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Autore: Alchbel    09/09/2011    18 recensioni
La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti... Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto. Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~ KlaineSongs ~

 

 

 

12°_When I get you alone ~ Blaine

~ Quando, dopotutto, ci sarai sempre per me ~

 





 

Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no
Mmm, you makin' dogs wanna beg
Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now
Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin'

 

 

Fermo sul posto, mi concedo solo un attimo ancora di esitazione, prima di zittire l’istinto che mi grida di fuggire da lì quanto prima e do il via alla performance con un cenno, cominciando a fare dei passi in avanti con fare sicuro – ottimo attore, non c’è che dire!

 

I ragazzi cominciano la loro introduzione corale ed io prego che le gambe mi reggano fino alla fine, mentre mi avvicino a Jeremiah che, di spalle, non sembra ancora essersi accorto di nulla. Le parole cominciano ad uscire dalle mie labbra con più forza di quella che credevo mentre passo accanto ad alcuni dei ragazzi, pronti a lanciarmi sguardi di sincero incoraggiamento: a prescindere dal modo in cui finirà questa cosa, dovrò ringraziarli tutti per quest’aiuto – soprattutto Kurt. Non credevo sarebbe stato tanto pronto a sostenermi.

 

Finalmente Jeremiah si volta verso di me e nel suo sguardo leggo, ovviamente, sorpresa e quasi shock. Certo, vedere un gruppo di ragazzi in divisa che improvvisamente si mette a cantare tra stampelle e vestiti non deve essergli successo tanto spesso. Meglio: sarò il primo e farò colpo.

Continuo a cantare e lui mi guarda svariate volte, senza però accennare a fermarsi; anzi, continua il suo lavoro come se nulla fosse, quasi scappando, nonostante io gli sia praticamente a pochissimi passi di distanza. Non puoi fuggire ed io sto cantando col cuore in mano.

 

 

Oh, I swear there's something when she's pumpin', askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah


 

Ora sono seguito da quattro o cinque Usignoli, mentre – rotto il ghiaccio – comincio a sciogliermi sempre più, senza perdere di vista il biondo. Mi fermo vicino ad un’esposizione di occhiali da sole e ne provo un paio: non ho idea del perché lo faccia, non sto seguendo la logica o la razionalità; solo l’istinto, la musica e soprattutto quello che provo per Jeremiah mi guidano – il resto, ora, non ha alcun senso. La gente intorno – ignari spettatori della nostra esibizione – sembra gradire particolarmente tutta quest’improvvisata e scorgo persino alcuni che si muovono a tempo e altri commessi che sorridono divertiti. Lui, invece, non accenna a fermarsi e quando si rende davvero conto che, sì, sto cantando per lui, mi guarda con un mezzo sorriso che pare dire «Ma che diavolo…», per poi spostare lo sguardo allibito su tutti gli altri Usignoli che mi seguono o spuntano qua e là. Sì, Jeremiah, guarda che mi sono inventato per dirti quanto tenga a te!

Mentre parte il ritornello, lo vedo indietreggiare sempre con meno vigore mentre si perde nel mio viso – ed io nel suo – e finalmente posso guardarlo bene, analizzare ogni minimo dettaglio di quegli occhi sorpresi e di quelle meravigliose labbra.

 

 

Baby girl you da sh...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgs talkin' fast:
Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did
All these intrusions just take us too long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're leavin

 

 

Lo lascio andare mentre riprendo la coreografia con gli altri ragazzi ed attacco con una nuova strofa, ma posso vedere come, dopo alcuni passi, non resista all’impulso di voltarsi e guardarmi – lo stupore che ormai non l’abbandona. L’ho colpito, ho fatto centro. Punto per Blaine Anderson, signori. Salto su uno dei cuscini bianchi su cui i clienti possono sedersi e i ragazzi lo fanno girare, mentre io sono incapace di staccare gli occhi da lui.

 

Si è messo dietro la cassa e spalanca la bocca, certamente stupito da tanta organizzazione e cura del dettagli. Noto che anche Kurt mi guarda perplesso, ma non riesco a capirne il motivo, mentre la gente è ormai rapita dalla musica, dal movimento degli Usignoli e dalla mia voce. Altro punto per Anderson!

 

Scendo, per poi saltare su uno dei carrellini con le stampelle piene di abiti, i ragazzi che ancora mi spostano ed io così pieno di energie che se volessi potrei anche camminare sul soffitto.

