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Autore: GioGiaMon    06/09/2011    1 recensioni
Equinozio di primavera;i pensieri Luthien, Elfa dalla bellezza fuori dal tempo, vanno all'ormai lontana Battaglia condotta contro l'oppressore. Una figura si delinea nella sua mente; ricordi dal sapore dolceamaro della sua amica combattente umana.
Di Jocelyn rimanevano ormai solo della pergamene ingiallite, su cui la donna scrisse brevemente i suoi pensieri e riflessioni.
Nota: è la prima originale che pubblico; è stata il mio primo esperimento, forse non troppo riuscito. Critiche sono ben'accette.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pergamena III

Pergamena III

Mai vidi un elfo lasciarsi trasportare dall’entusiasmo; pacati e distaccati. Serenità e pace, questo è quello che mostrano. Ed a volte è frustrante, almeno per me. Ho bisogno di emozioni, di provare euforia e profondo sconforto; passione travolgente e devastante ira. La quiete non è mai stata in me, anche se ho fatto di tutto per avvicinarmi ad essa.

Luthien si dimostrò un’amica fidata e insegnate paziente. Ma accaddero fatti talmente sconvolgenti e inattesi da gettare il panico in tutto l’Impero e l’intero Vecchio Continente.  Quando l’imperatore Felix Marcus morì in circostanze misteriose senza prole, l’Alto Profeta si autoproclamò reggente dell’Impero, prevaricando i diritti dell’Augusta Imperatrice. Tutta la nobiltà fu espulsa dal Senato Imperiale, rimpiazzata da Ecclesiasti di alto rango.

La Chiesa e l’Impero, grazie all’appoggio militare della Sacra Guardia dell’Esercito Imperiale, erano ormai un unico essere. Il terrore serpeggiò su tutto il Vecchio Continente quando, pochi giorno dopo aver preso il potere, l’Alto Profeta emanò la Bolla “Ad extirpanda”: annunciava guerra d’espansione ed epurazione. Il suo obiettivo era di avere il potere assoluto temporale su tutto il Vecchio Continente; inoltre proclamava che la Chiesa doveva essere l’esclusiva custode dei segreti della magia. Chi non si piegava al suo volere, sarebbe stato eliminato, sia esso umano o no, singolo guerriero o un intero esercito.

Per giunta, gli abitanti dell’Impero furono vessati da pesanti tasse, aumentando a dismisura la povertà e miseria: l’Alto Profeta pretendeva fondi per suo progetto di conquista.

Quindi i nobili esclusi dal Senato Imperiale si sentivano in dovere di fermare tale abuso di potere; cercarono di organizzare un esercito. Non potevo restare in disparte, mi sentii chiamata in causa.

Luthien provò a dissuadermi in ogni modo; comprendevo perfettamente la sua filosofia, ma non la condividevo. Non potevo permettere che l’Alto Profeta  distruggesse tutte quelle vite; ma non sapevo bene che cosa fare.

Sapevo che gli elfi non sarebbero intervenuti e che l’Alto Profeta, prima di spingersi oltre la Foresta Oscura, ci avrebbe pensato due volte.

I Nobili reclutarono chiunque avesse abbastanza coraggio in corpo da affrontare l’Esercito Imperiale o chiunque fosse abbastanza disperato. Sì, disperato è l’aggettivo giusto: negli anni dell’Epurazione Scarlatta, gli Ecclesiasti avevano carpito gli arcani della magia da tutte le povere vittime giustiziate quindi, in prima linea, vi erano le creature evocate con la magia dagli Ecclesiasti.

Figure oscure, dalle fattezze di demone che fluttuano in aria; servi fedelissimi e letali mieterono migliaia e migliaia di inesperti e spaventati soldati volontari, mentre i loro evocatori si limitavano a curarli ad una distanza di sicurezza.

Un’ecatombe dalle proporzioni inimmaginabili: nessuno si aspettava che vi fossero degli Evocatori tra le fila della Sacra Guardia. Avevo imparato l’Arte della Guarigione quindi pensavo e speravo di essere utile.

La Resistenza aveva costruito un accampamento intero per i feriti; in verità sembrava più un luogo dove i feriti venivano lasciati agonizzare e spirare senza alcun sollievo. I medici, pochi e mal addestrati, correvano affaccendati in lungo e in largo tra i miseri lettini in cui giacevano i moribondi; si impegnavano almeno a non far spegnere da soli i feriti e, qualora fosse nelle loro capacità, addolcivano la loro dipartita.

