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Autore: Angel666    12/09/2011    3 recensioni
Non sempre è facile accettare un cambiamento e guardare la persona che più si odia al mondo con occhi diversi. Dave sta compiendo un lungo percorso di riappacificazione con se stesso e con gli altri, e deve dimostrare a Kurt che vuole davvero diventare una persona migliore. Tra altri e bassi, e soprattutto con l'aiuto dei loro migliori amici, riusciranno a lasciarsi il passato alle spalle imparando dai propri errori. Ho sentito il bisogno di scrivere questa storia per mettere su carta tutte le cose che penso di questo personaggio, a mio parere complesso ma molto interessante, e forse è per questo che la trama è a stampo piuttosto riflessivo. Ho intenzione di seguire il filo degli episodi, ovviamente cambiandone una parte del contenuto per motivi di trama. Enjoy!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dave:


Dave era sdraiato sul suo letto e fissava il soffitto bianco. Il giorno dopo sarebbe stato San Valentino. Erano esattamente due settimane che aveva confessato ad Hummel che gli piaceva; ed erano anche due settimane che non lo aveva più ne visto ne sentito.
Sicuramente Kurt era una di quelle persone che adoravano la Festa degli Innamorati; il suo amichetto fighetto gli avrebbe regalato cuori di cioccolato e stupidi pupazzetti parlanti, e sarebbero andati insieme in qualche bel ristorante costoso. Breadstix magari.
Dave già si immaginava Hummel e quell’Hobbitt vestiti tutti eleganti mentre ridevano, si tenevano per mano e si baciavano.
No, quello era troppo: le labbra di Hummel appartenevano solo a lui. Si girò a pancia sotto e affondò la faccia nel cuscino, sperando di soffocare.

Lo svegliarono i colpi di sua madre alla porta “Dave, sbrigati o farai tardi a scuola!”
Aveva dormito tre ore, non aveva voglia di alzarsi; ma considerando che la scuola era la sua unica ‘libera uscita’ della giornata si fece forza.
Entrando in macchina accese lo stereo senza pensarci, come d’abitudine, e subito fu investito dalle note di una melensa canzone d’amore. Spense di botto.
-Cominciamo bene la giornata- pensò.
A scuola la situazione non era certo migliore; ma quando cavolo si erano formate tutte quelle coppie? Tutti camminavano mano nella mano con un sorriso ebete stampato in faccia. Cuoricini e letterine riempivano corridoi, banchi ed armadietti.
“Ti giuro che entro la terza ora vomito.” La voce di Azimio lo raggiunse alle spalle.
“Non me ne parlare, vorrei strappare tutte le lettere che vedo.” Rispose Dave.
Si avviarono insieme verso la classe. “Per quanto tempo ancora i tuoi ti terranno segregato in casa?”
“Non lo so amico, penso fino al diploma.” Brontolò.
“Cavolo che palle. Tutta colpa di quel frocetto di Hummel.” Involontariamente Dave contrasse le spalle, ma Azimio parve non rendersene conto. “Stasera io e gli altri ragazzi andiamo giù a lago a dare fastidio alle coppiette appartate.” Sbottò a ridere sguaiatamente.
Dave lo guardò con disgusto: anche lui un tempo era stato così idiota? Avrebbe voluto urlargli Cresci!, invece si limitò ad annuire e a guardare fuori dalla finestra.
Lo avevano già interrogato in tutte le materie, per cui si concesse il lusso di dormire ad occhi aperti durante le lezioni. Fu alla fine degli allenamenti di football, negli spogliatoi, che qualcosa attirò la sua attenzione per la prima volta quella giornata.
Finn stava parlando con Puckerman e Abrams quando venne fuori il nome di Hummel. Dave continuò a slacciarsi le protezioni, facendo finta di nulla, ma aveva le orecchie ben attente a cogliere ogni minima parola.
Riuscì a capire che tutti quanti quella sera si sarebbero visti per cena da Breadstix, dove Hummel e un gruppo di uccelli si sarebbero esibiti in una performance canora. Alle sette. A quanto pare Kurt ci teneva tantissimo che fossero tutti presenti, e i ragazzi si stavano mettendo d’accordo.
Dave sbatté con forza la porta dell’armadietto e uscì dagli spogliatoi senza degnare gli altri di uno sguardo, che nel frattempo avevano smesso di parlare e lo stavano fissando stupiti.
Per tutto il pomeriggio aveva avuto in testa solo quelle maledette parole: Hummel, da Breadstix, alle sette. Ovviamente non ci sarebbe potuto andare; e per dirgli cosa poi?
