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Autore: Meme06    11/09/2011    4 recensioni
E se Amu e Ikuto fossero fratelli e si innamorassero l'uno dell'altra? Come potrebbero far fronte a questo peso? Decideranno di assecondare il loro amore oppure cercheranno di cambiare i loro sentimenti?
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Siblings in love'
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Amu era nella sua stanza. Nelle cuffie collegate al suo portatile c'era la musica con il volume a palla della sua cantante preferita. Erano da ore che non faceva altro che cantare e ballare, per modo di dire, le canzoni che passavano una dopo l'altra. Utau aveva fatto cinque album e per il momento lei ne aveva sentiti solo due. Se li stava riascoltando tutti. Non solo perché era da tanto che non li sentiva, ma anche perché non aveva niente di meglio da fare. I compiti che avevano dato i professori erano pochi e si erano ancora diminuiti ulteriormente con il fatto che la rosa non capisse alcuni esercizi. Quel pomeriggio pur di fare qualcosa avrebbe anche accettato i compiti. Si stava annoiando e anche se le piaceva ascoltare la musica lei avrebbe voluto fare qualcos'altro. Qualcosa di più emozionante. Il giorno prima era uscita con Utau, era una ragazza davvero speciale. Avevano fatto cena insieme ed erano diventate subito amiche. Amu non avrebbe mai creduto che una cosa del genere sarebbe potuta capitale proprio a lei. Ora però si stava annoiando davvero.

Prese un quaderno lì sopra la scrivania e lo aprì iniziando a scrivere frasi senza senso. Così, giusto per fare qualcosa. La musica aveva smesso, l'album era finito. Tolse le cuffie e le posò al lato della scrivania.

- Bu!

- Aaaahhhhhh! - urlò la ragazza balzando sulla sedia. Si girò trovando suo fratello davanti a lei che rideva a crepapelle. Realizzato quello che era successo gli si piazzò davanti con le mani chiuse a pugno posate sui fianchi. - Ti diverti a farmi spaventare, vero?

- E come non potrei, la tua espressione è troppo buffa! - esclamò il ragazzo smettendo di ridere.

- Uff! - sbuffò la ragazza incrociando le braccia al petto e sedendosi sulla sedia. Ikuto si mise seduto nel letto osservando sua sorella che continuava a scarabocchiare fingendo di ignorarlo.

Lui le si avvicinò e le posò un braccio sulla spalla avvicinando il volto a quello della sorella.

- Fai finta di ignorarmi? - le chiese. - Sai che non ci riesci…

Detto fatto la ragazza arrossì di botto. In effetti era difficile ignorare un ragazzo come lui piazzato a pochi centimetri dal suo volto.

- Okay… ho capito… - mormorò voltandosi verso di lui e aumentando il colorito sulle guance. - Che cosa vuoi?

- Strano che tu me lo chieda… - le fece in tono malizioso.

- Ikuto!!! - esclamò la ragazza trasformando la sua faccia in un vero e proprio pomodoro.

- E dai Amu, sto scherzando… non mi aggredire sempre! - le disse, anche se moriva dalla voglia di scoppiarle a ridere in faccia. - Che cosa stavi facendo?

Le chiese poi cambiando argomento.

- Ascoltavo la musica e… - prese il quaderno e lo alzò verso il ragazzo. - …scarabocchiavo frasi incomprensibili.

- Interessante… - fece Ikuto in senso ironico.

- Si, molto. - gli rispose Amu per poi prendere un pennarello rosso e continuare a scarabocchiare quella povera pagina a righe.

- Facciamo qualcosa? - le chiese d'un tratto il ragazzo mettendosi nuovamente seduto nel letto.

Amu voltò lo sguardo nella sua direzione.

- E cosa? - gli chiese chiudendo il pennarello e posandolo accanto al libro di cucina che era sempre sopra la sua scrivania.

- Mah, non ne ho idea, basta che non stiamo qui a non far niente…

- Senza idee non facciamo niente comunque genio… -.-' - gli disse sua sorella con la sua solita aria passiva quando suo fratello diceva frasi a suo parere stupide.

