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Autore: Madeline_95    09/09/2011    2 recensioni
Prima FF che scrivo, che parla della sera del 31 ottobre 1981, la sera in cui il Bambino che è Sopravvissuto perse tutta la sua famiglia.
Enjoy it!
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Un sonoro crac infranse il silenzio notturno, la meritata quiete dopo la tempesta. Un uomo dai lunghi capelli neri ed unticci e dalla carnagione giallastra comparve roteando su se stesso. Il suo sguardo vagava sulla casa che aveva davanti: un piccolo giardino invaso da macerie, attraversato da un vialetto di ciottoli che portava a una casetta uguale a tutte quelle del vicinato, eccetto per il lato destro superiore che era esploso. Il suo sguardo si fece vacuo, le gambe iniziarono a tremargli e cadette a terra, accasciandosi sul vialetto in modo sgraziato.

 

                                                                                                                                       ***

 

Sapeva che oramai era troppo tardi, ma dentro di lui una briciola di speranza si attaccava prepotente ai suoi pensieri, sopravvivendo imperterrita nonostante il dolore che provava dentro di se. Non voleva arrendersi all' idea di averla persa, non voleva pensare che non l'avrebbe mai più rivista, se non nei suoi ricordi. Il suo cervello lavorava freneticamente, generando, una dopo l'altra, scuse impossibili e troppo ottimiste. Pensava a lei ancora viva in mezzo a tutte quelle macerie, vedeva il suo volto sporco di polvere rallegrarsi nel vederlo, vedeva lei che raccontava un'impossibile fuga dal Signore Oscuro, un salvataggio in estremis, un duello magico senza eguali. Il rintocco di una campana lo fece ritornare alla triste e dura realtà, si alzò da terra, si asciugò le lacrime e avanzò sul vialetto. Camminava velocemente, la testa affollata di pensieri, gli occhi lucidi di lacrime e il cuore gonfio di dolore. Si fermò davanti alla porta accostata, tremando da capo a piedi. Tenne lo sguardo alto, fisso davanti a sé, e varcò l'apertura.

 

Si trovò in un piccolo ingresso, spoglio di mobili o altri oggetti. C'era solo una cosa in quella stanza: un corpo steso per terra, pallido, dai capelli neri arruffati. James Potter, l'uomo che più odiava al mondo, giaceva morto a terra, gli occhi sbarrati che fissavano con un misto di paura e audacia un punto indefinito alla sua destra. Si avvicinò, fissando il cadavere con uno sguardo caricò d'ira. Lo odiava, perché aveva potuto cogliere i fiori di una pianta che Severus aveva per tanti anni curato ed amato. Eppure, desiderava che quello stronzo si alzasse, lo guardasse con arroganza e gli dicesse “Che cosa ci fai qui, Mocciosus?”. Sapeva che, se si fosse alzato, aveva ancora una possibilità di vedere la sua amata. Restò a guardarlo, lo sguardo speranzoso che vagava sul suo corpo. Sentì un rumore provenire dal piano superiore: un singhiozzo infantile. Si alzò, salì gli scalini correndo, nonostante il tremore delle gambe. Lottava contro le lacrime, cercava di rinchiuderle dentro a quelle pozze nere colme di dolore. Avanzò speranzoso verso la fonte del rumore che aveva udito dal piano precedente, convinto di veder comparire il viso dell'amata. Appoggiò la mano sulla porta scardinata, la spinse con forza ed entrò.

 

Lei era lì. Sdraiata a terra, i capelli rossi come il fuoco che le ricadevano con grazia attorno al viso, gli occhi verdi smeraldo che fissavano con terrore il soffitto. Non notò nient'altro di quella stanza. Non vide il bambino dai capelli color ebano seduto in un lettino, una strana ferita rossa a forma di saetta sulla fronte. Non vide la parete esplosa, non vide le macerie nella stanza. Non vide nient'altro che lei, la rossa che aveva tanto amato. Le gambe non lo ressero più, cadde in ginocchio al fianco della donna, la abbracciò e pianse. La strinse a se, cullandola con dolcezza, bagnando i suoi morbidi capelli di lacrime amare, colme di dispiacere e sensi di colpa.
Si scostò un poco dal suo viso, la guardò negli occhi e la baciò. Un bacio disperato, colmo d'amore mai dichiarato, di parole mai dette. Un bacio triste, inutile ma speranzoso. Un bacio freddo e spento da una parte, caldo e dolce dall'altra.
Si staccò, fissando con gli occhi gonfi di lacrime la stanza. Vide il bambino, che lo stava guardando con vivo interesse. Non capiva che era diventato orfano, non capiva che era solo ed indifeso. Guardava l'uomo con curiosità, gli occhietti verdi accesi dall'interesse. Aveva gli stessi occhi della madre.

Severus si alzò, barcollando un po'. Fissava il bimbo, ipnotizzato dai suoi occhi, gli stessi occhi che fissavano il soffitto di fianco a lui. Prese il bimbo dal lettino, lo sollevò e un sorriso amaro comparve sul suo viso. Era uguale a suo padre. Lo rimise nel suo lettino, lo guardò e mosse la bacchetta. Un fiore di biancospino, simbolo di speranza, comparve di fianco al piccolo, che strinse i pugnetti, felice per il regalo. Si girò, guardò per un ultima volta la donna e fece comparire un piccolo fiore d'acacia, simbolo dell'amore segreto, accanto a lei.
Si allontanò, gli occhi gli bruciavano di dolore, il cuore sembrava voler scoppiare.
Non si girò per guardare la rossa, non indugiò un secondo di più in quella stanza carica di dolore. Corse via, le immagini della sua infanzia con lei che gli apparivano nella mente. Corse via, il corpo scosso da tremiti, la faccia solcata da lacrime amare. Corse via, scappò senza ritegno.

In fin dei conti, lui era Serpeverde, e il coraggio non era il suo forte.

   
 
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