidio di Amane.
Per la prima volta, dopo anni, rimpiansi di aver lasciato l'FBI.
Con una pistola, un paio di manette e un distintivo mi era più facile analizzare nel vivo casi del genere, perchè spinta dai giusti stimoli.
Mossi appena il bicchiere e il luccicchio dell'anello che portavo all'anulare destro attirò la mia attenzione.
Da quando L era morto non ero più riuscita a tenerlo al suo posto, ovvero, alla mano sinistra.
Nessuno capiva, era... era una pena insopportabile!
Feci un respiro profondissimo, nel tentativo di riprendere il controllo.
Non potevo pensare a lui.
Non adesso.
Non di nuovo.
Eppure, quantunque le mura si alzassero protettive, per difendere la mia mente dal tormento dei ricordi, mi parve di risentire la sua voce.
L'assenzio brillò come pura luce.


[ E' un trasferimento definitivo. Hai sempre detto che ti piacerebbe visitare la Norvegia!]


Senza che me ne accorgessi, punture di spilli invisibili ferirono i miei occhi neri, miscelando nel dolore bruciante, anche la nascita di lacrime ardenti.


[ Tu non sei una nullità, Naomi...]


Il bicchiere tremò appena, provocante quanto distruttivo.


[ ...Oppure Naitoenjeru.]*


Un movimento improvviso del mio braccio e il bicchiere che stringevo andò a frantumarsi contro la tappezzeria, ricoprendo il tessuto di colanti rivoli scuri.

 

 

                                                                                                                     ***




Wammy's Hospital, ore 8.30.

Non parcheggiai l'auto nella zona riservata al personale, non mi sarei trattenuta a lungo.
In altre circostanze, il volto stupito e allo stesso tempo ammonitore di Light mi avrebbe fatto sfuggire un sorriso, ma oggi mi fece solo venir voglia di guardare da un'altra parte.

<< Che ci fai qui?>>, mi interrogò non appena varcai la soglia della hall.

<< E buongiorno anche a te.>>, risposi, incamminandomi verso l'infermeria.

<< No, non è per niente un buongiorno. Mi spieghi perchè sei venuta?>>, insistette, seguendomi a ruota. In mano stringeva una cartella gialla che non avevo mai visto. Non appena ci buttai uno sguardo, se la mise sottobraccio.

<< Volevo dare un'occhiata a Lyanne e Near.>>, buttai giù, sperando che quest'inizio bastasse per mandare a nanna la sua curiosità.

Ovviamente non desistette.

<< Naomi...>>, iniziò, ma lo interruppi bruscamente.

<< Piuttosto, tu che ci fai qui? Le stelle non si vedono più da sei ore, lo sai?>>

<< E' scoppiato un putiferio, dopo che te ne sei andata. Ieri notte ha chiamato il signor Wammy.>>, l'occhiata esitante con cui mi rivelò quell'ultima informazione mi fece intendere che avrebbe preferito non mettermene al corrente.

In effetti, fui presa contropiede.

<< Come? Quillsh Wammy?>>, pronunciare il suo nome dopo tanti anni mi fece uno strano effetto.

Light annuì. << Ha insistito per parlare con mio padre. La conversazione è durata meno di tre minuti, ma sono sicuro che fosse furioso. E mio padre, devastato.>>

Ripresi a camminare, cercando di schiarirmi le idee.

<< E' arrivato il rapporto sulla morte di Amane?>>, domandai, come se mi fosse venuto in mente per caso.

<< Naomi, è il tuo giorno libero, non mi va che ti prenda la briga di fare gli straordinari... tanto mio padre non te li pagherà!>>, aggiunse, derubandomi di un mezzo sorriso.

<< Fidati, non resterò a lungo. Ho bisogno di vedere se è arrivato un fax. Ieri sera mi sono dimenticata di controllare.>>, asserii, entrando nell'infermeria vuota.

<< Che fax?>>, volle sapere Light, appoggiando la cartellina sul tavolo.

