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Autore: Hidden Writer    08/09/2011    2 recensioni
"Vorrei chiedertelo, il perché, ma non ce la faccio.
Ho più o meno dieci secondi prima che tu sparisca.
Più o meno due minuti prima che pianga.
Ed un'eternità prima che mi dimentichi di te."
Un'altra storia da Hidden Writer, signore e signori!
Mi butto sul genere romantico, al pubblico piace... ;)
Spero che a voi piaccia!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Una decisione

Non posso continuare così.

È una settimana che non vado ala lavoro, resto chiuso in casa e guardo la chitarra rotta. Devo fare qualcosa. Non voglio che finisca così, che finisca tutto, che lei si dimentichi di me.

Decido comunque di andare al lavoro. Quel bastardo del capo mi avrebbe fatto una nota negativa, che ne so...

-Trent! Ragazzo, perché non sei più venuto al lavoro, cavolo?-

-Scusi capo, ho avuto dei problemi con Gwen...-

-Chi? La tua ragazza?- dice vicinissimo. Quanto tempo era che non si lavava i denti? Che fetore!

-Sì...-

-Ma è passata qui sei giorni fa...-

-Cosa?-

-Si, me lo ha detto il cuoco, com'è che si chiamava...? Achet...-

-Ah, Chef.-

D'un tratto capisco l'importanza della cosa. Scatto come un fulmine verso le cucine. Per la pausa pranzo si va sempre in terrazza, quindi suppongo che si trovino all'ultimo piano...

-Chef!- Un nerobuto massiccio e scontroso mi si para davanti.

-Che sono queste confidenze, ragazzo? Io per te sono il maestro Achet.-

-Si, dico... hai per caso visto una ragazza bianca come una mozzarella, con i capelli... una gotica?-

-Ah, Gwen. Sì.-

-E dove, quando, con chi?!- Non so perché mi sia uscita quest'ultima domanda.

-Mah, più o meno una settimana fa.. stava in terrazza a pomiciare con quello là, il punk.-

Il sangue mi si gela nelle vene.

DUNCAN???

Bastardo! Come poteva farmi questo?! Non era possibile... e Gwen? Anche lei... Che rabbia!

Scendo tutti e cinque i piani, esco dall'edificio nonostante i richiami del capo e salgo in macchina.

Non è possibile! Vorrei svegliarmi da quest'incubo, ritrovarmi con lei accanto...

E pensare che avevo pensato che lui potesse darmi un sostegno, un aiuto per affrontare questa situazione.

Il destino è stato veramente infame con me, un dolore dietro l'altro.

Le lacrime mi appannano la vista. Guido come capita, che importanza ha, ora? Non ho più la mia ragione di...

ODDIO UN CAMION!

 

 

 

 

 

Sento il fastidioso e ripetuto BIP di un elettrocardiogramma. Buon segno, sono vivo.

Non riesco ad aprire gli occhi, non riesco a trovare il coraggio di affrontare la vista di quello che potrei essere diventato. Tutto ingessato e senza una gamba, afflosciato senza più le ossa...

Apro gli occhi.

Tiro un sospiro di sollievo, vedendo la diagnosi su una cartella clinica appoggiata sulla scrivania. Niente di tutto questo, solo tre costole e il femore fratturati.

Un'infermiera mi dice:

-Ben svegliato, signore.-

-Che... dove mi trovo?-

-Lei è rimasto in coma per un mese. Temevamo veramente che potesse non risvegliarsi più.-

-Ahi... Cavolo, la gamba...-

-Non la muova, signore. Oltre al femore fratturato gli si sono pericolosamente distorti i legamenti del ginocchio a causa di una botta che ha dato sul volante. Comunque è stato veramente fortunato, si è soltanto fratturato tre costole, oltre al resto!-

-Che culo...-

-Non faccia così, poteva andare molto peggio, sa? Comunque un'altra settimana e sarà a posto, pronto per la fisioterapia.-

-Fantastico...-

È passato in fretta un altro mese, mi avevano rimesso a nuovo, avevo rischiato addirittura di finire sulla sedia a rotelle.

Ora mi hanno appena dimesso, sono tornato a casa. A piedi.

Primo perché mi fa bene muovermi, tanto per recuperare le forze perdute.

Secondo perché casa mia è lontana neanche mezzo chilometro dall'ospedale.

Terzo perché la macchina è accartocciata.

Voglio chiamarti, ma non squilla nemmeno, dice che il numero è inattivo. Poi scorgo qualcosa sulla scrivania. Una SIM, la tua.

Perfetto.

Non so più come trovarti, nessuno sa niente di te, e nemmeno Duncan risponde.

Non posso lasciarti andare via così.

Mi vesto ed esco.

Da qualche parte dovrò cominciare.

Perché una cosa è sicura:

Io ti ritroverò.

  
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