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Autore: Angel666    07/09/2011    4 recensioni
Non sempre è facile accettare un cambiamento e guardare la persona che più si odia al mondo con occhi diversi. Dave sta compiendo un lungo percorso di riappacificazione con se stesso e con gli altri, e deve dimostrare a Kurt che vuole davvero diventare una persona migliore. Tra altri e bassi, e soprattutto con l'aiuto dei loro migliori amici, riusciranno a lasciarsi il passato alle spalle imparando dai propri errori. Ho sentito il bisogno di scrivere questa storia per mettere su carta tutte le cose che penso di questo personaggio, a mio parere complesso ma molto interessante, e forse è per questo che la trama è a stampo piuttosto riflessivo. Ho intenzione di seguire il filo degli episodi, ovviamente cambiandone una parte del contenuto per motivi di trama. Enjoy!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dave:

Le urla dagli spalti erano sempre più assordanti e riuscivano a penetrare attraverso il casco, rimbombando nelle orecchie. Aveva anche iniziato a piovere: l’erba era brillante e scivolosa, rendendo il gioco ancora più complicato.
Dave alzò lo sguardo e lo piantò dritto negli occhi della guardia destra avversaria; amava il momento prima del fischio d’inizio: l’adrenalina entrava in circolo e tutto assumeva contorni perfettamente nitidi. Avrebbe voluto che anche la sua vita fosse così chiara a volte,che le cose si muovessero a rallentatore per poter prevenire le mosse altrui.
Finn afferrò la palla e la lanciò dietro, dove Puck la prese al volo.
Senza neppure pensarci Dave si buttò avanti, avido di un contatto fisico che non tardò ad arrivare. La guardia avversaria era il doppio di lui, il che era tutto dire.
Il colpo lo centrò alla spalla, espandendo il dolore nella cassa toracica.
A Dave piaceva il dolore, gli ricordava di essere vivo.
Aveva smesso di preoccuparsi delle regole del gioco da molto tempo ormai; quello che cercava era puro movimento.
Gli altri giocatori si passavano la palla in fretta e con precisione: Adams, Stevens, Hudson.
Erano in vantaggio di soli 4 punti e non potevano permettersi di farli recuperare.
Stavolta non era stato necessario fare balletti: le Cheerios erano tornate al loro posto. Peccato, pensò David, in fondo si era divertito ed avevano pure vinto, conquistando il rispetto della scuola. Williams aveva fatto punto. Lasciò vagare lo sguardo sugli spalti mezzi vuoti del McKinley e lo vide.
Sapeva perfettamente dove era seduto da prima che iniziasse la partita, ma si era imposto di non rivolgergli nemmeno uno sguardo. Aveva resistito fino al secondo tempo.
Subito sentì lo stomaco rivoltarsi.
Che cos’era? Senso di colpa, rimorso, paura o semplice eccitazione? Non lo sapeva nemmeno lui. Sapeva solo che da più di tre mesi non aspettava altro che le partite di football per vedere Hummel che veniva a fare il tifo al fratello. Ogni volta resisteva sempre qualche minuto in di più a non guardarlo; eppure nel momento in cui i suoi occhi si posavano sul suo viso pallido e sorridente, mentre batteva le mani e chiacchierava con quell’idiota del suo amichetto ( ma non aveva altri vestiti che non fossero quella divisa da frocetto?) tutti i dolori dovute alle botte sparivano di colpo, e iniziavano le fitte all’altezza dello stomaco e il tremito alle mani.
“Dave! Che diavolo stai fissando?” la voce di Azimio lo riportò alla realtà.
“Niente.” Mormorò, rimettendosi in riga dietro Hudson.
Per il resto della partita cercò di concentrare la mente su quella stupida palla, ma era come se la voce di Hummel gli perforasse il cervello. Gli piaceva fare finta che quelle urla e quegli incitamenti fossero per lui. Nel retro della sua mente dove nessuno poteva sentirlo, neppure la sua parte razionale, si crogiolava con quelle sciocche fantasie.
Il fischio finale decretò la loro vittoria. Dave ringraziò mentalmente la coach Beastie: era proprio vero che da quando lei era arrivata il vento aveva iniziato a cambiare.