<< Un indirizzo. Ho faticato due settimane e mezzo per convincere la segretaria con quell'orrida voce da gesso scricchiolante a inviarmelo.>>

<< Ah, l'ho messo sulla tua scrivania. Chi è Mail Jeevas?>>, mi domandò, andando a prendere il foglio.

Lessi velocemente e mi preparai ad inviare un altro fax, questa volta destinato a quell'indirizzo.

<< Per ora è l'unico appiglio che ho trovato per scoprire qualcosa su quella ragazzina... anche se potrei benissimo aver preso un granchio. Gli sto inviando un paio di foto di Lyanne che abbiamo scattato il primo giorno. Gli ho scritto anche il mio numero di cellulare, così, in caso la riconoscesse, mi contatterà. Potrebbe volerci del tempo.>>, mormorai, premendo INVIO.

Il fax partì.

<< E una è sistemata.>>, sorrisi appena, voltandomi verso di lui. << Ora, dimmi cosa sai sulla morte di Amane.>>

Lui non fiatò.
Lo sguardo mi ricadde sulla cartellina ed ebbi un improvviso sospetto. Mi fiondai verso la scrivania per afferrarla, ma Light fu più rapido.
Tirò il braccio verso l'alto, in modo che non potessi raggiungerla.

<< Ti ho detto che non mi va che ti preoccupi di queste cose anche oggi!>>, esclamò, imprigionandomi in uno sguardo carico di rimprovero.

<< Ok.>>, sbuffai. << Rimandiamo a domani.>>

Light sorrise, sollevato.

<< Ma almeno dimmi qualcosa!>>, aggiunsi, incapace di mettere un freno a mano al mio vecchio istinto poliziesco.

Il ragazzo sospirò a bocca chiusa, cercando di nascondere l'irritazione.

<< Ci avevo visto giusto, l'altra notte. Hanno confermato che si trattava di morsi. Le hanno asportato una parte della guancia e il labbro inferiore, e la lingua è stata strappata via.>>

Non dissi una parola e lui continuò. << Dicono che a quanto pare, ha tentato di difendersi. Aveva dei lividi sulle spalle e sotto le unghie hanno trovato tracce di pelle, ma non hanno ancora finito di analizzarla. Non ti dirò altro per oggi, quindi fammi un favore: vai a casa. Oppure fai un giro a Ovington, devi distrarti. Lascia fare a me.>>, concluse, togliendomi un ciuffo di capelli corvini dalla fronte e sistemandomelo dietro l'orecchio, regalandomi un sorriso rassicurante, al quale non potei fare altro che cedere.

 

