Il canto del gallo mi distolse dal sonno, facendomi
svegliare. La prima cosa che vidi quando aprii gli occhi fu il tavolo della
cucina, e allora capii che ancora una volta il sonno mi aveva rapito prima che
potessi raggiungere la mia stanza; infatti, ero ancora davanti al caminetto.
Richiusi gli occhi e mi stirai, cercando di scacciare
le ultime tracce di sonno. Quando mi sentii un po’ più sveglia, mi alzai dal
pavimento che per quella notte era stato il mio letto e andai alla finestra,
dalla quale entrava la timida luce dell’alba.
I primi raggi di sole illuminavano il palazzo e i
giardini che lo circondavano, rendendo il paesaggio un po’ più magico rispetto
al solito. Sospirai e appoggiai la testa sulle braccia, continuando a guardare
i raggi solari diventare sempre più chiari.
Mi piaceva un sacco guardare l’alba, era uno dei pochi
momenti in cui potevo stare in pace con me stessa, e dove potevo essere libera
di pensare a quello che volevo senza essere disturbata.
-Bella!- esclamò una voce alle mie spalle.
Sorpresa, mi voltai verso il punto in cui avevo
sentito provenire la voce e vidi che si trattava di Giselle, una delle
domestiche che lavoravano insieme a me.
-Buongiorno Giselle- la salutai, sorridendole.
-Padroncina, cosa ci fa qui a quest’ora? Poteva dormire
almeno qualche altra ora..- mi chiese avvicinandosi.
Giselle, così come gli altri domestici della casa,
continuava a parlarmi come se fossi la padrona del palazzo, ma la cosa non era
più così da parecchio tempo ormai. Adesso la padrona di tutto era Ludmilla, e
la cosa sarebbe andata avanti ancora per parecchio tempo..
-Veramente mi sono svegliata da poco, e mi trovavo già
qui..- ammisi.
Giselle mi guardò bonariamente. -Avete di nuovo
dormito davanti al caminetto? È già la terza volta questa settimana!-
-Lo so, ma stavo leggendo e devo essermi addormentata.
Non ricordo bene..- le spiegai. Guardai verso il caminetto e vidi che lì
accanto c’era un vecchio libro, proprio come avevo detto.
-Ah lasciamo stare! Credo proprio che questa cosa non
cambierà mai!- esclamò la donna, voltandosi verso la credenza.
Giselle mi conosceva praticamente da quando ero nata,
sapeva tutto di me e mi voleva bene come se fossi sua figlia. Quando mio padre
morì e Ludmilla mi costrinse a lavorare per lei, mi restò vicino e mi aiutò a
superare tutte le nuove difficoltà che quella situazione comportava. Alcune
volte mi era venuto spontaneo persino chiamarla mamma; in certe situazioni
sembrava proprio una figura materna, molto più di Ludmilla che aveva occhi solo
per le sue due figlie, che erano anche le mie sorellastre.
Cominciai ad aiutare Giselle con la colazione ed
eravamo impegnate ad impastare il pane per il pranzo quando in cucina entrò
Margaret, l’altra domestica.
-Giselle, Bella- disse salutandoci. Dopo qualche
secondo si voltò di nuovo verso di noi, cominciando a fissarmi. -Hai di nuovo
dormito qui, tu- affermò convinta, puntandomi un dito contro.
-Non ti si può nascondere niente, eh?- domandai
scherzando. Margaret mi sorrise e Giselle scoppiò a ridere.
-Margaret, cara, credo che questa cosa se la porterà
dietro in eterno!-
-Oh, lo credo anch’io- Margaret mi si avvicinò e mi
fece togliere le mani dall’impasto. -Cara, qui ci pensiamo noi. Non ti devi
disturbare tanto.-
-Siete sicure? Perché posso aiutarvi! Mi piace farlo..-
dissi, guardando le due donne in faccia.
-Lo sappiamo, Bella, però.. c’è Jacob che ha bisogno
di una mano in giardino, e mi ha chiesto di dirtelo- mi spiegò Margaret.
Sorrisi. -Davvero? E cosa devo fare insieme a lui?-
-Lo vedrai quando sarai lì- Giselle mi sorrise e mi
fece un cenno verso la porta. -Dai, corri che ti sta aspettando!-
Uscii velocemente dalla porta secondaria che si
trovava in cucina dopo essermi lavata le mani, e dopo averle salutate cominciai
a correre, cercando di sbrigarmi per arrivare da Jacob in tempo. Ero curiosa di
sapere cosa doveva fare di così importante da dovermi chiamare.
