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Autore: JoyBrand    06/09/2011    1 recensioni
Quella che si prospettava come il suo trampolino di lancio nel mondo giornalistico, si rivelerà per Layla, giovane giornalista musicale, un’esperienza che la sconvolgerà. Toccando con mano il crudo mondo della rock star, stringerà amicizie, si innamorerà, odierà, e si troverà a far i conti con i fantasmi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Memories, sharp as daggers

Pierce into the flesh of today

Suicide of love took away all that matters

And buried the remains in an unmarked grave in your heart

[HIM – Killing Loneliness]

“Un po’ di vacanze, finalmente!”

“Non è che fin’ora vi siete ammazzati di lavoro” commentò pungente Bruce con un sopracciglio alzato.

I Sevenfold stavano per avere la loro prima pausa durante il loro tour europeo, nientepopòdimeno che in Olanda.

“Bruce, sei il solito rompiscatole” grugnì Jimmy.

“Ad Amsterdam poi” Clare sospirò “speravo proprio in Parigi o Venezia”. Guardò sconsolata verso suo marito, in quel momento intento ad imprecare contro la consolle per videogiochi con la quale stava giocando.

“Be’, mi dispiace tanto di non aver pianificato il tour sulle vostre esigenze, piccioncini. D’altronde, il tuo arrivo non era neanche previsto.” Fece il manager alzandosi offeso prima di rifugiarsi in un altro scompartimento del bus.

Assistevo a quella scenetta, simile a molte altre, in silenzio, divertita, finché non fui chiamata in causa.

“E tu Layla? Hai mai visitato l’Olanda?” mi domandò Clare incuriosita.

“No” risposi “in realtà prima di lavorare al giornale, non ero mai uscita dall’Inghilterra”.

“Pazzesco” fece Syn, che di tanto in tanto prestava ascolto alla conversazione, mentre sfogliava una rivista di auto sportive.

“Non è così pazzesco se devi preparare esami su esami” spiegai con un sorrisetto imbarazzato. Le mie abituali occupazioni da diciannovenne sembravano così fuori luogo in quell’ambiente. Mi venne una fastidiosa fitta allo stomaco al pensiero che entro due mesi sarei ritornata alla noiosa routine di tutti i giorni, senza parlare della sessione estiva degli esami da recuperare.

Qualche ora dopo, arrivammo ad Amsterdam. I ragazzi erano alquanto su di giri. Non vedevano l’ora di avere cinque giorni per sballarsi senza dover avere orari prestabiliti o la voce autoritaria di Bruce che li riportava all’ordine. Io, dal mio canto, ero più che lieta di non dover salire su un bus per almeno qualche giorno.

Il concerto quella sera si svolse regolarmente. Lo guardai, come stava diventando mia abitudine, dietro le quinti insieme a Clare che, neanche a dirlo, aveva occhi solo per Mr. Shadows. Alla fine ci ritrovammo tutti nel backstage.

“Dichiaro ufficialmente iniziati i nostri cinque giorni di libertà” ruggì Matt, aprendo una lattina di bitta e bagnando tutti a mo’ di benedizione. L’euforia si sparse nella stanza,che si riempì ben presto di urla.

“Hey  piano” Bruce cercava di riportare la calma “Andiamo, su, un po’ di attenzione! Devo dirvi. . .” ma nessuno lo ascoltava.

“SILEEEENZIO!!!” urlò Bruce. Non avrei mai pensato che un uomo tanto mingherlino potesse avere una voce tanto possente. Poteva esser preso in considerazione in caso di infortunio di Matt, chissà. . . Comunque sia, l’urlo suscitò l’effetto desiderato. Sette volti sbigottiti si voltarono a fissare Bruce, nel più completo silenzio. Quest’ultimo ci guardò uno ad uno.

“Oh, al diavolo!” fece infine sistemandosi il cappellone da cowboy “fate quel che cazzo volete, ci vediamo sabato” e uscì a grandi passi dalla stanza. Altre urla seguirono quest’ultima frase.

Una volta calmati, fradici della bitta che Matt continuava a tirarci addosso, decidemmo sul da farsi.

Matt e Clare decisero che, almeno per quella sera, volevano starsene per conti proprio; Zacky ci disse che sarebbe andato a trovare una sua vecchia conoscenza –nessuno ebbe il coraggio di indagare-; mentre Johnny e Jimmy si mostrarono entusiaste di andar a scoprire le bellezze culturali di Amsterdam (mi ci volle qualche minuto per capire che si riferivano a locali a luci rosse).

Mi voltai verso Syn “E noi che facciamo?”

Un sorrisetto sinistro si formò sul suo volto “Lascia fare a me”

Senza alternative, così feci, e in breve ci ritrovammo a camminare per le strade di Amsterdam piene di turisti, pur essendo quasi mezzanotte.

“Insomma, dove stiamo andando?”sbottai impazientita. Stavamo camminando da quasi mezz’ora, e Synyster sembrava non aver alcuna intenzione di dirmi dove eravamo diretti.

“Fidati di me”.