Non avendo lasciato la macchina nel parcheggio principale, fui costretta a percorrere due fiancate dell'edificio, fino a trovarmi nel giardino sul retro. Da lì intravedevo la guglia della cappella, la punta così aguzza e impolverata dai secoli che non riuscii a fare a meno di provare una fitta dolorosa allo stomaco.
Avvicinarmi a quel luogo consacrato significava riaprire ferite vecchie, ma non ancora rimarginate del tutto, col rischio di squarciarle irreparabilmente.
Tuttavia, l'altra metà del mio cuore provò un inaspettato senso di vergogna al pensiero di aver rimosso completamente quella cappella e tutto ciò che conservava dalla mia mente.
Maledicendo la mia personalità sensibile, mi diressi a passi rapidi, ma incerti, verso la cappella che il signor Wammy aveva fatto restaurare circa un anno fa, impedendo al tempo e alle tempeste di distruggere un'intera schiera di secoli che testimoniavano la sua antica esistenza.
I miei stivali neri esitavano sul terreno sabbioso e spaccato, man mano che mi avvicinavo al portico.
Fu lì che udii il canto.
Il mio corpo si fermò.
Troppo tenue per riconoscere le parole, ma troppo pulito, splendido e malinconico per appartenere ad una persona che canticchiava solo per svago.
Cambiai direzione e mi avvicinai alla vegetazione che cresceva selvaggia e priva di limiti. Dopo un attimo di esitazione, superai la soglia oscurata dall'ombra degli olmi e mi addentrai lentamente, attraverso gli arbusti.
Perchè lo stavo facendo?
Sapevo cosa c'era, oltre quelle piante.
Sapevo cosa avrei trovato.
Mi stavo dirigendo verso il retro della cappella, avvicinandomi ad una scalinata di pietra scheggiata, che una volta doveva essere stata perlacea, ma che ora era inghiottita dal grigio polveroso che aveva trasformato quel marmo intoccabile in comune pietra calcarea.
Preferii scendere sul terreno, reggendomi ai rami secchi degli alberi più bassi e facendo costantemente attenzione a dove mettevo i piedi, finchè non intravidi le lapidi.
Lapidi scure, i cui solchi erano stati quasi tutti cancellati.
Di un colore grigiastro, che sporgeva da intense macchie nere, come se qualuno ci avesse passato sopra una mano ricoperta di cenere... o come se fossero state inghiottite dalle fiamme di un incendio, alcune dritte, altre inclinate, altre perfettamente curve, altre ancora frastagliate, simili a minacciosi denti.
Denti... i denti che hanno lacerato la giovane carne di quella ragazza.
Il mio sguardo si spostò d'istinto laddove avrei trovato la lapide più recente.
Era quella più grande.
La forma di croce che gli avevano conferito avrebbe potuto venir confusa con facilità, a causa dei serpenti d'edera che si erano intrecciati sopra di essa, intrappolandola nelle spire dei loro rametti, profumandola con il fresco effluvio delle loro foglie, che sebbene in mezzo ad una natura quasi morta del tutto, conservavano ancora potenti respiri di vita.
E lì, appoggiata con timore alla pietra, c'era Lyanne.
I suoi ricci rossi, unica macchia distinta e penetrante di colore in mezzo a quel nulla scevro di vita, erano legati in una coda alta, che ormai a causa della brezza, si era ridotta in un groviglio di ciocche svolazzanti.

 

                                                            One time in my life

                                                                  I lost myself

                                                    And you were there by my side



Nessuno di noi l'aveva mai sentita cantare, ma in quel momento, senza ancora comprenderne appieno la ragione, fui felice di ascoltarla.
Non sapevo cosa mi spingesse ad appropriarmi di tutte le parole melodiche che le sue labbra scaturivano, ma sapevo che più mi avvicinavo, più volevo sentire la sua voce cantare, più forte e più forte ancora.

 

                                                             I needed you there

                                                           But I didn't know

                                                              What I become !

                                                                     Inside...



Smise improvvisamente di cantare, voltandosi verso di me.

<< Ciao, Lyanne.>>, la salutai sorridendo, pur delusa del fatto che si fosse interrotta.

Non mi rispose subito. Si limitò a fissarmi attentamente, mentre mi avvicinavo, liberandomi dall'abbraccio dei rovi.

<< Naomi.>>, disse. << Non ti avevo riconosciuta. E' solo che, a volte...>>, lasciò sul vago la frase, picchiettandosi delicatamente con un dito una tempia.

Aggrottai la fronte. << Ti fa male?>>

<< No.>>, si affrettò a rassicurarmi. << Mi sento abbandonata.>>, aggiunse, quasi impercettibilmente.

<< Ascolta, non dovresti restare così lontana dall'ingresso principale, da sola. Il personale deve essere in grado di aiutarti, nel caso ti succeda qualcosa, hai dimenticato che c'è un...>>, mi interruppi, notando che teneva le labbra ben serrate.

Si sforzava di non piangere.

<< Lyanne... mi dispiace.>>, mormorai, sfiorandole una spalla.

Non si mosse.
Una volta il dottor Yagami, dopo aver finito di esaminare con scrupolosa riflessione i risultati di un test che avevamo provato a farle compilare, aveva scosso la testa, borbottando: << Questa ragazza non ha nulla che non va... ma non ha neppure dove andare.>>
Lyanne restava un punto interrogativo da diversi punti di vista.