Si avviò verso gli spogliatoi esultando con gli altri compagni. Il rapporto con Hudson era piuttosto migliorato dopo la famosa partita con l’esibizione; doveva ammettere che le prove costanti del Glee, che li obbligavano a stare insieme ogni santo giorno, avevano giovato. Certo, a lui non andava giù il fatto che non avesse ancora chiesto scusa a suo fratello, ma si stava sforzando di accettarlo per il bene della squadra.
Dave stesso si era meravigliato del fatto che Hummel non avesse spifferato tutto ai quattro venti. Se da una parte sarebbe stato più facile, dall’altra la sola idea che gli altri lo venissero a sapere, in particolar modo il suo migliore amico, lo terrorizzava a morte.
Perché poi? Si chiese slacciandosi la divisa, in un momento di lucidità mentale. Essere gay era davvero più terribile che essere un bullo omofobo?
Ripensando a come si era comportato in passato si rendeva conto di essere stato un completo imbecille. Aveva deluso i suoi genitori, aveva spinto i suoi compagni e professori ( e il ragazzo che gli piaceva) a disprezzarlo. E tutto questo per cosa poi? Per la sua stupida reputazione. Per mantenere una facciata con persone che non avrebbe più rivisto da lì a tre anni e di cui non gli importava nulla. Ridicolo. I suoi genitori alla fine lo avrebbero accettato, lo sapeva. Il problema non erano loro, ma lui.
Da quando era stato quasi espulso dalla scuola aveva passato le giornate chiuso in camera sua senza televisione, cellulare, computer e playstation. I primi giorni li aveva passati a sfogare tutta quella rabbia repressa prendendo a pugni il cuscino e facendo finta che fosse la faccia di Hummel; poi aveva passato il tempo a dormire, con la speranza di staccare il cervello da tutti quei pensieri assurdi che lo mandavano fuori di testa, ma finiva sempre con il sognare occhi color oceano e folle di persone senza volto che urlavano “Finocchio!”. Così aveva deciso che la sua ultima opzione era occupare la mente con lo studio.
In quasi tre mesi i suoi voti erano notevolmente migliorati, con una certa sorpresa da parte dei professori, che in lui cominciavano a vedere un cambiamento positivo.
Se i pomeriggi studiava, le notti le passava a pensare, per paura di sognare Hummel. Dopo mesi di negazione e dopo aver toccato il fondo si era reso conto che non poteva fuggire da se stesso.
L’unica cosa da cui voleva fuggire era Lima. Nella sua mente aveva ricreato mille volte la scena in cui avrebbe chiesto scusa ad Hummel: dove lui l’avrebbe capito e perdonato, dove sarebbero andati via insieme, magari a New York o San Francisco o anche a Columbus, dove non li conosceva nessuno e dove avrebbero iniziato una nuova vita.
Assurdo, lo sapeva, eppure non poteva fare a meno di farsi del male in questo modo.
Si era detto che quella era la giusta punizione da pagare per ciò che aveva fatto. Alle volte, durante il giorno, quando meno se lo aspettava, sentiva nitidamente il sapore delle labbra di Kurt sulle sue, e si bloccava.
Non si era mai toccato, neppure una volta, pensando a lui dopo il bacio: pensando alla morbidezza di quelle labbra rosse e umide, al suo sapore unico, alla pelle vellutata della sua guancia e all’odore di lacca biologica che gli inondava le narici. Mai, nemmeno una.
Aveva tirato fuori tutti i giornali porno comprati con Azimio, e aveva passato ore a fissare quelle donne prosperose; ma all’ennesimo paragone col suo ex compagno di scuola le aveva buttate tutte via.
Era quindi arrivato alla conclusione che accettarsi era il primo passo verso la riconciliazione con se stesso e con gli altri, anche se non era stato facile.

L’acqua bollente della doccia stava iniziando a diventare fredda. Non aveva idea di quanto fosse rimasto lì sotto perso nei suoi pensieri; si rese però conto che lo spogliatoio era ormai vuoto. Gli altri ragazzi erano corsi al bar per festeggiare la vittoria, ma lui non aveva proprio voglia di unirsi a loro.