Mi avvicino con tutti gli altri Usignoli – mi pare che non ci sia Kurt, però –, fino a mettermi proprio davanti alla cassa, di nuovo di fronte a lui, mentre loro si dispongono in due file continuando con l’ultima parte della coreografia.

 

 

So I pray to something she aint bluffin', rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe

When I get you alone
When I get you alone
Oohh...
When I get you alone

 

 

Prego davvero che tu abbia capito quanto tenga a te, quanto profondi siano i miei sentimenti: devi capirlo, non saprei come altro dirtelo e mi pare di essere stato chiaro con questa canzone.

I ragazzi danno spettacolo con gli ultimi passi della canzone, facendosi scivolare al di sotto della mensola di esposizione del negozio; poi David fa una delle sue impeccabili capriole e tutti si siedono su di essa, mentre io, da dietro, ci salgo sopra senza mai perdere il contatto visivo con Jeremiah. La gente intorno balla e per un attimo, guardandoli, scorgo Kurt appoggiato ad un manichino, l’aria assente e lo sguardo apparentemente rivolto al biondo. Per un attimo mi chiedo cosa gli stia passando per la testa; poi, torno al pensiero principale e mentre gli altri Usignoli spariscono, io scendo e mi appresto a concludere la canzone. Mi avvicino ad alcune paia di calzini per prenderne uno e presentarmi alla cassa scivolando sulle ginocchia e rialzandomi con uno sguardo ammiccante.

Non so decifrare la sua espressione: il mio cervello, al momento, è fuori servizio. Sorrido. Non puoi dirmi di no, Jeremiah!

 

~∞~

 

Il rientro alla Dalton è il peggiore che ricordi: non so se essere più distrutto per il rifiuto di Jeremiah o più arrabbiato con me stesso per la figuraccia che mi sono permesso di fare.

 

Dio, che cretino che sono stato! Come ho potuto pensare che quel paio di caffè presi insieme e le poche chiacchiere al tavolino potessero aver significato qualcosa per lui?

Ho costruito un’intera storia sulla base di qualche sorriso e qualche sguardo ed ora non sono sicuro di riuscire ad uscire dalle macerie del castello di sabbia che mi è crollato addosso.

 

Sento Kurt camminare al mio fianco, lo sguardo basso, mentre un passo dietro di me Wes e David hanno sostituito la mia ombra. Non posso non apprezzare la loro presenza e tutto l’interessamento nei miei confronti, ma al momento ho solo voglia di stare da solo – magari mi chiuderò in camera mia e mi butterò sul letto… o prenderò a testate il muro per il livello di idiozia che ho raggiunto nelle ultime ore!

 

Dopotutto, sembra che la cattiva sorte che segue gli Usignoli nelle esibizioni fuori dal Campus non si sia smentita neanche stavolta…

 

Appena mettiamo piede nell’edificio, mi volto verso i ragazzi e i loro sguardi dispiaciuti mi colpiscono come un pugno nello stomaco.

«Emh… sentite: non ho ancora avuto modo di ringraziarvi tutti per il sostegno che mi avete dato. Siete stati fantastici, tutti – davvero un’ottima performance, magari la teniamo in considerazione per le Regionali! E… questo è quanto. Grazie»

 

Ancora una volta mi sento perforare da sguardi dispiaciuti e prima di disperdersi, alcuni dei ragazzi si azzardano a darmi pacche sulla spalla in segno di conforto. Io provo ad accennare un sorriso, ma la smorfia che ha assunto il mio volto non deve essere affatto convincente.

 

Alla fine restano solo David, Kurt e Wes, gli occhi fissi su di me, ma senza la solita compassione. Mi avvicino: so che saranno la parte più difficile da affrontare, ma davvero non ce la faccio a stare con loro ora.

«A voi devo più di un grazie… ma non credo che ora sia il momento più adatto per stare insieme, sapete? Non… non mi va molto di parlarne. Salgo in camera mia»

 

Loro annuiscono, ma noto che Kurt fa per sporgersi in avanti come se volesse dirmi qualcosa o forse venire con me… In ogni caso prevengo una sua qualunque intenzione.

«No, Kurt. Ti ho chiesto di lasciarmi in pace almeno per oggi. Per favore» ripeto, forse con troppa durezza nella voce perché lui si blocca sul posto, un’aria triste che gli dipinge il volto chiaro.

