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Autore: pilgrim81    09/09/2011    9 recensioni
Una missione sotto copertura che non va come dovrebbe, una chiacchierata a cuore aperto tra "donne" e tante emozioni contrastanti da gestire. Questo riassunto fa schifo ma non son mai stata brava neanche a scuola! Enjoy
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il suono del campanello la risvegliò. “Forza Kate, ce la puoi fare,” si sussurrò per incitamento mentre usciva dall’ascensore. Ma ogni, seppur minima, certezza svanì quando il suo sguardo incrociò quegli occhi azzurri che la stavano aspettando nella break room.

Gli occhi di tutto il piano erano voltati su di lei e non si sarebbe stupita se in quell’istante stessero tutti puntando su una nuova scommessa appena creata su come avrebbe reagito. Non sapeva cosa volesse Castle, ma una cosa era certa, non voleva che l’intero distretto si impicciasse ulteriormente della sua vita. Entrò nella stanza e senza neanche salutarlo gli disse: “Credo che dovremmo andare in un posto più privato.”

Vide Castle sul punto di contraddirla. Ma poi i suoi occhi si spostarono sulla piccola calca di spettatori che passeggiava casualmente davanti a loro. “Credo che sia meglio,” aggiunse prima di seguirla fuori dalla stanza, lungo le scale del distretto e uscire per strada.

Beckett continuò nel suo passo spedito fino al bar dietro l’angolo della strada dove si fermò ad un tavolino e attese che Rick facesse altrettanto. Si sedettero e si fissarono per un interminabile minuto senza che nessuno dei due riuscisse ad aprire bocca.

“Ciao,” ruppe timidamente il silenzio lo scrittore. Beckett non rispose. Si limitò a rivolgergli un sorriso di circostanza e un cenno della testa. Non voleva usare la tattica del mutismo con lui, ma non era sicura che quel groppo alla gola che indistintamente sentiva non avrebbe influito sulla sua voce, rompendole la parola a metà e mostrando tutto ciò che non era ancora pronta a mettere in tavola.

Rick non la mollava con lo sguardo un secondo e doveva ammettere che lo scrittore non era solo un gran comunicatore quando usava la sua dialettica. Non decifrava (e non voleva farlo) chiaramente ciò che voleva dirle, ma le occhiaie che aveva sotto ai quei fanali azzurri erano segno che anche lui non aveva dormito particolarmente bene negli ultimi giorni.

Lo vide inspirare profondamente e aprire bocca, ma fu bloccato dal suono del cellulare di Beckett. Lo afferrò e vide che era Alexis. Guardò lo schermo del cellulare e poi Castle per un paio di volte prima di rispondere alla ragazza.

“Beckett.”

“Kate, ciao, scusami se ti disturbo ma… ecco… ho parlato a papà di Boston e non l’ha presa bene… abbiamo discusso e temo che stia venendo da te.”

“Sì, Alexis, tuo padre è qui,” disse guardando Castle e mettendolo così al corrente che stava parlando con sua figlia. Vide Castle sorridere e scuotere la testa prima di incrociare le braccia sul petto in evidente attesa della fine della telefonata.

“Ah… non credevo avrebbe fatto così veloce… puoi parlarci e farlo ragionare? Ti prego! Vengo a ordinare l’archivio del distretto a gratis se ci riesci.”

Con lo sguardo ancora su Castle, attenta a scrutare ogni sua singola reazione, cercò di rassicurare Alexis senza però darle troppe speranze: avrebbe potuto parlare con suo padre ma spettava a lui la decisione.

“Alexis, tu hai veramente troppo fiducia in me.”

“So che è ben riposta. Grazie anche solo per il tentativo, Kate.”

Sorrise e salutò la ragazza. Tolse i suoni al cellulare e tornò a rivolgere la sua attenzione su Castle. Il suo battito rallentò impercettibilmente ora che sapeva che la discussione sarebbe stata su Alexis e non sui recenti avvenimenti tra loro due.

“Quanto è commovente la solidarietà femminile,” ruppe il silenzio sardonicamente Castle.

Anche se il soggetto non sarebbero stati loro, era evidente fin dall’inizio che la conversazione non sarebbe stata comunque delle più tranquille. Kate decise che non valeva la pena seguirlo su questa strada. Se voleva parlare di sua figlia l’avrebbero fatto, ma senza farsi influenzare dal loro attuale e incerto rapporto e senza usare Alexis come scusa per ferirsi a vicenda. Quindi si limitò a fissarlo, intrecciando anche lei le braccia sul petto, attendendo che lasciasse da parte l’orgoglio di maschio ferito e iniziasse a comportarsi da padre maturo.