Si controllò allo specchio: i lividi vecchi stavano iniziando a sparire, ma i nuovi della partita erano lì, stampati sul suo corpo. Quello alla spalla aveva un aria proprio brutta. Prese un po’ di ghiaccio sintetico dall’armadietto dei medicinali e se lo schiaffò sull’ematoma.
In quel momento la porta dello spogliatoio si aprì.
Dave pensò fosse Hudson, che tanto per cambiare si era scordato qualcosa di fondamentale, tipo i pantaloni; o Azimio che in un atto di bontà era tornato indietro a prenderlo per trascinarlo al pub con gli altri, ecco perché rimase totalmente di stucco nel trovarsi di fronte Hummel. Era dal suo trasferimento che non si vedevano faccia a faccia e Dave aveva passato tre mesi a fantasticare su come sarebbe stato il loro primo incontro. Mai avrebbe pensato ad uno spogliatoio puzzolente, con lui che aveva addosso solo un asciugamano legato in vita e l’espressione più ebete che ci si potesse immaginare.
Hummel era semplicemente pietrificato dall’orrore.
Era più alto, notò Dave, più magro se possibile, e aveva i capelli bagnati incollati al viso. Stranamente non indossava niente di stravagante: un normale cappotto nero, con pantaloni scuri e stivali. I suoi occhi erano ancora più grandi e azzurri di come ricordasse.
Non seppe dire per quanto tempo rimasero a fissarsi, ma il ghiaccio cominciò a pizzicare sulla spalla, riportandolo alla realtà.
“Che diavolo ci fai qui?” chiese brusco, facendolo sobbalzare.- Bell’inizio, complimenti – Dave si maledì mentalmente.
“Ero venuto a cercare Finn. Abbiamo visto la squadra andare via e sono tre ore che lo stiamo aspettando. Cominciavo a pensare che fosse affogato nella doccia.” Disse sprezzante.
Dave nascose un mezzo sorriso: il suo umorismo tagliente non era cambiato di una virgola.
“ Mi dispiace deluderti, ma se ne sono andati via tutti da un pezzo.” Si voltò e iniziò a rovistare nell’armadietto, come scusa per non guardarlo. Stare mezzo nudo davanti a lui lo metteva davvero a disagio. Non sentendo i passi allontanarsi, dedusse che Hummel era ancora li dietro a fissarlo.
Chiuse di scatto l’armadietto e si voltò, rosso in viso per la rabbia “Si può sapere che accidenti ci fai ancora qui?” lo aveva urlato senza volerlo. Uno dei motivi per cui odiava Hummel era proprio perché in sua presenza non riusciva a controllarsi.
“Sai Karofsky, Finn mi aveva detto che eri cambiato. Dal momento che siamo soli, e nessuno può sentirti, volevo darti la possibilità di dimostrarmelo. Ma evidentemente si sbagliava.” Sputò Kurt. Lo guardò con disgusto e si voltò. Aveva ragione: erano soli, era un’opportunità troppo grande per lasciarla sfuggire; voleva davvero mettere fine a tutto questo, riprendersi la sua vita…ma non sapeva come fare, cosa dire, e Hummel stava per uscire dallo spogliatoio e chissà quando lo avrebbe rivisto.
Senza pensarci si avvicinò e gli afferrò un polso, cercando di metterci meno forza possibile. Aveva le mani che gli tremavano.
La pelle di Kurt era fredda come le sue dita che fino a quel momento erano state a contatto con il ghiaccio, facendolo trasalire, però non si scansò dalla sua presa. Portò timidamente i suoi occhi azzurri in quelli di David restando in attesa.
Il ragazzo aprì la bocca un paio di volte, ma il suono non usciva e la cosa lo faceva sentire particolarmente frustrato. Aveva passato più di tre mesi ad immaginarsi un discorso decente e quello era il risultato?
“Lo so che non è facile.”sussurrò Kurt.