- Allora pensiamo, mi sembra che adesso ne sei capace… - le fece sdraiandosi nel letto e poggiando la testa nel morbido cuscino.

- Che cosa vorresti insinuare? - si alzò dalla sedia per domandare quella cosa e lo stava guardando leggermente arrabbiata. Si vedeva che sua sorella non era un tipo permaloso. Soprattutto quando si trattava di lui. La faceva sempre un po' innervosire, ma mai perché veramente le importasse quello che diceva lui, semplicemente per puro divertimento.

Certo che le cose ci mettono davvero poco a cambiare. Se ripensava all'anno prima nemmeno avrebbe riconosciuto lui ed Amu che si comportavano da veri fratelli. L'anno scorso poi ne erano successe tante…


Ikuto si era steso sul letto con fare da micio che richiedeva coccole e si era rannicchiato tutto in un lato. Sua sorella era entrata qualche minuto dopo a fargli compagnia prima di partire per la vacanza che i loro genitori erano mesi che programmavano, visto quanto era difficile guadagnarsi qualche giorno di svago.

- Ikuto? - lo aveva chiamato sua sorella sedendosi sul letto accanto a lui.

- M-mm? - domandò lui, se si può chiamare domanda quella specie di verso che aveva fatto.

- Prima di partire mi suoni qualcosa? - gli chiese.

- Okay… - le rispose sedendosi e indicando sopra l'armadio in legno della sua camera. - Mi prendi il violino?

- Non ci arrivo! - esclamò la ragazza.

- E dai, provaci! - disse il ragazzo.

- ma prenditelo da solo! - sbottò lei incrociando le braccia.

- E fammi questo favore, non ti chiedo mai niente! - le disse.

- Uff… - fece Amu alzandosi e prendendo la sedia della scrivania. Vi salì sopra, ma ancora era troppo in alto. Con uno sforzo immane riuscì a salire sopra l'armadio. Afferrò il violino e con aria trionfante esclamò… - Preso!

- Passamelo… - le disse il ragazzo mentre andava sotto l'armadio e parava le mani.

Amu si sporse verso il bordo del mobile. Gli stava dando il violino quando le scivolò di mano. Cadde preciso sulla testa di Ikuto.

- Ahio! Ma sei forse impazzita? - domandò massaggiandosi la testa. - Se vuoi uccidermi dimmelo, almeno la prossima volta sarò pronto.

- Scusa, non ci ho fatto a posta… - disse sua sorella. Poi si guardò intorno un attimo prima di posare di nuovo lo sguardo sul fratello, intento ancora a massaggiarsi la nuca. - Mi fai scendere? Da sola non ci riesco…

Un sorriso sornione si dipinse sul viso del ragazzo, che senza badare alle parole della sorella tirò fuori il violino iniziando a suonarlo.

- Ikuto! - lo chiamava la rosa. - Ikuto, fammi subito scendere! Hey, mi hai sentito?

Inutile dire che più la ragazza faceva così più lui si divertiva.


Ripensando a quella scena gli venne da ridere, cosa che non sfuggì di sicuro ad Amu.

- Perché ridi? - gli chiese curiosa.

- Ti ricordi quando mi hai tirato il violino sulla testa e io per ripicca ti ho lasciata sopra l'armadio fino alla mattina dopo? - le domandò tra le risate.

Amu sorrise, si, e come se lo ricordava. In effetti non aveva mai riflettuto sul fatto che loro solo quell'ultimo anno erano stati così legati, prima erano tutt'altro. O meglio, prima si comportavano più in modo fraterno. Traduzione: prese in giro, calci, pugni e all'occorrenza box.

Ricordava perfettamente anche quando avevano litigato per un motivo stupidissimo, il latte…


Era mattina inoltrata. Ma come si sa, di domenica c'è l'abitudine a svegliarsi in ritardo e in questo Amu era una maestra. Alle undici precise era in piedi e alle undici e venti circa era, già lavata e vestita, in cucina per la colazione. Ikuto si svegliava sempre prima di lei. Era mattiniero lui. Massimo che si svegliava erano le otto, anche se era un'impresa farlo dormire sino a quell'ora.

- Buongiorno! - salutò sorridente la ragazza.

