Capitolo
nono
Dopo
aver versato così tante lacrime da inzuppare un cuscino e la maglietta di Nick,
c’eravamo entrambi addormentati sul divano l’uno tra le braccia dell’altro, ma
ora ho freddo. Sono nel mio letto, lo so: evidentemente Nick mi ha portata in
braccio fino a quassù, salendo tutte le scale, e poi è tornato giustamente a
dormire.
Ho
freddo ovunque, anche nel cuore.
Alzandomi,
dalle coperte cade un biglietto spiegazzato e mi affretto a raccoglierlo per
poi aprirlo con uno sbadiglio.
Britt,
ho sempre saputo che eri una persona fantastica, e lo
sei ancora. Sono venuto qui perché volevo davvero vederti prima di andare a New
York e, anche se sono venuto a sapere quello che avrei volentieri ignorato,
sappi che sarò sempre qui per te.
Stai tranquilla: il tuo segreto è al sicuro.
Ti voglio bene,
Danger
Ps: a dieci anni ero follemente innamorato di te,
Brittany, ed ero geloso di Nick perché trascorreva troppo tempo con te.
Ricordati che ti voglio bene di nuovo.
Accenno
un sorriso, mi alzo dal letto sempre con la solita pigrizia lasciando il
biglietto sul comodino e scendo per le scale, sperando di trovare ancora Joe.
Invece sul divano c’è soltanto Nick, fermo in una posa passiva a guardare un
film alla televisione: non mi dice né buongiorno né raggio di sole o roba del
genere; non mi abbraccia e non sospira.
Il
pennarello giace da una parte, le mie dita lo stringono tremanti e un’ennesima
x rossa ricopre la carta del calendario: oggi è il quarto giorno. Meno di
quattro fottutissimi giorni e sarò chiusa in una bara, al caldo e al freddo,
con i parenti piangenti attorno e uno dei miei vestiti migliori addosso,
probabilmente quello che avevo comprato per il ballo di fine anno.
“Nick,
hai già fatto colazione?” chiedo preoccupata dalla sua poca voglia di vita, è
veramente strano che si comporti così.
Lui
annuisce senza rivolgermi uno sguardo, così torno in cucina sospirando. È
strano questa mattina, di solito è così allegro: sarà forse triste perché Joe
se n’è andato e voleva stare con lui, facendomi così temere che è innamorato di
suo fratello maggiore?
Mi
porto la tazza colma di caffè fumante alla bocca, ne bevo un sorso, la poggio
di nuovo sul bancone pulito della cucina e contemplo pensierosa il paesaggio
oltre la finestra: le nuvole dense e grigie offuscano il cielo, e i ricordi
vengono a galla.
“Britt, sta per
piovere, ti vuoi muovere?” gridò Nick nei suoi tredici irritanti anni,
coprendosi da una piccola goccia di pioggia che l’aveva colpito con il
cappuccio della felpa: guai se i suoi ricci si fossero scompigliati.
“Devo proteggerlo,
devo proteggerlo!” ripetei come un’ossessa, scavando nel terreno del mio
giardino con così tanta violenza da rompermi le unghie.
Era una cosa
stupida, lo so. Quel piccolo albero di albicocche appena nato era per me il
mondo intero, perché era l’ultima cosa che mia nonna mi regalò prima di morire
e volevo averne cura in modo che anche lei potesse essere fiera di me e del mio
amore per la natura.
Ricoprii quel
piccolo albero con del cellophane per evitare che l’acqua violenta distruggesse
la sua minuscola vita, scavai nel terreno, mi ruppi le unghie, mi sporcai mentre
l’acqua continuava a scendere imperterrita su di me, lo protessi e Nick rimase
lì, sotto la pioggia a guardarmi nel mio lavoro finché non si unì per aiutarmi.
“Ti aiuto” aveva
detto e basta, poi rischiando di rovinarsi i ricci si era messo al lavoro.
Fu così che
l’albero di albicocche si salvò, e ora è rigoglioso e verdeggiante nel mio
giardino: mi sta quasi dicendo grazie. Mia nonna è fiera di me, lo so, perché
ho mantenuto una delle sue più grandi passioni in vita, ma lo farò per poco.
A fine lavoro Nick
e io rientrammo a casa, beccandoci una ramanzina da parte dei nostri genitori,
un raffreddore di quelli eccezionali, febbre a quaranta e due giorni a letto.
Quell’albero
ora è lì, fuori dalla finestra. È cresciuto, conta su sé stesso e non sugli
altri, vive per sfornare delle dolcissime albicocche, fa in modo che niente si
distrugga e resta lì nel tempo.
Quell’albero
ha significato moltissimo per me: è la mia reincarnazione, io vivrò come lui e
potrò finalmente arrivare da mia nonna per dirle: “visto? Ce l’ho fatta” e lei
avrebbe sorriso, con la sua bocca sdentata e la sua simpatia incontenibile.
Una
lacrima mi riga il viso.