Vide chiaramente il momento in cui lo scrittore capì che se avesse voluto una risposta da lei avrebbe dovuto abbandonare l’atteggiamento sbruffone con cui aveva iniziato. Aspettò che la cameriera versasse loro il caffè nelle tazze prima di ricominciare a parlare.

“Scusami, sono partito col piede sbagliato.”

“Scusa accettate,” rispose distaccata Beckett sorseggiando il caffè.

“Credo che non ci sia bisogno di dirti che Alexis mi ha chiesto di passare il San Valentino a Boston con Ashley perché credo di essere stato l’ultimo a scoprirlo.”

“Sì, me ne ha parlato. Ed il fatto che tu lo abbia scoperto dopo di me non vuol dire assolutamente niente, se è la perdita di rapporto con Alexis che ti preoccupa.”

“Un tempo non avrebbe avuto bisogno di venire da te o da nessun altro. Sarebbe venuta immediatamente da me.”

“Castle, Alexis sta crescendo se non te ne fossi accorto.”

“Dovrei lasciarla andare a Boston e farla crescere a TAL punto?”

Kate fissò attentamente il volto di Castle: paura. Il volto di Castle era attanagliato dalla paura di perdere definitivamente la sua bambina e dal desiderio di proteggerla e tenerla per sempre sotto la sua ala protettiva. Non sapeva cosa rispondergli, così si limitò ad aspettare che desse ancora sfogo ai suoi pensieri.

“Perché siamo stati teenager entrambi e sappiamo bene cosa vuol dire passare un weekend fuori casa col fidanzato … è di questo che è venuta a parlarti?”

“Castle…” si strofinò la fronte per riordinare i suoi pensieri. “Lo hai chiesto ad Alexis di cosa abbiamo parlato?”

“Mi ha detto che ci teneva a non farmi avere un attacco di cuore e quindi non me lo avrebbe detto.”

Il volto di Kate si aprì in un sorriso, seguito immediatamente da quello di Rick. Fecero insieme una risata che alleggerì l’aria della tensione che non li aveva abbandonati da quando si erano rivisti. Una volta tornati seri Castle si sporse in avanti appoggiando i gomiti sul tavolino. Iniziò a giocare nervosamente con la tazza di caffè prima di alzare nuovamente lo sguardo su Kate.

“Dovrei lasciarla andare?” le chiese.

“Castle… io… io non sono la persona con cui dovresti discutere queste cose, non sono sua madre.”

“Ma io tengo a un tuo parere molto più di quello di Meredith … ed evidentemente vale lo stesso per Alexis dato che ha preferito parlare della sua vita sessuale con te piuttosto che con sua madre,” disse con una buffa smorfia contrita all’allusione di un’ipotetica vita sessuale di sua figlia che fece nuovamente ridere Kate.

“Kate, se Alexis fosse tua figlia che faresti?”

E quel groppo allo stomaco e alla gola che sembrava momentaneamente sparito tornò prepotentemente a farsi sentire in Beckett. Ogni volta che credeva di averlo leggermente allontanato da sé, Castle faceva o diceva qualcosa che la riportava immediatamente a una condizione di intimità con lui talmente profonda da terrorizzarla. Quell’uomo si fidava così tanto di lei da chiederle consigli su sua figlia. E lei adorava così tanto quell’adolescente che non doveva sforzarsi per niente a cercare di dare i consigli più giusti per lei.

“Tu sai meglio di me quanto Alexis sia un ragazza responsabile e con la testa sulle spalle. Non fa neanche colazione senza prendere in considerazione tutte le possibili conseguenze di ciò che mangia.”

“Hai ragione ma… darle il permesso di andare a Boston con Ashley è… non so… come darle la mia benedizione. E per quanto irrazionale e stupido possa sembrare preferirei che pensasse che non sono felice della cosa.”

“E farle vivere la sua vita sessuale con i sensi di colpa? Per quanto sia difficile per te ammetterlo, ti conosco bene e so che non vorresti questo per tua figlia.”

Lo vide arrendersi alla sua logica inattaccabile. Per quanto potesse essere geloso di sua figlia, era molto più attento a proteggere la sua serenità, anche e soprattutto a discapito della propria se era necessario.

“Castle, come hai detto tu, siamo stati entrambi adolescenti e sai bene come me che non sarà il fatto di non andare a Boston che li fermerà se è quello che vogliono.”

“Non li fermerà, ma se non altro li costringerà a ingegnarsi per trovare il modo di restare da soli.”

