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Autore: _YouKnowWho_    09/09/2011    1 recensioni
Ehm, si... E' un po' strana xD
L'idea mi è venuta da una di quelle vignette che prende in giro un po' HP e c'erano Voldie e Albus che combattevano. Silente diceva di essere gay e Voldie rispondeva anch'io e quindi ad Albus sbrilluccicavano gli occhi xD Ed è partita l'ispirazione per questa FF.
Si analizza un probabile sentimento (o forse meglio dire un'attrazione) di Silente per Tom Riddle :)
E' la mia prima FF pubblicata, chiedo venia. Leggete e commentate! :) Buona lettura ^_^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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 La neve sbatteva candida e leggera sulle grandi vetrate che davano sulle colline che circondavano Hogwarts. Affianco alla scrivania una fenice, dall’aspetto vecchio e in fin di vita, era appollaiata sul trespolo. L’ufficio era ordinato e piano di congegni che appartenevano al grande mago seduto dietro la scrivania: Albus Percival Wulfric Brian Silente. Un mago alto, magro, con capelli argentei e lunghi e con la barba altrettanto lunga tenuta in un codino. Teneva le mani congiunte ed era soprappensiero, come in attesa. Tom Orvoloson Ridde sarebbe arrivato a momenti. Non c’era dubbi del perché avesse chiesto quel colloquio. Voleva fare richiesta della cattedra di Difesa contro le arti oscure, nuovamente. E lui cosa avrebbe fatto? Ecco che cosa turbava Albus Silente. Già da giovane aveva fatto un grande errore. I suoi sentimenti erano prevalsi e lo avevano fermato a contrapporre un malvagio mago che con lui voleva raggiungere le vette del potere, scavalcando indifesi e senza guardare alle conseguenze della loro scalata. SI era innamorato del suo vecchio amico Grindelwand e non aveva visto la malvagità dietro le sue azioni o forse aveva finto di non vederle. E ora rieccolo in quella situazione. Si ritrovava davanti un ragazzino, ormai diventato uomo, che aveva sempre rispettato e che lo aveva sempre affascinato. Ma inizialmente aveva posto la razionalità davanti alla sua inclinazione e aveva compreso che il carattere perfido di Tom. Ora che non lo vedeva da un po’ di anni, però, gli era mancato. Quell’incontro sarebbe stata la prova del nove, per capire cosa provasse per quel ragazzo oscuro e tenebroso.

Quando Tom Ridde bussò ed entrò nella stanza Albus non diede alcun segno di sorpresa, anche se dentro di lui si era scatenata una tempesta. Tom Ridde non era il giovane uomo che aveva lasciato. I suoi tratti erano sbiaditi e i suoi occhi non avevano che traccia di malignità e odio.

"Buona sera, Tom" disse Silente cordialmente, cercando di mascherare i suoi pensieri.

"Perchè‚ non ti siedi?"

"Grazie" disse Tom, sedendosi sulla sedia che Silente aveva indicato.

