~ KlaineSongs
~
12°_When I get
you alone ~ Blaine
~ Quando, dopotutto, ci sarai sempre per me ~
Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no
Mmm, you makin' dogs wanna beg
Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now
Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're
leavin'
Fermo sul posto,
mi concedo solo un attimo ancora di esitazione, prima di zittire l’istinto che
mi grida di fuggire da lì quanto prima e do il via alla performance con un
cenno, cominciando a fare dei passi in avanti con fare sicuro – ottimo attore,
non c’è che dire!
I ragazzi
cominciano la loro introduzione corale ed io prego che le gambe mi reggano fino
alla fine, mentre mi avvicino a Jeremiah che, di
spalle, non sembra ancora essersi accorto di nulla. Le parole cominciano ad
uscire dalle mie labbra con più forza di quella che credevo mentre passo
accanto ad alcuni dei ragazzi, pronti a lanciarmi sguardi di sincero
incoraggiamento: a prescindere dal modo in cui finirà questa cosa, dovrò
ringraziarli tutti per quest’aiuto – soprattutto Kurt. Non credevo sarebbe
stato tanto pronto a sostenermi.
Finalmente Jeremiah si volta verso di me e nel suo sguardo leggo,
ovviamente, sorpresa e quasi shock. Certo, vedere un gruppo di ragazzi in
divisa che improvvisamente si mette a cantare tra stampelle e vestiti non deve
essergli successo tanto spesso. Meglio: sarò il primo e farò colpo.
Continuo a
cantare e lui mi guarda svariate volte, senza però accennare a fermarsi; anzi,
continua il suo lavoro come se nulla fosse, quasi scappando, nonostante io gli
sia praticamente a pochissimi passi di distanza. Non puoi fuggire ed io sto
cantando col cuore in mano.
Oh, I swear there's something when she's pumpin',
askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah
Ora sono seguito
da quattro o cinque Usignoli, mentre – rotto il ghiaccio – comincio a
sciogliermi sempre più, senza perdere di vista il biondo. Mi fermo vicino ad
un’esposizione di occhiali da sole e ne provo un paio: non ho idea del perché
lo faccia, non sto seguendo la logica o la razionalità; solo l’istinto, la
musica e soprattutto quello che provo per Jeremiah mi
guidano – il resto, ora, non ha alcun senso. La gente intorno – ignari
spettatori della nostra esibizione – sembra gradire particolarmente tutta
quest’improvvisata e scorgo persino alcuni che si muovono a tempo e altri
commessi che sorridono divertiti. Lui, invece, non accenna a fermarsi e quando
si rende davvero conto che, sì, sto cantando per lui, mi guarda con un mezzo
sorriso che pare dire «Ma che diavolo…»,
per poi spostare lo sguardo allibito su tutti gli altri Usignoli che mi seguono
o spuntano qua e là. Sì, Jeremiah, guarda che mi sono
inventato per dirti quanto tenga a te!
Mentre parte il
ritornello, lo vedo indietreggiare sempre con meno vigore mentre si perde nel
mio viso – ed io nel suo – e finalmente posso guardarlo bene, analizzare ogni
minimo dettaglio di quegli occhi sorpresi e di quelle meravigliose labbra.
Baby girl you da sh...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgs talkin' fast:
Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did
All these intrusions just take us too long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till
you're leavin’
Lo lascio andare mentre riprendo la
coreografia con gli altri ragazzi ed attacco con una nuova strofa, ma posso
vedere come, dopo alcuni passi, non resista all’impulso di voltarsi e guardarmi
– lo stupore che ormai non l’abbandona. L’ho colpito, ho fatto centro. Punto
per Blaine Anderson, signori. Salto su uno dei cuscini bianchi su cui i clienti
possono sedersi e i ragazzi lo fanno girare, mentre io sono incapace di
staccare gli occhi da lui.
Si è messo dietro la cassa e
spalanca la bocca, certamente stupito da tanta organizzazione e cura del
dettagli. Noto che anche Kurt mi guarda perplesso, ma non riesco a capirne il
motivo, mentre la gente è ormai rapita dalla musica, dal movimento degli
Usignoli e dalla mia voce. Altro punto per Anderson!
Scendo, per poi saltare su uno dei
carrellini con le stampelle piene di abiti, i ragazzi che ancora mi spostano ed
io così pieno di energie che se volessi potrei anche camminare sul soffitto.