L’asciugo
con delicatezza, metto la tazza a lavare, afferro il portatile e clicco
sull’icona di Google: la prima cosa che mi viene in mente è Miley. Digito il
suo nome e mi appare tutta la sua biografia, visto che è famosa e anche
apprezzata nel mondo.
Di
Niley si dice soltanto che è stato un grande amore, amore a prima vista, come
quello dei film, con migliaia di canzoni dedicate tra di loro e con immagini
che lo dimostrano benissimo.
Nel
mio cuore però, c’è soltanto una pazza e incontrollata gelosia, per questo
spengo il computer e lo metto a posto, affinché non possa crearmi altro dolore
da sola, vista la mia vena masochista.
Decido
di raggiungere Nick in salotto, ma appena varco la soglia della porta me ne
pento amaramente: ha il viso tra le mani e trema, scosso dai singhiozzi; sta
piangendo.
Il
mio migliore amico che non versa una lacrima sta piangendo. Lo stupore mi
avvolge, mentre mi avvicino cautamente a lui e mi siedo tentando di toccarlo
per fargli sentire la mia presenza, ma niente.
“Nick…”
chiamo dolcemente, cercando di avvicinarmi per scostargli le mani dal viso, ma
lui si scosta.
Joe
deve avergli detto qualcosa oppure si è ricordato di Miley e si è reso conto di
quel grande amore che ha perso? Oppure… sta piangendo per me?
“Nick,
ti prego – pigolo nuovamente, ora le lacrime stanno scendendo sulle mie guance,
- non piangere”
So
di non essere brava a consolare le persone, ora so benissimo che non sono
capace e che probabilmente peggiorerò le condizioni di Nick. Con una mano sposto delicatamente la sua, ma non
si muove di un centimetro: il suo viso appare solo di qualche millimetro.
“Perché
devi andare via, Brittany? – biascica lui, mostrandomi in quel modo il lato più
debole di sé stesso: è esploso anche lui, esattamente come me. – perché?”
Quel
“perché” mi rimbomba in testa come una richiesta, e mille domande mi affollano
la mente: perché, Brittany, non hai fatto la chemioterapia? Perché hai permesso
a te stessa di morire? Perché ti sei lasciata andare? Perché non hai combattuto
per la tua famiglia, per i tuoi pochi amici?
Non
sono capace di rispondere alle sua domanda: rimango in silenzio, mentre le sue
lacrime si infrangono in un continuo cadere senza interruzioni, lacrime che mi
incitano a fare qualcosa, qualsiasi cosa.
L’impotenza
che sento adesso non l’ho mai provata: ormai non posso più fermare la malattia,
il cancro che sta crescendo dentro di me. Non mi piace chiamarlo in quel modo,
mi sembra minaccioso e non lo è per niente: morire è come dormire, chiudi gli
occhi e addio, non te ne accorgi neanche.
Il
silenzio pesa, i singhiozzi di Nick si fanno meno frequenti, ma le altre
lacrime continuano a scorrere imperterrite e mi sento in colpa: perché sono
stata così vigliacca? Perché mi sono arresa? Non c’è un motivo reale, mi
sentivo sola e abbandonata. E ora è troppo tardi per rimediare, per tornare
indietro, per recuperare il tempo perso e le speranze. Non mi sono sentita più
stupida, triste e inutile di quando ho lasciato i miei genitori due giorni fa:
è stato meno doloroso del solo pensiero di abbandonare il mio migliore amico.
Non
so che fare, l’attesa mi logora, le lacrime finiscono, la debolezza si
esaurisce e tra pochi attimi Nick tornerà come prima, solo che mi tratterà con
molta più indifferenza, perché in questo momento sono passiva e non lo sto
aiutando, come ha sempre fatto lui.
E
questa volta lo abbraccio io e la sua reazione mi stupisce: si aggrappa a me
come se dovessi cadere in un buco profondo e volesse tenermi lì, con
un’incredibile forza. Nick non piange più ora, il suo respiro è regolare anche
se so che l’angoscia lo avvolge: lui sente che il tempo è scaduto e anch’io
ormai ne ho la consapevolezza.
“Mi
dispiace, Brittany. Non avrei mai dovuto reagire così” biascica, il suo viso
tra i miei capelli.
“No
– sussurro con la voce che mi trema, stringendolo un po’ di più, - non devi
scusarti. Sappiamo entrambi cosa succederà e non possiamo fermarlo; devi permettere
al tempo di scorrere, di dimenticare, di vivere la tua vita: non fermarti e non
guardare il passato ogni volta, sorridi e vai avanti. È’ ciò che vorrei per te”
Nick
allenta la sua presa su di me, scioglie l’abbraccio e mi guarda sorpreso, come
se avessi detto chissà quale sciocchezza.
