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Autore: LuluXI    06/09/2011    3 recensioni
Disclaimer: personaggi di Masami Kurumada (con delle eccezioni)
Il Saint del Cancro si è sempre portato appresso dolore e distruzione, tanto da meritarsi il nome di Death Mask, la maschera della morte. In lui di buono, forse, non c'è niente. Potrebbe dunque, diventare padre?
Un'idea talmente illogica da poter apparire addirittura plausibile.
Come si sarebbe comportato Death Mak se avesse avuto un erede?
E, soprattutto, cosa sarebbe cambiato nella sua storia?
(OOC per sicurezza, non si sa mai. Rating Arancione, per lo stesso motivo)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una figlia per la morte'
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NOTE PRE-LETTURA: Signori, prima di iniziare, i miei ringraziamenti a ElenaNJ, che con la sua Roundrobin “Nati sotto una stella”, mi ha messo in testa la pazza idea di fare avere una figlia a Death Mask, e da quella che doveva essere una One-Shot è nata la( ancora più pazza) idea di dare uno sviluppo al tutto.
La storia è dedicata a GioTanner, per il semplice motivo che adora il custode della quarta casa e perché mi ha spinto a mettere in pratica quella che era solo una “vaga idea”. Questo primo capitolo introduttivo è identico a quello postato nella Roundrobin (fatta eccezione per una frase detta da Death riguardo a Saga, cambiata perchè avevo bisogno di inserire la storia in un arco temporale diverso per renderla più plausibile.) Il caro cavaliere del Cancro ha all’incirca 14 anni, un po’ giovane per avere figli ma, d’atra parte, questi Saint sono cresciuti molto in fretta(secondo me), vista la loro posizione.
Inoltre, uno come Death Mask, ce lo vedo anche a 14 anni a tenere certi comportamenti…
Detto questo, vi lascio alla lettura!


“Cavaliere hanno lasciato questo per…”
“Sta zitta, non vedi che mi sto allenando?” rispose Death Mask voltandosi verso l’ancella. “E non mi pare di averti chiamato, sguattera…”
“Lo so, perdonatemi Cavaliere ma hanno lasciato per voi…”
“Mollalo lì ed esci Sara, a meno che tu non voglia diventare parte della tappezzeria” concluse il Saint, indicando con un cenno del capo le pareti della casa, cosparse di teste, mentre sorrideva all’ancella: un sorriso tutt’altro che rassicurante.
 
Fu sufficiente: Sara lasciò a terra il fagotto ed uscì di corsa.
Il Gold Saint non si preoccupò minimamente di controllare cosa c’era dentro quel lenzuolo: continuò con il suo allenamento, impassibile.
Solo quando sentì piangere, si voltò verso la porta, inarcando un sopracciglio.
“E tu che cavolo ci fai qui?” domandò al bambino, facendo un paio di passi verso di lui, con aria seccata. “Forse alla tua mamma non hanno detto che mister pietà è Saga di Gemini e che lui alloggiava alla terza casa e che dalla sua scomparsa nessuno accoglie più marmocchi qui?”
Con pochissima delicatezza afferrò il bimbo per un braccio, sollevandolo da terra: il lenzuolo e un piccolo foglietto, caddero a terra, mentre il bimbo continuava a strillare.
“Ah, una bambina allora, ancora peggio…” affermò sprezzante, chinandosi per osservare il piccolo biglietto.
“Nove mesi di lavoro li ho persi a causa tua: ora arrangiati, maiale!”
 
