07.09.2011
C’era una vecchia
canzone nell’aria. Avrei voluto seguirla tra i cortili bui, tant’era la
malinconia che mi pervadeva. Avrei dovuto seguirla, tanto tempo era passato
dall’ultima volta che avevo avuto il coraggio di farlo.
C’erano ragazzi che
cantavano una vecchia canzone e ridevano, probabilmente con una bottiglia di
vino nascosta tra le gambe. Avrei voluto conoscerli per sapere tutti i loro nomi
e cantare con loro, perché le parole le sapevo, le amavo, anche se non le avevo
mai capite davvero. Avrei dovuto conoscerli, perché un amico se ne stava andando
e nel cuore avevo tanta confusione che non volevo districare.
C’era l’aria
dell’estate che finisce, quel profumo di settembre che si porta via il tuo tempo
e il tuo spirito. Avrei voluto partire, anziché tornare, perché è più
promettente, più poetico e più spaventoso, e io avevo bisogno di avere paura.
Avrei dovuto partire perché non fa mai bene tornare alla vita quando non è ora,
quando non si è pronti.
C’era la notte con
l’odore di sudore e di fritto dal cinese sotto casa. Avrei voluto scappare dalla
finestra, come avevo pensato di fare troppe volte, senza averne mai il coraggio,
e mangiare in mezzo alla piazza deserta insieme agli amici, per dimenticarmi che
ogni tanto c’è qualcuno che se ne va e che prima o poi io dimenticherò. Avrei
dovuto uscire tra le strade vuote a correre per non andare nemmeno troppo
lontano, solo per correre in mezzo ad una grande città e sentirmi un po’
libera.
C’era una tristezza
palpabile che usciva alla mia finestra, a mescolarsi con canzoni e risate. Avrei
voluto amarla, per soffrire un po’ meno e ricordarmi che nel male c’è sempre
qualcosa del bene. Avrei dovuto amarla, per confondermi e ripensare a questo
sette settembre come a un nuovo inizio felice.
C’era un libro che
leggevo controvoglia e una lettera che volevo scrivere. Avrei voluto buttare
tutto a terra e dormire come se niente fosse, come quando si torna tardi e tutto
il tuo corpo pensa solo a sdraiarsi sul letto. Avrei dovuto lasciarmi tutto alle
spalle e guardare dalla finestra le nuvole che correvano via.
C’erano ricordi
insistenti aggrappati alla mia mente, come scene di film visti e rivisti. Avrei
voluto metterli in ordine e archiviarli per sempre, per ricominciare da capo una
nuova me stessa. Avrei dovuto metterli da parte e basta, perché c’era sempre
quell’amico in mezzo e io non ci volevo pensare, che tutto era cambiato e che
lui se ne andava.
E c’era una vecchia
canzone nell’aria. Avrei voluto inventarne le parole per dire quanto mi
dispiaceva non essere stata abbastanza. Avrei dovuto chiudere la finestra e non
ascoltarla, restare in camera con la mia tristezza e scrivere quella lettera
che, tanto, non gli avrei mai dato.
A G.
dato che oggi è
anche il suo compleanno.