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Autore: AthinaNike    11/09/2011    2 recensioni
Più di un pokémon, ma meno di una donna: la storia di Gaelle
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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La vita non era poi così cambiata, ma quello fu l’evento scatenante di tutta una serie di conseguenze strane e assurde. Quelle sì che cambiarono la mia, o meglio, la nostra vita. Alzandomi dal cuscino, e trovandomi la testa di Gaelle posata sulla mia spalla provavo un immenso senso di pace con me stessa e con il mondo. Per lei non era lo stesso. Era mangiata dalle preoccupazioni e lo vedevo dal suo sguardo vitreo. Era sempre tesa come una corda di violino quando camminava al mio fianco, e non osava guardarmi negli occhi. Cercavo di farmene una ragione, in fondo non potevo chiederle chissà cosa fin dai primi tempi, solo odiavo quando tornava con forza sui discorsi del tipo “Ma io sono un pokémon” oppure “troverai qualcuno migliore di me”, “dovresti abbandonarmi da qualche parte”. Insomma, discorsi persi tipicamente femminili.
Un giorno decisi che sarebbe stata una buona idea riprendere la mia vecchia amica Rapidash: Ignis.
Così un mattino presto mi alzai, scivolai via dal letto e lasciai un biglietto a Gaelle con scritto dove fossi. Arrivò circa venti minuti dopo che lasciai la stanza con un passo veloce e gli occhi iniettati di sangue. Io risi tra me e me mentre finivo di montare ad Ignis la sella carezzandole il fuoco sopra la testa attorno al corno. “Mi hai lasciata sola! Sola! Non mi hai nemmeno svegliata!” Mi urlò nella testa. Sempre quella fitta. “Volevo solo farti una sorpresa”.
“UNA SORPRESA!?” urlò ancora più forte. La fitta fu terribile, tanto che strinsi gli occhi dal dolore. Quando li riaprii la vidi con gli occhioni arancioni lucidi. “Pensavo mi avessi abbandonata” disse buttandosi tra le mie braccia. Ora capite perché vi dico e vi ripeto che è più una donna?!  E’ mai capitato che… non so, un pikachu si facesse problemi del genere?! Oppure, non so… una Jynx?! O un Mister Mime! No dannazione! No! Lei è ancora oggi la mia benedizione e la mia dannazione. Ma, pensai, se si comportava così, avrei dovuto anche io trattarla da donna, ma purtroppo non sono una persona eccessivamente romantica. La strinsi a me e le baciai la fronte, la presi per la vita e la issai su Ignis con entrambe le gambe da un fianco. Poi salii io dietro di lei e presi le redini. Le strattonai assieme ad un colpo di tacco e Ignis prese a galoppare veloce e fiammante. L’adrenalina mi scorreva lungo tutte le vene, impregnava ogni singola cellula del mio essere mentre mi sostenevo sulle staffe con la forza delle gambe, tenendo stretta a me Gaelle che mi mandava messaggi telepatici come “RALLENTAAAA!!!”, ai quali – inutile dirlo - non badavo assolutamente. < Porca miseria! Anziché urlare nella mia testa urla e basta! Usale le corde vocali! > gridai io ridendo contro il vento che mi arrivava in faccia. Ignis nitrì, e accelerò ancora. Gaelle si appese al mio collo con le braccia e le tenni la schiena con la mano sinistra e con la destra reggevo ancora le redini.
Dio, che sensazione. Avevo la pelle d’oca, ogni singolo recettore era amplificato. Ero eccitata da tutti i punti di vista, tutti i sensi erano in sovraccarico e iperattivi. Sentivo nell’interno coscia le gambe di Gaelle. Ancora oggi rido ripensando a quel giorno. Ero davvero giovane! Feci fermare Ignis e guardai ridendo Gaelle con gli occhi spalancati e sbarrati, la gonna quasi del tutto tirata su mostrando le gambe bianche, che tremava. Le uniche tre parole che riuscì a formulare furono “Tu… sei…. pazza”. Non resistetti più e la baciai. Allontanai le mie labbra, ma lei mi prese la nuca e mi baciò.
Poco dopo eravamo sotto un albero, appoggiate al tronco a guardare il cielo che lentamente si riempiva di nuvole.