- 'Giorno! - rispose lui mentre stava preparando la colazione. - Lo vuoi un bicchiere di latte caldo?

Le chiese mentre spegneva il latte e lo versava sulla sua tazza blu.

- Si grazie. - gli rispose. Il ragazzo versò il liquido anche per lei e poi glielo porse. Amu se lo portò alle labbra. - Cavolo! È bollente!

- Ovvio, che latte è se non è caldo? - le disse suo fratello mentre le si sedeva di fronte e addentava un toast con la marmellata di ciliegie.

- Caldo è un conto, questo è fuoco! - si lamentò la ragazza. - E poi il latte è più buono freddo.

- Mi dispiace Amu, qui ti sbagli, il latte migliore è quello bollente.

- No, sei tu che ti sbagli, il modo più buono di bere il latte è berlo freddo.

- Sei proprio messa male, il latte caldo è molto più buono, inoltre non fa venire il mal di pancia.

- No, in compenso fa venire il fuoco di pancia. Ribadisco, freddo è migliore.

- Eh no.

- Eh si.

- No…

- Si...

- No.

- Si.

- No!

- Si!

- No no!

- Si si!

- Ti ho detto di no!

- E allora io ti ho detto di si!

Si erano alzati tutti e due in piedi e si fissavano minacciosamente negli occhi.

- Il latte più buono è bollente. - ribadì Ikuto.

- No, è più buono freddo, direttamente dalla bottiglia! - lo aggredì nuovamente Amu.

- No, ti sbagli!

- Quello che si sbaglia sei tu!

- Basta Amu, quello più buono è quello bollente!

- Bene… - fece allora la ragazza. - Allora se ti piace tanto quello bollente ecco a te!

E detto questo afferrò la tazza di latte e gli lanciò il liquido in faccia. Scottava da morire. Ikuto da prima rimase senza parole, poi si riscosse.

- Ma che accidenti fai? - le chiese afferrando uno straccio e pulendosi il viso. - È forse un vizio per te gettarmi le cose in faccia?

Le chiese riferendosi anche alla storia della crostata. Amu da parte sua rideva a crespelle. Una cosa più spassosa non poteva succedere e sapere che era stata lei a causarla era una sensazione fantastica.

- Ridi? Beh, ride bene chi ride ultimo Amu… - e detto questo Ikuto aprì il frigorifero, prese una bottiglia di latte e bagnò anche lui la sorella. - Che dici? È abbastanza freddo o ne vuoi ancora?

Amu era rossa di rabbia.

- Questo non dovevi farlo… - sibilò per poi iniziare a tirare di box con suo fratello, solo senza guantoni, quindi quando le prendeva sotto la mascella il dolore eccome se si sentiva!


Anche Amu si mise a ridere ripensando a tutte e due quelle 'avventure' o 'scenette' che avevano vissuto l'anno prima. Prima lei non si vergognava di abbracciare il fratello e non arrossiva mai per lui. Però poi, si era accorta che i suoi sentimenti stavano subendo una trasformazione e allora quel ragazzo non era più solo suo fratello. E ormai provava un sentimento troppo forte per poterlo ignorare.

D'altro canto lui era già dall'anno scorso invece che provava qualcosa, solo che all'inizio pensava solo che era la classica gelosia fraterna, invece no.

- Amu? - la richiamò il ragazzo riemerso dalle sue riflessioni.

- Si?

- Mi fai scarabocchiare anche a me? - le chiese.

Lei lo guardò un attimo perplessa, poi annuì e preso due pennarelli, uno nero e uno rosso si spostò con il quaderno dalla scrivania al letto.

- Scegli… - gli disse porgendogli i due pennarelli. Come sospettato prese quello nero.

Iniziarono a scarabocchiare su una nuova pagina, fino a finire a giocare all'impiccato. Dovevano essere proprio annoiati.

Amu stava per indovinare la parola che il fratello aveva scelto quando il telefono squillò.

- Rispondo io… - disse la rosa.

- Ovvio che rispondi tu, io non ne ho voglia.

Amu prese la cornetta del telefono che aveva in camera sopra la scrivania.