Mentre cercava di annegare nel bianco del suo soffitto sentì bussare alla porta. Senza aspettare una risposta sua madre si affacciò all’uscio “Dave, io e tuo padre stasera andiamo a cena fuori. Sai, è San Valentino…” Come se lui non se ne fosse accorto. “Ti abbiamo lasciato dei panini e del latte sul tavolo. Gli avanzi sono in frigo. Spero che tu abbia finito i compiti; se hai bisogno di qualcosa chiamaci, anche se torneremo a casa entro mezzanotte.”
David grugnì, voltandosi verso il muro e dando le spalle alla porta. Sentì sua madre sospirare e chiuderla delicatamente.
Non ce l’aveva coi suoi genitori; insomma se si fosse trovato nella sua situazione probabilmente avrebbe riempito di botte suo figlio. Ma stava iniziando a capire che la violenza non sempre era una soluzione accettabile, serviva solo a semplificare le cose. Era frustrato per la sua condizione: sapeva di meritarsela, ma in fondo era pur sempre un’adolescente, e rimanere segregato in camera sua per mesi stava iniziando a dargli alla testa. Dopo un po’ si alzò e uscì dalla stanza: l’unica cosa positiva era che per poche ore aveva libero accesso alla tv e al telefono. Eppure a San Valentino avrebbero sicuro trasmesso solo film d’amore (l’ultima cosa di cui Dave aveva bisogno), e non sapeva chi chiamare. Azimio era fuori con gli altri, e non aveva altri amici con cui voler parlare.
Andò in cucina e si sedette al tavolo, con lo sguardo fisso sul piatto, senza toccarlo.
Il silenzio in casa era assordante e surreale, interrotto ritmicamente dal ticchettio dell’orologio sul muro della cucina.
18:30.
“Fanculo!” sbottò David. Un’occasione come quella non gli sarebbe ricapitata per altri tre mesi di sicuro. Si alzò di scatto e corse verso la porta dell’ingresso: era chiusa a chiave.
Senza pensare attraversò casa e corse verso la finestra dello studio del padre: dava sul retro, i vicini non lo avrebbero notato. Si calò lentamente, ma scivolò all’ultimo, cadendo a terra. La maglietta si era strappata e i palmi delle mani si erano scorticati per l’attrito, ma era finalmente fuori. Respirò l’ara della sera a pieni polmoni: faceva freddo ed era senza giacca, ma non si era mai sentito così bene. Se i suoi lo avessero scoperto sarebbe stata la fine, ma per Hummel valeva la pena di correre il rischio.
Aveva deciso che si sarebbe appostato fuori dal ristorante e avrebbe assistito all’esibizione nell’ombra, attraverso la vetrina, senza farsi vedere. In fondo non voleva creare dei problemi a Kurt proprio quella sera.
18:57
Se l’era fatta tutta di corsa e stava per venirgli un colpo. Vabbè che Lima non era una città tanto grande, ma poteva di sicuro dire addio alla milza: grazie a dio i costanti allenamenti di football aiutavano, e la corsa gli aveva fatto passare il freddo.
Si appostò dietro la vetrina e attese.
Il locale all’interno era completamente decorato con cuoricini che pendevano dal soffitto e i tavoli erano tutti occupati. David riconobbe molti del Glee Club.
Improvvisamente uscì un gruppo di ragazzi che si posizionò su una pedana. Erano tutti vestiti uguali, con la divisa scolastica; e poi finalmente lo vide. Il suo cuore perse un battito: stava parlando in un microfono rosso e sorrideva. Anche lui indossava la divisa, e quando si mise in posizione con il resto del gruppo fece uno strano effetto a David: Hummel non era abituato a confondersi, ma a spiccare tra la folla. Invece ora si vestiva e si muoveva esattamente come gli altri. Dave fece una smorfia: era felice in quel posto Kurt? Sembrava un pesce fuor d’acqua. Non cantava neppure da solo, ma si limitava a far parte del coro. Per le poche volte che Dave l’aveva visto, in qualche assurda esibizione a scuola, Hummel non aveva paura di mettersi in gioco, anzi! Aveva avuto il coraggio di andare in giro per i corridoi travestito da Lady Gaga, con tanto di tacchi…la sola immagine lo fece scoppiare a ridere. Riconobbe il ragazzo che cantava da solo: la perfetta fatina che svolazzava continuamente intorno ad Hummel. Lo stomaco gli bruciò per la rabbia e strinse i pugni contro il vetro.