“Sai” attaccò a parlarmi “molte volte ho pensato di essere uno scherzo della natura. Insomma, mi sento più umana che pokémon, e ammetto di aver desiderato più di una volta morire e rinascere come desiderassi. Alle volte mi sento come se fosse rinchiusa dentro questo corpo, e mi chiedo se esiste davvero qualcosa paragonabile ad un Dio che si diverte a fare scherzi del genere. Quindi arrivo così alla conclusione che le cose sono due: o sono io sbagliata, oppure è Dio sbagliato. Non solo mi sento donna, pur essendo solo un pokémon, ma per di più…” fece una pausa. La guardai diventare rossa e abbassare lo sguardo. Sorrisi e la incoraggiai sfiorandole col dorso del dito la guancia. Lei mi guardò dolce, e io mi sciolsi dentro i suoi occhi melliferi. Avevano proprio quel sentore di casa, di amore, di famiglia che avevo sempre cercato in qualcuno ma che non avevo mai trovato. Lei era la mia casa, era la mia famiglia, era il mio amore nonché la mia ragione unica di vita. Vivevo per amarla, e la amavo per vivere. “…per di più provo… un enorme affetto… per una ragazza”. Arrossii. Pensai istantaneamente “ti amo”, per di più involontariamente! Insomma, non l’avevo mica pensato apposta, ma cercate di capirmi! Una persona… ok lo so, non era ancora un’umana, ma mettiamo caso che lo sia stata. Una persona che dice così, che parla così, che ti guarda in quel modo, che ti fa partecipe dei suoi pensieri e conosci fino ai meandri più profondi della sua mente cristallina ai tuoi occhi, premesso questo… potreste mai dire qualcosa che non sia “ti amo”?! Potreste pensare che fosse prematuro, ma dannazione, posso dire di averla allevata io. Potrei senza dubbio alcuno dire di conoscerla e sapere anche in anticipo i suoi pensieri, sapevo cosa la rendeva forte, cosa debole. Avevo la sua mente nella mia ventiquattro ore su ventiquattro, ed era il sale dei miei giorni, la mia droga, il mio soffio vitale.
Dopo che le dissi “ti amo” restammo con attività cerebrali degne di un encefalogramma piatto. Lei mi guardava, io la osservavo. Nulla. Non una parola per istanti che mi sembrarono infiniti, ma esisteva solo quell’istante, solo quegli occhi di fronte i miei, solo la sua mente nella mia, il tronco d’albero che sosteneva la schiena e la terra gonfia ed erbosa sotto di noi. Avevo le labbra socchiuse. Si mosse piano, si mise seduta sulle ginocchia e mi sfiorò le labbra con la mano. “Mi sento l’essere più sfortunato e fortunato nello stesso tempo” pensò e quella sua voce raggiunse le pareti della mia testa come un’onda modulata soffice ed inebriante. Era una sensazione straordinaria quella di sentire il suo flusso di pensieri lungo tutte le mie sinapsi mentre continuava a sfiorarmi le labbra, e poi passava alla guancia, al collo, sul seno e scendere. Credetti di scoppiare. In quell’istante preciso avrei voluto soltanto esplodere. Probabilmente avrei liberato una quantità di neurotrasmettitori impressionante. Il mio cuore correva sotto i suoi movimenti lenti. Mi uccideva ad ogni centimetro. Era insopportabile quell’attesa, era insopportabile al punto che avrei preferito morire piuttosto che subire quello. Cintura. Pochi secondi e sarebbe finita in un modo o nell’altro, quando un rombo terrificante scosse l’aria. Prese a piovere a dirotto.
Bagnata. Ho detto tutto.

La cosa negativa di avere un rapidash è proprio che cavalcarlo sotto la pioggia è impossibile. Per fortuna c’era una grotta poco distante da quell’albero. Certo era buio, ma non era male l’idea di stare un po’ in ombra durante una pioggia estiva. “Oggi non è esattamente quella che chiamo giornata fortunata” dissi io cercando di asciugarmi la testa con l’asciugamani sorridendo a Gaelle che ricambiò con un’occhiata eloquente e che non avevo mai notato prima. Ebbi paura. Cercavo di sembrare disinvolta, ma in un certo senso non volevo si prendesse troppo da quel rapporto, avevo la coscienza intaccata e mi faceva male. Ma guardandola vedevo solo la mia compagna e tutti i dubbi e le perplessità scivolarono via assieme alla pioggia grigia. Aveva lo sguardo perso su di me. “Claire…”. Voleva qualcosa. Lo capivo dal modo con cui muoveva le gambe e come gettava all’indietro le spalle e inarcava l’intera schiena. Abbassai lo sguardo.
“Claire” ripeté, ma feci finta di non ascoltare. Ripeteva il mio nome. Girai la testa.
“No Gaelle. Non oggi”. Notò i miei pensieri neri e nuvolosi. Si zittì e si sedette al mio fianco, posò la testa sulla mia spalla e chiuse gli occhi. Era dolcissima. Nonostante la caverna umida, la pioggia che entrava da fuori, le pietre molto scomode sotto il sedere, stavo bene lì. Avevo tutto ciò che potevo desiderare, anche se quei pensieri mi tormentavano la mente. “Claire smettila ti prego mi sta venendo la nausea”. Mi scusai. Evitai di pensarci.
Poi mi guardò. “Io ancora non ti ho risposto”. Assunsi una faccia stupita.
“A che?”.