Mi fermai solo quando raggiunsi la rimessa degli
attrezzi, dove sapevo che ci avrei trovato sempre qualcuno e dove magari potevo
chiedere informazioni su dove si trovasse il mio amico. Quando aprii la porta,
infatti, ci trovai Paul, lo stalliere.
-Ciao Paul- lo salutai.
Paul, che era di spalle, sentendo la mia voce si voltò
e mi sorrise.
-Ehi Bella, che piacere vederti!- disse. -Non ti si
vede molto spesso qui..-
-C’è sempre qualcosa da fare su, sai- risposi. -Margaret
ha detto che Jacob mi sta cercando.. sai per caso dove posso trovarlo?-
-Cerchi Jake?- mi domandò. -Se non sbaglio dovrebbe
essere al roseto, quello che si trova accanto al cortile.. hai presente?-
-Sì, ho capito.. grazie Paul!- mi avvicinai a lui e,
alzandomi in punta di piedi, gli schioccai un bacio sulla guancia.
-Di niente! Però la prossima che devi fare una cosa del
genere- disse, riferendosi al mio gesto -assicurati che Rachel non sia nei
dintorni, altrimenti mi fa fuori!-
Risi. Rachel era la moglie di Paul, ed era anche la
sorella di Jacob. Lei e Paul si erano sposati due anni prima, ed adesso erano
in attesa del loro primo figlio. Ero davvero felice per loro.. erano davvero
una bellissima coppia, e si amavano davvero molto.
-Non pensi di esagerare? Rachel non mi sembra così
cattiva..-
-Devi vederla adesso, la gravidanza le fa uno strano
effetto- mi spiegò lui allegramente.
-Io allora vado, salutami Rachel, non te ne
dimenticare!- dissi avvicinandomi all’uscita.
-Non ti preoccupare, lo farò.-
Una volta fuori dalla rimessa ripresi a correre,
dirigendomi verso il cortile dove Ludmilla e le sue figlie passavano il tempo
durante le belle giornate. In poco tempo arrivai a destinazione e scorsi Jacob,
in ginocchio, impegnato a fare chissà che cosa. Lo raggiunsi in silenzio e mi
misi dietro le sue spalle.
-Scusi signore, ha per caso visto il mio amico?-
domandai, facendo finta di non conoscerlo.
Lui si voltò verso di me e mi sorrise, posando a terra
gli attrezzi con cui era impegnato fino a pochi istanti prima.
-Ti diverti a fare finta di non conoscermi?- mi
domandò alzando un sopracciglio. Sembrava irritato, ma il sorriso che aveva sul
viso e i suoi occhi scuri, che sembravano sorridere, lo tradivano.
-Eccome se mi diverto! E lo fai anche tu- mi
inginocchiai al suo fianco e lo guardai in faccia, sfidandolo con lo sguardo.
Distolse lo sguardo quasi subito, scoppiando a ridere.
-Sei incredibile- disse tra le risate.
-Sono anche quella che da piccola ti batteva alla
lotta nel fango!- esclamai, ricordando le migliaia di lotte che facevamo
insieme da bambini.
Jacob mi guardò, facendo una smorfia con la bocca. -Devi
proprio tirare fuori questi discorsi?-
-È divertente- mi difesi.
-Per te, forse, ma non per me. È umiliante!-
-Dai Jake, non te la prendere! Se ci provassimo adesso,
tu mi batteresti sicuramente- gli dissi. Le mie parole lo fecero ridere.
-Su questo non ci piove, ma sono curioso di tentare.
La sfida è aperta- disse porgendomi la mano.
-D’accordo- afferrai la sua mano e la strinsi,
suggellando la promessa.
-Allora, mi spieghi per cosa ti servo oggi? Margaret
ha detto che mi stavi cercando- dissi scacciando l’argomento di prima.
-Ah, è vero- disse lui, ricordando all’improvviso. -Stavo
pensando di tagliare le rose fiorite, in modo da lasciar spazio per le altre
che devono ancora sbocciare. Lo vuoi fare tu?-
Sgranai gli occhi. -Davvero lo posso fare?-
-Certo. Basta che non tagli l’intera pianta..-
-Ah ah. Divertente- dissi, facendo l’offesa.
