Un tè con il re
“B-buongiorno, vostra maestà” iniziò Gwen, inchinandosi.
“Cosa posso fare per voi?”.
“Oh, nulla, stavo solo cercando Artù” rispose il re.
“Deve essere passato di qui un momento fa. A quest’ora si starà dirigendo all’allenamento con i cavalieri.”.
“Certamente” annuì Uther, pensoso “Posso entrare?”.
“Sì, naturalmente. Venite” rispose Gwen, stranita, cosa mai poteva volere il re da lei???
Lo fece accomodare su una sedia e gli offrì qualcosa da bere, lui accettò e l’attese seduto al tavolo.
“Ecco” disse lei, porgendogli una tazza “Desiderate altro?”.
“No, grazie. Sedete pure.”
Anche Gwen si accomodò.
“Volevo complimentarmi per il vostro, diciamo, “salto sociale”, lady Ginevra. Non è cosa da tutti”.
“Vi ringrazio, ma il merito è solo del principe, è stato lui a salvare Camelot, io ho solo fatto evadere Sir Leon dai sotterranei” aggiunse in fretta lei, sempre modesta e quasi incapace di vedere i propri meriti.
“Ho notato che passate molto tempo con mio figlio” disse Uther, tranquillo, volendo vedere la sua reazione.
“No … non più degli altri” rispose lei, nervosa. Non poteva mentire spudoratamente al re, ma Artù non aveva ancora affrontato con lui l’argomento e lei non poteva farlo da sola.
“Avrei giurato di avervi visti andare a cavallo insieme più volte negli ultimi tempi … ma devo essermi sbagliato”, Gwen non era mai stata così tesa.
Continuarono a parlare per alcuni minuti di argomenti, per quel momento, insignificanti, come la ricostruzione del castello o l’operato dei nuovi cavalieri.
Intanto finirono il tè e Gwen si alzò, sollevata di aver una scusa per farlo, per sparecchiare il tavolo e portare le tazzine sporche nella stanza accanto.
Anche il re si era alzato e girava per la stanza.
C’erano un pettine, un armadio e un letto rifatto alla perfezione, tutto era in ordine, testimonianza del non lontano passato da serva della ragazza.
Arrivò fino a un comodino di legno, quando ormai aveva deciso di essersi immaginato tutto, e lì si fermò.
Sotto i suoi occhi c’era un piccolo scrigno di legno d’ebano con intarsi in argento.
A chiunque sarebbe sembrato un comune portagioie, nemmeno molto pregiato, ma per lui aveva un enorme valore.
Si avvicinò e lo aprì, doveva assolutamente controllare che non fosse ciò che pensava che fosse.
Subito, si ritrovò tra le mani un sottile filo d’oro bianco con un rubino incastonato sopra e fu preso dalla rabbia.
Quello era l’anello, il suo anello!
Lo stesso anello che in un giorno d’estate di una ventina d’anni prima aveva donato all’unica donna che avesse mai amato. La sua Igraine.
Come poteva averlo quell’inutile ragazza?!
Gwen intanto era tornata e gli si stava avvicinando con un sorriso, ignara di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
La rabbia di Uther si tramutò in ira e, giratosi, mise davanti agli occhi lo scrigno aperto.
“Tu lo sai cos’è questo?!” urlò, fuori di sé.
“S-sire … i-io …” balbettò la ragazza, spaventata.
“Come hai potuto rubarlo?!”.
“I-io … io non l’ho rubato” provò a dire, ma dalla sua bocca uscì solo un tono flebile.
“Sì, tu l’hai rubato dalle sue stanze, dalle stanze di Igraine! Come hai potuto?!?!” continuò, avvicinandosi.
Gwen arretrò, terrorizzata: “Sire, io … io … Artù” provò a spiegare, ma fu subito interrotta dal re, furioso: “Non osare nominare mio figlio, tu, sudicia ladra! Avrai quel che meriti per questo.
Guardie!” urlò e, subito, due di loro entrarono di corsa nella stanza.
“Prendetela e gettatela in cella, niente cibo né acqua!” ordinò e i due si avvicinarono a Gwen che, terrorizzata, provò ad arretrare e a ribattere, ma le guardie la strinsero in una presa così forte che non riuscì a divincolarsi.
Fu scorata fuori dalle proprie stanze e condotta nelle segrete, dove fu incatenata mani e piedi, in quella stessa cella dove un tempo era stata rinchiusa Morgana per aver contraddetto il re.
Le guardie si richiusero la porta alle spalle e, in quel momento, il dolore fu troppo forte per resistere e la ragazza, accovacciata a terra, scoppiò in pianto.
Qualche metro sopra, Artù, ignaro di essere pochi metri sopra la propria amata, stava allenando i propri cavalieri.
Qualche piano più su, invece, un Uther irato stava ritornando nelle sue stanze, tenendo stretto tra le mani lo scrigno che era appartenuto a Igraine.
Angolo Autrice:
buongiorno a tutti!!!
Ecco a voi il quindicesimo capitolo, spero che vi sia piaciuto :)
I guai sono arrivati, ma sono ancora lontani da trovare una fine …
Un bacione a tutti i lettori e in particolare ai miei fedeli recensori: Aleinad, _Sahara_ e miharu87
Spero di risentirvi presto
Sweet_Juliet