Le dita si strinsero involontariamente sul suo polso. “Tu non sai un bel niente Hummel. Tu non sai come ci si sente a dover fingere ogni secondo con tutte le persone che tengono a te. Tu non sai cosa vuol dire avere una fottuttissima paura di te stesso ogni volta che ti guardi allo specchio; vedere tutto quello che hai programmato sgretolarsi davanti ai tuoi occhi senza che tu possa farci nulla. Tu non sai che cosa vuol dire essere me.”la sua voce era un ringhio basso e tremante “ Te ne vai in giro a testa alta coi tuoi bei vestitini da donna e te ne freghi di tutti e delle loro opinioni, delle spinte, delle granite e degli insulti. Tutto ti scivola addosso. Tu mi ferisci la vista e…”
“Basta!” Kurt aveva le guance rosse per la rabbia. Tolse di scatto la mano dal pungo di Dave “Sono qui per delle scuse, non per farmi insultare ancora. Cosa credi che sia facile essere come noi…si Karofsky come noi, qui a Lima? Ma se mi faccio buttare giù da persone ignoranti come te e scappo a nascondermi, allora come posso sperare di andarmene via, e affrontare tutti i problemi futuri che avrò nella mia vita? Io sono fiero di quello che sono per il semplice fatto che sono nato così, e non ho mai fatto nulla di sbagliato per…”
“Mi dispiace.” Le parole erano venute fuori così, di botto, chiare e forti.
Hummel si bloccò stupito. Improvvisamente Dave si accorse che non aveva bisogno di stare lì a pensare, ma le parole erano dentro di lui e spingevano per uscire.
“Ti chiedo scusa per tutto quello che ti ho fatto, Kurt. Non sono così, quella persona sono arrivato a disprezzarla io stesso. So che questo non basta per recuperare tutte le botte e le minacce, so bene che non hai fatto nulla per tutto questo e che io non merito il tuo perdono; ma voglio che tu sappia che sto vivendo con il rimorso ogni singolo istante della mia vita. Se potessi riportare indietro il tempo non lo rifarei, o forse si, perché mi ha portato ad avere coscienza di quello che sono. Non lo so…ma immagino che essere stato quasi espulso mi abbia aperto gli occhi, ed essere stato privato della mia vita negli ultimi mesi sia servito a qualcosa. Ecco io…avevo paura, facevo a te tutto quello che in realtà volevo fare a me stesso, perché era più facile…dio non so cosa dire, sono patetico lo so, ma tanto il mio orgoglio è già andato a farsi fottere da tempo.” Si allontanò da lui, con lo sguardo a terra e prese un respiro profondo “In ogni caso sapere che il ragazzo che mi piace mi odia con ogni fibra del suo essere, e che non potrò mai averlo è già abbastanza come punizione.” Sussurrò.
Kurt aveva smesso di respirare. Gli piaceva? Lui pensava che quel bacio fosse uno degli ennesimi scherzi da bullo per ferire il suo orgoglio. Quella dichiarazione era stata peggio di una doccia fredda.
Non riusciva a staccare i suoi occhi da Karofsky. Per una volta Kurt Hummel era rimasto senza parole.
In quel momento si aprì la porta dello spogliatoio, ed apparve Blaine sulla soglia. “Kurt stavo iniziando a preoccuparmi, Finn è di la coi tuoi da tre ore ed ha detto che…” si bloccò vedendo la faccia sconvolta di Kurt e poco più in la Karofsky mezzo nudo.
“Tutto a posto?” chiese preoccupato.
“Tranquilla fatina, non gli ho torto un capello.” Fece lui con disprezzo. Il Karofsky di sempre si era rimesso la maschera. “E adesso fuori dallo spogliatoio dei maschi, che devo cambiarmi.” Si voltò dando le spalle a Kurt, senza degnarlo di un minimo sguardo.
Blaine afferrò l’amico e lo trascinò via.


Kurt:

Il ragazzo che mi piace …queste parole non facevano altro che risuonare nella mente di Kurt mentre tornavano a casa.
Blaine aveva provato a chiedergli che cosa fosse successo nello spogliatoio, ma lui non se la sentiva di dirlo a nessuno per il momento. Il che lo faceva stare peggio, perché in qualche modo gli sembrava di tradire la fiducia del suo migliore amico.
Aspettò che Finn andasse in bagno a preparasi per la notte ed entrò di soppiatto in camera sua. Il suo cellulare era poggiato sul comodino; scorse velocemente la rubrica fino a trovare il numero che stava cercando. Lo copiò senza indugio e andò via in silenzio.
