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Autore: jas_    06/09/2011    24 recensioni
«Dove credi che saremo tra un anno?» chiese Abigail.
«Non ne ho idea, so solo che saremo insieme.»
«Per sempre?»
La ragazza alzò gli occhi verso il viso di Harry e lui annuì serio.
«Per sempre.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You belong with me'
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Una leggera brezza soffiava per le vie di Londra e rendeva i raggi del sole, che splendeva alto nel cielo, meno fastidiosi degli altri giorni.
Piccadilly Circus brulicava di gente, la maggior parte erano turisti che si guardavano intorno con aria spaesata.
C’era chi consultava cartine, chi chiedeva informazioni e chi fotografava qualunque cosa si ritrovasse davanti.
Abigail invece camminava sicura in quella che era la sua città da quando andava al college, i lunghi capelli color caramello mossi dal vento e un meraviglioso sorriso stampato in faccia, come al solito.
Perché Abigail sorrideva sempre.
Decise di prendere una pausa dalla giornata di shopping che si era concessa dopo la fine degli esami così entrò in uno dei tanti Starbucks disseminati per Londra a prendere un frappuccino.
«Un caramel frappuccino grazie.»
Abigail si girò di scatto verso la persona che aveva pronunciato le sue stesse parole all’unisono, il ragazzo le sorrise divertito ma quando si accorse di chi aveva davanti restò paralizzato.
Come lei d’altronde.
«Harry?»
La prima a parlare fu Abigail, non appena lo stupore diede spazio alla felicità e subito dopo all’ira.
«Abigail.»
Lui era convinto di ciò che diceva, aveva pronunciato il suo nome lentamente e lei si sorprese di come la sua voce fosse uguale. A distanza di anni le provocava ancora brividi.
«Ecco i due frappuccini» disse la commessa.
I due furono costretti a smettere di guardarsi negli occhi, Abigail non fece in tempo a prendere il portafoglio che Harry aveva già pagato per entrambi e le porgeva un bicchiere invitandola a sedersi.
Non aveva idea di come comportarsi.
Era sparito così, nel nulla, da un giorno all’altro, aveva passato notti in bianco pensando a lui, a dove potesse essere, ripromettendo a sé stessa che se avesse avuto la possibilità di vederlo gli avrebbe fatto pesare tutto ciò che lei aveva passato.
E ora eccolo lì, Harry Edward Styles, di fronte a lei in tutto il suo splendore che beveva un sorso del frappuccino. Abigail non sapeva cosa dire né cosa fare, i sentimenti che provava erano così contrastanti che non sapeva a quale dare spazio per primo.
Fece un respiro profondo, decisa a parlare ma lui la batté sul tempo.
«Ti devo delle scuse, Abigail.»
Ecco che cominciava a non capire niente, come al solito. Tutti la chiamavano Abbey, Ab ma lui la chiamava con il suo nome intero, solo lui e suo padre lo facevano.
Perché rovinare un così bel nome?” aveva detto quando lei glielo aveva fatto notare.
«Prima che tu mi sommerga di insulti, voglio solo che tu sappia che l’ho fatto per non farti soffrire. Quando i miei mi dissero che ci saremmo dovuti trasferire a Londra, ho subito capito che dirti addio sarebbe stato troppo doloroso, e conoscendomi sapevo che non sarei mai riuscito a sopportarlo. Per questo me ne sono andato da un giorno all’altro, in silenzio. L’ho fatto sperando che tu sentissi di meno la mia mancanza.»
«Vivevamo a tre ore da Londra!» esclamò Abigail cominciando a perdere la calma, sospirò abbassando lo sguardo verso le all star consumate mentre una lacrima le percorreva la guancia, prima di staccarsi e cadere sulla sua mano, spinta dalla forza di gravità.
Harry deglutì, aveva sempre odiato vederla piangere, e in quel momento lo stava facendo a causa sua.
«Io..»
Non sapeva che dire, quella che gli era sembrata un’idea geniale due anni prima si stava rivelando un vero e proprio fiasco.