Mi avvicino con tutti gli altri
Usignoli – mi pare che non ci sia Kurt, però –, fino a mettermi proprio davanti
alla cassa, di nuovo di fronte a lui, mentre loro si dispongono in due file
continuando con l’ultima parte della coreografia.
So I pray to something she aint
bluffin', rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oohh...
When I get you
alone
Prego davvero
che tu abbia capito quanto tenga a te, quanto profondi siano i miei sentimenti:
devi capirlo, non saprei come altro dirtelo e mi pare di essere stato chiaro
con questa canzone.
I ragazzi danno
spettacolo con gli ultimi passi della canzone, facendosi scivolare al di sotto
della mensola di esposizione del negozio; poi David fa una delle sue
impeccabili capriole e tutti si siedono su di essa, mentre io, da dietro, ci
salgo sopra senza mai perdere il contatto visivo con Jeremiah.
La gente intorno balla e per un attimo, guardandoli, scorgo Kurt appoggiato ad
un manichino, l’aria assente e lo sguardo apparentemente rivolto al biondo. Per
un attimo mi chiedo cosa gli stia passando per la testa; poi, torno al pensiero
principale e mentre gli altri Usignoli spariscono, io scendo e mi appresto a
concludere la canzone. Mi avvicino ad alcune paia di calzini per prenderne uno
e presentarmi alla cassa scivolando sulle ginocchia e rialzandomi con uno
sguardo ammiccante.
Non so decifrare
la sua espressione: il mio cervello, al momento, è fuori servizio. Sorrido. Non
puoi dirmi di no, Jeremiah!
~∞~
Il rientro alla
Dalton è il peggiore che ricordi: non so se essere più distrutto per il rifiuto
di Jeremiah o più arrabbiato con me stesso per la
figuraccia che mi sono permesso di fare.
Dio, che cretino
che sono stato! Come ho potuto pensare che quel paio di caffè presi insieme e
le poche chiacchiere al tavolino potessero aver significato qualcosa per lui?
Ho costruito
un’intera storia sulla base di qualche sorriso e qualche sguardo ed ora non
sono sicuro di riuscire ad uscire dalle macerie del castello di sabbia che mi è
crollato addosso.
Sento Kurt
camminare al mio fianco, lo sguardo basso, mentre un passo dietro di me Wes e David hanno sostituito la mia ombra. Non posso non
apprezzare la loro presenza e tutto l’interessamento nei miei confronti, ma al
momento ho solo voglia di stare da solo – magari mi chiuderò in camera mia e mi
butterò sul letto… o prenderò a testate il muro per il livello di idiozia che
ho raggiunto nelle ultime ore!
Dopotutto,
sembra che la cattiva sorte che segue gli Usignoli nelle esibizioni fuori dal
Campus non si sia smentita neanche stavolta…
Appena mettiamo
piede nell’edificio, mi volto verso i ragazzi e i loro sguardi dispiaciuti mi
colpiscono come un pugno nello stomaco.
«Emh… sentite: non ho ancora avuto modo di ringraziarvi
tutti per il sostegno che mi avete dato. Siete stati fantastici, tutti –
davvero un’ottima performance, magari la teniamo in considerazione per le
Regionali! E… questo è quanto. Grazie»
Ancora una volta
mi sento perforare da sguardi dispiaciuti e prima di disperdersi, alcuni dei
ragazzi si azzardano a darmi pacche sulla spalla in segno di conforto. Io provo
ad accennare un sorriso, ma la smorfia che ha assunto il mio volto non deve
essere affatto convincente.
Alla fine
restano solo David, Kurt e Wes, gli occhi fissi su di
me, ma senza la solita compassione. Mi avvicino: so che saranno la parte più
difficile da affrontare, ma davvero non ce la faccio a stare con loro ora.
«A voi devo più
di un grazie… ma non credo che ora sia il momento più adatto per stare insieme,
sapete? Non… non mi va molto di parlarne. Salgo in camera mia»
Loro annuiscono,
ma noto che Kurt fa per sporgersi in avanti come se volesse dirmi qualcosa o
forse venire con me… In ogni caso prevengo una sua qualunque intenzione.
«No, Kurt. Ti ho
chiesto di lasciarmi in pace almeno per oggi. Per favore» ripeto, forse con
troppa durezza nella voce perché lui si blocca sul posto, un’aria triste che
gli dipinge il volto chiaro.