In quel momento le porte del ristorante si aprirono per far entrare una coppia, e la dolce melodia che stavano cantando gli giunse alle orecchie: “Silly Love Songs”. Un’armonia di voci si mescolavano insieme per dar vita a qualcosa di unico: erano bravi, dovette ammetterlo.
Vide Kurt avvicinarsi alla Jones e all’altra ragazza nasona con le manie di protagonismo e disegnare un cuore per aria, prima di abbracciarle. Chissà quanto gli mancavano. Il cuore di David sprofondò; che cosa aveva fatto? Perché lo aveva fatto fuggire via? In quel momento si accorse che avrebbe preferito passare la vita a spiarlo nel buio piuttosto che fargli ancora del male. Quel pensiero lo colpì in pieno, stordendolo. Un tempo avrebbe pensato di essersi rammollito, invece ora capiva di essere stato semplicemente uno stupido. Aveva avuto paura, si era fatto trascinare dalle perone sbagliate e ora ne stava pagando il prezzo.
Era talmente intento a fissare Hummel da non accorgersi che il suo amico si era accorto della sua presenza. Alla fine dell’esibizione il moro si avvicinò a Kurt e gli sussurrò qualcosa con discrezione all’orecchio.
Di colpo il ragazzo si voltò verso la vetrina e il loro occhi si incontrarono.
“Cazzo.” Disse Dave indietreggiando. Era stato scoperto. Sarebbe tanto voluto entrare nel ristorante e spaccare il muso a Fancy 2, ma qualcosa gli disse che così avrebbe solo aumentato l’aria sconvolta sul viso di Hummel; così si voltò in fretta e si incamminò verso casa.
“David!”
Quell’urlo gli fece bloccare il sangue nelle vene. Improvvisamente tutto il freddo di Febbraio gli entrò nei polmoni.
Era fermo in mezzo alla strada, ma non aveva il coraggio di voltarsi. Era la prima volta che sentiva Hummel chiamarlo per nome. Sentì i suoi passi avvicinarsi.
“Che cosa ci facevi lì fuori al freddo?” non c’era astio nella sua voce, ma solo curiosità e la cosa lo convinse a girarsi.
Non si trovavano così vicini da quel giorno negli spogliatoi.
La pelle di Kurt era ancora più chiara nel buoi della notte; piccole nuvole di fumo uscivano dalla sua bocca per il freddo.
“Sei senza cappotto e…è sangue quello sulle tue mani?” chiese sconvolto.
“Mi sono calato giù dalla finestra e sono scappato di casa.” Forse dire la prima cosa che gli era venuta in mente non era stata una buona idea.
Kurt alzò un sopracciglio e Dave scrollò le spalle. “Lascia perdere, non volevo spaventarti o… interrompere il vostro spettacolo.” In effetti si rendeva conto che la sua posizione era piuttosto imbarazzante dal punto di vista di Hummel; non voleva sembrare un maniaco.
“Tu sei scappato di casa per venire a vedere me?” chiese Kurt sorpreso.
Dave arrossì di botto, grazie al cielo la strada non era molto illuminata. “Certo che no! Ma che diavolo ti salta in mente? Passavo da queste parti e vi ho visto. Un gruppo di frocetti in divisa che cantano non passano di certo inosservati.”
“Soprattutto se sono chiusi dentro un ristorante.” Riabbatté Hummel con sarcasmo.
David aprì bocca, ma saggiamente decise di richiuderla.
Restarono così al buio a fissarsi per un po’ in silenzio, finché Dave non vide Kurt iniziare a tremare. “Devo andare.”
“Aspetta! Ti…ehm…ti va di entrare?” inclinò la testa di lato.
Dave lo guardò come se fosse impazzito di colpo “ Ma che dici? Non…non penso che ai tuoi amichetti farebbe piacere vedermi.”
“E’ questo il tuo problema: tu non pensi Karofsky.” Disse Hummel, ma senza troppa acidità nella voce.
“I miei non sanno che sono uscito, è meglio che torni a casa.” Aveva paura che i suoi tornassero prima per controllare che fosse tutto a posto e soprattutto che Dave non se la fosse svignata.
Kurt annuì senza dire nulla.
Eppure andare via sembrava difficile adesso.
“Sei felice Kurt?” non seppe da dove quella domanda fosse uscita, ma sentiva davvero il bisogno di fargliela.
Il ragazzo sembrò pensarci un po’ su “Perché me lo chiedi? Da quando ti importa qualsiasi mio stato d’animo che non sia la paura?” aveva messo più veleno di quanto avrebbe voluto in quella frase, ma sembrava confuso, e odiava farsi vedere fragile davanti al suo ex-bullo.