Ma farlo non era semplice. Synyster continuava a fermarsi e tornare indietro in cerca di chissà cosa. Finalmente, dopo altri dieci minuti di ricerca, ci fermammo.

“Ta daaaa” fece Syn con un gran sorriso, indicandomi il locale davanti al quale ci trovavamo.

“Una pasticceria?” chiesi scettica. Cavolo, doveva trattarsi della migliore pasticceria del mondo se Syn era tanto impaziente di andarci. Ma uno strano sbrilluccichio nei suoi occhi mi fece ricredere sulla mia ingenuità.

“Ah.”

Rise della mia reazione e aprì la porta, invitandomi a seguirlo. In men che non si dica eravamo in una normalissima saletta seduti ad un tavolo, con un bel piatto di biscotti fumanti. Mi guardai intorno. Molte altre persone, per lo più si trattava di turisti, erano seduti a graziosi tavoli di legno simili al nostro-

“Okay” dissi nervosa tra me e me. Non era la mia prima esperienza con droghe leggere, ma fumarsi una canna in un vicolo scuro in compagnia di alcuni amici di corso mi faceva molto meno strano che starmene comodamente seduta in un ristorante a mangiare biscotti all’hashish.

Syn, che era seduto di fronte a me, sghignazzava davanti la mia titubanza.

“Al mio tre, che ne dici?” propose lui afferrando un biscotti

“D’accordo” accettai, afferrandone uno a mia volta.

“Uno. . .due. . .tre…”

Addentai e ingoiai il primo morso, il sapore non era niente male. Dopo un po’ Syn ne aveva gatti già fuori tre, mentre io ero ancora al secondo. Al terzo la testa prese a girarmi. Syn urtò col fomito il portatovaglioli, che cadde a terra. Trovai la cosa molto, molto divertente. Difatti iniziai a ridere da sola.

“Dio, Layla” fece Syn guardandomi e ridendo a sua volta “reggi da schifo”.

Quando il piatto di fu svuotato, uscimmo barcollanti dal locale. Inciampavo ad ogni passo e ben presto mi trovai ad avanzare aggrappandomi a Synyster, mentre lui mi cingeva le spalle con un braccio.

“Cazzo se adoro Amsterdam” disse lui, la voce alterata dallo stato in cui si trovava.

“EVVIVA AMSTERDAM” urlai io, facendo girare qualche passante.

“Shhh!” fece Syn ridendo. Rise fino ad accasciarsi al muro, trascinandomi giu con se, continuando a ridere come un pazzo.

“P-perché ridi?” riuscii a chiedere, anch’io col fiato corto dalle risate.

“Non ricordo più dov’è il nostro hotel” rispose, gli occhi lacrimanti dalle risate.

“Oh- oh. Pare proprio che dovremmo disturbare Bruce” dissi con un sorrisetto malizioso.

“Si arrabbierà tantissimo!” disse entusiasta Syn.

Presi il mio cellulare e chiamai Bruce. O almeno ci provai.

“Pronto?” rispose una voce insonnolita.

“Ah ah! Stava dormendo!” urlai io

“Passamelo, passamelo!” si lagno Syn.

“Layla? Ma che diavolo stai dicendo?” ruggì la voce a telefono.

Intanto Syn, dopo una breve lotta, era riuscito a impossessarsi del telefono. “Bruce! Vecchia volpe!”

Non riuscii a sentire la risposta dall’altro capo del telefono, ma sentii Syn dopo una breve pausa dire “Come? Non riconosci più gli amici? Sono io, Brian! Synyster, SY-NY-STER!”

Dopo alcuni secondi staccò la chiamata, e mi fissò con uno sguardo serio “Conosci un certo Patrick?!”

“Sì”

Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Non ho idea di come, ma alla fine riuscimmo a chiamare Bruce che, con chissà quanta pazienza, venne a cercarci per portarci in hotel.

Gli effetti dell’hashis non erano ancora del tutto svaniti quando, appena mi gettai sul letto, sentii qualcuno bussare alla parta. Andai ad aprire senza neppure chiedere chi fosse e mi ritrovai davanti Syb, appoggiato allo stipite.

“Non ho sonno” disse, come se fosse un’ovvietà.

Mi feci da parte per lasciarlo passare. Neanche lui sembrava ancora completamente lucido.

“Vediamo un po’ di trovare qualcosa” fece lui, scavando nel minibar in camera.

“Non possiamo metterci a far casino in albergo!” la parte più ragionevole di mesi stava noiosamente risvegliando.

Syn non mi degnò di una risposta, continuando a cercare.

“Bingo!” esultò stringendo in mano una bottiglietta contenente liquido trasparente.

“Non è un granché ma meglio di niente” aggiunse, sdraiandosi sul letto e iniziando a svuotare il contenuto della bottiglietta. Lo raggiunsi.

“Hey, Syn” feci ad un tratto “che fine hanno fatto le tue scarpe?” Syn infatti indossava solo calzini. Dubitavo avesse avuto il buonsenso di levarsele in camera sua.

Si guardò i piedi sorpreso, accorgendosi probabilmente per la prima volta quella sera di essere scalzo. Scoppiammo a ridere, guardando subito istintivamente i miei piedi.