Death Mask corrugò la fronte, con aria seccata: quella proprio non ci voleva.
Al grande tempio lo sapevano tutti quanto il Gold Saint della quarta casa amasse le avventure di una notte: tutti sapevano che pagava delle prostitute, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di dirgli niente. In fondo i soldi erano suoi, e poteva farne ciò che voleva.
Ma quella bambina era una bella gatta da pelare, eppure Death Mask non si disperò, anzi: scoppiò a ridere, e la sua risata sgualcita, si diffuse per tutto il quarto tempio, mentre il cavaliere riappoggiava sul lenzuolo la bimba.
“Chissà quanti soldi le ho fatto perdere…”, commentò sprezzante, prima di scoppiare nuovamente a ridere: e stranamente, fu la sua risata a zittire la bimba.
“Ah, finalmente taci mocciosa…” commentò Death Mask, stendendosi a terra, tra le numerose teste dei suoi nemici, ricominciando ad ignorare quel piccolo esserino che aveva accanto.
 
“Quale delle tante?”Si domandava Death Mask, mentre ripensava a molte delle sue notte passate sveglio, ubriaco, in compagnia di una donna qualunque.
Si rese conto che non si ricordava bene nessuna di loro.
“In fondo, perché dovrei averle tenute a mente?”Per lui non significavano nulla, se non pur divertimento. Non aveva tempo di pensare seriamente ad una donna lui, cavaliere di Atena: tutto ciò che gli importava era un po’ di svago dopo una dura giornata di allenamenti. Quello e nient’altro aveva senso, perché sapeva perfettamente che affezionarsi a qualcosa o a qualcuno lo avrebbe reso fragile.
E lui non aveva intenzione di rammollirsi.
 
La bambina ricominciò a piangere e costrinse il Cavaliere a voltarsi a guardarla.
“Dannazione, taci, inutile ammasso di carne!”. Quella bambina aveva l’innata capacità di fargli perdere la pazienza in pochissimo tempo: la avrebbe uccisa e avrebbe appeso la sua testa al muro, tra le tante altre teste putrefatte.
Si mise a sedere, con la chiara intenzione di porre fine all’esistenza di quella creatura, che per lui non aveva alcun significato.
Alzò l’indice della mano destra, pronto a colpire. “Seki…”
Death Mask si fermò, rimanendo con la mano ferma a mezz’aria.
La bambina aveva smesso di piangere, non appena aveva alzato il braccio e ora lo fissava con aria incuriosita, con i suoi occhi blu.
“Dannazione!” sbottò il Gold Saint, ricambiando lo sguardo della bambina.
Espanse nuovamente il suo cosmo, pronto a colpire, ma la bambina non sembrava preoccupata: lo fissava, e sorrideva.
 
Sembrava divertita dalla situazione, forse ignara delle intenzioni del padre.
“Stupida mocciosa, non guardarmi con quella faccia!” esclamò Death Mask irato e la bambina, in risposta, scoppiò a ridere.
Il Gold Saint si trovò spiazzato. Era abituato ad urla di terrore, a lacrime, a richieste pietose di aver salva la vita: ovunque andava portava la morte e tutti lo temevano.
E quella mocciosa rideva e lui non poteva farci niente: “Mia figlia ride di me”
Scosse il capo con indignazione, scacciando quell’ammasso di pensieri.
Quella bambina non centrava nulla con lui, era una dei tanti bambini sfortunati, che si erano ritrovati sulla sua strada: sarebbe stata un altro dei suoi trofei.
Eppure, non riusciva a lanciare il Sekishiki Meikaiha; aveva ucciso tanti bambini innocenti e non riusciva ad uccidere quella.
“Perché dannazione, perché!” con un urlo di rabbia, tirò un pugno al pavimento, creando un solco profondo: l’espressione della bambina non cambiò.
 
“Gli occhi”, pensò Death Mask.
Già, quegli occhi blu: erano i suoi, non ci si poteva sbagliare. Erano i suoi stessi occhi quelli che aveva davanti, l’unica cosa che lo tratteneva dall’uccidere quella bambina.
Aveva i capelli rossi, insignificanti capelli rossi e un corpicino esile, fragile, che avrebbe potuto distruggere con una sola mano: quella bambina non aveva niente di suo, a parte gli occhi.
Capelli rossi, come il sangue, come tutto il sangue che lui aveva versato: gli sembrava che gli dei lo stessero prendendo in giro.
La afferrò per un braccio e la sollevò da terra, in malo modo.
“Ebbene mocciosetta, io ti faccio ridere, vediamo se ridi davanti a questo!” esclamò Death Mask , mettendo la bimba faccia a faccia con una delle teste appese alla parete.
Con aria perplessa la bimba guardò prima lui, poi la testa e, senza esitazioni, vi posò sopra una mano.
“E ora che faccio io con questa cosa?”
“Sara!”
Con un urlo Death Mask richiamò la sua ancella.
 
