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Autore: queenseptienna    07/09/2011    4 recensioni
Londra è sconvolta da una serie di omicidi che ricalca esattamente quelli commessi un tempo da Jack lo Squartatore.
A risolvere il caso è chiamato Sherlock Holmes, il Sociopatico ad Alta Funzionalità migliore della città.
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Lestrade , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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JACKIE THE RIPPER – Parte 3



18 Settembre 2011 – Ore 19.30

Il ristorante di Angelo era sempre il migliore dove mangiare una buona cena, soprattutto se si era due uomini totalmente incapaci di mettere insieme un pasto decente.
“Lestrade non ha trovato un’agenda nemmeno dell’appartamento di Norman Groff. Come fai ad essere così sicuro che ce ne sia una?” domandò Watson, arrotolando i suoi spaghetti ai gamberi intorno alla forchetta, pregustandone il sapore.
“Semplice.” Rispose Sherlock, compiendo il medesimo gesto “In base alla mia deduzione quei due facevano parte di un’organizzazione che tratta prostituzione e che qualcuno sta cercando di metterli a tacere. Marta Sheridan riceveva sicuramente su appuntamento, non ha l’aspetto della prostituta di strada, tutt’altro. Groff invece faceva il modello, probabilmente serviva una fetta di nomi importanti. Nonostante tu sia concorde con me che l’omosessualità non è nulla di sconveniente, alcuni non la pensano in questa maniera”.
Watson arrossì inconsapevolmente a quelle parole, rammentando il piccolo equivoco che avevano avuto a quello stesso tavolo durante la loro prima avventura, quando Sherlock non aveva ammesso apertamente il suo interesse per il sesso maschile, utilizzando la versione che si sentiva sposato con il suo lavoro.
“Rossore, lieve sudorazione, battito del cuore accelerato… John, il tuo corpo mi sta mettendo dei cartelloni sul fatto che questo argomento ti imbarazza.” Holmes infilzò un gamberetto. “La volta scorsa non parevi essere così a disagio”.
“Non sono a disagio.” Il medico si impose di calmarsi. Era in un ristorante in compagnia del suo inquilino e da un delitto erano improvvisamente finiti a parlare di relazioni fra uomini. Non poteva essere peggio dell’affrontare una raffica di mitra del fuoco nemico nel pieno di un deserto mediorientale.
“Oh certo. Visto che non ti senti così a disagio, questa sera non ho appuntamenti. Angelo, altro vino per cortesia!”
John lo fissò per qualche istante, senza capire bene cosa intendesse l’altro. Avevano passato tutte le loro giornate a cercare tatuatori che potessero aver fatto le rose sulle spalle dei cadaveri, ma non avevano trovato nulla. Era fin troppo stanco per capire i processi mentali contorti del suo coinquilino. “Non credo di aver compreso.”
“Cielo, che minuscolo intelletto!” esclamò Holmes con la sua voce profonda. “Quella cosa che fate voi persone normali… primo appuntamento o cose del genere”.
“Oh.”
John ci impiegò qualche istante e un paio di forchettate di pasta per decidere che la cosa gli andava a genio. Inoltre le cose con Susan non andavano così bene, non si sarebbe sentito certo in colpa se per una volta Sherlock gli dimostrava un interesse che non fosse quello di sezionarlo come un insetto sopra il vetrino di un microscopio.
“Beh, se la mettiamo così…” con un sorriso si sporse verso di lui. “Potremmo andare da qualche parte ad ascoltare della buona musica o passeggiare a piedi fino a Baker Street.”
L’investigatore annuì con decisione (fin troppa, decise John) e seguitò a mangiare con un certo entusiasmo, riempiendo la testa dell’amico di aneddoti disgustosi che per lui erano divertenti, ma Watson decise di far buon viso a cattivo gioco. Se Sherlock parlava a ruota libera poteva anche sopportarlo mentre raccontava di sezionare cervelli. E si era appena convinto che fosse possibile estrapolare informazioni dai ricordi di un cadavere.
“Sherlock.” Decise di fermarlo, posandogli una mano su un polso per fermarlo. “Ho capito che il tuo lavoro di laboratorio ti entusiasma, ma preferirei che mi raccontassi cosa ti piace veramente.”
“Te l’ho appena detto” rispose l’altro, apparentemente senza capire.
Watson rise e lo trascinò fuori dal locale. “No, mi hai parlato del tuo lavoro. Vorrei che mi parlassi di cose personali, tipo… che musica preferisci.”
Nel mentre passarono di fianco a un pub, dalla cui porta esplodeva l’inconfondibile melodia di “Black Betty” di Spiderbait. Holmes incurvò le labbra verso l’alto, voltandosi verso John. “Questa non è male. E a te? Che musica piace?”
“Quella del tuo violino” rispose l’altro con estrema certezza, stringendosi nel calore del proprio cappotto. A quelle parole Sherlock parve lievemente colpito e compiaciuto, a quanto pareva il suo orgoglio aveva iniziato a fare i voli pindarici.
Andarono avanti a botta e risposta ancora per un po’, fermandosi ogni tanto da qualche parte per una birra o un whisky e finendo inevitabilmente per barcollare l’uno addosso all’altro sulla strada di casa.
“Sai John, non mi ero mai reso conto di quanto morbidi siano i tuoi maglioni” balbettò l’investigatore, mentre si appoggiava a un lampione.
Watson gli si avvicinò, con le guance arrossate e gli occhi lucidi. “E tu cosa ne sai?”
“Ne ho indossato uno.”
“Oh, e per quale ragione?”
“Il tuo profumo. E’ persistente.”
John rise a quella pseudo romanticheria e, in uno slancio di entusiasmo, si alzò sulle punte dei piedi per premere le proprie labbra su quelle dell’amico, che non rispose subito, forse preso alla sprovvista. Ma quando stava per ritrarsi, le labbra di Sherlock divennero decisamente più coinvolte nella cosa. Lo baciava quasi con estrema minuzia, pareva voler apprendere tutti i segreti di quella curiosa attività.
Quando si separarono per prendere fiato, Watson si mise a ridere. “Sono veramente ubriaco per aver appena fatto tutto questo.”
“Ne riparleremo a casa” Sherlock lo afferrò per le spalle e lo voltò con forza verso est. Alla fine della strada, sotto un altro lampione, una prostituta stava abbordando un cliente. Sulla sua schiena nuda, vi era una vistosa rosa rossa, la stessa delle vittime di “Jackie The Ripper”, come l’avevano soprannominata.
Watson si scosse dal torpore dell’alcol per iniziare a correre insieme a Sherlock, ma fu troppo tardi. A pochi metri da lei, la videro salire su una macchina che si allontanò a gran velocità.
Si erano fatti fregare come due pivelli.
   
 
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