 

«Come vuoi» annuisce mesto «Se hai bisogno, chiama» mi ricorda, poi sono io ad andare di sopra, lasciandolo lì con gli altri due.

So che vorrebbe solo confortarmi, ma non è quello di cui ho davvero bisogno al momento: ora vorrei solo gridare al mondo la mia rabbia e il mio dolore, prendere a calci tutto quello che mi capita a tiro… e di certo le sue parole non sarebbero l’ideale.

 

Salito di sopra, sbatto con violenza la porta della stanza e, improvvisamente senza forze, mi getto sul letto stringendo a me il cuscino quasi con disperazione. Chiedo al cellulare un sottofondo di musica classica e mi abbandono ai ricordi.

 

Jeremiah è lì, davanti a me, i suoi occhi chiari e quei capelli… Dio, quanto adoro quei capelli mossi e color del grano maturo! Lo ricordo mentre mi sorride con gentilezza, offrendomi aiuto per il regalo da fare a Kurt: se non fosse stato per lui, avrei vagato per ore, senza trovare nulla di appropriato. Ricordo la prima domanda che mi ha posto, seduti in un bar dopo esserci incontrati per puro caso… e soprattutto, ho ben presente la strana libertà con cui gli ho confermato di essere gay: non che di solito lo nasconda o lo neghi, ma non mi ero mai sentito tanto libero di dirlo, quasi fossi certo che lui avrebbe capito. Non mi era mai successo prima… o almeno, mi era successo solo con Kurt. E poi, le chiacchiere più disparate davanti ai caffè fumanti, le risate, le cose in comune e quelle su cui proprio non potremo andare d’accordo…

 

«E poi mi arresterebbero: sei minorenne!»

 

Quelle parole mi ritornano alla mente in tutta la loro durezza: il tono semplicistico con cui le ha pronunciate, quasi fosse una sciocchezza la mia dedica, il cantare ed esibirsi con gli altri davanti a lui e a tutta la gente che era in negozio.

 

«… è piaciuto a tutti»

«Al mio capo no, Blaine. E a me neanche».

 

In quel momento ho sentito il cuore spezzarsi: non mi sarebbe importato se la gente avesse fischiato, se fossero partiti insulti omofobi o cose simili perché ne sarebbe valsa la pena comunque, solo per lui. Ma sapere che è stato il primo a non gradire, a dirmi che avrei potuto evitare… no, è stato devastante!

 

Tutto sembra cadermi addosso e travolgermi nello stesso istante come se sprofondassi in un abisso di dolore che minaccia di farmi scoppiare in lacrime, nonostante abbia resistito finora: di certo non avrei pianto davanti a Jeremiah come un qualunque ragazzino… eppure ora non sono sicuro di essere abbastanza forte da tenere tutto dentro.

 

Quando si pensa all’amore si mettono in conto solo le cose positive,  le gioie che si possono provare, la felicità che invaderà ogni singolo attimo della giornata, anche i più tristi o inappropriati. Perché nessuno parla del dolore, della delusione e della sofferenza di un rifiuto? Di quando possa fare male? Perché fa male… davvero…

 

La mia non è una semplice cotta, non è qualcosa di stupido e passeggero come ha pensato anche Jeremiah! È qualcosa di profondo; è il fatto che non ho smesso di pensare a lui dal giorno in ci siamo incontrati, che il suo pensiero è stato uno dei pochissimi a rendere sopportabili le settimane di Natale. È il fatto che, per una volta, c’ho creduto davvero; per una volta, sono stato sul serio convinto che fosse il mio turno. Mi sono aggrappato ad ogni minimo indizio, anche al più piccolo cenno per convincermi che non fosse solo nella mia testa… ed ora sento che mi è tutto crollato addosso… e quasi non ho voglia di lottare per uscirne.

 

Il pensiero di Jeremiah non accenna a lasciarmi in pace e mentre mi chiedo cosa abbia sbagliato e se sia stata tutta colpa della fretta o del troppo entusiasmo che forse l’hanno spaventato, mi lascio portare via dal sonno, convinto che almeno lì avrò un po’ di tregua.

 

 

*

 

 

Quando mi risveglio non ho idea di quanto tempo sia passato, ma a giudicare dal buio quasi totale della stanza, deve essersi fatto sera.