«Come vuoi»
annuisce mesto «Se hai bisogno, chiama» mi ricorda, poi sono io ad andare di
sopra, lasciandolo lì con gli altri due.
So che vorrebbe
solo confortarmi, ma non è quello di cui ho davvero bisogno al momento: ora
vorrei solo gridare al mondo la mia rabbia e il mio dolore, prendere a calci
tutto quello che mi capita a tiro… e di certo le sue parole non sarebbero
l’ideale.
Salito di sopra,
sbatto con violenza la porta della stanza e, improvvisamente senza forze, mi
getto sul letto stringendo a me il cuscino quasi con disperazione. Chiedo al
cellulare un sottofondo di musica classica e mi abbandono ai ricordi.
Jeremiah è lì, davanti a
me, i suoi occhi chiari e quei capelli… Dio, quanto adoro quei capelli mossi e
color del grano maturo! Lo ricordo mentre mi sorride con gentilezza, offrendomi
aiuto per il regalo da fare a Kurt: se non fosse stato per lui, avrei vagato
per ore, senza trovare nulla di appropriato. Ricordo la prima domanda che mi ha
posto, seduti in un bar dopo esserci incontrati per puro caso… e soprattutto,
ho ben presente la strana libertà con cui gli ho confermato di essere gay: non
che di solito lo nasconda o lo neghi, ma non mi ero mai sentito tanto libero di
dirlo, quasi fossi certo che lui avrebbe capito. Non mi era mai successo prima…
o almeno, mi era successo solo con Kurt. E poi, le chiacchiere più disparate
davanti ai caffè fumanti, le risate, le cose in comune e quelle su cui proprio
non potremo andare d’accordo…
«E
poi mi arresterebbero: sei minorenne!»
Quelle parole mi
ritornano alla mente in tutta la loro durezza: il tono semplicistico con cui le
ha pronunciate, quasi fosse una sciocchezza la mia dedica, il cantare ed
esibirsi con gli altri davanti a lui e a tutta la gente che era in negozio.
«…
è piaciuto a tutti»
«Al
mio capo no, Blaine. E a me neanche».
In quel momento
ho sentito il cuore spezzarsi: non mi sarebbe importato se la gente avesse
fischiato, se fossero partiti insulti omofobi o cose simili perché ne sarebbe
valsa la pena comunque, solo per lui. Ma sapere che è stato il primo a non
gradire, a dirmi che avrei potuto evitare… no, è stato devastante!
Tutto sembra
cadermi addosso e travolgermi nello stesso istante come se sprofondassi in un
abisso di dolore che minaccia di farmi scoppiare in lacrime, nonostante abbia
resistito finora: di certo non avrei pianto davanti a Jeremiah
come un qualunque ragazzino… eppure ora non sono sicuro di essere abbastanza
forte da tenere tutto dentro.
Quando si pensa
all’amore si mettono in conto solo le cose positive, le gioie che si possono provare, la felicità
che invaderà ogni singolo attimo della giornata, anche i più tristi o inappropriati.
Perché nessuno parla del dolore, della delusione e della sofferenza di un
rifiuto? Di quando possa fare male? Perché fa male… davvero…
La mia non è una
semplice cotta, non è qualcosa di stupido e passeggero come ha pensato anche Jeremiah! È qualcosa di profondo; è il fatto che non ho
smesso di pensare a lui dal giorno in ci siamo incontrati, che il suo pensiero
è stato uno dei pochissimi a rendere sopportabili le settimane di Natale. È il
fatto che, per una volta, c’ho creduto davvero; per una volta, sono stato sul
serio convinto che fosse il mio turno. Mi sono aggrappato ad ogni minimo
indizio, anche al più piccolo cenno per convincermi che non fosse solo nella
mia testa… ed ora sento che mi è tutto crollato addosso… e quasi non ho voglia
di lottare per uscirne.
Il pensiero di Jeremiah non accenna a lasciarmi in pace e mentre mi chiedo
cosa abbia sbagliato e se sia stata tutta colpa della fretta o del troppo
entusiasmo che forse l’hanno spaventato, mi lascio portare via dal sonno,
convinto che almeno lì avrò un po’ di tregua.
*
Quando mi
risveglio non ho idea di quanto tempo sia passato, ma a giudicare dal buio
quasi totale della stanza, deve essersi fatto sera.