<< Qualunque cosa stessi cantando poco fa...era meravigliosa.>>, asserii, notando con piacere che sollevò la testa.

Non stava piangendo.

<< Oggi Near non ha voluto uscire dalla sua stanza, malgrado i tentativi degli infermieri di persuaderlo. Si stringeva le ginocchia e rifiutava la colazione. Light mi ha chiesto di fare qualcosa per lui.>>

Light... certo.
Se lo aveva chiesto proprio a lei, significava che anche lui si era accorto della reazione di Lyanne l'altra sera.

<< Sta bene adesso?>>, le chiesi.

Annuì, sorridendo. << Oltre a questa, non conosco altre canzoni. E decisamente questa non sembrerebbe adatta ad un bambino, ma lui si è calmato.>>, lo disse con una serenità quasi eccelsa.

Sorrisi, segretamente stupita.
Si vedeva però che Lyanne era ancora scossa, ma non sembrava aver voglia di parlarne, così la incitai un'altra volta a spostarsi nel cortile principale e feci per allontanarmi.
Allora lei mi chiamò.
Mi girai, il sorriso pronto per essere usato come tecnica di rassicurazione, ma la sua espressione mi colpì così tanto che il sorriso non arrivò mai.

<< Tu credi agli Dei della Morte?>>

<< Cavolo, no! Si tratta solo di leggende legate ai culti delle popolazioni mondiali.>>, risposi, sollevata del fatto che si trattasse di una domanda così sciocca.

<< E allora in cosa credi?>>, mi domandò ancora.

Feci una pausa. << Credo solo in ciò che posso vedere, sentire e toccare, in quanto reale.>>

<< Quindi non credi in Dio?>>

Questa volta non le risposi. Non avrei saputo che cosa dire. Quando ancora c'era L avrei avuto una risposta pronta e completamente priva di dubbi.
Adesso non avevo più niente.
Uscii silenziosamente dall'intrico di arbusti e pietra dimenticata, lasciando quella ragazza sola, con le mani che sfioravano la lapide con su inciso il nome di L.

 

 
                                                                                                        
                                         ***




Autostrada di Ovington, ore 22.00

Era il peggior temporale che avessi mai visto da quasi sei mesi, la pioggia batteva sul parabrezza così furiosamente che rischiava di sfondarlo.
Alla fine avevo deciso di seguire il consiglio di Light. Ci avevo messo due ore a raggiungere Ovington, guidando sulla statale e una volta arrivata avevo dato il via a tutti i mesi di shopping e gelati che avevo dovuto reprimere a causa del lavoro.
Avevo provato a chiamare al Wammy's Hospital, ma come succedeva praticamente tutte le volte in cui si scatenava un temporale, la linea di quella catapecchia di manicomio saltava, come anche il contatore.
Per questo motivo avvenivano spesso i black out.
Il cielo aveva fatto molto in fretta ad oscurarsi, brillavano come diamanti le prime stelle, mentre percorrevo un'autostrada fortunatamente poco affollata.


Bip.
Biribip.
Biribiribip.

<< Oh, no. Che palle, non adesso!>>, sbottai, decisa a non rispondere. Le mie vecchie abitudini da agente mi costringevano a rispettare il codice della sicurezza stradale, in quanto al guidatore non è concesso parlare al cellulare. E poi mi era rimasta mezza tacca di batteria, il cellulare sarebbe morto da un minuto all'altro.
Peccato che chiunque fosse, non aveva la minima intenzione di lasciar perdere.


Bip.
Biribip.
Biribiribip.

Forse era importante.
Aprii la borsa e afferrai il cellulare con una manata.

<< Chi parla?>>, sbottai.

<< E' lei Naomi Misora?>>, rispose una voce molto giovane, dall'altro capo. Probabilmente lo sconosciuto ( dalla sua voce, sembrava un ragazzino) doveva essersi accorto della mia ostilità, ma il suo tono educato resse perfettamente il gioco. << Pronto?>>

<< Sì, scusi. Sono io, ma chi parla?>>

<< Sono Mail Jeevas.>>

<< Oh.>>, lo stupore non mi permise di dire nulla di più verbale o intelligente. Non credevo mi avrebbe richiamato così presto.

