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Autore: chaska    09/09/2011    1 recensioni
È una tattica un po’ folle, che ti provoca un bel po’ di ammaccature, ma funziona sempre, alla fin fine. È una buona tattica, a ben pensarci, così buona da potergli permettere di gridare a piene forze che no, lui non aveva nessuna debolezza.
Non che fosse chiaro, sottolineiamo. Perché poi farfugliava qualcosa e si metteva a ridere, oppure addentava un hamburger, e allora non poteva chiarire quel bisbiglio. Perché non è che è totalmente vero, diceva. Non aveva paura di niente, proprio nulla, era un affronto al suo eroico coraggio insinuare qualcosa del genere. Aveva solo una flebile incongruenza che tardava a sistemare, tutto qui.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rating capitolo: Verde
Personaggi:  Alfred F. Jones – Arthur Kirkland – accenni di un po’ tutti

Osservazioni personali:  Ok. Chi avrebbe mai detto che avrei scritto dell’UsUk? Assurdo, ve lo dico io. Però…vabbè, alla fine l’ho fatto xD Il video, inscindibile dal racconto – quindi vedetelo e ascoltatelo che è magnifico- è questo qui. Una piccola nota, prima di cominciare. Non prendetelo per pazzo, immaginate che abbia avuto un grande trauma da piccolo, ecco .-. Ah, è ambientato in un’AU alternativa, quindi qui non si parla di nazioni varie ma proprio di loro.

 

 

 

 

 

}Oh, this has gotta a good life!

 

 

 

Tutto sommato Alfred non aveva delle paure in particolare. No, nessuna fobia o cose del genere, perché se i fumetti che divorava gli avevano insegnato qualcosa, era che i punti deboli degli eroi erano le loro debolezze, che potessero essere la kriptonite, una vecchia ferita o anche il latte.

Quindi Alfred aveva sempre affrontato tutto ciò che gli veniva incontro con coraggio, non poteva farsi fregare da qualcosa di banale! Aveva sempre usato la testa con tutti i problemi che gli si erano presentati, nel senso che usava letteralmente la testa. Esatto, ha usato questa strategia anche a scuola, con i compiti di matematica, nel senso che sbatteva la testa al muro e si dava per mezzo morto, specialmente quando i genitori lo minacciavano di togliergli tutte le console se non prendeva almeno 5.

È una tattica un po’ folle, che ti provoca un bel po’ di ammaccature, ma funziona sempre, alla fin fine. È una buona tattica, a ben pensarci, così buona da potergli permettere di gridare a piene forze che no, lui non aveva nessuna debolezza.

Non che fosse chiaro, sottolineiamo. Perché poi farfugliava qualcosa e si metteva a ridere, oppure addentava un hamburger, e allora non poteva chiarire quel bisbiglio. Perché non è che è totalmente vero, diceva. Non aveva paura di niente, proprio nulla, era un affronto al suo eroico coraggio insinuare qualcosa del genere. Aveva solo una flebile incongruenza che tardava a sistemare, tutto qui.

Perché sapete, cominciava a parlare nella sua mente, che chissà come mai non si suicidò mai a stare in contatto con la sua parlantina 24 ora su 24. Cominciava a dire che era difficile sistemare quella discrepanza, perché non ti puoi sedere a parlarci, magari offrirle anche una coca cola, con la notte. Era estremamente difficile, e quando ci ha provato, alla fine l’ha bevuta tutta lui e non ha mai risolto nulla.

Era estremamente complicato, degno del migliore degli eroi.  E ti faceva giustamente notare che superman poteva anche stare lontano dalla kriptonite, o che ne so, poteva disintegrarla tutta. Lui è superman, quindi potrebbe anche farlo. Ma come faccio io a stare lontano dalla notte?! Al massimo posso disintegrare la luna e le stelle, ma sarebbe solo ancora più buia. È un affare bello e buono, questo qui.