-- Pronto --

-- Pronto, sono mamma… -- dissero dall'altra parte, era da tempo ormai che sua madre non usava più appellativi, tipo tesoro cara, su quello che diceva loro. Amu all'inizio ci era rimasta delusa, perché lei voleva bene a sua madre e le dispiaceva farla 'soffrire' in questo modo.

-- Ah ciao, dimmi… --

-- Disgraziatamente oggi saremo di ritorno la sera tardi, tipo a mezzanotte. -- Disgraziatamente… si ripeté Amu nella mente. Ma allora avevano davvero paura che potevano fare qualcosa.

-- Va bene, vorrà dire che cucinerò io la cena. --

-- Già… Beh, allora ciao. --

La telefonata finì così e Amu ritornò a sedersi vicino ad Ikuto.

- Chi era la telefono? - le chiese il fratello.

- Mamma.

- E cosa voleva? - domandò con tono leggermente annoiato.

- Dirci che torneranno a mezzanotte. - gli rispose con noncuranza riprendendo a ragionare sulla parola. - Per caso è gatto?

- No, non può essere gatto se non ha cinque lettere…

- Uff, mi arrendo… - disse cadendo all'indietro sul letto.

- Bene, era anatra… - le rispose.

La ragazza si rimise seduta guardando il gioco.

- Giusto…

- Penitenza! - esclamò Ikuto.

- Come? O.O

- Eh si, sono cinque volte che non indovini una mia parola. Penitenza ogni cinque! - le spiegò.

- Ma questa regola l'hai inventata adesso perché io non ne ho mai sentito parlare…

- Infatti l'ho inventata, problemi?

- Dipende dalla penitenza…

- Oh, vedrai non è poi così difficile...

- Allora?

- One kiss… - le disse.

- Che cosa? - le chiese la ragazza facendo colorire le sue guance.

- Oh andiamo, ormai è passato un bel po' dall'ultimo e poi siamo soli a casa… - le disse in tono malizioso.

- Solo uno però… - disse la ragazza.

Lui annuì piano. I loro volti si avvicinarono e ci fu il contatto fra le loro labbra. Si staccarono un attimo, poi ripresero a baciarsi. Il 'solo uno però' andò a farsi benedire.

In poco tempo Amu si ritrovò sotto suo fratello che continuava a baciarla e a stringerla. La passione che avevano oppresso si stava facendo largo tra di loro e li stava portando a fare un cambiamento radicale nella loro relazione.

Le cose stavano degenerando. Il ragazzo le infilò le mani sotto la maglia sfilandogliela. Lo stesso fece lei con la sua gettandogliela a terra vicino alla propria. Ormai stavano perdendo il nume della ragione e continuavano a fare quello che avevano iniziato senza fermarsi. Solo quando arrivarono alla biancheria del ragazzo tutti e due si resero conto di quello che stava per accadere.

La parola fratelli li trafisse come una spada ed entrambi rimasero sorpresi di cosa sarebbero arrivati a fare.

Istintivamente Ikuto le si tolse da sopra ed Amu si coprì il seno con le mani rannicchiandosi tutta sul letto.

Nessuno disse una parola. Restarono imbambolati un attimo a fissarsi. Poi il ragazzo prese i suoi vestiti e uscì dalla stanza dirigendosi nella propria.

Amu si vestì velocemente. Che diavolo era preso loro? Lo sapevano che non potevano eppure… Scosse la testa per scacciare via quella parola che continuava a fare capolino nella sua mente. Si buttò nel letto, che anche se vagamente ancora ospitava il profumo di suo fratello. Poi chiuse gli occhi e finì con l'addormentarsi.

Intanto Ikuto, nella sua camera, non smetteva di pensare a quello che avrebbe potuto fare con la sorella. E la cosa che lo preoccupava di più era che lui lo voleva davvero. E sapere di non poterla avere era atroce da sopportare. Avrebbe preferito morire piuttosto che non poterla avere. Doveva reprimere i suoi istinti. La cosa però non era facile visto che vivevano nella stessa casa. Continuò a pensare a un modo per rimediare la cosa. Poi d'un tratto un lampo di genio. Era atroce, lo sapeva. Era brutto solo pensarlo, ma andava fatto.

  
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