In realtà non sapeva per quale motivo avesse preso il numero di Karofsky, eppure il bisogno improvviso di sentire la sua voce era diventato spasmodico e necessario come respirare. Aveva bisogno di sapere che quella sera era stata reale e che quella conversazione non se l’era sognata.
Guardava il suo I-phone da tre quarti d’ora ormai, senza riuscire a spingere il bottone verde.
Probabilmente era impazzito. Forse era affetto dalla sindrome di Stoccolma. Si doveva essere per forza così. Non c’era verso che lui, Kurt Hummel, potesse provare qualcosa per David Karofsky nemmeno tra dieci vite.
E infatti era così: lui non provava nulla verso il suo ex-bullo se non un’immensa curiosità.
Lui di certo si meritava ragazzi bellissimi e perfetti come Blaine; oppure dolci e popolari come Finn. Insomma, qualcuno opposto a quel Neanderthal di Karofsky.
Sospirò. Eppure nella sua forzata ricerca della perfezione si era lasciato sfuggire molte cose. Nessuno mai, in tutta la sua vita, gli aveva detto di provare qualcosa nei suoi confronti; e questo per quanto si sforzasse di negarlo, influiva parecchio. Era come avere a che fare con una persona completamente diversa.
Ripensò all’espressione disperata di Karofsky, ai suoi occhi velati di lacrime mentre gli diceva che non avrebbe mai potuto averlo, come se lui fosse un tesoro preziosissimo; e che non meritava il suo perdono.
Era vero che Dave gliene aveva fatte di tutti i colori, ma lui non era un persona rancorosa. In fondo aveva perdonato Puck, e si era addirittura innamorato di Finn; forse era giusto dare anche a Karofsky una seconda possibilità…in fondo sembrava cambiato sul serio!
Decise così di premere il tasto verde: il cellulare era staccato.
Un’ondata di frustrazione lo investì in pieno e gettò il telefono sul letto. Doveva assolutamente vedere Karofsky e parlarci, ma non poteva aspettare altre tre settimane per la prossima partita. Solo che non sapeva dove abitava e non poteva certo presentarsi al McKinley, dove lo avrebbe cacciato nei guai.
Sospirò; avrebbe provato a richiamarlo l’indomani.

La mattina dopo Blaine lo aspettava alla caffetteria della Dalton come al solito.
“Dormito bene?” lo apostrofò con un sorriso a trentadue denti, mentre gli porgeva il suo latte macchiato scremato bollente.
“Ho avuto notti migliori.” Disse stancamente Kurt, indicandosi le pesanti occhiaie, mal celate da uno strato di correttore.
“Pensi di dirmi prima o poi quello che è successo ieri nello spogliatoio?”
Il caffè quella mattina sembrava molto più amaro del solito. In fondo a Kurt dispiaceva tenere qualcosa nascosta al suo migliore amico. Blaine gli aveva sempre dato ottimi consigli, magari sarebbe stato d’aiuto anche stavolta. Poi sembrava veramente preoccupato: visti i suoi precedenti con Karofsky, alla fine optò per dirgli la verità.
“Ieri quando sono entrato nello spogliatoio per cercare Finn, ho incontrato Karofsky.”
Blaine annuì, lo aveva visto.
“Inizialmente ho avuto paura, perché era dal mio trasferimento che non lo vedevo, e pensavo che volesse vendicarsi su di me per la quasi - espulsione. Poi però mi sono ricordato di quello che ha detto Finn dopo la partita dove avevano ballato insieme nell’intervallo, ricordi? Quella della coppa. Mi ha detto che Dave era cambiato e che era dispiaciuto. Ti giuro che non volevo crederci, anche se li per li mi era parso impossibile che si mettesse a ballare travestito da zombie davanti a tutta la scuola.. così ho deciso di dargli una possibilità, dal momento che eravamo soli, e vedere se Finn aveva ragione.”
Blaine prese un lungo sorso dal suo cappuccino “Quindi si è scusato?” chiese.
Kurt annuì, “Ha detto che gli piaccio.”
Il suo amico quasi si strozzò con la bevanda e lo fissò incredulo.
