Capitolo 1- Bambino
sperduto.
Quella
mattina, Bella si svegliò da sola come sempre.
Fortunatamente,
era sabato e non sarebbe dovuta andare a scuola ma doveva comunque
andare in
città per fare la spesa e svolgere qualche commissione.
I
suoi genitori non c’erano mai: costantemente al lavoro. Gli
unici momenti
in cui li poteva
vedere erano le
festività come Natale e Pasqua, ma niente di più.
Certo,
le faceva piacere che la considerassero adulta, che non la lasciassero
con una
babysitter per tutti quei mesi, ma dentro lei si sentiva estremamente
vuota e
se ne accorgeva tutte le mattine, quando alzandosi non c’era
la colazione
pronta sul tavolo della cucina o semplicemente il continuo fuggi-fuggi
che c’è
tutti i giorni lavorativi in una famiglia normale.
Entrò
nella cabina della doccia e aprì l’acqua.
Isabella
Marie Swan adorava lo scroscio rumoroso delle gocce che si schiantavano
al
suolo e forse proprio per questo motivo Forks le stava tanto a cuore:
là
pioveva sempre e non c’era nessun giorno in cui quel
maledettissimo sole, così
giallo e tondo, splendesse pienamente.
Si
lasciò cullare dall’acqua che scorreva ancora per
un po’, ma poi uscì e si posò
addosso l’accappatoio, strofinandosi i capelli zuppi con il
cappuccio di
spugna.
Si
guardò allo specchio: sempre la stessa Bella, sempre la
stessa monotona
giornata senza amore, né da parte della famiglia
né da parte di qualcun altro
di più speciale…
-
Jacob- sussurrò senza volerlo, facendo schioccare le labbra
sull’ultima
lettera.
Sì,
Jacob Black era il giovane ragazzo Quileute che le piaceva tanto in
quel
periodo: la sua pelle olivastra portava il sapore di terre lontane, i
suoi
capelli color mogano erano un cielo invernale e gli occhi leggermente a
mandorla erano la spezia orientale che completava quel quadro perfetto.
Bella
non era il tipo da “avventure” e se mai fosse stata
con un ragazzo, voleva
quello perfetto, quello con il
quale
avrebbe potuto costruire una famiglia felice in futuro.
Era
questo il suo obiettivo.
E
Jacob incarnava le doti di marito e padre più di qualsiasi
ragazzo adolescente.
Isabella
voleva dare il meglio ai suoi figli, voleva essere presente e non
avrebbe
tollerato alcuna variazione al suo piano di famiglia perfetta,
perché viaggiava
sul suo binario a cinquecento chilometri l’ora.
Peccato
che Jacob non sembrasse assolutamente interessato né a lei
né ai suoi progetti.
Certo,
passavano molto tempo insieme ma si trattava solo di lavoro:
sì, perché Bella
aveva un lavoro part-time nel negozio del padre di Jake e grazie a
quello erano
diventati molto amici, ma niente di più.
Si
infilò i jeans e una camicia per poi scendere al piano di
sotto e bere un caffè
al volo: anche oggi avrebbe passato tutta la giornata alla casa di
accoglienza,
a giocare con i bambini in cerca di una famiglia.
Certo,
non era un passatempo “produttivo” come avrebbero
voluto i suoi genitori, ma il
sorriso di quelle personcine non aveva prezzo per Bella. Ormai li
considerava
tutti dei piccoli fratellini, anche se non ne aveva mai portato uno a
casa per
accudirlo veramente.
Quando
girò l’angolo della via di casa sua,
notò una piccola figura appostata nell’ombra:
era un bambino vestito in modo strano.
Si
avvicinò un po’ di più per osservarlo
da vicino: aveva un vestito di velluto, simile
a quello di un principino di altri tempi. Ma la cosa che
colpì di più Isabella
fu il suo viso: era il bambino più adorabile, più
carino che avesse mai visto
in vita sua.
-
Ehi, piccolino?- lui rivolse il capo verso la ragazza, mostrando grandi
occhioni color miele.
-
Come osi parlarmi così, popolana?- la squadrò
dalla testa ai piedi.
-
Come hai detto scusa?- Bella si sentì offesa.
-
Io di sicuro non mi chiamo piccolino. Sono Edward Anthony Masen Cullen,
futuro
erede al trono di Esperia- la sua voce era altezzosa e i suoi modi
davvero
bizzarri fecero pensare a Isabella che fosse solo il viziato figlio di
un
magistrato.
-
Bene… Edward. Dove sono
i tuoi
genitori?
-
A lavoro.
-
E ti hanno lasciato qui tutto solo? Quando torneranno?
-
Beh. Non torneranno, ovvio. Sto aspettando un mio servitore- Bella
rimase
impietrita.
Che
ragazzino strano… ma ha bisogno di
aiuto.
-
Che ne dici di aspettarlo a casa mia?- lui annuì e Bella
sorrise, cercando di
sembrare incoraggiante. Lo prese per mano e si diresse ancora una volta
verso
casa.
-
Quando arriverà il mio servitore verrai ricompensata per il
disturbo- disse con
espressione seria mentre varcavamo la soglia di casa.
-
Che cosa?! No, tu sei un bambino… non devi neanche pensare a
queste cose,
intesi?- la ragazza chiuse la porta dietro di sé e nello
stesso momento accese
la luce.
-
Per favore, non mi lasciare al buio- disse lui d’un tratto.
-
Certo, ma perché?
-
Io ho paura del buio.