“Mi…mi avete chiamato cavaliere?” domandò la ragazza, affacciandosi nella stanza.
“La vedi questa?” domandò indicando col braccio libero la bimba.
“Si…si la vedo, Cavaliere”
“Perfetto!” esclamò Death Mask con un ghigno, lasciando la bambina tra le braccia dell’ancella. “Voglio che ti prenda cura di lei. Dalle da mangiare, lavala, istruiscila… Crescila, come se fosse tua figlia. E quando ti dirò di farmela vedere, me la farai vedere. Sono stato chiaro?”
“Si..si cavaliere…” rispose balbettando la ragazza, che ora teneva la bimba in braccio.
“Sai che cosa succederà se non farai bene cosa ti ho detto vero?” domandò poi Death Mask osservando la bimba che si stava agitando, impaziente, in braccio a Sara: a quanto pare non si trovava bene.
La ragazza, alla domanda del cavaliere, si limitò ad annuire.
“Perfetto, e ora sparisci” Così la congedò il Gold Saint.
“Come si chiama?”.
La domanda della ragazza lo colse alla sprovvista. “Che ne so io?” pensò il Gold Saint, mentre si voltava per osservare la bimba.
I suoi occhi e quei capelli color del sangue: decisamente figlia sua. E proprio per questo non avrebbe potuto darle un nome banale come Maria, Giulia, Anna o robacce simili.
“Aletto” disse Death Mask, prima di superare l’ancella, per lasciare il quarto tempio.
Il nome di una delle tre erinni, i mostri che rappresentavano la vendetta, sarebbe stato perfetto per sua figlia.
 
Per un istante lui, il grande Death Mask aveva avuto paura di rammollirsi per colpa di quell’esserino. Ma in fondo, quella bambina si era dimostrata alla sua altezza: non aveva paura di lui e della morte che alleggiava in casa sua.
Tale quale al padre.
DeathMask sorrise tra se e se: forse aver risparmiato la mocciosa per creare un piccolo mostro, si sarebbe dimostrato divertente.
O forse quella era solo una scusa dietro la quale nascondersi.
 
 
NOTE:
Eccomi qui di nuovo! La mia prima Fiction con, come protagonista il perfido custode della quarta casa. Diciamo che è stata una sfida per me, perché non cadere in un banale OOC con Death Mask è veramente difficile(secondo me). Quindi, spero di non aver stravolto troppo il personaggio e mi scuso se la mia visione del cavaliere del Cancro non sarà proprio identica a quella di Kurumada.
Ci tengo a spiegare perché ho scelto lui(dopodiché vi lascio alle vostre recensioni).
Non è il mio preferito e anzi, all’inizio mi stava antipatico: ho iniziato a rivalutarlo solo nell’ultimo periodo. Però, in fondo, è un personaggio molto interessante: un Saint di Atena senza scrupoli, che identifica la giustizia con la forza…Ma pur sempre un Gold Saint! E mi è sempre piaciuto pensare che, in fondo (ma molto in fondo), avesse anche lui una parte buona e che quindi, se si fosse ritrovato con un bimbo tra i piedi, avrebbe deciso di prendersene cura, a modo suo.
So di avere altre fic in sospeso, ma un’idea così andava scritta e portata avanti, prima che a qualcuno venisse la stessa idea xD
Nella speranza di poterla aggiornare con regolarità, aspetto le vostre recensioni(se vorrete recensire).
Grazie comunque a chi, semplicemente, legge.

   
 
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