Lei arrossì violentemente. Si mise più dritta, mi mise la mano sulla guancia e sorrise solare. Dritta al cuore. Ebbi come l’impressione si fermasse. “Non so cos’è l’amore. Ma quando vedo te, ho l’impressione di vivere. Mi sento bene, mi sento me stessa. Quando sono al tuo fianco so che posso affrontare qualsiasi cosa, so di poter contare sempre su di te e soprattutto sono felice che ti affidi a me. Ho caldo, ho sempre caldo tra le tue braccia anche se fuori è freddo. Ho te. Questa è la ragione per cui respiro ormai, solo per poter stare con te, per sentire la tua voce, per camminare con te, per…” rise “…anche cavalcare con te. Ti prego, non lasciarmi mai, perché nelle tue labbra sta la mia vita”. Non sapevo cosa pensare oltre al “lo sapevo già”. Che non era per niente sfatante, né a mio avviso uccideva l’atmosfera, ma come ho detto prima non sono molto romantica. Non so perché, ma pensai al matrimonio. Lei mi prese la mano e mi disse a voce alta < Lo voglio >. Mi misi a ridere. Era troppo comica. Lei però ci rimase male: faceva sul serio! Ma la mia non era mica una promessa di matrimonio! Insomma, sapevo che non avrei mai voluto nessun’altra che non fosse lei, ma matrimonio…! Ancora oggi mi rimprovera quella risata. Ricordo ancora la faccia che mi tenne per la mezzora successiva. Quando iniziai a sentire i suoi pensieri meno confusi e tempestosi mi feci largo nella sua mente, ma mi rigettò. C’era rimasta davvero male. Non me lo sarei aspettato.
< Non ti ho rifiutata. >
Non mi rispose. Cercai di prenderle la mano ma la tolse subito. Notai una riga sulla sua guancia. Una morsa strinse il cuore. OK, dovevo decidermi. Quello era il momento buono per fare la romantica. Mi ripetevo di pensare a qualcosa di romantico, come nei fumetti, o che so io, nei film. E devo ammettere che non fu per niente facile. < Perché il matrimonio, quando tu per me sei amante, sorella, madre, figlia, amica e soprattutto la mia Gaelle. Non infrangerò mai la promessa che ti feci dempo fa. Non voltarmi le spalle così, ho bisogno di te adesso, e ne avrò sempre”. Silenzio. Espirai con forza, mi girai dall’altro lato e vidi un sasso grande quasi come un pugno. Lo presi, e non pesava granché. MI balenò in mente un’idea. mi avvicinai alle sue spalle e misi la mia testa accanto alle sue orecchie, mentre le mostrai il sasso. Iniziai a parlare lentamente e piano < Vedi questo sasso? Ha lo stesso peso e la stessa grandezza circa di un cuore umano. Non trovi che sia piccolo? > lo posai nelle sue mani congiunte sulle gambe. Era paralizzata. Sapevo che lo fissava. Sentivo il corpo caldo e la mente che vibrava. Si insinuò piano nella mia mente. Le presi la vita con il braccio e la strinsi a me. “Piccolo per cosa?”. Sorrisi. Espirai lievemente e lei chiuse gli occhi. < E’ piccolo per contenere tutto ciò che sento per te, vorrei donarne una parte a te > dissi e Gaelle inarcò la schiena. Sentivo il mio corpo vibrare caldo, ogni singola fibra del mio essere era in fibrillazione, la vista quasi si annebbiava. Stavolta si lasciò definitivamente andare, era bellissima, vibrante come una corda di violino, aveva un calore passionale, che trasudava sensi e scolvogimento della mente. Già, la sua mente… più che confusa direi che la parola corretta è sovreccitata! Troppe troppe cose insieme, tutto in un unico malloppo e la cosa che si sentiva chiara e quasi assordante era il rimbombare di un unico insieme di pensieri che pulsavano come se fossero percorsi da sangue, probabilmente erano i vari recettori. Le misi la mano sulla coscia e le aprì lentamente. Dovevo farle provare quel sentimento d’angoscia, lentamente, spostavo la mano. Sentivo che ci moriva, sentivo che non poteva aspettare, ma era dolce sentire gli interi suoi pensieri concentrati in un’unica sensazione. La biaciai e decisi di porre fine a quella sua agonia. Scroscio di pioggia.

Piano piano smetteva di piovere, ma tutto intorno rimaneva terribilmente bagnato. Ritornammo in città verso sera. Gaelle era con le gambe tutte da un lato e la testa poggiata sul mio collo. Andavo piano. Lei era tutta rossa e dormiva beata. Sorrisi e mi arrestai davanti al portone del centro pokémon. Scesi da Ignis e la feci mettere seduta, presi Gaelle e la portai sopra nella mia stanza, la posai sul letto e mi diressi alla finestra a guardare fuori.
Sentii un fruscio di lenzuola. Venne dietro di me e mi abbracciò. < Claire… > Mi girai verso di lei, che guardava fuori. < Claire ti amo anche io >.
  
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