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Autore: crazy_world    08/09/2011    5 recensioni
La guardai di nuovo.
Salazar, era un vero spettacolo.
Dovevo dirglielo.
Doveva saperlo.
Dovevo dirle tante cose, troppe cose.
Ma il tempo era finito. E non c’era più nulla che potessi fare. Avevo sprecato la mia opportunità di vivere una vita con lei. Di vederla felice al mio fianco.
Ma in fondo, cos’avevo da perdere?
Perché non tentare un ultimo, forse inutile, disperato tentativo?
-Non sposarlo- mi uscì dalle labbra, in un tono che non avevo programmato. Mi ero immaginato un tono sicuro, quasi seducente. Invece era stata una supplica.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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                                             Something Blue


E
ra bellissima.

Ma lei era anche troppo timida, troppo insicura su quel genere di cose per poterlo ammettere.

Osservai come continuava a stirarsi le pieghe invisibili del vestito candido, vaporoso e soffice. Un vestito che mai avrei voluto vederle indosso. Non per lui almeno.

Era incantevole.

La rossa Weasley le si affaccendava attorno, svolazzando qua e là con aggeggi tra le mani.

Hermione invece continuava a guardare con diffidenza la sua - spettacolare - immagine riflessa nello specchio.

Ero stato uno stupido.

Ma non c’era bisogno di sottolinearlo proprio ora, non quando lei sembrava felice.

Si stava sposando giovane, Hermione Granger. Aveva ventidue anni. Bella, solare, radiosa ed emozionata, appariva quasi come un corpo celeste dentro quel vestito magnifico.

Ma io, io che l’avevo conosciuta bene, in ogni fibra del suo essere, in ogni più piccolo difetto, riuscivo a vedere l’impercettibile movimento delle dita della mano destra. Era nervosa.

Aspettavo pazientemente che la damigella d’onore dai capelli color rubino se ne andasse, lasciando sola la sposa.

Le fissai, nascosto perfettamente da una persiana al di là del vetro della finestra, scambiarsi alcune parole.

Era stupenda.

Ma non era mia. Non più.

Oh, si, lo era stata, un tempo. Un tempo che mi pareva lontano, un tempo che, giorno dopo giorno, sbiadiva sempre di più, come l’azzurrite negli affreschi.

Era stata al mio fianco per così poco che, per un attimo, mi ero chiesto se non fosse stato tutto solo un bellissimo sogno.

Ma no, era impossibile, perché lei ora era lì. Ed era vera; la rossa le stava sistemando il velo sul capo, e stava sfiorando quei riccioli di cioccolato. Gli stessi dei quali avevo dimenticato la consistenza, e il profumo, e la leggerezza.

Merlino, com’era bella.

Bella e di un altro.

Bella e promessa sposa di qualcun altro che non ero io.

E faceva male, tremendamente male. Era un costante dolore lancinante all’altezza del cuore. E dello stomaco. E delle gambe, che mi tremavano ogni volta che vedevo quegli occhi dorati.

Finalmente Ginevra Weasley si congedò, lasciando un piccolo bacio sulla tempia dell’amica.

Ora era sola. Completamente sola.

Mi decisi ad alzare una mano chiusa a pugno. Le mie nocche diafane cozzarono contro il vetro, facendo sobbalzare la sposa, che si voltò verso di me.

Morgana, di nuovo le gambe molli. No, non ora.

La vidi spalancare gli occhi d’ambra per la sorpresa. Riuscii a stento a trattenere un sorriso. Adoravo sorprenderla.

Compì qualche passo affrettato verso la finestra, prima di spalancarla.

-Draco!- bisbigliò. -Ma che ci fai qui?-.

Non le risposi. Mi limitai ad invitarla ad allontanarsi con un gesto secco della mano; poi, una volta che lei fu indietreggiata di qualche passo incerto, mi issai sul davanzale. Flessi i muscoli delle braccia e degli addominali, e riuscii a sedermi sulla lastra di pietra. Poi balzai a terra, atterrando sul pavimento in legno della stanza.

Quasi obbligandomi, alzai lo sguardo ed incrociai il suo.

Hermione avanzò appena.

-Cosa ci fai qui?- ripeté.