A destarmi, una seconda presenza nella stanza che, però, non riconosco subito. Quando gli occhi riescono finalmente a destreggiarsi bene nella penombra, distinguo la figura magra di Kurt che armeggia nello spazio fra i nostri letti e non sembra essersi accorto del fatto che mi sia svegliato.

«Kurt… che stai facendo…?» chiedo un po’ infastidito e con la voce impastata dal sonno, mentre cerco l’interruttore della luce per vederlo bene.

 

Lui sembra sussultare non appena la stanza si illumina, per poi guardarmi con aria vagamente colpevole.

«Ehi! Sei sveglio! Vengo con un’offerta di pace» sorride scherzando e mi mostra un vassoio con un paio di piatti coperti: la mia cena. Mi lascio scappare una smorfia di disgusto mentre mi metto seduto.

 

«Non ho fame» rispondo laconico, senza staccargli gli occhi da dosso e lui ricambia il gesto con sguardo sbalordito.

«Blaine, non puoi farti ridurre così da tutto questo! Tu sei combattivo, non ti deprimi di certo di fronte ad un rifiuto… e poi, credimi, chi ci perde davvero in questa storia è proprio quel biondino lì!»

 

E questo dovrebbe servirmi di conforto, Kurt? Sul serio? In questo momento non so neanch’io cosa vorrei sentirmi dire; forse, il silenzio sarebbe preferibile. Una strana rabbia monta in me in un attimo, insieme a nuovo dolore e delusione.

 

«È più comodo pensarla così, giusto? Che poiché sembro sempre allegro e pieno di energia, non possa avere anch’io i miei momenti brutti, vero? Beh, ti sbagli! Io sono proprio come tutti gli altri e sì, questa cosa mi ha buttato giù parecchio. Cosa vuoi fare, lapidarmi? Non ti avevo detto che volevo restare solo?» faccio in tono stizzito, ma Kurt non sembra scoraggiarsi.

 

«Oh, scusa tanto! Dato che non mangiavi da questa mattina, ho pensato avessi fame!» spiega, posando il vassoio sul comodino.

 

«Ma che premuroso!» mi complimento sarcastico «E dimmi, visto che ti prendi così tanta cura di me, perché non mi hai detto da subito che sarebbe finita così? È stato ridicolo ed imbarazzante, lo era dall’inizio, ma tu hai fatto di tutto per non farmi tirare indietro! Che diavolo ti è saltato in testa?»

 

Ormai grido senza ritegno, scattando in piedi alle ultime frasi, mentre Kurt, di fronte a me, mi guarda sconvolto, colpito in pieno dalle mie accuse. Boccheggia per un po’, prima di trovare un modo per controbattere.

 

«Devi essere completamente impazzito, Blaine! Vuoi vedere che alla fine la colpa di tutto quello che è successo è mia? Certo che ho sostenuto la tua intenzione di dichiararti: tu eri tutto preso da quel tipo, continuavi a dire che a San Valentino si è ispirati per questo tipo di cose, che stavolta era quella giusta! Cosa potevo fare? Ho creduto che in una situazione simile, con i tuoi occhi che luccicavano in quel modo – come mai avevo visto fare prima, la cosa migliore fosse sostenerti. Ho sbagliato, Blaine? Dimmi, ho forse sbagliato?!»

Ora sta gridando anche lui, il volto arrossato per lo sforzo e gli occhi lucidi.

 

«Mi avevi detto che non era esagerato cantare per qualcuno!»

«Ne ero convinto… e ci credo ancora!»

«E alla riunione degli Usignoli sei stato il solo a prendere le mie difese facendo sì che gli altri accettassero di aiutarmi!»

 

«Tutto questo è assurdo, te ne rendi conto?! Io ho solo cercato di aiutarti e tu me lo stai rinfacciando come se avessi fatto tutto già sapendo che sarebbe andata male! Credi che potrei mai volerti male, Blaine? Che potrei mai fare qualcosa – anche il minimo gesto – sapendo che ti ferirebbe? E poi, se proprio vogliamo dirla tutta, questa scenata dovrei farla io!»

 

«Di cosa diavolo stai parlando ora?»

«Io… io… ti ho praticamente raccontato anche i dettagli più stupidi ed insignificanti della mia vita e vengo a sapere di questo Jeremiah solo quando i tuoi sentimenti sono diventati tanto certi e profondi da potergli fare una dichiarazione simile in un luogo pubblico? Avrei dovuto essere il primo a saperlo! Lo conosci da prima di Natale!»