Kurt scosse la testa e lo guardò disperato “Blaine non so che cosa fare; quel Neanderthal ha il potere di confondermi! Ogni volta che penso faccia qualcosa invece se ne esce qualcos’altro di completamente insensato!” Kurt era agitato: parlava a voce alta e agitava freneticamente le mani per aria, con le guance rosse e gli occhi sgranati. “Insomma per un anno mi ignora, poi si sveglia e inizia a tormentarmi, dopo di che, quando penso che voglia ammazzarmi mi bacia, poi mi minaccia di morte; ma canta e balla truccato davanti a tutta la scuola e infine mi confessa che gli piaccio. Ti rendi conto?” oramai tutte le persone nella caffetteria si erano voltati a guardarlo, ma Kurt sembrava ignorarle, troppo preso dai suoi problemi personali. “E’ evidentemente pazzo.” Sbuffò, e finì il suo latte macchiato ormai freddo.
“Che intenzioni hai adesso?” chiese Blaine.
Kurt aprì la bocca, per poi richiuderla di colpo. Sembrava frustrato. “David Karofsky è nato per complicarmi la vita.” Sussurrò, guardando fuori dalla finestra.
“Kurt ascolta, so che questa situazione non è facile per te, ma devi ammettere che nemmeno per lui tutto questo è una passeggiata. Voglio dire: se una persona come Karofsky, che ha sempre avuto atteggiamenti omofobi nei tuoi confronti per mascherare la sua omosessualità, tanto da arrivare a minacciarti, arriva a dichiararsi…bè vuol dire che è davvero giunto al limite.”
Kurt alzò le spalle.
“No, dico sul serio Kurt. Dave è una persona estremamente fragile, che in un periodo delicato come l’adolescenza si trova ad affrontare una cosa molto più grande di lui completamente solo!”
“E allora? Non abbiamo forse anche io e te questi problemi? Essere gay in una cittadina dell’Ohio non è facile per nessuno Blaine!”
“No, ma tu hai sempre potuto contare sull’appoggio di persone che ti stanno vicino, come tuo padre, i tuoi amici del Glee…ora anche me.” Kurt gli sorrise.
“Io credo che Dave non abbia nessuno con cui parlare, per questo mi ero offerto all’inizio, come confronto. Insomma, hai visto i suoi amici? Un gruppo di giocatori di football più omofobi e insicuri di lui; la sua famiglia? Non la conosciamo. Chi lo sa come la prenderebbero.”
“Suo padre sembrava una persona a posto.” Kurt ripensò al colloquio nell’ufficio del preside.
“Un padre che si accorge dei cambiamenti del figlio e non prende provvedimenti non è una persona molto presente Kurt.” Disse Blaine amaramente.
“Bè, sarebbe potuto venire a parlarmi, farsi nuovi amici…” stava iniziando a spazientirsi.
Blaine sospirò “Hai mai pensato che Karofsky fosse gay?” chiese di botto.
Kurt sgranò gli occhi “No! Quando mi ha baciato sono rimasto totalmente scioccato.” Il ricordo di quel bacio gli lasciava ancora una strana sensazione all’altezza dello stomaco, e un sapore salato sulle labbra. Scosse la testa con forza, per togliersi il ricordo di mente, cercando di concentrarsi sugli occhi cerulei del compagno di fronte.
“Tu in fondo hai sempre saputo di essere gay vero?” Annuì, non riusciva a capire dove volesse arrivare Blaine.
“Ci sono alcune persone che ne prendono coscienza da subito; c’è chi invece se ne rende conto più tardi. Uomini sposati e con figli, che si accorgono di quello che sono e non possono più negarlo a se stessi…non tutti sono fortunati come te e me. Immagino che Karofsky ne abbia preso realmente coscienza di recente, quindi immaginati che razza di shock può essere stato per lui! Non ha saputo come reagire e la paura lo ha portato a negare ciò che è, e quelli come lui.”
Kurt era sconvolto “Hai mai pensato di fare psicologia?” chiese.
Blaine scoppiò a ridere “No, è solo che quando si tratta di dare consigli agli altri, le cose vanno bene; è su di me che sto ancora lavorando. Che intenzioni hai adesso?” richiese.