In fin dei conti, buon per me, anche se per il momento il mistero sull'identità di Lyanne era la cosa che mi preoccupava meno di tutte, ma tentai comunque di prestare interesse. << Non mi aspettavo che richiamasse così in fretta...non per sembrarle scortese, ma in questo momento...>>

<< Aspetti, deve ascoltarmi. Ho appena preso un aereo per Winchester, sarò lì entro quattro ore.>>

Quella rivelazione riuscì a lasciarmi senza parole, considerando che erano quasi le dieci di sera.

<< Ehm... mi... sorprende che...sono lusingata, ma...>>, lusingata? Ma cosa stavo dicendo? << Perchè questa decisione improvvisa? Riguarda il fax che le ho inviato?>>

<< Sì>>, rispose. Non mi piacque il modo in cui lo disse. D'un tratto, una jeep color giallo senape, ricoperta di graffiti infuocati ai lati delle portiere mi superò bruscamente, urtandomi lo specchietto e clacsonandomi a tutto spiano.

Se fossi stata un'agente, come minimo avrei sparato alle loro gomme, senza pensarci troppo su.

<< Sono corso all'aereoporto non appena ho visto le foto della ragazza che mi ha spedito.>>, aggiunse.

<< Ah...>>, mormorai, svoltando con fatica alla mia destra. Avevo sempre trovato faticosissimo effettuare i tornanti con una mano sola. << E quindi? L'ha riconosciuta?>>

Le parole pronunciate in seguito dal ragazzo si presentarono al mio orecchio come sfarfallanti fili vibratori e non capii una sola parola.

<< La linea è disturbata, può ripetere?>>

<< Le ho chiesto se adesso quella ragazza si trova da sola, con lei. Sta ascoltando la conversazione?>>, mi chiese. La sua voce si era fatta più sottile, come se temesse la mia risposta.

<< No>>, negai. << Io sono in macchina e lei ora è nel Wammy's Hospital. Per il momento è ancora una nostra paziente, quindi non le è permesso uscire all'esterno dell'Ospedale, ma il dottor Yagami ha accordato le trattative per farla uscire. E' da un mese che cerchiamo in lungo e in largo informazioni sulla sua famiglia o su qualche suo conoscente, ma fino ad ora ho solo trovato lei, signor Jeevas.>>, sul "signore", in verità, non ci speravo molto, dato che dalla sua voce, forse era anche più giovane di Lyanne.

<< Sul foglio che mi ha mandato c'era scritto che si era presentata a voi come Lyanne Stoinich, giusto?>>

<< Esatto. E ci ha rivelato anche il nome di suo padre. Dagli archivi statali, però, risulta che Nikolaus Stoinich sia morto il 18 dicembre di cinque anni fa. L'unico nome accomunato al suo che ho trovato è il tuo, Mail. Posso darti del tu?>>

<< Ma adesso lei è con il personale?>>, mi chiese ancora, ignorando la mia domanda.

<< Certo>>, risposi, confusa e un po' seccata. << Voglio dire, il personale controlla tutti i pazienti in generale, con discrezione. Con i pazienti innocui o con quelli che stanno per venire rilasciati si limitano alle telecamere.>>

<< Allora chiami l'Ospedale!! Avverta tutto il personale e telefoni immediatamente alla polizia!>>, proruppe il ragazzo, lasciandomi per la seconda volta disorientata.

<< Per quale motivo dovrei farlo? Non ne ho l'autorità, se non per una ragione valida!>>

<< D'accordo, allora avverta i medici che la ragazza di nome Lyanne Stoinich, in realtà, non si chiama Lyanne Stoinich... il suo vero nome è Melissa Jeevas.>>

Melissa Jeevas?
Questo significava che...

<< Quindi sei suo fratello!>>, asserii, lieta finalmente di aver trovato una pista illuminata nell'oscura memoria perduta di quella ragazza.