Un leggero venticello faceva muovere le fronde degli alberi, un fruscio riempiva il silenzio che regnava in quel pomeriggio di maggio.
Harry e Abigail erano sdraiati nel parco, lei aveva la testa appoggiata sul suo petto, cullata dal suo respiro mentre osservavano il cielo dipingersi pian piano di arancione.
«Dove credi che saremo tra un anno?» chiese Abigail ignara di tutto, osservando l’orizzonte.
Harry si irrigidì nell’udire quelle parole, che sapesse qualcosa?
Poi vide il suo sorriso, mentre lei alzò la testa, in attesa della sua risposta e capì che era all’oscuro di tutto.
«Non ne ho idea, so solo che saremo insieme.»
«Per sempre?»
La ragazza alzò gli occhi verso il viso di Harry e lui annuì serio.
«Per sempre.»
Abigail tornò nella stessa posizione di prima, con un peso in meno sul cuore, certa che il suo migliore amico non l’avrebbe mai abbandonata.

«Mi hai mentito» mormorò con il labbro inferiore che le tremava, era sicura che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
Harry guardò fuori, non riusciva a vedere quegli occhi colmi di lacrime, quello sguardo che lo aveva fatto innamorare perdutamente così vuoto e perso.
La sentì tirare su col naso, avrebbe voluto abbracciarla, accarezzarle i capelli e sussurrarle cose carine e divertenti nell’orecchio con la speranza di farla sorridere, per sdrammatizzare un po’ ma non poteva, non quella volta.

Era mezzanotte passata, i genitori di Abigail solitamente non la lasciavano stare in giro fino a quell’ora, a meno che non fosse in compagnia di Harry. Allora tutto cambiava.
Camminavano in silenzio, l’uno fianco all’altra, assaporando quella calda serata. L’estate si stava avvicinando.
Le loro mani si sfioravano ogni tanto, ma nessuno parlava, nessuno voleva rompere quella magia. Passavano minuti senza parlare, ognuno assorto nei propri pensieri ma allo stesso tempo più vicini che mai.
Si fermarono davanti a una villetta color panna, con un giardino fiorito e la staccionata bianca, proprio come quelle che si vedono nei film.
Dietro alle tende di una finestra al piano terra si scorgeva un piccolo bagliore, «Ti stanno aspettando in piedi i tuoi?» chiese Harry, indicando quella luce.
Abigail guardò l’orologio, «Non credo» disse poi, «lasciano sempre una luce accesa quando io o mio fratello dobbiamo rientrare.»
Arrivarono davanti alla porta d’entrata, «Hai sonno?» chiese poi la ragazza, Harry aggrottò la fronte pensandoci su un attimo, Abigail notò che i suoi occhi diventavano più belli sotto la luce argentea della luna, «Non proprio. Perché?»
«Che ne dici di andare nel prato un attimo? Non mi va di andare a dormire ora.»
Harry alzò le spalle, tenendo le mani nelle tasche dei jeans.
Abigail entrò in casa e ne uscì alcuni minuti dopo con una coperta. I due si incamminarono in silenzio in fondo alla via, dove le case finivano per lasciare spazio ai prati verdi.

Abigail era forte, si era impegnata per arrivare fino a dove si trovava e non poteva lasciare che un paio degli occhi più belli che avesse mai visto rovinassero i suoi piani.
Però più stava lì a guardarlo più i sentimenti che aveva represso con così tanta fatica venivano a galla.
La rabbia stava cominciando a svanire per lasciare spazio alle farfalle nello stomaco, le stesse che sentì quella sera.
Le sembrava di essere ancora lì, sdraiata su quel prato, poteva giurare di sentire l’erba umida sotto di lei, le cicale cantare, la brezza scompigliarle i capelli e, più di tutto, il suo profumo. Si ricordava tutto nei minimi particolari.

Aveva la testa appoggiata sul suo petto, come al solito, mentre lui la cingeva con un braccio. Amava ascoltare il suo respiro costante e rilassato.
Osservava la luna piena brillare alta in cielo, le sembrava di vedere anche i crateri, se si concentrava veramente.
«Domani ho l’ultima verifica dell’anno» disse poi rompendo il silenzio, «per recuperare biologia. Se mi va male saltano i nostri piani per l’estate.»
Harry le accarezzò i capelli appoggiandoci sopra il suo viso, profumavano di lavanda, come al solito.
«Vedrai che passerai alla grande e noi quest’estate andremo in campeggio.»
«Non sono mai stata in campeggio» disse Abigail esaltata solo all’idea.
«Lo so. È per questo che lo abbiamo preferito al mare.»
«Mangeremo marshmallows fino ad addormentarci pieni come uova.»
«Se ci tieni.»
Scoppiarono entrambi a ridere, con i grilli che facevano loro compagnia.