Faticai molto per raggiungere il campo: nessuno voleva essere considerato complice della Resistenza, perciò le mie domande venivano ignorate, perlomeno nel migliore dei casi. Dovetti valicare i confini dell’Impero per avere delle risposte.

Precisamente nella fredda regione di Hollowpicks, tra le gelide e inospitali montagne dell’imponente catena Xanarnum. Proprio ai piedi di questa catena era situato l’accampamento; il vento gelido potava con sé tutta la durezza dei ghiacciai che, da millenni, imprigionano le alte cime.

Coperta da un pesante mantello blu notte, mi presentai all’ingresso, dove due guardie mi sbarrarono la strada.

Sono qui per rendermi utile. dissi alle guardie.

A meno che tu non sia un medico o meglio una Guaritrice, non puoi essere di grande aiuto! rideva. Rideva di un riso amaro e disilluso.

Ma io sono una guaritrice! Mettetemi alla prova. sentivo i lamenti salire alti come ululati. Volevo sinceramente fare qualcosa.

I due soldati mi scortarono fin dentro: lo spettacolo che si consumava davanti ai miei occhi era nauseabondo. Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non girarmi e scappare inorridita.

A pochi metri da me vi era un giovane uomo riverso su una lettiga: bendato alla meglio, aveva perso un occhio e dalla fasciatura sull’addome, una macchia rossa si allargava sempre più. Si agitava; soffriva tremendamente. Mi accostai piano e gli presi la mano. Per un attimo fu travolta da tutta la sua sofferenza; chiusi gli occhi e cercai di allontanare qualsiasi sensazione o emozione.

Ci volle del tempo, ma riuscii a trovare la calma necessaria. Espirai profondamente e poggia delicatamente la mia mano sulla ferita. L’uomo cessò di lamentarsi, le guardie mi guardarono sbigottite. Il poveretto cadde in un sonno profondo ma tranquillo; avevo fermato l’emorragia. Per provarlo gli tolsi la benda: il sangue non sgorgava più, la pelle era di nuovo compatta, non era più in pericolo di vita.

Ma la reazione delle due enormi sentinelle che mi accompagnavano non fu quella che mi aspettavo: mi puntarono le loro lame alla mia gola. Ci rimasi un po’ male, dopotutto volevo solo rendermi utile.

Cercai di trattenermi dall’estrarre la mia spada; ho pensato di risolvere le incomprensioni con la diplomazia, illudendomi di frenare la mia irruenza.

Ehm, possiamo trovare un punto d’incontro pacificamente? misi bene in vista le mie mani, in modo da fugare qualsiasi ipotesi di una mia reazione.

Chiedo di parlare con il capo della Resistenza o con qualcuno che ne faccia le veci. Così da mettere in chiaro che sono qui per aiutarvi. Sarebbe possibile? i due grugnirono qualcosa tra loro, a me incomprensibile. Forse la strada della diplomazia aveva funzionato, mi dissi.

Ma  mi sbagliavo. E di grosso. Guardai bene i loro volti: vi leggevo solo terrore. I pregiudizi sulla magia erano abbastanza radicati e vederla accadere sotto il proprio naso, non era esattamente cosa comune. Quindi, senza troppi convenevoli o cerimonie, uno dei due vibrò un poderoso fendente in aria, che prontamente schivai senza troppa fatica.

Dapprima mi limitai solo ad evitare i loro attacchi, cercando di rassicurali. Riuscii solo ad ottenere insulti e altre guardie che mi aggredivano. Ma la mia pazienza stava arrivando al limite: l’idea di impugnare la mia spada e disarmarli tutti era irresistibile; era come un dolce richiamo che veniva da lontano, che mi lusingava e tentava, mentre la mia frustrazione cresceva.

Alla fine cedetti; estrassi l’arma con un rapido movimento. Rapida usai la parte non affilata della spada per disarmarli uno ad uno. Non riuscivano a seguire i miei fulminei movimenti e, forse, mi stavo divertendo un po’ troppo a prendermi gioco di loro.