E continuava ad argomentare tutte le ragioni che gli venivano in mente, tanto per fare capire che lui, con quella debolezza non poteva farci nulla. Aveva provato anche a stare sveglio tutta la notte, ma niente.

Alfred, nonostante tutta la volontà che impiegava, cedeva a quella maledetta trappola, e ogni notte si addormentava.

Ecco, non è proprio la notte ad essere la sua debolezza, nemmeno il buio. Più che altro era il fatto di dormire che lo disturbava. Precisiamo che aveva fatto le dovute- e rumorose- richieste alla CIA, per farlo diventare un uomo bionico che si ricaricava con l’elettricità, ma l’avevano sbattuto fuori senza nemmeno salutarlo. Che maleducati, ma se lo potevano permettere. Insomma era la CIA!

E quindi il suo problema restava, doveva categoricamente dormire ogni notte. Al massimo poteva rimandare il tutto di qualche ora, ma finiva sempre a dormire.

E quando dormiva gli sembrava di morire, ogni singola volta. Che affare, rideva la mattina dopo, era l’uomo che sfidava la morte ogni notte della sua vita. Però questa cosa lo sfiancava un po’, preferiva prendere a testate i muri, piuttosto che perdere ogni notte.

Era..era quel buio che lo circondava, credeva di soffocare in quello spazio che non esisteva, e gli pareva di rimanerci per ore ed ore in quello spazio. Sopportava quella battaglia per tutte le ore che dormiva, e non per venti minuti o giù di lì. Stava a sorbire quell’inferno fatto di nulla assoluto e di qualcosa di intangibile che gli stringeva la gola per delle ore intere. A volte sentiva qualcosa di appiccicaticcio nelle mani, che inconsciamente collegava al rosso, nonostante non potesse appurare questo dettaglio. Altre era convinto di sentire la sua voce gridare, anche se lui non apriva bocca, perché lo stavano soffocando, come poteva gridare?

E ogni notte sorbiva tutto questo inferno da solo, perché Alfred era un eroe, e gli eroi non possono sbandierare i propri problemi e stare seduti ad aspettare che qualcuno li raggiunga e li aiuti. Non poteva, aveva un certo orgoglio di puro stampo americano da rispettare. Ecco, semplicemente non poteva.

Quindi, dopo avervi spiegato come complicata fosse la sua vita sotto questo aspetto, adesso forse potete capire.

Potete capire come fosse spaventato, quella notte –più mattina presto che notte notte, comunque. Forse potete capire quale terribile sgomento lo aveva catturato quella notte-mattina presto. Faticava a respirare quasi, mentre apriva gli occhi di scatto e alzava il busto all’improvviso.

Era così strano da essere mortalmente spaventoso, dovette ammettere. Era così sconvolgente da averlo…ehm…sconvolto?

Era trascinato da questo genere di pensieri, mentre posava gli occhi sull’ambiente che lo circondava.

Insomma, ogni notte strangolamenti e uccisioni appena accennate varie, e poi? Per che cosa, poi? Per il fatto di essersi trovato di nuovo in quel buio, come al solito, e…e… faticava ad ammetterlo. Insomma, per poi per svegliarsi poche ore dopo incolume. Cioè, capite quello che successe, no? Niente, il tempo di addormentarsi e di passare la notte tranquillamente. Niente! Un riposo tranquillo e senza problemi!

Aspettò di far passare quell’euforia che gli attraversava il corpo, e nel mentre non capiva perché quel posto era così terribilmente…inglese. Pieno dell’odore di pioggia e della puzza di cibo irrimediabilmente carbonizzato da mani esperte in questo campo, ne era sicuro. Non capiva perché le pareti della sua camera non gli ricordassero per niente l’unto dei fast food. Quella non sembrava proprio la sua camera, dovevano averlo spostato nel sonno.

Poi girò la testa, sicuro di voler provare se non fosse stato un piccolo ed unico colpo di fortuna, quando vide un piccolo, insignificante dettaglio che gli fece capire tutto quanto.