«Avevamo dei piani, io la verifica di biologia l’ho fatta pensando solo a noi due in campeggio, insieme. E quando sono arrivata a casa tua di corsa, sotto la stecca del sole, per dirti che era andata bene tu non c’eri. Sai cosa mi hai fatto passare?»
Harry ormai aveva rinunciato a rispondere, aveva torto marcio, qualunque cosa avrebbe detto sarebbe stata inutile.
«E poi la sera prima tu.. Tu..»
Le parole le morirono in gola.

«Mi canti una canzone?» chiese Abigail di punto in bianco.
Harry la guardò senza rispondere, la sua espressione diceva tutto.
«Dai, come portafortuna per domani.»
La ragazza si sciolse dall’abbraccio per arrivare all’altezza del suo viso, lo scrutò con faccia seria prima, per poi curvare la bocca all’ingiù.
Harry sorrise, «Non mi persuadi facendo la faccia da cucciolo.»
Abigail si mise seduta a braccia conserte, «Ti ho chiesto una canzone! Mica la luna!»
Il ragazzo sospirò, «Va bene.»
Si schiarì la voce prima di intonare le note di “Isn’t she lovely” guardandola negli occhi.
Erano dannatamente vicini, potevano sentire l’uno il respiro dell’altro e quando la canzone finì la magia continuò.
Harry sapeva che poteva pentirsi per il resto della vita di quello che stava per fare, ma non poteva più resistere, soprattutto quando era consapevole di cosa sarebbe successo l’indomani.
Si avvicinò lentamente a lei, il suo respiro cominciava a farsi più corto, fino a quando le loro labbra si incontrarono.
Abigail ebbe un tuffo al cuore, ma di quelli belli.
Quando le loro lingue cominciarono a giocare tra di loro ebbe la pelle d’oca, nonostante facesse un caldo soffocante.
Appena si staccarono si perse in quel mare dei suoi occhi.
«Abigail» iniziò Harry, il ragazzo abbassò lo sguardo titubante prima di incontrare di nuovo il suo «io ti..»
Il cellulare di Abigail squillò, facendo spaventare entrambi. Era sua madre.
«È meglio andare» disse prima di alzarsi e prendere la coperta, lasciando quelle parole al vento.
Harry accompagnò Abigail a casa come se non fosse successo niente, le augurò la buonanotte e aspettò che sparisse dietro la porta prima di andare anche lui.
Quella fu l’ultima volta che la vide.

«Ti ho baciata.»
Harry finì la frase al posto suo. «E sai una cosa? Se potessi tornare indietro lo rifarei.»
Abigail non mosse un muscolo, aveva paura di cosa avrebbe potuto fare.
Non doveva ricascarci. Lui era come una malattia, ma allo stesso tempo era l’unica cura e dopo che lei aveva imparato a conviverci non doveva ricascarci.
Farfugliò qualcosa prima di alzarsi e uscire dal locale.
Tutte quelle voci intorno a sé la risvegliarono, prese a camminare svelta e decisa in Oxford Street ma si sentì prendere per un braccio.
«Ti ricordi quella sera?» chiese lui, guardandola negli occhi.
Abigail annuì, ricordava tutto alla perfezione.
«Dopo che ci baciammo.. Ecco, io..» esitò un attimo, proprio come quella sera. «Stavo per dirti qualcosa, prima che ti suonasse il telefono.»
Abigail non disse nulla.
«Quelle parole che non ti ho detto sono ancora nella mia testa, perché non ho mai smesso di pensarle. Nemmeno per un istante. E sinceramente non pensavo di dirtelo così, in mezzo a tutte queste persone. Però ho aspettato due anni e credo di non potere aspettare di più.»
Fece un passo verso di lei prendendole le mani, Abigail sentì il cuore battere più forte che mai, proprio come quella sera. Le sembrava di avere di nuovo quindici anni.
«Ti amo» le disse poi, lasciandosi scappare un sorriso.
Aveva le stesse fossette ai lati della bocca, la stessa espressione da bambino, anche se con un po’ più di barba.
Le si avvicinò titubante, abbassando lo sguardo sulle sue labbra.
Abigail lo fermò.
«Harry Edward Styles» disse, «sappi che se lo fai, io non ti lascerò più andare.»
«Per sempre?»
«Per sempre» ripetè lei lasciandosi scappare un sorriso.
Harry le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente, socchiudendo la bocca per far incontrare le loro lingue.
Un brivido percosse la schiena di Abigail, proprio come quella sera e nonostante fossero nel centro di Londra, le parve sentire di nuovo i grilli cantare.

   
 
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