A destarmi, una
seconda presenza nella stanza che, però, non riconosco subito. Quando gli occhi
riescono finalmente a destreggiarsi bene nella penombra, distinguo la figura
magra di Kurt che armeggia nello spazio fra i nostri letti e non sembra essersi
accorto del fatto che mi sia svegliato.
«Kurt… che stai
facendo…?» chiedo un po’ infastidito e con la voce impastata dal sonno, mentre
cerco l’interruttore della luce per vederlo bene.
Lui sembra
sussultare non appena la stanza si illumina, per poi guardarmi con aria
vagamente colpevole.
«Ehi! Sei
sveglio! Vengo con un’offerta di pace» sorride scherzando e mi mostra un
vassoio con un paio di piatti coperti: la mia cena. Mi lascio scappare una
smorfia di disgusto mentre mi metto seduto.
«Non ho fame»
rispondo laconico, senza staccargli gli occhi da dosso e lui ricambia il gesto
con sguardo sbalordito.
«Blaine, non
puoi farti ridurre così da tutto questo! Tu sei combattivo, non ti deprimi di
certo di fronte ad un rifiuto… e poi, credimi, chi ci perde davvero in questa
storia è proprio quel biondino lì!»
E questo
dovrebbe servirmi di conforto, Kurt? Sul serio? In questo momento non so
neanch’io cosa vorrei sentirmi dire; forse, il silenzio sarebbe preferibile.
Una strana rabbia monta in me in un attimo, insieme a nuovo dolore e delusione.
«È più comodo
pensarla così, giusto? Che poiché sembro sempre allegro e pieno di energia, non
possa avere anch’io i miei momenti brutti, vero? Beh, ti sbagli! Io sono
proprio come tutti gli altri e sì, questa cosa mi ha buttato giù parecchio.
Cosa vuoi fare, lapidarmi? Non ti avevo detto che volevo restare solo?» faccio
in tono stizzito, ma Kurt non sembra scoraggiarsi.
«Oh, scusa
tanto! Dato che non mangiavi da questa mattina, ho pensato avessi fame!»
spiega, posando il vassoio sul comodino.
«Ma che
premuroso!» mi complimento sarcastico «E dimmi, visto che ti prendi così tanta
cura di me, perché non mi hai detto da subito che sarebbe finita così? È stato
ridicolo ed imbarazzante, lo era dall’inizio, ma tu hai fatto di tutto per non
farmi tirare indietro! Che diavolo ti è saltato in testa?»
Ormai grido senza
ritegno, scattando in piedi alle ultime frasi, mentre Kurt, di fronte a me, mi
guarda sconvolto, colpito in pieno dalle mie accuse. Boccheggia per un po’,
prima di trovare un modo per controbattere.
«Devi essere
completamente impazzito, Blaine! Vuoi vedere che alla fine la colpa di tutto
quello che è successo è mia? Certo che ho sostenuto la tua intenzione di
dichiararti: tu eri tutto preso da quel tipo, continuavi a dire che a San
Valentino si è ispirati per questo tipo di cose, che stavolta era quella
giusta! Cosa potevo fare? Ho creduto che in una situazione simile, con i tuoi
occhi che luccicavano in quel modo – come mai avevo visto fare prima, la cosa
migliore fosse sostenerti. Ho sbagliato, Blaine? Dimmi, ho forse sbagliato?!»
Ora sta gridando
anche lui, il volto arrossato per lo sforzo e gli occhi lucidi.
«Mi avevi detto
che non era esagerato cantare per qualcuno!»
«Ne ero
convinto… e ci credo ancora!»
«E alla riunione
degli Usignoli sei stato il solo a prendere le mie difese facendo sì che gli
altri accettassero di aiutarmi!»
«Tutto questo è
assurdo, te ne rendi conto?! Io ho solo cercato di aiutarti e tu me lo stai
rinfacciando come se avessi fatto tutto già sapendo che sarebbe andata male!
Credi che potrei mai volerti male, Blaine? Che potrei mai fare qualcosa – anche
il minimo gesto – sapendo che ti ferirebbe? E poi, se proprio vogliamo dirla
tutta, questa scenata dovrei farla io!»
«Di cosa diavolo
stai parlando ora?»
«Io… io… ti ho
praticamente raccontato anche i dettagli più stupidi ed insignificanti della
mia vita e vengo a sapere di questo Jeremiah solo
quando i tuoi sentimenti sono diventati
tanto certi e profondi da potergli fare una dichiarazione simile in un luogo
pubblico? Avrei dovuto essere il primo a saperlo! Lo conosci da prima di
Natale!»