<< Sì, lei è mia sorella, ma non è...>>

<< E' una splendida notizia! Non sai quanto ha patito quella ragazza i primi giorni, non riusciva a darsi pace a causa del vuoto che...>>

<< Non è questo che sto cercando di dirle! Quella ragazza vi ha ingannati tutti! Non lasciatela libera, non permettetele di uscire! Mi creda, è seriamente pericolosa!>>, mi interruppe. Qualcosa nella sua voce mi mise in allarme, anche se le sue parole concitate non fecero altro che lasciarmi oltremodo perplessa.

Lyanne pericolosa?
Per fortuna mi trattenni dal ridere, Mail avrebbe sicuramente sentito.
Tuttavia, il ragazzo rimase in silenzio, attendendo la mia reazione. Fu quel silenzio teso e agro a farmi passare qualsiasi forma di divertimento dalle labbra ed ebbi l'improvviso sospetto che parlasse sul serio.

<< Ma...ma di che stai parlando...? Le foto che ti ho inviato sono quelle di una ragazzina di sedici anni, timida, introversa, incapace a momenti perfino di insultare qualcuno!>>, ribattei, trovando la faccenda semplicemente assurda. Ero sempre stata a brava a cogliere le menzogne. Certo, sarebbe stato più facile osservando il volto del mio interlocutore, ma se questo Mail si divertiva a farmi perdere tempo non ci avrei messo due secondi a sbattergli il telefono in faccia.

<< Esatto, Lyanne era perfettamente come lei l'ha descritta. Il punto è che se ho ragione, quella ragazza non è Lyanne!>>

<< E allora chi sarebbe? Non capisco...perchè dici che è pericolosa?>> la mia voce risuonò più agitata, anche se mi sforzavo di controllarla.

<< Prima mi dica una cosa, per piacere. E' avvenuto qualcosa di strano, o anche semplicemente movimentato, all'interno dell'Ospedale, in questi giorni? Pazienti o dottori che si sono feriti in singolari circostanze... litigi violenti, oppure...>>, si bloccò momentaneamente, ma quando riprese la sua voce era ferma e sicura. << oppure omicidi?>>

Oh, no.
Come faceva lui, a saperlo?
Il dottor Yagami si era occupato personalmente di assicurarsi che le morti di Sean e Misa non fossero pubblicate in prima pagina, finchè la polizia non fosse venuta a capo delle indagini.
A dispetto di tutte le mie certezze su Lyanne, o Melissa, chiunque fosse, non potevo comunque credere a ciò che quel Mail stava rivelando, perchè era assurdo.
Si stava sbagliando.
Quelle morti non c'entravano niente -niente!- con Lyanne.
In effetti, a pensarci bene, lei era presente in entrambe le situazioni, ma questo non provava nulla.
Una semplice accusa infondata da parte di un ragazzino che se ne stava in un altro continente non poteva reprimere un intenso fiuto da detective che era andato sviluppandosi per anni, per questo non ci credevo.
Conoscevo quella ragazza, era tutto fuorchè pericolosa.
Non avrei tuttavia scoperto come fosse venuto a conoscenza degli omicidi mentendogli, perciò optai per la verità.

<< Sì, sono morti due pazienti. La polizia ha confermato che si tratta di omicidio, ma conosco quella ragazza. Una delle vittime era sua amica, è assolutamente impensabile che le abbia torto un capello.>>

<< Le credo. Lyanne non avrebbe mai torto un capello a nessuno neppure per gioco, diversamente da sua sorella Melissa.>>, rispose, una nota di profonda angoscia celata dalla voce composta. << Mi ascolti attentamente. Io e Melissa siamo figli di madri diverse. Nacqui un anno e mezzo dopo di lei. A quel tempo, lei e la sua gemella Lyanne vivevano con la madre, ma quando quest'ultima scoprì il tradimento di mio padre, decise di lasciarlo, portando con sè anche loro. In seguito alla sua morte, toccò a mio padre prendere la custodia delle figlie e ci trasferimmo in Estonia, rimanendoci per quasi dodici anni.>>