“Con tua madre in tournèe e tu sempre al distretto, non credo che dovrebbero sforzarsi molto a trovare casa libera,” ribatté immediatamente Beckett.

“Io sempre al distretto?” chiese titubante e con un filo di voce Castle.

E con una frase la tensione tornò altissima. Era stata sciocca a non pensare bene a quello che diceva, ma lui non aveva perso un attimo a cogliere l’occasione per buttarsi immediatamente nel campo minato. L’irrigidimento dei muscoli di Kate erano evidentemente stati un chiaro segnale per Castle di fare marcia indietro.

“Scusa, Kate, non era questo il motivo per cui sono venuto qui.”

Fissò a lungo il caffè nella sua tazza, cercandovi risposte che non aveva. Era consapevole che prima o poi quella conversazione con Castle l’avrebbe dovuta avere ma non era ancora pronta.

“Non adesso, Castle,” gli disse con sguardo quasi implorante.

“Ok, quando vuoi,” le disse sorridendo, “Per adesso, grazie. Grazie di esserci per Alexis e per avermi aiutato a avere un altro punto di vista che non fosse quello di un padre geloso e ottuso.”

“Sei un buon padre, Castle.”

“E tu sei una persona straordinaria. Oltre a essere un perfetto Detective.”

Beckett si sentì scrutare nell’anima con quel suo sguardo penetrante. Stava per distogliere lo sguardo, sconvolta dalla sua potenza, quando fu Castle a interrompere quella forte connessione.

“So che ho appena detto che non ne avrei parlato ma… non posso fare anche in questo caso la figura dell’ottuso. Sono stato un coglione l’altra sera quando ti ho sputato addosso tutta la mia rabbia, aggiungendo la mia alla tua verso te stessa. Sei brava come Detective, Kate, anche se ci fossero mille me a distrarti saresti comunque la più brava Detective che New York abbia mai avuto. Ti chiedo scusa per aver oltrepassato il limite, ma mi è dannatamente difficile ragionare con te affianco, col grande vantaggio che, nel mio caso, la vita di altri non dipende dalla mia concentrazione. Se quello che vuoi è che io sparisca dalla tua vita lo farò ma ti chiedo solo due cose: riflettici e soprattutto non essere così severa con te stessa. Sei la persona migliore che conosca e non devi dimostrare a nessuno quanto sei capace perché chiunque intorno a te non può che rendersene conto.”

“Castle…” la difficoltà a formare un pensiero coerente era evidente. Non sapeva cosa dire, cosa pensare, come agire. Non male per essere il gran Detective che Castle sosteneva.

“Va bene così, Beckett. Non voglio che tu dica niente. Volevo solo farti sapere che quando il mio cervello funziona correttamente, non sono l’uomo di Neanderthal che ho dimostrato di essere fuori dal night club.”

Si alzò buttando 10 dollari sul tavolo.

“Grazie ancora, Beckett. E se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. Always,” le disse prima di voltarsi e incamminarsi verso casa sua.

 

Rimase seduta a quel caffè per un tempo indefinito. Quell’uomo aveva il potere di provocarle emozioni così prepotentemente contrastanti che né il suo cervello né il suo cuore riuscivano a gestire. Nessun uomo era mai riuscito a portarla a tali livelli di rabbia ed esasperazione e, allo stesso tempo, farle provare emozioni così intense e profonde da farla sentire così… VIVA. Castle era riuscito a risvegliare quella parte di lei che aveva anestetizzato dopo la morte di sua madre e che nessuno era mai riuscito a risvegliare dal coma profondo dove lei, con tanta efficacia, l’aveva riposta. Quella parte che gelosamente custodiva dietro trincee di paure che la preservavano da delusioni e dolore.

Quando aveva conosciuto lo scrittore aveva consciamente alzato maggiormente le barricate, sapendo che il latin lover di New York avrebbe sicuramente provato a trascinarla tra le sue grinfie. Ma nonostante la guardia maggiormente alzata, lui era riuscito a trovare il varco, il sentiero, la strada sconnessa e l’aveva percorsa nonostante gli ostacoli che lei cercava di porgli davanti.

Guardò l’orologio e vide che il tempo era passato senza che se ne accorgesse. Si alzò e si diresse verso Central Park, dove sapeva l’avrebbe trovato. Ormai non poteva rimandare oltre.

Angolo autrice: I'm back! la mia avventura Lituana è finita e nonostante la pessima performance della squadra italiana, mi sono proprio divertita! Un grazie a chi sta leggendo la mia storia e un mega grazie a chi perde anche il tempo per recensirla, siete fantastici! Un bacione a alla prossima!
  
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