 

E lui come fa a saperlo se non gliene ho parlato? Kurt mi legge questo dubbio nel pensiero.

«Credi che non l’avessi capito? È bastato guardare i tuoi occhi! Non sapevo di cosa si trattasse e tu non me ne hai fatto parola, mai! Perché?»

 

Perché? Perché non gli ho parlato di Jeremiah? Forse… volevo che fosse una cosa solo mia…

«Di cosa ti lamenti? Non crederai di avere l’esclusiva su tutto quello che mi succede!»

 

Ormai stiamo parlando senza più pensare. O almeno, io lo sto facendo: non penso davvero tutto quello che gli ho detto – sarebbe assurdo – e poi, Kurt ha l’esclusiva su tutto quello che mi succede. Mi accorgo di aver superato il limite quando leggo dolore e delusione nei suoi bellissimi occhi. Mai credevo che, proprio io, sarei riuscito a farlo soffrire.

 

«Q-questo… m-mi chiarisce m-molte cose» balbetta lui, voltandomi le spalle ed avvicinandosi alla finestra.

Che ho fatto? Com’è possibile che sia arrivato a questo punto? Ho sfogato tutta la mia frustrazione sull’unica persona che mi abbia dato conforto e coraggio in tutta questa storia! Sono un cretino, un cretino fino al midollo.

In quest’istante sento crollare tutto in me. Tutto.

 

«K-Kurt… scusami…» sussurro senza forze «Kurt, t-ti prego… guardami…»

Lui non accenna a muoversi, fino a che non gli sfioro una spalla. Allora si volta.

«Mi d-dispiace… mi d-dispiace t-tanto»

 

I suoi occhi chiari mi trapassano. Sto piangendo davanti a lui e non m’importa. Nulla ha importanza in questo momento. Lui sembra stupito e in un attimo la rabbia ed il dolore spariscono dal suo volto, mentre i singhiozzi mi scuotono.

«Oddio, Blaine…»

 

La sua voce trema: non deve avermi mai visto tanto sconvolto e fragile prima d’ora. Per un attimo resta così, a fissarmi ed io mi lascio cadere sul letto, senza forze. Singhiozzo e le ultime briciole di orgoglio mi suggeriscono di nasconderli contro il letto, così che non riesco più a vedere Kurt.

Non passano che pochi istanti, poi sento il suo peso sul bordo del letto e la sua mano che tremolante prende la mia spalla.

 

«Resta con me…» lo prego.

«E chi ti ha detto che voglio andarmene?»

 

Prendo la sua mano e lo tiro verso di me, tanto che mi si stende affianco, la mia testa nell’incavo del suo collo e le sue braccia che mi stringono forte.

 

«Andrà bene, Blaine… passa tutto, tranquillo. È tutto a posto»

Non mi aveva mai consolato prima d’ora, ma sento che nessuno potrebbe farlo meglio di lui in questo momento.

 

Riprendo sonno così, il pensiero di Jeremiah che mi dà tregua e la certezza che Kurt, per me, ci sarà sempre. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

Ok, ok, prima che vi precipitiate sotto casa mia con forconi e fiaccole.. voglio dire un paio di cose a mia discolpa. Insomma credete davvero che dopo tutto il casino fatto per Jeremiah, Blaine non abbia fatto una piega per il suo rifiuto, se non quella scenetta alla caffetteria in cui, grazie al Cielo, si rende conto di quanto sia stato ridicolo? E Kurt? Ho capito che lo ama e tutto il resto ma.. alla fine uno scoppia, no? E quindi… *Alchimista si rifugia da Pachelbel*

Poi, ci tenevamo a dire che sappiamo che subito dopo che Blaine è stato rifiutato da Jeremiah, va con Kurt al Lima Bean e hanno la famosa discussione (“Herry Met Sally” per intenderci xD), ma noi ci siamo volute prendere la libertà di posticipare di un giorno quel discorso...

Non so cos’altro dire a nostra discolpa… ringraziamo davvero con tutto il cuore le fantastiche 14 persone (14!!) che hanno recensito lo scorso capitolo e chi invece si sta mettendo d’impegno a recuperare quelli passati; inoltre un grazie va anche a coloro che preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine a chi legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!

 

A presto. Baci ♥

Alchimista.

   
 
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