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Autore: _wayward    08/09/2011    1 recensioni
Delle quattordici volte in cui Sirius Black ha pensato di non avere futuro, due sono in preparazione di James Potter, otto sono insieme a James Potter e tre sono causate da James Potter.
L'ultima è la più terribile -non perché Sirius Black ha avuto la certezza di aver perso il suo futuro per sempre- ma perché è senza James Potter.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Autore: Kyoko;
Titolo: L'inverno dei futuri impossibili
Fandom: Harry Potter;
Rating: Verde;
Genere: Malinconico, Introspettivo;
Personaggi/Pairing: Sirius Black, James Potter/Sirius Black, James Potter, Remus Lupin, Peter Minus;
Avvertimenti: One-shot, Slash;
Introduzione: Delle quattordici volte in cui Sirius Black ha pensato di non avere futuro, due sono in preparazione di James Potter, otto sono insieme a James Potter e tre sono causate da James Potter.
L'ultima è la più terribile -non perché Sirius Black ha avuto la certezza di aver perso il suo futuro per sempre- ma perché è senza James Potter.
 
 



~ L'inverno dei futuri impossibili
 
 
 
Nel corso della sua vita Sirius ha pensato molte volte di non avere futuro.
 
La prima volta che questo pensiero ha attraversato la sua mente aveva sei anni, numerose briciole di torta di mele sulle mani e intorno alla bocca e gli occhi di sua madre fissi sulla schiena.
Lei si è arrabbiata -era la torta che aveva preparato per il ricevimento a casa Malfoy- e lo ha obbligato a ripulire l'enorme cucina sporca da solo.
Ma il suo futuro, a partire da quattro anni più tardi, sarebbe stato ugualmente roseo.
 
La seconda volta è stata quando, a dieci anni, ha involontariamente fatto cadere buona parte dei capelli biondo platino della sua viziata cugina Narcissa. In quell'occasione Bellatrix, l'altra sua cugina, aveva tentato di affatturarlo -e ci sarebbe riuscita senza il tempestivo intervento di Andromeda: non solo in quell'occasione la sua cugina preferita aveva salvato il suo futuro.
 
C'è stata una terza volta: il cappello parlante sulla sua testa aveva appena urlato “Grifondoro!” e, mentre percorreva guardando ben dritto davanti a sé il tratto fra il logoro sgabello di legno e la tavolata della casa dei coraggiosi, Sirius si era improvvisamente sentito poco in sintonia con quella qualità fondamentale. Eppure, illuminato dai riflessi di un paio di tondi occhiali -spessi quasi quanto uno di quei tomi sulla storia della magia che si sarebbe riscoperto a detestare, gli anni successivi- avrebbe dovuto capirlo subito che quello era l'unico futuro che avrebbe mai potuto desiderare.
 
Le tre volte dopo -o erano quattro? Forse cinque... no, sicuramente sei.
Le sei volte dopo questo stesso pensiero gli è balenato in mente in situazioni tutte differenti fra loro.
Per Sirius sarebbe difficile raccontarle nei dettagli: entravano in gioco sicuramente dei fuochi d'artificio magici, tre boccini d'oro della scuola rubati, una veste da veggente misteriosamente sparita, dei biscotti precedentemente intinti nella pozione esilarante serviti insieme al succo di zucca durante la colazione, una giovane mandragola finita per sbaglio nella borsa di un certo serpeverde ed uno schiuma party organizzato in mezzo al corridoio del terzo piano.
Ecco, delle falle in quei geniali piani l'avevano portato più di una volta sul punto di credere che il professore di turno, quella volta, non avrebbe sbagliato la mira lanciando una maledizione senza perdono.
Però era buffo: nonostante le minacce di morte e le terribili punizioni, Sirius non era mai veramente spaventato dall'opzione di perderlo perché lo percepiva bene come non mai -con gli occhiali che riflettevano il meraviglioso spettacolo di fuochi luminosi nel cielo sopra Hogwarts, senza riuscire a tenere fermi i due boccini nelle proprie tasche, ridicolo infagottato in quella specie di vestaglia che insieme avevano rubato alla Cooman, a contorcersi a terra dalle risate pur non avendo mangiato nemmeno un biscotto, con le dita infilate nelle orecchie a godersi lo svenimento di Mocciosus, grondante di schiuma bianca da capo ai piedi, con le braccia intorno al suo collo per evitare di scivolare sul pavimento bagnato- il suo futuro, proprio accanto a lui.
 