Non era arrabbiata. Né turbata. Solo confusa.

Certo, era normale. Dopotutto tra di noi era finito tutto da due anni.

Era assurdo che io non l’avessi ancora dimenticata. O forse no?

Non risposi alla sua domanda. Non era il momento.

-Devi andare?- chiesi invece.

La vidi aggrottare le sopracciglia, sempre più spaesata. Poi comprese. -No, la cerimonia inizia tra venti minuti-.

-E allora perché la rossa se ne è andata?-.

Sospirando, si appoggiò contro lo scrittoio, uno dei pochi mobili che arredavano il locale. Per l’occasione era stato trasformato in un tavolo da toeletta.

-È andata a cercare qualcosa di blu-.

-Qualcosa di blu?-.

-Sì- disse lei distrattamente, sistemandosi un guanto color avorio. -Sai, è una tradizione babbana. Secondo loro, per far si che un matrimonio sia duraturo, occorrono varie cose. Ad esempio qualcosa di vecchio. E qualcosa di blu-.

-Hai qualcosa di vecchio?-.

Lei annuì. -I guanti erano di mia madre. Ho anche qualcosa di nuovo: il vestito e le scarpe. Ho qualcosa di prestato, la tiara che regge il velo, vedi?- chiese, inclinando piano il capo in avanti, per farmi vedere la coroncina alla quale era stato agganciato il lungo pezzo di tulle.

Annuii a mia volta.

-Ma non ho nulla di blu. Ginny riuscirà a procurarmi qualcos’altro-.

-Qualcos’altro?-.

-Oh sì. Avevamo messo da parte degli orecchini blu, ma non li trovo più-.

-Capisco-.

Calò un silenzio imbarazzato.

Poi lei lo ruppe.

-Perché sei qui, Draco?- domandò per la terza volta. Il tono di voce era dolce, ma la conoscevo troppo bene per non capire che era tesa.

Decisi finalmente di degnarla di una risposta.

-Perché volevo salutarti. E farti i miei auguri-.

Un lampo attraversò quegli occhi in cui sarei annegato per mille volte e altre ancora.

Delusione? Era possibile?

-Grazie- disse lei semplicemente, senza tradire alcuna emozione.

-Prego, figurati-.

Stupido, stupido, stupido.

Mi guardò insicura.

-Ginny arriverà a momenti…- mormorò a disagio.

-Oh, si… si, giusto-.

La guardai di nuovo.

Salazar, era un vero spettacolo.

Dovevo dirglielo.

Doveva saperlo.

Dovevo dirle tante cose, troppe cose.

Ma il tempo era finito. E non c’era più nulla che potessi fare. Avevo sprecato la mia opportunità di vivere una vita con lei. Di vederla felice al mio fianco.

Ma in fondo, cos’avevo da perdere?

Perché non tentare un ultimo, forse inutile, disperato tentativo?

-Non sposarlo- mi uscì dalle labbra, in un tono che non avevo programmato. Mi ero immaginato un tono sicuro, quasi seducente. Invece era stata una supplica.

Di nuovo sgranò gli occhi.

Ma non disse nulla.

Decisi allora di continuare a parlare, di rompere gli argini di quel fiume di parole che riservavo per lei da due anni.

-Non sposare lui, perché non ti ama. Non quanto ti amo io. Non sposarlo, ti prego, perché siamo fatti per stare insieme, io e te. Hermione io ti voglio ancora al mio fianco!- esclamai, avvicinandomi in un unico movimento e afferrandole le mani. -Non sposarlo- ripetei con voce spezzata.

Spezzata come il cuore che non credevo di avere.

Spezzata come il respiro di lei.

Hermione scosse il capo vigorosamente.

-Tu vaneggi, Draco- sussurrò, cercando di liberarsi dalla mia stretta. Non glielo permisi.

Abbassò lo sguardo.

-Guardami, Hermione- pregai. Di nuovo.

Lei esaudì il mio infantile desiderio.

-Guardami negli occhi e giurami che vuoi sposarlo, e io non insisterò. Convincimi del fatto che lo ami, e non ti bacerò-.

Lei spalancò, se possibile, ancora di più gli occhioni.