Kurt sospirò, giocando col bicchiere vuoto “Non lo so. Vedi, il modo disperato in cui me lo ha detto…non riesco a togliermelo dalla testa. E’ la prima persona che mi dice una cosa del genere, e per quanto io lo odi e mi imponga di ignorarlo, il pensiero riaffiora continuamente. Sono più malato di quanto pensassi.” Fece un sorriso amaro.
“E’ normale essere curiosi.” Concesse Blaine.
“Non capisci…lui è il ragazzo che mi ha reso la vita un inferno, non è ‘normale’ che io pensi a lui in qualche altra maniera.”
L’amico era sovrappensiero “Anche Puck e Finn non scherzavano da quel che mi hai detto, eppure tu li hai perdonati. Nella vita si cambia Kurt.”
“E’ quello che continuo a ripetermi…ma tu da che parte stai?” chiese leggermente stizzito.
Blaine scoppiò a ridere “Dalla tua ovviamente. Ricordati che io so molto bene cosa vuol dire essere vittima di bullismo, e i ragazzi che tormentavano me erano molto diversi da Karofsky. Sto solo cercando di farti capire che David non è un pazzo violento, ma una persona più complessa di quanto credi; e se mai un giorno tu dovessi provare a perdonarlo e cercare di capirlo non saresti assolutamente ne folle ne malato.”
“Ho rubato il suo numero dalla rubrica di Finn ieri sera. Non sapevo nemmeno cosa dirgli, volevo solo sentire la sua voce per rendermi conto di non essermi sognato tutto. Grazie al cielo il telefono era staccato.”
Restarono in silenzio per un po’, fino a che Kurt non si alzò e buttò il bicchiere nel cestino. “Vorrei parlargli, ma da una parte ho paura. L’ultima volta che ci abbiamo provato non è andata esattamente benissimo.”
L’amico si alzò con lui “Potresti organizzare un incontro casuale.”
“Ma io non so che razza di posti frequenta Karofsky, e non ho di certo intenzione di andare al McKinley.”
“No, certo. Sono sicuro che qualcosa ci verrà in mente; ora però dobbiamo sbrigarci, altrimenti faremo tardi a lezione.”
Kurt aveva il viso pallido e preoccupato “Non so proprio come andrà a finire.” Blaine gli posò una mano sulla spalla in modo rassicurante “Neppure io, ma ti prometto che ti starò vicino.”






NdA: Salve a tutti! Questa è la mia prima Kurtofsky, ma alla fine ho ceduto alla tentazione. Ho sentito il bisogno di scrivere questa storia per mettere su carta tutte le cose che penso di questo personaggio a mio parere complesso ma interessante, e forse è per questo che la trama è a stampo molto riflessivo. Ho intenzione di seguire il filo degli episodi, ovviamente cambiandone una parte del contenuto per motivi di trama, e sono arrivata a scrivere fino alla Notte dei Negletti. Ci tengo davvero tanto a questa storia; il fatto è che sono già più di quattro mesi che è scritta sul mio pc in attesa di essere pubblicata e alla fine mi sono decisa. Nei prossimi capitoli ci dovrebbe essere un po’ più di azione, ma ripeto, è molto riflessiva come storia. Voglio precisare una cosa: nella maggior parte delle kurtofsky che ho letto Blaine è il cattivo, il tradito, il bastardo o lo sfigato. Qui è semplicemente il migliore amico di Kurt. A me Blaine piace molto come personaggio ( nonostante non abbia mai scritto ne tradotto una klaine), così come mi piace Dave e come mi piacciono tutti quelli in Glee. Sono al di fuori delle guerre di ship e di altre diatribe inulti su chi sia meglio, perché ragazzi…non esistono veramente, è solo per passare il tempo e divertirsi. Voleva essere solo una precisazione, poi voi siete liberi di amare ed odiare i personaggi che volete. Spero che a qualcuno possano interessare i miei deliri interiori e che mi facciate sapere cosa ne pensate. Sto mettendo molto impegno nello scrivere i personaggi, quindi accetto consigli e critiche costruttive di ogni genere. Non so ancora ogni quanto aggiornerò, ma ogni capitolo sarà diviso da entrambi i punti di vista. A presto e grazie!
   
 
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