“Oh cazzo!” esclamai, osservando stavolta i miei calzini.

“Hey” disse lui, quando l’ilarità suscitata da quella bizzarra scoperta finì “ ti va di continuare la festa a casa?”

Cacciò dalla tasca dei biscotti familiari, avvolti da un tovagliolo.

“Quando li hai comprati?”

“All’uscita, quando siamo andati a pagare il conto”

Probabilmente ero troppo fatta per ricordare. Ne erano quattro, che dividemmo. La stanza andava via via assumendo toni sfocati. Anche Syn aveva lo sguardo confuso.

“Sai” disse ad un tratto girandosi verso di me per fissarmi, il volto appoggiato ad un pungo chiuso “mi sono sbattuto la mogliettina di Matt qualche volta”

Ma bene, eravamo arrivati al delicatissimo momento delle confessioni da strafatti.

La potenza di quella confessione mi investì come un tornado.

“Credevo fosse il tuo migliore amico” sussurrai.

“Oh, per favore, se la sono fatta tutti nella band” disse con noncuranza.

Ripensai allo sguardo carico d’amore e affetto negli occhi di Clare mentre fissava Matt. No, non era possibile. Povero Matt.

Il mio volto doveva essere un libro aperto, perché subito dopo aggiunse “Oh andiamo, non essere in pena per lui, le ricambia il favore alla grande. Dovresti saperlo meglio di tutti”

Mi rizzai a sedere all’istante, furiosa “ Per l’ultima volta Synyster, tra me e Matt non c’è stato niente”

Syn rise, una risata isterica, priva di gioia. Mi inquietò.

“Ah no? Strano, Matt è sempre così bravo a sottrarmi ciò che voglio”. Mi perforò con i suoi occhi scuri, sembrava davvero arrabbiato. Sussultai, molto più scossa di come sarei dovuta essere, ma la droga alterava ogni mia percezione.

“Hey” fece lui, raddolcendo lo sguardo e la voce “mi spiace. . .”

Mi prese piano tra le braccia e io posai la testa sul suo petto, rannicchiata come una bambina. Syn cominciò ad accarezzarmi i capelli. D’un tratto la mia testa si riempì di ricordi. Una canzone. Delle risate. Un’auto. Una curva. L’impatto. La mia camicia preferita sporca di sangue. Il rumore delle sirene dell’ambulanza, lontano.

Syn mi strinse più forte, dandomi un bacio sulla fronte. Mi accorsi di star singhiozzando.

“Cos’hai Layla?” mi chiese a mezza voce.

Scossi la testa, nascondendola nella sua maglietta. Non so se mi addormentai o persi la cognizione del tempo, fatto sta che quando aprii gli occhi, erano ormai asciutti. Syn aveva gli occhi chiusi, ma con una mano continuava a giocherellare con i miei capelli.

Sbadigliai e lui aprì gli occhi, accorgendosi che ero svegliai. Mi sorrise, senza smettere di accarezzarmi i capelli, e io me stavo buona, la testa ancora sul suo petto.

“A cosa pensi?”  mi domandò.

“Hai un buon odore” risposi senza pensarci. Arrossii all’istante, appena mi resi conto di aver formulato la risposta ad alta voce. Mi diede un bacio sulla testa.

“Non vuoi dirmi cos’è successo?”

“No, non stanotte. Forse un giorno te lo dirò”. Non insistette, gesto che apprezzai alquanto.

“Layla. . .” disse titubante

“Sì?”

“Mi dispiace per prima”

“Tranquillo, non eri in te” lo rassicurai.

“Piuttosto, sono abbastanza sicura che abbiamo chiamato il mio capo, fuori la pasticceria” dissi , sperando di rompere quell’atmosfera piena di tensione che si era venuta a creare. Ridemmo, ricordando quei momenti assurdi.

Disegnò il profilo del mio volto con le dita. Lo lasciai fare, rilassata da quel contatto. Poggiò la mano sotto il mio mento e, gentilmente, attirò il mio viso verso il suo. Dio, stava per baciarmi. Ricordai una scena simile, la prima volta che io e Syn rimanemmo soli. In quell’occasione ero io la sua nemica, mentre lui si preoccupava si sorvegliare Matt, adesso sembrava quasi che i ruoli si fossero ribaltati. Fu un bacio veloce, che mi piacque più di quanto fosse lecito. Syn era sul punto di dire qualcosa quando squillò un cellulare. Sbuffò di fastidio.

“Sì?” ripose burbero. Impallidì e sbarrò gli occhi, passandosi una mano sulla fronte “Arrivo subito” aggiunse. Staccò la chiamata e mi guardò terrorizzato.

“Cos’è successo?” chiesi con un filo di voce. Non ero sicura di voler sapere la risposta.

“Matt ha avuto un’overdose. E’ in ospedale”.

 

Spazio del Blablabla

La scena della pasticceria olandese è ispirata da una divertentissima scena tratta dal film Eurotrip.

Ringrazio ognuna di voi che continua a seguire la mia storia. Aspetto di ascoltare i vostri pareri ;)

Al prossimo capitolo!

  
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