Respirò leggermente più veloce, poi mi inchiodò con l’oro liquido delle sue iridi.

-Lo amo, Draco- disse con voce limpida. -Lo amo e voglio stare con lui per tutta la vita-.

Era come se mani che stringevo tra le mie avessero raggiunto una temperatura assurdamente alta. Le lasciai andare bruscamente, scottato. Da quelle parole. Dall’evidenza dei fatti.

Stava sposando lui, non me.

Voleva sposare lui, non me.

-Guardami Draco-.

Solo quando udii quella frase mi accorsi di aver distolto lo sguardo da lei e da quelle pozze dorate.

Obbedii.

Il suo viso era più in basso rispetto al mio; almeno una decina di centimetri. Guardarla era così semplice, così diretto, così meravigliosamente appagante e rassicurante.

-Amo lui- disse Hermione. -Ma voglio bene a te-.

-Non mi basta- protestai.

-Neanche a me- ammise lei, sospirando.

Non ero stupido. Quelle parole non accesero in me una nuova speranza. Solo una piccola, microscopica sicurezza del fatto che per le contavo ancora qualcosa.

Mi sarei accontentato.

O così o niente.

Rovistai con una mano dentro una tasca della mia giacca, alla ricerca della collana. La trovai prima del previsto.

Quando la tirai fuori, le mie dita tremavano appena.

-Cos’hai lì dentro?- chiese lei curiosa, scrutando il mio pugno chiuso.

-Girati- dissi semplicemente.

Mi diede ascolto, e si trovò di nuovo faccia a faccia con lo specchio che aveva restituito la sua immagine così tante volte quella mattina.

Afferrai le estremità della collana e passai le braccia sopra la sua testa. Lo zaffiro toccò il petto candido. Congiunsi i due anelli di argento sulla sua nuca e la allacciai.

-Lo zaffiro è blu- osservò lei.

-Esatto Granger- ghignai appena, indugiando sul suo viso mozzafiato. Anche il suo riflesso mi faceva impazzire.

-Grazie- soffiò lei.

-Prego- risposi, con voce carezzevole.

Restammo per qualche istante così, ad osservare i rispettivi riflessi.

-Devo andare- annunciai.

Lei annuì.

Mi sporsi in avanti, fino ad vere la pelle della sua nuca a contatto con le mie labbra.

Le aprii quel tanto che bastava per parlare.

-Congratulazioni, signora Weasley- bisbigliai.

Poi mi allontanai, silenzioso e rapido.

Stavo già scavalcando il davanzale quando udii il suo sussurro.

-Non credere che non ti abbia amato in quei due mesi-.

-Non l’ho mai creduto-.

-Bene-.

Annuii e atterrai sull’erba soffice.

Non feci in tempo a voltarmi verso la finestra che lei era già lì affacciata.

-Draco, grazie per la collana-.

-Me lo hai già detto-.

-Sì, lo so. Volevo anche dirti che puoi tenere gli orecchini- aggiunse con un piccolo sorriso.

Dopo di che, rientrò nella stanza.

Sorrisi anch’io, mio malgrado.

Mi stava bene. Era giusto che si stesse per sposare con Ronald Weasley.

Chi era stato a lasciarla perché aveva "bisogno di riflettere"? Io, non lui di certo. e perché l’avevo fatto?

Semplice. Per la mia stupida paura di amare ed essere amato.

Ma solo Merlino sapeva quanto avrei voluto che lei sbucasse di nuovo col capo fuori da quella finestra e mi urlasse tutto il suo amore per me.

Ma quell’amore non c’era più.

Era svanito.

Mentre mi allontanavo dal giardino della Tana, udii le prime note della marcia nuziale, e sul mio cuore apparve una nuova crepa. L’ennesima.

Ora non mi restava che andarmene, la bocca amara di rimorso, tristezza, perdita. Le labbra ancora cariche dei baci che non le avevo dato. Gli occhi gonfi delle lacrime che mai avevo versato. E che non avrei versato mai.

E il cuore, oh il cuore. Saturo del mio amore per Hermione Granger.

Pieno di Hermione.

                                                                                                                               ***                                                  
                                                           
                                                                                                                               Fine
 

  
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