La decima volta ha avuto la durata di un battito di ciglia ed il dubbio gli è scivolato subito via dalle mani come sabbia fra le dita. Nello stesso tempo, però, era un pensiero nuovo: per la prima volta Sirius si chiedeva come avrebbe reagito se, invece di essere semplicemente troncato, il suo futuro sarebbe stato soltanto diverso da quello che desiderava.
Pensava questo mentre, cullato dalle stelle che si levavano silenziose al di sopra della torre di astronomia, osservava il rivolo di bava che cadeva, lentamente, da quelle labbra che per un istante -nemmeno il tempo di una stella cadente!- aveva immaginato ricalcare con le proprie.
Avrebbe scoperto solo pochi mesi dopo, con la morte che si insediava nella rosea realtà in cui vivevano, quanto la guerra avesse il potere di portare quel pensiero, a proposito di un futuro incerto ed instabile, alla luce quanto solo la flebile luce di soli lontani riflessi negli occhiali di James era riuscita a fare.
 
Tuttavia l'undicesima volta non è stata causata da nessuna battaglia.
Sono bastate le quattro parole del suo migliore amico a proposito di un matrimonio -il suo matrimonio- e Sirius, che con la sabbia di quel lontano dubbio aveva ormai costruito un castello, aveva pensato che nemmeno una ricordella aiutava a ritrovare ciò che si era perso. Così, come quella, si era limitato a segnalare un'assenza a sé stesso.
Dopotutto il suo castello di sabbia, fatto di sogni e di tutti i futuri possibili, era talmente fragile che era bastato l'alito del vento che aveva trasportato le parole di James a demolirne le torri.
 
Il suono di campane in festa, due fedi in oro e la dodicesima volta che quel quel pensiero si è affacciato sul davanzale del suo encefalo contribuiscono e rendere la sabbia liscia come avrebbe potuto essere la superficie del lago nero senza una piovra gigante ad agitarne le acque. Vedendo quella distesa di sabbia piatta, levigata dal vento, Sirius addirittura si era chiesto se quel castello non fosse stato soltanto un'amara illusione -dello stesso tipo di quelle che può avere un uomo assetato nel deserto.
Passano due anni in cui Sirius sente il proprio futuro sempre più distante da lui ma nonostante questo la sabbia del suo deserto immaginario si ammucchia a formare una semplice casa abbandonata: i muri crollano ogni giorno e ogni notte si riformano -la notte è la casa dei sogni, si sa, e le sue stelle accolgono e consolano quelli infranti- il tetto è debole e l'arredo povero ma le fondamenta resistono a tutte le intemperie.
 
Arriva inaspettata la tredicesima volta e Sirius pensa che non ne può più di quello stupido pensiero e maledice il momento in cui ha deciso di mangiare quella stupida torta di mele perché cerca di convincersi che è a causa della marachella che combinò quel giorno che tutto quello ha avuto inizio. Sirius pensa anche che una guerra non è il periodo ideale in cui crescere un bambino, né quello in cui farlo nascere o concepirlo e lo ripete fra sé con una tale intensità che quasi si convince di pensare queste cose solo in quanto preoccupato per quel bambino che già considera il proprio figlioccio e non perché, nonostante gli sforzi, non riesce a vederlo in nessun altro modo che non come quel qualcosa con cui dovrà dividere ulteriormente James.
Harry non ha nemmeno un mese quando Sirius si accorge che un suo semplice vagito è in grado di scatenare un piccolo tornado in quel deserto in cui si è trasformata la sua mente.
Quel futuro intanto, quello in cui aveva tanto sperato quando era adolescente, si sgretolava sempre di più intorno a lui; amici smettevano di ridere per sempre, famiglie venivano infrante e ricoperte di polvere e l'unica cosa che pareva reale era una guerra che non conosceva né sole, né stelle, né albe, né tramonti, solo nubi infinite portate dal vento del mare.
Peter aveva preso a seppellire la paura sotto l'apparente perfezione di elaborate creazioni culinarie e forse era per questo che nessuno si era accorto quando aveva iniziato a preferire il formaggio per i buchi che gli offrivano nascondigli sicuri piuttosto che per il suo sapore.
Remus invece lo guardava aspettare con pazienza un'altra tempesta di sabbia che avrebbe fortificato quella casa destinata a crollare miseramente e Sirius non capiva se sapeva -lui era Remus: aveva sempre saputo?- o se era semplicemente troppo impegnato a inseguire la luna per notare qualcosa: circondato da quelle tormente Sirius non aveva capito nemmeno che Lunastorta tentava solo di nascondersi da essa.
 