-Dai Bella, scherzo! Conoscendoti, sono più
preoccupato per il fatto che ti mozzi un dito!-
Gli diedi uno schiaffo sul braccio, facendolo
scoppiare a ridere. -La vuoi smettere di prendermi in giro?-
-Non è mica colpa mia se sei un po’.. come dire..
distratta.-
Lo guardai male, poi allungai una mano. -Fammi vedere
come devo fare, e smettila!-
Jacob, continuando a ridere di me, si alzò da terra ed
io lo imitai dopo qualche istante. Mi mostrò il lavoro che dovevo fare e mi
osservò fare i primi tentativi.
-Perfetto, allora posso lasciarti da sola. Se hai
bisogno di qualcosa, fammi un fischio e arriverò subito.-
-Non ce ne sarà bisogno, te l’assicuro- dissi sicura
di quello che dicevo.
-D’accordo. Ci vediamo più tardi..- disse prima di
allontanarsi.
Non appena Jake fu abbastanza lontano, mi voltai verso
il roseto e osservai i vari colori che lo caratterizzavano. C’erano rose rosa,
rosse, gialle, bianche, arancioni.. erano tantissime, e tutte stupende.
Le rose erano il mio fiore preferito, e forse Jacob mi
aveva fatto venire lì proprio perché sapeva che mi sarebbe piaciuto stare in
mezzo a tutti quei fiori. Purtroppo non ci andavo molto spesso, anzi non ci
andavo quasi per niente. Avevo sempre così tante cose da fare nel palazzo ed
era già tanto che mi fermassi cinque minuti per mangiare qualcosa, prima di
riprendere a lavorare.
Aggiustai la presa sulle forbici da potatura prima di
cominciare a tagliare le rose, non volevo fare danni e, cosa più importante di
tutte secondo me, dare a Jacob l’opportunità di dire ‘Te l’avevo detto!’
Per carità, adoravo Jacob. Era il mio migliore amico e
ci conoscevamo da quando eravamo dei bambini, era un po’ come avere accanto un
fratello.. però quando voleva sapeva diventare fastidioso e irritante!
Scossi la testa, prendendo una rosa gialla ancora
attaccata alla pianta e tagliandola, lasciandole però il gambo lungo. Jacob mi
aveva spiegato di fare in quel modo perché così potevano essere messe nei vasi
e sistemate poi per il palazzo. Chissà Ludmilla cosa ne pensava di quella cosa;
di sicuro non era stata una sua idea, visto che in dieci anni che era qui solo
in rare occasioni si erano visti dei fiori in vaso nella tenuta..
Continuai a svolgere il mio lavoro, lasciando però in
ogni pianta quattro o cinque rose fiorite, in modo che così non sembrasse
troppo spoglia. Quelle che tagliavo, invece, le riponevo nella cesta che Jacob
mi aveva lasciato, così non facevo molta fatica per trasportarle e non
rischiavo nemmeno di pungermi.
Quello era uno dei lavori che avrei fatto sempre volentieri..
-Non farò mai più una cosa simile!- esclamai di punto
in bianco, puntando gli occhi sul fazzoletto insanguinato avvolto intorno alla
mia mano.
Come Jacob aveva così ben previsto, mi ero di nuovo
fatta male. Avevo passato quasi tutto il tempo concentrata e attenta sul
compito che stavo svolgendo, come avevo potuto farmi male?
Scossi la testa. Ormai avevo perso totalmente le
speranze nel cercare di capire come riuscissi a farmi male anche col l’oggetto
più piccolo ed indifeso che esista.. in quel caso, però, di piccolo ed indifeso
non c’era proprio nulla. Solo la mia povera mano, bendata ed insanguinata come
non mai!
Arrancando verso la porta di servizio della cucina,
tenevo nella mano buona le forbici con cui avevo attentato alla mia giovane
vita mentre dall’altra parte portavo la cesta con le rose appena tagliate.
Tenevo il manico della cesta nell’incavo del gomito, mai mi sarei azzardata a
prenderlo in mano con tutto il male che mi faceva..
Entrai in cucina rapidamente e notai la figura di
Giselle accanto al caminetto, chinata in avanti e impegnata a pelare quelle che
mi sembravano patate. Poggiai la cesta sul tavolo e posai le forbici sul legno.
Il rumore che ne scaturì fece alzare la testa a Giselle, che mi sorrise e
riportò poi l’attenzione sulle patate.
-Bentornata cara- mi salutò allegramente. -Ti è
piaciuto il lavoretto?-
Sbuffai. –Sì.. ma credo che non lo farò più!- esclamai
e srotolai il fazzoletto diventato ormai rosso. -Jake ha ragione: in qualsiasi
cosa che faccio riesco a procurarmi delle ferite..-
-Procurarti delle ferite?- Giselle ripeté le mie
stesse parole distrattamente ed alzò di nuovo lo sguardo. I suoi occhi mi
scrutarono a fondo, per poi posarsi sulla mia mano arrossata dal sangue, che
reggevo con l’altra e sulla quale spiccava un bel taglio.