"Ho sentito che sei diventato preside," disse con una voce leggermente più acuta e fredda del passato. Quella voce che un tempo era sembrata calda e persuasiva. "Un'ottima scelta"
"Sono contento che approvi" disse Silente, sorridendo per quel complimento. "Posso offrirti qualcosa da bere?"
"Più che volentieri" disse Tom. "Ho fatto molta strada".
Albus si alzò dirigendosi verso l’armadietto dove teneva le bevande, prendendo quella di migliore qualità, da offrire al suo ospite. Quando tornò a sedersi chiese: "Allora, Tom ... a cosa devo questo piacere?"
Seduto dall’altra parte della scrivania Tom bevve e si prese qualche minuto per rispondere, mentre Albus attendeva la conferma alla sua tesi.
"Nessuno mi chiama più 'Tom' adesso" disse. "Ora, mi chiamano…"
"Lo so come ti chiamano" disse Albus, con un sorriso cordiale. Gli veniva da sorridere ogni volta che pensava quale nome si era dato Tom. "Ma per me, mi dispiace, tu sarai sempre Tom Riddle. E’ una delle cose irritanti dei vecchi insegnanti. Temo che non dimentichino mai gli inizi dei loro giovani studenti".
Ciò fece sì che Tom non avrebbe potuto reggere le redini di quell’incontro, cosa che non gli andò a genio.
"Mi sorprende che tu sia rimasto qui così a lungo" disse Tom dopo una breve pausa. "Mi sono sempre stupito che un mago come te non abbia mai desiderato di abbandonare la Scuola".
"Mah" disse Silente, ancora sorridente, "per un mago come me non c'è niente di più importante che tramandare gli antichi poteri e aiutare ad affinare giovani menti. Se mi ricordo bene, anche tu una volta eri attratto dall'insegnamento".
"Lo sono ancora" disse Tom.
Ecco la conferma.
"Semplicemente mi meravigliavo che tu, che seiconsultato così spesso dal Ministero e a cui ben due volte, penso, è stata offerta lapoltrona di Ministro…"
"Veramente tre volte, l'ultima volta che le ho contate," disse Albus ancora sorridente. "Ma il Ministero non mi ha mai attratto come carriera. Di nuovo, è qualcosa che abbiamo in comune, credo".
Ecco perché era stato affascinato da quel ragazzo. Da una parte erano simili. Entrambi erano molto ambiziosi, entrambi legati all’insegnamento. Ma lui per quali fini?
"Sono tornato," disse dopo un po', "più tardi, forse, di quanto il Professor Dippet si aspettasse . . . ma sono comunque tornato, per chiedere di nuovo quello che una volta mi dissero ero troppo giovane per avere. Sono tornato per chiederti il permesso di tornare al castello, di insegnare. Penso saprai che ho visto e fatto molte cose da quando ho lasciato questo posto. Posso insegnare ai tuoi studenti cose che non potrebbero imparare da nessun altro mago".
Quello che si aspettava. Ora doveva decidere. Albus guardò Tom negli occhi e i cambiamenti risultarono netti. Doveva ancora metterlo alla prova.
"Si, certamente. So che hai visto e fatto molte cose da quando ci hai lasciato," disse tranquillamente. "Voci sulle tue azioni hanno raggiunto la tua vecchia scuola. Mi dispiacerebbe credere alla metà di queste".
L'espressione di Voldemort rimase impassibile mentre diceva, "La grandezza produce l'invidia, l'invidia genera la cattiveria, e la cattiveria partorisce le menzogne. Dovresti saperlo, Silente".
"Quindi quello che hai fatto tu lo chiami 'grandezza', non è vero?" lo punzecchiò Silente.
"Certamente" rispose Voldemort, e i suoi occhi sembrarono prendere fuoco, rivelando un’ombra vermiglia. "Ho sperimentato; ho spinto i limiti della magia dove, forse, nessuno era mai arrivato".
"Di un certo tipo di magia" lo corresse Silente con calma. "Di un certo tipo. Di un altro tipo tu rimani . . . perdonami . . . deplorevolmente ignorante" continuò.
Per la prima volta, Voldemort sorrise. Era un ghigno tirato, una cosa malvagia, più minaccioso della rabbia.
"La solita argomentazione" disse a bassa voce. "Ma niente di quello che ho visto al mondo conferma la tua famosa affermazione che l'amore è più potente del mio tipo di magia, Silente".
"Forse hai guardato nei posti sbagliati" suggerì Silente, alzandosi.
"Allora, dunque, quale posto migliore di qui a Hogwarts per cominciare le mie nuove ricerche?" disse Voldemort. "Mi lascerai tornare? Mi consentirai di condividere le mie conoscenze con i tuoi studenti? Me stesso e il mio talento sono a tua disposizione. Sono ai tuoi ordini."
"Non potrai mai rimanere qui, senza conoscere un minimo di amore. Un minimo di amore per la materia, un minimo di amore per gli studenti (che non deve essere proprio minimo). Un minimo di amore per me" finì Silente con un sospiro, quando all’improvviso si rese conto di ciò che aveva detto.
Davanti a lui Tom era rimasto immobile.
"Cosa, Silente? " chiese, sbalordito da quelle parole.
"Si, lo ammetto. Mi hai sempre affascinato e questa sera dovrai scegliere Tom" disse Albus alzandosi. "Devi scegliere se cambiare, amare, oppure rimanere quello che sei, nel tuo odio, nella tua perdizione, nel tuo vivere senza amore".
Si ritrovò davanti a lui lo alzò in piedi e gli diede un bacio, un appassionato bacio sulle labbra. Dall’altra parte Tom non rispondeva al bacio, ma si lasciava baciare. Quando Silente ebbe finito Tom iniziò: "Vuoi darmi questo lavoro?"
La sua voce era fredda, come se non fosse successo niente, ma il suo viso era attraversato da una smorfia.
"Naturalmente no" disse Albus sconfortato e con tono adirato, tornando a sedersi. "E non credo assolutamente che tu ti aspettassi da me qualcosa di diverso. Nonostante ciò, se sei venuto qua a chiederlo, ci deve essere un motivo".
Tom si alzò. Somigliava sempre meno al Tom Riddle che aveva conosciuto ai suoi anni di scuola, i suoi lineamenti induriti dalla rabbia.
"E’ la tua ultima parola?"
"Lo è" disse Albus trafiggendolo con lo sguardo.
"Allora non abbiamo più niente da dirci."
"No, niente" disse Silente, mentre una grande tristezza gli riempiva il volto. "E’ passato da un pezzo il tempo in cui potevo terrorizzarti con un armadio in fiamme e costringerti a rimediare ai tuoi misfatti. Ma vorrei ancora poterlo fare, Tom ... Lo vorrei veramente... E vorrei che tu capissi quel che provo per te, ma non lo farai e allora ho capito chi sei e chi sarò io. Un tuo eterno rivale!"
Tom non se lo fece ripetere due volte. Girò i tacchi e se ne andò. Albus sulla sedia si distese avvicinandosi una mano alla tempia. C’era riuscito. La ragione aveva vinto i sentimenti, inutili per quel ragazzo.

  
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