“La
vita c’è solo una volta e ora non gira attorno a me, a quello che ho e a quello
che tra meno di cinque giorni succederà: la vita gira attorno di chi la
possiede, non degli altri. Ascoltami Nick, pensa solo che dormirò un po’ più a
lungo delle mie abituali otto ore e che non arrossirò più quando mi sentirò in
imbarazzo; fai conto che parta per un viaggio molto lungo, cui prima o poi ti
unirai anche tu… guarda diritto verso il futuro, non indietro. Le cose passate
sono perse ormai, ciò che hai fatto negli anni scorsi non conta più niente; non
ti resta altro che affrontare quello che spaventa di più noi esseri umani: il
futuro. Avrai sempre delle incertezze su cosa scrivi, su cosa componi, sul tuo
lavoro, la tua famiglia, ma in ogni cosa devi mettere il cento per cento di te
stesso; alla fine la soddisfazione arriverà e dirai che avevo ragione in
qualche modo, quindi quando sarò lontana e non potrai più chiamarmi con il
cellulare, dovrai sempre guardare in avanti, non abbatterti, credere in te
stesso, rialzarti. Scommetto che la vita sarà bella per te”
E
ora quella a piangere sono io: quando hai la consapevolezza di non avere più un
attimo per te e per gli altri, non sai cosa fare come me in questo momento. La
vita è breve se qualcuno non usa il tempo in modo adatto, la vita è lunga se
sprechi ogni singolo momento a fare quello che ti piace, a viverla
intensamente.
E
la sottoscritta ha buttato via la miglior opportunità che qualcuno le potesse
dare, perché quando sarò caduta nel buco nessuno verrà a riprendermi, nessuno
mi porgerà la mano per risalire, nessuno griderà il mio nome perché mi salvi,
tutti diranno che ero una povera illusa se pensavo di guarire da sola.
Tutti
diranno che sono stata una stupida a credere in qualcosa che ovviamente non
sarebbe mai accaduto, né mai accadrà: perché di miracoli ancora sulla Terra non
se ne sono visti.
Un
miracolo è solo il fatto di aver vissuto quasi diciannove anni in una ricchezza
che altre persone probabilmente non possono permettersi e che io ho avuto;
quindi d’altra parte è meglio ringraziare chiunque sia in quel cielo per avermi
dato la possibilità di aver almeno assaggiato la vita e com’è fatta.
E
un abbraccio, un abbraccio riempie di nuovo il vuoto, almeno per un altro po’.
Nick
è in silenzio esattamente come me. Dopo qualche minuto mi alzo in piedi e me lo
trascino dietro, verso la stanza dei ricordi: quella della musica.
Il
pianoforte non ha più il cellophane che lo ricopre, la polvere l’ha abbandonato
ed è tornato splendente come prima. Mi siedo con Nick sul panchetto come giorni
fa, sfioro i tasti con le dita e poi mi fermo improvvisamente: in questo
momento non servono le parole per capirsi a vicenda, solo gli sguardi.
Ho
male alle mani. Ciò significa che la fine è vicina, che la malattia sta avendo
la meglio su di me, che mi rimane poco.
Ritiro
la mano amareggiata da quella di Nick che dolcemente l’aveva presa quasi per
confortarmi, mi sento ormai sull’orlo del baratro. Provo a riappoggiare la mano
sui tasti, ma con un scatto fulmineo la ritiro: sento dolore, anche a muovere
lentamente le dita.
Il
tasto bianco del pianoforte si bagna sotto una mia lacrima, mentre Nick accenna
una nota e un’altra e un’altra ancora fino a che smette per abbracciarmi,
consolarmi e baciarmi i capelli; dopo sto zitta, solo per godermi di quella
stretta familiare e affettuosa.
Mentre
i singhiozzi ormai si spengono e le lacrime smettono di scendere, chiudo gli
occhi.
Eccomi qui, questo è l'ultimo capitolo, il prossimo sarà l'epilogo e poi Hopeless finirà. So che tutto sembra essere stato veloce, ma è una scelta che ho voluto fare in quanto ci saranno degli MM che spiegheranno come Brittany ha affrontato la notizia e cosa ha sentito. Solitamente il cancro si sente alla fine e con dei dolori, proprio come lei li sente in questo capitolo. Perciò non mi resta se non di ringraziarvi per queste meravigliose recensioni e vorrei davvero ringraziarvi tutte per aver letto la storia che racconta di me, di quello che ho passato. Spero di non avervi annoiati, non vi spaventate voi lettori a lasciare una recensione perchè poi non ci sarà più possibilità di farlo.
Davvero grazie a quelle persone che mi hanno sostenuta per tutto questo tempo, vi adoro.
Come avevo detto il trasferimento sarà anche nella categoria One Direction perchè mi hanno attaccato la fissa, ma spero di non fare brutta figura con una fanfiction parecchio delirante che uscirà. Quindi ci vediamo presto con l'epilogo, spero di avervi fatto tirare fuori un po'' di fazzoletti.
Grazie mille a tutti.
A tutti voi, grazie mille dal cuore.
Mari
ps: chi volesse seguirmi su twitter: __ohluna