Gli scappò un ah dalla bocca, segno del fatto che stava ricollegando tutti i dovuti pezzi del caso.

Non è che l’avevano spostato, quindi niente CIA che si voleva vendicare delle sue proteste, sbuffò annoiato. Era lui che si era spostato, tanto tempo fa. Che si era trovato un giorno a Londra, senza alcun preciso motivo, come se avesse dovuto decidere se prendere un doppio cheeseburger o un triplo. Solo in quel momento ricordava quella testa bionda che dormiva della grossa accanto a lui. Una testa cespugliosa, dovette ammettere, ma non è che gli dispiacesse, era più divertente da coccolare, assomigliava ad un grosso peluche musone. Era tenero, in un certo senso. In tanti sensi.

E allora con il respiro profondo che, davvero, non capiva come non aveva sentito per tutto quel tempo, ricordava velocemente tutto ciò che quella inaspettata euforia mista a sorpresa  gli aveva fatto dimenticare. Ricordava la birra, tanta birra, che la sera prima scorreva a fiumi al pub lì vicino. Ma soprattutto ricordava tutte quelle risate che, prima di arrivare in quella sperduta capitale londinese non aveva mai sentito. Era la prima volta che le risate degli altri sopraffacevano la sua, ridendo insieme a lui. Ricordava tutti i ghigni sadici, le risate che effettivamente non avevano una specifica ragione di esistere, ma che lo rendevano felice, le grida di alcuni e le espressioni palesemente pervertite di altri, oltre che varie grida atte a mettere in primo piano la grandiosità di qualcuno, no, di questo ne era sicuro che c’era solamente una persona farlo, o i lamenti di altri.

E ricordava come, in tutto quel trambusto esorbitante, stava quell’inglese sempre col muso disegnato in faccia appoggiato a lui, con il volto rosso per il troppo alcol ingerito, e gli occhi vinti dal sonno. Ricordava come, in mezzo a tutto quel rumore assordante, sentiva distintamente i suoi mugolii, mentre metteva la testa comodamente sulla sua spalla. E allora Alfred smetteva di ridere, di bere e di agitarsi, e se ne stava a guardarlo assorto, come se fosse qualcosa di assolutamente eccezionale, come se accucciata su di lui ci fosse Wonder Woman. Ma no, era anche meglio.

Ora ricordava che, da quando aveva trovato tutti quei pazzi, da quando aveva trovato così tanti amici non soffocava più nei suoi sogni. Semplicemente l’aveva dimenticato, non se ne era nemmeno accorto. E con un lampo di genio, capì che in fondo aveva bisogno di avere accanto, mentre dormiva, un peluche. Ma non come quell’enorme orso di suo fratello, un peluche un po’ particolare, un po’- beh, tanto speciale. Un peluche col muso lungo da poter coccolare e baciare.

Ecco, gli serviva solo Arthur. E basta.

E solo allora poteva dirlo, con i polmoni pieni d’aria e con la massima potenza, poteva gridare che la sua vita era proprio bella. E che non l’avrebbe scambiata con nessuno, nemmeno con superman.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Post-it

Assurda questa cosa, vero? Ve l’ho detto, non è pazzo, ha avuto un trauma, seh. E niente. Questa è tipo una storiella che mi si è formata mentre vedevo il video citato nelle note sopra, non è che ha un vero senso. È più un flusso di idee, cosa che ho cercato di ribadire con il modo in cui l’ho scritta, caotica e…da Alfred. Spero almeno che sia da Alfred. In effetti non avevo mai preso in considerazione l’opzione di scrivere su di lui, è stata una sorpresa, quindi tempo in maniera spaventosa che sia terribilmente OOC. Ah, i personaggi vagamente accennati…beh, spero che si sia capito a chi mi riferivo xD

Per il resto vi saluto, sperando in qualche recensione, perché davvero, in una cosa così strana vorrei vedere cosa ne pensate :S

Stay tuned people! chaska~

   
 
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