“Perché ti ho fatto andare via; perché hai rinunciato a tanto per colpa mia: ai tuoi amici, alle tue manie di protagonismo…ti ho visto prima lì in mezzo agli altri, quasi ti confondevi con loro…volevo solo sapere se ne era valsa la pena.”
Kurt sospirò, inizialmente era sembrato molto sorpreso, ma ora il suo viso era triste e gli occhi erano velati di lacrime “Sono più tranquillo; ma no, non sono davvero felice.” Aveva optato per la carta sincerità.
Dave si sentì ancora peggio “Mi dispiace; la paura fa fare cose stupide. Io non intendevo minacciarti davvero. Insomma, sei sempre stato così forte con tutto il resto che non immaginavo che una frase avrebbe avuto un simile impatto su di te!” disse sconvolto Karofsky.
“Bè ma che ti aspettavi? Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso! Vivevo nel terrore ed ero stanco di fingere che tutto andava bene. Spero almeno che tu sia felice, ora che hai raggiunto il tuo scopo di non vedermi più in giro.” fece con amarezza.
“No, non mi fa stare meglio. Ho forse l’aria di uno felice? Senti…se mai tu prendessi in considerazione l’idea di tornare al McKinley, voglio che tu sappia che non ti farei nulla. Ho già rischiato troppo; sarebbe come se per me non esistessi.” Disse sinceramente.
Un’ombra di disappunto passò negli occhi di Kurt, ma forse Dave se l’era solo immaginata.
“Oramai è troppo tardi.”
“Certo. Poi ti ritroveresti senza quella sottospecie di Hobbitt del tuo fidanzato.” Ribatté con disgusto.
Kurt strinse i pugni “Non ti permettere di parlare male di Blaine! E non è il mio fidanzato; non che siano affari tuoi ovviamente.” Aggiunse.
Dave non riuscì a reprimere un mezzo sorriso. “Capisco. Bè ci si vede in giro Hummel.”
Detto questo si voltò, lasciando un esterrefatto Kurt in mezzo alla strada.
Per tornare a casa Dave se la prese con comodo: se Hummel non stava con quella fatina e non era felice in quella scuola allora forse riportarlo al McKinley non era un’impresa così difficile.
Ma per farlo aveva bisogno di alleati.



A/N:: In questo capitolo ho riportato solo il punto di vista di Dave, sia per provare a fare un personaggio a capitolo, sia perché quello di Kurt è lunghissimo: 11 pagine word….mischiarli mi sembrava eccessivo. Ditemi voi come preferite, se due a capitolo o solo un punto di vista. Il prossimo è già scritto comunque, lo pubblicherò tra un paio di giorni ed è molto divertente, dal momento che tratterà BIOA e il folle party da Rachel. Spero che questo via sia piaciuto, personalmente SLS è una delle mie puntate preferite della seconda stagione…non lo so se Dave vi sembra OOC, o Kurt…vi copio qui una risposta che ho dato ad una recensione per comodità, e per essere ancora più chiara: “Kurt non prova assolutamente nulla per Dave in questo momento, se non una forte curiosità. diciamo che ho provato ad immedesimarmi un pò in Kurt e quello che ho pensato è: se una persona ti tratta male e ti fa capire che ti odia, per poi confessarsi già ti confonde di suo. se a questo aggiungi che kurt non solo non ha mai avuto un ragazzo, ma una volta è stato rifiutato in malo modo da Finn (ovviamente perchè etero) e a parte Blaine ( di cui è diciamo innamorato quindi non conta ) non conosce nessuno gay....la curiosità aumenta a livelli vertiginosi. quel bisogno spasmodico è semplicemente la conferma alle sue incertezze, non un interesse amoroso. per il momento. almeno questo è come lo interpreto io. dave...: per me lui non è una persona timida, impacciata e che si emoziona facilmente, questo lo farebbe sembrare quasi tenero, e non è quello che voglio che appaia in questa storia. io lo vedo introverso si, ma perchè ha paura ed è confuso, e se non sa come gestire la situazione da una parte, dall'altra è arrivato al limite della sopportazione ed essendosi sputtanato col bacio inconsciamente sta pensando di affidarsi un minimo a kurt. non solo è una confessione, ma una richiesta d'aiuto.”
Questo è quello che penso io, il mio punto di vista, e non deve per forza coincidere con il vostro; anzi fatemi sapere voi che ne pensate! A presto.
   
 
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