-Oh Madonnina!- Giselle scattò in piedi facendo cadere
dalle sue mani il coltello e alcune patate, che finirono sul pavimento. Si
precipitò da me e mi prese la mano infortunata tra le sue, cominciando a
scrutarla. -Tesoro, guarda cosa ti sei combinata! Ti fa male?-
Negai con la testa. –Non tanto, adesso..-
Sussultai dal dolore però quando Giselle cercò di
toccarla e di controllarla per vedere quanto danno mi fossi fatta.
-Mi dispiace Bella, ma credo che ti debba mettere
alcuni punti.. cercherò di non farti tanto male, te lo prometto..-
Giselle mi fece sedere al tavolo e mi disse di
aspettarla lì, mentre lei andava a recuperare quello che le sarebbe servito.
Puntai lo sguardo sulla mia mano martoriata e all’improvviso ricordai cosa mi
avesse distratto a tal punto da farmi tutto quel casino.
Dal punto in cui mi trovavo pochi minuti prima, si
riusciva perfettamente a vedere da lontano la strada che portava al paese. Di
solito non era molto frequentata, ci passavamo solo noi che andavamo e venivamo
dal paese e qualche conoscente che passava di qui per salutare Ludmilla.
Quella mattina, però, avevo visto passare un cavallo
in corsa con sopra un ragazzo. Da quella distanza non si riusciva a capire
molto bene, ma dal modo di cavalcare della figura ed anche il fisico mi
facevano pensare che ci fosse un giovane in sella al cavallo. Ero rimasta
davvero affascinata da quella scena, e restai come imbambolata a fissare
entrambi correre via.
Di conseguenza, non avevo gli occhi fissi sulle mie
mani che avevano continuato a lavorare e adesso mi ritrovavo con un taglio
doloroso al lato della mano.
-Sono tornata, Bella!- Giselle entrò velocemente in
cucina e si avvicinò a me. Poggiò sul tavolo un paio di forbicine, del filo e
degli aghi.. non appena li vidi rabbrividii.
Alzai gli occhi per vedere Giselle, che si era
allontanata per bagnare un panno con un po’ d’acqua prima di sedersi al mio
fianco. Mi prese la mano e tenendola ferma nella sua ci poggiò sopra il panno
bagnato.
-Ahi!- sussultai per il dolore, ma fu solo per un
istante.
-Scusami cara, ma devo pulire bene la ferita- mi
spiegò. Continuò a passare gentilmente il panno sul taglio, in modo che potessi
sentire meno dolore possibile.
-Mi devi spiegare come hai fatto..- mormorò dopo
qualche istante di silenzio. Aveva finito di pulire la ferita e adesso mi
sembrava meno grave di quanto pensassi.
-Mi sono distratta- sussurrai in risposta. Sentii un
leggero tramestio sul tavolo e capii che stava per cominciare a ricucirmi la
pelle.
Voltai il viso per evitare di vedere quella scena.
-Doveva essere qualcosa di davvero interessante per
farti una ferita del genere!- commentò allegra. Subito dopo la sua frase,
sentii qualcosa pungermi fastidiosamente la pelle e strinsi forte i denti.. non
volevo urlare per il dolore.
-Allora, racconta, sono curiosa- mi spronò Giselle.
Capii che il suo era un modo per non farmi pensare a quello che stava facendo e
gliene fui davvero grata. Sapeva che non amavo molto farmi dare i punti.
-Ecco.. ho visto una persona. Stava cavalcando per la
strada che porta al paese..- iniziai.
-Una persona? E chi era?- Giselle sembrava
particolarmente interessata.
-Non lo so..- mi bloccai qualche secondo per far
scemare il dolore che sentivo alla mano. -Non mi sembrava di conoscerla, ed ero
troppo lontana per poterla riconoscere. Forse era qualcuno di passaggio.-
-Già, forse è così!- Giselle lasciò andare la mia mano
e mi voltai verso di lei. Stava riprendendo tutto tra le mani e si alzò per poterle
appoggiare accanto al lavello della cucina. Abbassai lo sguardo e notai tre
cuciture nere che chiudevano la mia ferita.
-Grazie Giselle!- la ringraziai, stupita che avesse
finito tanto in fretta.