Sono qui per aiutarvi, idioti! E voi non lo capite? Ma siete tutti ciechi? Non vedete cos’ha fatto la Chiesa? Vi ha riempito di pregiudizi! La combattete ma in realtà siete pervasi dalle sue folli idee! Avete bisogno di me! Guardatevi in giro maledizione! Molti di loro non supereranno la settimana! Non posso fare miracoli, ma ciò che è nelle mie capacità, lo farò più che volentieri! ero livida. Non riuscivo a credere che mi avessero attaccato nonostante la mia dimostrazione di collaborazione.

Ripensandoci ora, trovo la loro reazione normale e, almeno in parte, comprensibile. Non avevano mai visto la magia se non per veder cadere i loro fratelli, amici, padri e cari; avrei dovuto essere più comprensiva.

Nella lotta il mio cappuccio era calato rivelando la mia folta chioma rossa.

Lunghi capelli cremisi. Li vidi solo una volta nella mia vita. Appartenevano ad una ragazzina un po’ troppo irruenta. Ma quei riccioli indomiti come il fuoco non li ho mai dimenticati. in quel momento mi odiavo con tutta me stessa. Avevo gli occhi lucidi. La voce era più profonda di quanto ricordassi ma il tono calmo e pacato aveva accompagnato molti notti piene di meravigliosi sogni. Mai avrei potuto sperare tanto: era Thomas.

Mi costrinsi a non sorridere come una sciocca innamorata speranzosa, quale ero; mi voltai piano, cercando in tutti modi  di controllare la mia espressione.

Jocelyn, non sapete quale immenso piacere è per rivedervi. di nuovo, come quel giorno nel bosco, si chinò e mi fece il baciamano. Ma questa volta le mie sensazioni furono del tutto diverse: il cuore sussultava nel petto, il mio respiro si era fatto irregolare e la mia solita parlantina era di colpo sparita.

Era diverso da come lo ricordavo; era diventato un uomo. Sul viso vi era tutta la preoccupazione per i fatti che avevano sconvolto l’impero e il Vecchio Continente ma non riusciva a scalfire il suo fascino.

Mi ero dimenticata quanto i suoi occhi fossero magnetici; mi stavo perdendo nel guardarli, dimenticando tutto il resto.

  È vero Madonna?Madonna? Jocelyn?

Sì? Cosa? gli risposi. Cielo, che figura!

Che avete curato un mio soldato con la magia. la pazienza sembrava una sua virtù innata. Il suo temperamento era così lontano dal mio.

Sì, l’ho curato. Sono una guaritrice e vorrei dare una mano. Nei limiti delle mie possibilità. gli risposi.

Sapevo che avevate delle capacità eccezionali! Sono contento che siate qui, anche se l’idea che voi dobbiate soffrire una tale penosa visione mi rattrista. ‒ disse, sinceramente rattristato.

‒ Non vi preoccupate di ciò che vedono i miei occhi! Non sono una debole! E so badare a me stessa! Proverò a curare più persone possibile! ‒ il mio tono di voce risuonò aspro e secco.

Mi misi subito al lavoro; volevo aiutare il più possibile ma mi scontri con la dura realtà. Curare tutti era al di là delle mie forze e mi dovetti arrendere. Poco prima che sorgesse l’alba, caddi esausta sulle mie ginocchia; sentivo il peso del fallimento gravare su di me. Ero talmente spossata da non riuscire più nemmeno a stare in piedi. La mia stanchezza era anche mentale.

Dolcemente sentii che un mantello mi veniva posto sulle spalle; mi voltai e vidi Thomas. Delicatamente mi pose le sue mani sulle spalle e alzò in piedi. Non disse una parola, il suo sorriso ebbe, su di me, l’effetto di una brezza che spazza in cielo tutto le nuvole.

‒ Avete bisogno di riposo; siete pur sempre umana. Non chiedete troppo a voi stessa. Avete già salvato molte vite. ‒ avrei voluto dirgli che potevo fare di più, che dovevo fare di più, ma sarebbe stata una bugia dettata dal mio orgoglio.

Mi comportai come una bambina e seguii i suoi consigli.

Mi stette accanto, finché non mi sentii di nuovo in forze.

Nel giro di un mese riuscii a curare la maggior parte dei feriti; inoltre cercai di addestrare gli uomini a contrastare gli Evocatori. Servivano arcieri precisi e archi potenti. L’unica soluzione che mi veniva in mente era chiedere aiuto agli Elfi, ma diffidenza reciproca tra le due razze forse rappresentava un ostacolo. Che fare?

  
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