E lui come fa a
saperlo se non gliene ho parlato? Kurt mi legge questo dubbio nel pensiero.
«Credi che non
l’avessi capito? È bastato guardare i tuoi occhi! Non sapevo di cosa si
trattasse e tu non me ne hai fatto parola, mai! Perché?»
Perché? Perché
non gli ho parlato di Jeremiah? Forse… volevo che
fosse una cosa solo mia…
«Di cosa ti
lamenti? Non crederai di avere l’esclusiva su tutto quello che mi succede!»
Ormai stiamo
parlando senza più pensare. O almeno, io lo sto facendo: non penso davvero
tutto quello che gli ho detto – sarebbe assurdo – e poi, Kurt ha l’esclusiva su tutto quello che mi
succede. Mi accorgo di aver superato il limite quando leggo dolore e delusione
nei suoi bellissimi occhi. Mai credevo che, proprio io, sarei riuscito a farlo
soffrire.
«Q-questo… m-mi
chiarisce m-molte cose» balbetta lui, voltandomi le spalle ed avvicinandosi
alla finestra.
Che ho fatto?
Com’è possibile che sia arrivato a questo punto? Ho sfogato tutta la mia
frustrazione sull’unica persona che mi abbia dato conforto e coraggio in tutta
questa storia! Sono un cretino, un cretino fino al midollo.
In quest’istante
sento crollare tutto in me. Tutto.
«K-Kurt…
scusami…» sussurro senza forze «Kurt, t-ti prego… guardami…»
Lui non accenna
a muoversi, fino a che non gli sfioro una spalla. Allora si volta.
«Mi d-dispiace…
mi d-dispiace t-tanto»
I suoi occhi
chiari mi trapassano. Sto piangendo davanti a lui e non m’importa. Nulla ha
importanza in questo momento. Lui sembra stupito e in un attimo la rabbia ed il
dolore spariscono dal suo volto, mentre i singhiozzi mi scuotono.
«Oddio, Blaine…»
La sua voce
trema: non deve avermi mai visto tanto sconvolto e fragile prima d’ora. Per un
attimo resta così, a fissarmi ed io mi lascio cadere sul letto, senza forze.
Singhiozzo e le ultime briciole di orgoglio mi suggeriscono di nasconderli
contro il letto, così che non riesco più a vedere Kurt.
Non passano che
pochi istanti, poi sento il suo peso sul bordo del letto e la sua mano che
tremolante prende la mia spalla.
«Resta con me…»
lo prego.
«E chi ti ha
detto che voglio andarmene?»
Prendo la sua
mano e lo tiro verso di me, tanto che mi si stende affianco, la mia testa
nell’incavo del suo collo e le sue braccia che mi stringono forte.
«Andrà bene,
Blaine… passa tutto, tranquillo. È tutto a posto»
Non mi aveva mai
consolato prima d’ora, ma sento che nessuno potrebbe farlo meglio di lui in
questo momento.
Riprendo sonno
così, il pensiero di Jeremiah che mi dà tregua e la
certezza che Kurt, per me, ci sarà sempre.
NOTE:
Ok, ok, prima che vi precipitiate sotto casa mia con
forconi e fiaccole.. voglio dire un paio di cose a mia discolpa. Insomma credete
davvero che dopo tutto il casino fatto per Jeremiah, Blaine
non abbia fatto una piega per il suo rifiuto, se non quella scenetta alla
caffetteria in cui, grazie al Cielo, si rende conto di quanto sia stato
ridicolo? E Kurt? Ho capito che lo ama e tutto il resto ma.. alla fine uno
scoppia, no? E quindi… *Alchimista si rifugia da Pachelbel*
Poi, ci tenevamo a dire che sappiamo che subito dopo
che Blaine è stato rifiutato da Jeremiah, va con Kurt
al Lima Bean e hanno la famosa discussione (“Herry Met Sally” per intenderci xD), ma
noi ci siamo volute prendere la libertà di posticipare di un giorno quel
discorso...
Non so cos’altro dire a nostra discolpa…
ringraziamo davvero con tutto il cuore le fantastiche 14 persone (14!!) che
hanno recensito lo scorso capitolo e chi invece si sta mettendo d’impegno a
recuperare quelli passati; inoltre un grazie va anche a coloro che
preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine a chi
legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!
A presto. Baci ♥
Alchimista.