Prima, dopo e in mezzo a tutto questo, arriva, spietata, la quattordicesima volta.
Mentre accelera sulla propria moto, il vento che gli sferza il volto come sabbia, Sirius non sa ancora che è l'ultima.
Questa quattordicesima e ultima volta dura più di tutte le altre: lo coglie di sorpresa proprio quando dovrebbe pensare a tutt'altro, lo accompagna fino alla casa di Peter -vi trova solo tanta paura e grossi buchi nel formaggio- e vola al suo fianco come una compagna silenziosa mentre corre nella sabbia, verso la sabbia.
A Sirius pare quasi di intravederla, riflessa dalle luci della notte, con il logoro mantello che gli svolazza davanti al viso e la falce che pende sul fianco. Accelera e tenta di superarla, spinge il motore al massimo ignorando il gemito che esce dalla marmitta: non è una partita di quidditch in cui deve afferrare il boccino o schivare un bolide, quella è una gara di velocità in cui il primo che arriva vince tutto.
Mentre spinge il pedale dell'acceleratore Sirius si rende anche conto che, in quella gara, non c'è nemmeno un secondo o un terzo posto.
Può vincere -le cime degli alberi del bosco intorno a Godric's Hollow sfregano contro le sue caviglie- o può perdere -la moto perde quota velocemente. Solo che questa volta non si tratta di lasciare una coppa in mano altrui ma significa perdere - ogni - cosa.
E' il trentuno Ottobre e Sirius corre sul vialetto di una casa che non ha mai visto prima e sa in anticipo cosa significa anche solo essere in grado di vederla.
Non ha sentito il rumore con cui la moto si è quasi schiantata sul terreno, non sente la porta staccarsi dai cardini e cadere sopra i mattoni lacerati sul pavimento dopo la sua spinta, non sente lo scricchiolio dei vetri rotti sotto i suoi passi né il pianto di un bambino proveniente da ciò che resta del primo piano.
Si sente invece galleggiare come se fosse in una bolla e non riesce nemmeno a pensare che, forse, avrebbe dovuto estrarre la bacchetta.
Riecheggia l'organo di una chiesa vicina e le sue note si condensano nell'aria d'inizio inverno insieme a parole mai dette e lacrime mai scese.
La bolla esplode quando Sirius sente le proprie ginocchia cozzare sul terreno accanto a lui.
E' solo quando la sabbia inizia a riempirgli i polmoni che si rende conto che quella quattordicesima volta non sarà il solito pensiero fugace, non ci saranno altre volte, non tornerà a darsi dello stupido dicendosi che, in fin dei conti, un futuro c'è sempre da qualche parte e nessuna battuta di James lo farà ridere poco dopo.
La sua quattordicesima volta è davvero l'ultima, pensa Sirius, perché è mentre affonda nella sabbia che capisce in modo inequivocabile come, il suo futuro, questa volta l'abbia davvero perso per sempre.
 
 
In fondo era talmente semplice che avrebbe dovuto capirlo subito, con ancora le labbra sporche di mela e vaniglia: non è forse questo quello che succede quando si fa di una persona il proprio passato, presente e futuro?
La risposta è ancora dentro di lui, che lampeggia come un'insegna nel deserto.
Nessun futuro possibile.


 
End ~

 


Note: Ahm, credo che dovrei dire qualcosa a proposito di questa fanfiction. Che dire? Vagamente slash in una maniera ben poco esplicita, mezza drammatica, molto poco romantica e un quarto di nonsense ed idiozia, direi che veramente non è la fanfiction con la quale pensavo di inaugurare il mio OTP. E anche se da una parte -una parte abbastanza nascosta, devo ammettere xD- ne sono un po' orgogliosa, dall'altra avrei preferito se fosse uscita diversamente. Ma questa è. :)
Per il resto devo aggiungere qualcosa?
No, dire che io amo James e Sirius, insieme ma anche da soli -ma soprattutto insieme-, che ho decine di fanfiction su di loro a vegetare nel computer, che forse un giorno le pubblicherò tutte e che sì, mi sento tanto un'eretica che rovina l'amicizia più bella ecceteraeccetera ma che no, non me ne importa niente perché, Morgana, Merlino e pure Mordred!, quando penso a loro non posso fare altro che dirmi quanto questi due siano fottutamente Canon in una maniera assurda davvero davvero la mia coppia preferita (di amici, amanti, amici casinisti e tutto il resto. Soprattutto il resto.).
Quindi no, direi che specificare tutto questo sia assolutamente superfluo.

(Se lasciaste un commentino, invece, mi rendereste davvero davvero felice~ ♥)
  
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