-Di niente cara.. ma cerca di non farti più tanto male!-
esclamò rivolgendomi uno sguardo divertito. Mi si avvicinò poi per avvolgere
una benda bianca attorno alla mano, in modo che niente potesse andare a
contatto con il taglio.
-Adesso che sei qui.. la signorina Jessica ha bisogno
del tuo aiuto- mi spiegò in un sussurro.
Alzai gli occhi e li puntai sul suo viso, ancora così
giovane ma solcato già da qualche piccola ruga agli angoli degli occhi.
-Per quale motivo ha bisogno di me?- chiesi, cauta.
Gli unici motivi per cui mi chiamava Jessica erano quasi sempre legati alla sua
‘straordinaria bellezza’, come la chiamava lei.
-Ha detto che vuole provare qualche nuova
acconciatura..-
Come sospettavo.
Sospirai e chiusi per un istante gli occhi. Quando li
riaprii mi scontrai con quelli di Giselle, verdi e gentili.
-Sii carina con lei, va bene?- si raccomandò,
carezzandomi i capelli.
-D’accordo- risposi. Le sorrisi e poi mi alzai,
uscendo velocemente dalla cucina per raggiungere la stanza di Jessica, la mia cara
e dolce sorella.
Salii rapidamente la scalinata che portava ai piani
superiori del palazzo e percorsi l’ampio e luminoso corridoio. Poco distante da
me c’era Margaret, impegnata a pulire e lucidare le grandi finestre che
illuminavano la zona. Margaret sentì i miei passi e mi sorrise quando si
accorse che ero io.
La salutai con la mano e con un mezzo sorriso per poi
fermarmi davanti alla porta della camera di Jessica. Posai la mano sulla
maniglia dorata della porta e presi un respiro profondo.
-Sarò gentile con lei, ma solo se lei lo sarà con me-
mormorai a me stessa prima di bussare piano ed aprire la porta.
-Ah, sei tu! Ce l’hai fatta ad arrivare!- fu questo il
saluto che mi riservò Jessica quando entrai in camera.
-Buongiorno Jessica, che bello vederti- sussurrai tra
me, facendo attenzione che non mi sentisse.
Lasciai vagare lo sguardo per la stanza elegante fino
a quando non intravidi la figura della ragazza seduta al tavolo da toeletta
bianco. Jessica quel giorno indossava un abito turchese molto semplice, anche
se aveva una scollatura che le lasciava ampiamente scoperte le spalle. I lunghi
capelli biondi le ricadevano mossi sulla schiena fino a sfiorare il bordo dello
sgabello su cui era seduta.
Si voltò verso di me e m rivolse uno sguardo stizzito.
-Che ci fai ancora lì? Vieni qui, ho bisogno del tuo
aiuto!- esclamò. Tornò poi a guardarsi allo specchio e cominciò a far scivolare
una lunga ciocca bionda di capelli tra le dita: era un gesto che faceva spesso
quando era nervosa o in ansia per qualcosa.
Mi avvicinai a lei e mi posizionai alle sue spalle,
sporgendomi verso la specchiera solo per prendere la spazzola per i capelli.
Jessica seguì i miei movimenti e si soffermò con gli occhi sulla mia mano
fasciata.
-Ti sei fatta di nuovo male.. spero solo che questo
non rallenti il tuo lavoro!-
-Certo che no, stai tranquilla- la rassicurai,
mostrandole un sorriso che di sincero aveva poco e cominciando a passare gentilmente
la spazzola tra i lunghi capelli. -Allora, vogliamo cominciare?-
----------------------------------------
Buonasera carissime! Finalmente sono riuscita a
pubblicare il primissimo capitolo di questa nuova avventura.. ho avuto un po’ di
paura nel farlo, ma essendo solo l’inizio forse è normale ^^’
Il capitolo di oggi ci fa vedere come Bella affronta
le sue giornate, e si sono visti anche dei nuovi personaggi in aggiunta a
quelli più sentiti.. Giselle e Margaret sono due personaggi che ho voluto
inserire io, e saranno in qualche modo dei punti di riferimento per la nostra Bella
in determinate circostante che scoprirete più avanti, nel corso della storia.
La strega cattiva.. ehm.. Ludmilla arriverà nel terzo
capitolo, per adesso ho voluto lasciarla un po’ in disparte ma arriverà anche
il suo turno di mettersi in mostra..
Adesso però me ne vado prima di assillarvi troppo =)
ringrazio tutte le persone che hanno recensito il prologo (grazie infinite
ragazze, davvero!^^) e anche chi ha già inserito la storia tra le seguite..
A presto, KrisC