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Autore: Flower of Eternity    08/05/2006    4 recensioni
Ancora una volta, dopo l'ennesima battaglia, Lei si risveglia, scoprendosi viva. E, scoprendo, con un sospiro di sollievo che anche Lui è sopravvissuto.
Non troverete nomi, in questa one shot; perché è una storia banale, riassunto di tutte le storie. Un amore come molti altri, una battaglia come molte altre... che eppure, tracciati dalla penna dello scrittore, divengono unici.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentì l’odore del sangue. Riaprì gli occhi.
Riemerse a fatica da quell’ammasso di solida melassa che era la sua incoscienza, cercando quasi disperatamente una via che la conducesse nuovamente alla realtà; e, infine, ritrovandola.
Mosse leggermente, dolorosamente il capo, tentando di guardarsi attorno; era ferita. Sai che novità. Tutti loro lo erano. A cominciare dallo strano ed insopportabile mago, privo di sensi a qualche metro da lei, passando per la folle ladra, sua complice naturale ora riversa in un angolo, sino ad arrivare al misterioso uomo, esperto in una strana forma di magia ma primo a cadere sotto l’attacco nemico. Per finire con il ragazzo disteso sotto le membra ammaccate della donna. Flebili respiri smuovevano il suo grande petto, cosparso di sangue, polvere, sudore, indicandole che, miracolosamente, era ancora vivo. Per quanto?
Si voltò, febbrile, in una mossa troppo avventata che le strappò un verso di dolore. Strinse i denti, attendendo che la scarica di sofferenza si attenuasse. Una gamba era rotta, di sicuro. E forse anche il polso sinistro aveva visto giorni migliori. Ma, ed era questo che doveva essere considerato una vera fortuna, la sua testa era ancora intera, così come il resto del corpo. Corpo che lui, il suo oscuro cavaliere, aveva salvato, afferrandola al volo dopo il culmine di quella magia che aveva sconfitto il loro nemico, slanciandosi in un tuffo eroico, sordo alle proteste delle proprie ferite.
Oscuro cavaliere. Tenebroso, solitario, tristo cavaliere. Così scontroso, così noioso, così intrattabile. Passò una mano su quel volto dai lineamenti marcati, ripulendolo o forse sporcandolo del sangue di entrambi. Sembrava quasi dormisse, le palpebre calate su quei suoi occhi sì azzurri, ma più oscuri dello stesso inferno, e il volto perennemente corrucciato in un espressione scontrosa nei confronti del resto del mondo.
Gli altri lo detestavano cordialmente, per quel suo modo di fare, per quella personalità quasi demoniaca che albergava nel suo cuore; anzi: attorno ad esso, racchiudendolo in un freddo, impenetrabile, spaventato involucro ferreo, dotato di un solo, minuscolo, anonimo spiraglio, nel quale lei, e lei sola, era penetrata, con tutta la luce che sapeva portare.
Si erano conosciuti qualche settimana prima, quando, inconsapevolmente, avevano risposto tutti e quattro allo stesso ingaggio. Lui, l’asociale cavaliere dall’armatura nera, aveva osservato con infinito disprezzo lei, la giovane prosperosa vestita disinibitamente, gioioso punto luminoso della loro improvvisata, nuova, mal amalgamata compagnia. Aveva faticosamente sopportato i suoi giochi, il suo modo di fare così indisponente nei confronti delle più semplici norme sociali; era spesso arrossito ogni volta che, a lui come agli altri, come se fosse una cosa da nulla, si appendeva liberamente al suo braccio, premendovi le sue forme, sorridendo fiduciosa nella loro misteriosa avventura, ovviamente profumatamente pagata.
Chi l’avrebbe detto, che quella vanitosa donna fosse in realtà una maga dai poteri del tutto rispettabili? Non certo lui; e, dopo un primo scontro con dei nemici fondamentalmente da nulla, vi aveva messo alcuni giorni per riprendersi dalla sorpresa, dalla straniante immagine di lei, gli occhi arrossati dallo sforzo, dalla furia, intenta a finirli con una temibile sfera di fiamme. Alla confusione di sensazioni che provava nella sua costante vicinanza, vi si era aggiunto un nuovo, profondo rispetto; e timore. Timore, ogni volta che la vedeva muoversi con sensualità di fronte ad un altro uomo, fosse un atto sincero, o semplicemente finalizzato alla loro indagine. Non era gelosia; era, semmai, qualcosa di più forte, impetuoso, rabbioso, possessivo. Un sentimento nuovo, forse non meno tenebroso degli altri, ma orientato verso quella femminile fonte di corroborante luce.