<< Che cosa stai cercando di dirmi?>>

<< Che mia sorella Melissa soffre di un gravissimo disturbo mentale. Si chiama Borderline*, immagino lo conosca. Causa instabilità riguardanti l'identità dell'individuo e la sua è una forma rarissima, perchè è in qualche modo collegata con il Disturbo Dissociativo, per questo, il più delle volte appare confusa e disorientata. Forse è per questo che non si ricorda quasi nulla del suo passato, come mi ha accennato nei fax. Fatto sta che iniziò a comportarsi in modo strano all'età di otto anni. A quel tempo era solo una bambina e mio padre non prese le dovute precauzioni. Ma quando compì dieci anni, i sintomi cominciarono a manifestarsi con frequenza, ed erano sempre più violenti.>>

<< No, un momento...è impossibile che questo genere di malattia si sia manifestato in età così precoce! In genere avviene molto più tardi...>>, mi intromisi, mentre le informazioni acquisite si concatenavano nella mia mente a velocità assurda, rendendo il tutto estremamente privo di qualsiasi logica.

<< Lo so benissimo. In Europa sono stati registrati meno di quindici casi così regrediti dal 1945 a oggi.>>, convenne Mail.

Solo in quel momento mi accorsi che stavo ansimando. Feci un respiro profondo, prima di riprendere da dove ci eravamo interrotti.

<< Be'...e di quali sintomi stiamo parlando, esattamente?>>, sbottai. << Le avete fatto fare dei controlli, immagino.>>

<< Quelli non sono bastati. Melissa aveva una specie di... autocontrollo, decisamente inferiore agli standard normali. E' estremamente empatica e ciò la porta a provare ogni sorta di legame con qualsiasi persona, animale, cosa che la impressioni notevolmente. Mio padre dovette rinchiuderla al Grayor's Istitute, in Estonia, all'età di undici anni, perchè aveva ucciso delle persone e aveva mostrato spaventosi sintomi di antropofagia! Ogni volta che lo faceva la sua personalità si frammentava e ne acquisiva una nuova, quella della persona che aveva ucciso.>>

<< Cosa vuol dire? Le persone affette da questi disturbi conservano due o più personalità, ma in genere non arrivano oltre a cinque!>>

<< Una volta, una psicologa tentò di interrogarla. E' stata quella l'unica volta in cui mia sorella ha mostrato tutte le parti di se stessa. La psicologa ne è rimasta traumatizzata. Ne ospitava più di diciotto.>>


[ Tu credi agli Dei della Morte?]


Non può essere vero.
Non è possibile.

In quel momento udii un fischio prolungato, segno che la batteria era andata. Solo in quell'attimo realizzai che non potevo chiamare l'Ospedale, né nessun altro, e che mi trovavo a due ore dal Wammy's Hospital.

 

 

                                                                                                                                       [ continua]

 




* Naitoenjeru significa " angelo della notte".

* Siccome mi sembra di aver fatto un capitolo abbastanza articolato e lungo da far venire i crampi allo stomaco, scriverò i sintomi precisi di questa malattia nel prossimo capitolo =)

Be'... onestamente non ho più nulla da dire. Ho scritto anche troppo e sono sicura che oltre ( forse) ad avervi chiarito qualcosa, sia anche riuscita a confondere su qualcos' altro, ma è normale. Il prossimo capitolo completerà al meglio le spiegazioni.

 

Ho scritto l'utima parte di questo capitolo ascoltando proprio " Monster". E' una delle canzoni più tristi che abbia mai sentito e personalmente la trovo perfetta per la vera natura di Lyanne, provare per credere! http://youtu.be/V-ZIiqI2JZk 

 

Detto ciò... a voi il giudizio.

Grazie a tutti quelli che continuano a seguire assiduamente The Wammy's Hospital e che me lo commentano, facendomi sentire soddisfatta del mio lavoro.

Dico davvero, scrivere per voi è un onore.

A presto, Luce 

   
 
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