E infine aveva ceduto, l’aveva amata. Quasi tremebondo, afferrandola in quella notte di sosta in una locanda, era riuscito a cogliere il suo animo così meravigliosamente sfuggevole, a stringere il suo corpo di sirena, a farla sua, finalmente. E lei, vivace, libertina fanciulla, fu sbalordita dal calore della sua compagnia, dall’oscuro fuoco di lui; ne fu attratta, avviluppata, intrappolata, come una farfalla notturna rimbalzata sulla tela del ragno. Una farfalla che, improvvisamente, repentina, si ribella al suo predatore, e, con un miracolo irrispettoso delle leggi della natura, lo ammansisce.
Da allora, l’uno era appartenuto all’altra. Il giorno fuso nella notte, un misterioso fuoco eccitato da dell’acqua magica; un freddo, eterno ghiaccio che gode dello sfavillante bruciore del sole.
«Ehi…» Parlò sommessamente, come il suo torace ammaccato le permise; parlò a fior delle sue amabili labbra, sfiorandole con il caldo fiato. Parlò con una lacrima, che, solitaria, le percorse il volto, creando una strada color della pelle nella sporcizia che la ricopriva.
Lui non si svegliò anche se sottoposto a quelle dolci, piacevoli sollecitazioni. Debole. Era troppo debole. Come tutti, in quel luogo maledetto. Quella stanza di quella villa che stavano esplorando, quell’elegante studio, ora incredibilmente devastato, dove, come cretini che avevano appena ottenuto l’abilitazione alla professione di imbecilli, si erano inoltrati, ciechi alla vigliacca trappola che quei dannati nemici, quei demoni senza orgoglio, avevano loro teso. Per il rotto della cuffia: ecco come se l’erano cavata, questa volta. Forse per l’ultima volta.
Spossata, lei rinunciò ad ogni tentativo di risvegliarlo; abbandonò nuovamente sé stessa contro il corpo di lui, poggiando il capo ove le era possibile udire il grande, forte cuore battere con regolarità sovraumana. Il dolore pulsava in ogni sua cellula, paradossalmente accompagnato da un’incredibile sensazione di spossatezza; voleva dormire… di lì all’eternità. Sempre, eternamente fra le sue braccia. Lui e nessun altro. E andassero all’inferno coloro che la ritenevano solo una poco di buono; lo era stato, innegabile. Ma, come ogni barca stanca della tempesta, anche lei aveva infine trovato il suo porto. Un porto caldo, sicuro, forse un po’ cupo: ma assolutamente adorabile.
Il silenzio calò sull’ambiente. Un silenzio innaturale, disturbato dal vento che ululava all’esterno della villa, sbattendo contro le finestre, scuotendo gli alberi del grande giardino, strisciando tra gli stipiti, sussurro mortifero che avvolse lo sparuto gruppetto di eroi sparso in quel pavimento sporco di calcinacci.
Presto anche gli altri avrebbero ripreso i sensi. Si sarebbero guardati attorno, spaesati, nel profondo dell’animo entusiasti per la disperata vittoria che, infine, incredibilmente, avevano strappato al destino. E si sarebbero leccati le ferite, come feroci predatori slealmente feriti dalla sregolata voglia di uccidere dell’uomo.
E lei, la dolce ma letale, bellissima ma impossibile maga, sarebbe infine balzata con le braccia al collo di quello che ormai, categoricamente, era il suo uomo. Suo e solo suo. Che provassero solo a strapparli l’uno dall’altra.
Chiuse gli occhi, placida, avvolta dal suo familiare, rassicurante odore, e solo nei suoi più remoti incubi fu ancora sola contro il mondo.







Da dove nacque questa storia? Ve lo dirò ^^
Un mio amico mi chiese di partecipare con lui a un concorso di storie fantasy, il cui tema centrale sarebbe stato l'Amore.
Accettai, e mi misi a studiare la faccenda... a studiare, sì, perché realizzare uno scritto incentrato solo sull'Amore per me fu una gran fatica. Non sono avezza a queste cose ^^'
Ora, questa cosa che avete letto fu solo... beh, diciamo un appunto. Una piccola linea base, dalla quale partire: non è con questa storia che parteciperò al concorso, di certo.
Però non è sembrato giusto farla morire tra i documenti del mio computer; e se tu, lettore, sei giunto a leggere sino a qui, sappi che mi hai reso felice. E che sarò molto più felice, se vorrai lasciarmi un semplice saluto, o un ancor più gradito consiglio ^^
  
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