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Autore: nuage91    12/09/2011    2 recensioni
Dedicato a tutte le ragazze che amano davvero, perché il vero amore è più profondo dell’anima, più puro dell’acqua di fonte e impossibile da consumare. Una fiamma perpetua.
Una ragazza che trova l'amore vero e impossibile.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio animo, che stava andando incontro ad una dolce e lenta stabilità, dovette subire un grosso colpo. Matteo mi disse per telefono che non saremmo potuti stare insieme quel pomeriggio perché doveva vedersi col ragazzo che stava frequentando. La conversazione fu breve. Riuscii a reggere fino a quando riattaccai e poi scoppiai in lacrime sul letto. Non so bene perché, né cosa fosse esattamente ciò che mi turbava. Forse il fatto che ora non avesse più solo me, forse che prendesse l’amore con troppa leggerezza e quindi anche ciò che sentiva per me era qualcosa di poco conto. Ovviamente lui si era accorto del mio stato d’animo prima che buttassimo giù. Si accorgeva sempre quando c’era qualcosa che non andava. Ma comunque, quando smisi di piangere, fui io a richiamarlo. Gli dissi che dovevo vederlo, assolutamente. Accettò un po’ titubante. Entrai in camera sua e le parole questa volta non mi vennero. Io stessa non avevo ben chiaro cosa volessi. Non sapevo da cosa partire, mi rendevo conto che ero dalla parte del torto, probabilmente. Insomma, cosa volevo? Cosa pretendevo da lui?
Non sapevo davvero da dove iniziare. Dopo diversi minuti di silenzio, in cui lui aspettava che io dicessi qualcosa, cercò di aiutarmi:
“Forse hai riflettuto sulla tua prima reazione di contentezza?”
Annuii.
“Avevi capito che, nonostante questo…”
Annuii ancora.
Scosse la testa: “Vedi, se non c’è il desiderio fisico, è come se mancasse una parte del rapporto. Me ne sono accorto a mie spese. Non sono innamorato di te. Tra un’amicizia molto intima e un rapporto d’amore c’è differenza”
“beh… dipende che cosa intendi con amore
“beh, se per amore intendi l’amore di una madre verso un figlio, allora anch’io ti amo
Era la dichiarazione d’amore più bella che avessi mai ricevuto. E in realtà era l’unica.
 
Lottavo per la tranquillità ogni giorno, lo stare con lui stava diventando l’unica cosa che avesse senso nella mia vita, ormai. Quando stavo con lui riuscivo a studiare quasi come prima e a discorrere di un po’ di tutto, ma quando ci separavamo, mi sentivo turbata, scossa. Mi girava la testa e avevo voglia di piangere, ma non sapevo con chi.
Il venerdì successivo, quando Matteo tornò a casa sua per il finesettimana, io andai da Gemma. Non stava al Fermi con noi, ma al Timpano.
Ok, adesso forse dovrei parlare di una cosa su cui avevo preferito soprassedere, ma ora ne sono costretta.
Gemma aveva legato con due nostri compagni di corso molto simpatici, Rebecca e Daniele. Io mi trovavo bene con entrambi, anche se non eravamo mai entrati il profondi rapporti amicali.  Erano molto dolci e comprensivi e sentivo che entrambi potevano comprendermi, anche se non c’era tutto quel feeling alla massima potenza. Ma quando sai che una persona ti può comprendere, è veramente tanto. Rebecca e Daniele erano molto simili, lui passava in camera di lei praticamente tutta la giornata (anche loro stavano al Timpano), facevano tutto insieme, studiavano insieme, mangiavano insieme, si capivano al volo e quando ponevi ad entrambi la stessa domanda ti rispondevano allo stesso modo. Insomma, erano la coppia perfetta. Cioè, lo sarebbero stati. Caso strano (o no?), erano nella medesima situazione mia e di Matteo. Anche Daniele era gay. Io ero venuta a saperlo da Gemma, che mi aveva anche detto che, comunque sia, si piacevano e ne avevano più volte parlato, non solo, ma avevano deciso che, se nessuno dei due avesse trovato un ragazzo prima dei venticinque anni, si sarebbero sposati.
Daniele aveva scoperto di Matteo pochi giorni prima di me e ne aveva parlato con la sua migliore amica e con Gemma. Tutto questo per dire che ora, per vie traverse, anche Gemma era al corrente della mia situazione.
Eravamo sul terrazzo ed io piangevo tra le sue braccia. Non riuscivo a smettere. Quando sei emotivamente scossa e il tuo corpo, e la tua mente, hanno bisogno di piangere, se c’è qualcuno lì con te, piangi molto di più, è come se le lacrime ti uscissero con più violenza. Il corpo trema di più, la testa gira con maggior prepotenza, ti salgono alla gola i singhiozzi, più potenti e più naturali, ma hai il tremendo desiderio che quella persona rimanga lì, per concederti tutto quel pianto. Gridavo contro l’aria fresca della notte, tutto quel buio, le macchine che passavano sotto di noi, il cielo cupo senza stelle. Singhiozzavo più forte che potevo, desiderando che Matteo, ormai lontano, mi sentisse, singhiozzavo ancora più forte, per scacciare la tremenda consapevolezza che non poteva sentirmi.
Quando non c’era lui, dubitavo. Dubitavo che gli importasse davvero di me. Ero sola. Sola tra le braccia di una ragazza che, anche se ci provava, non poteva comprendermi fino in fondo. Più volte accarezzai l’idea di gettarmi dal balcone, ma Gemma mi tratteneva e cercava di calmarmi. Anch’io in realtà non lo volevo, ma era terribile rendersi conto che un’idea del genere potesse essere entrata nei tuoi pensieri. Alla fine, mi accompagnò nella stanza dì Rebecca.
 
Daniele, che capiva al volo queste situazioni, senza chiedere perché fossi lì, ci lasciò sole e tornò in camera sua. Ora ero sul letto di Rebecca. Lì, mi sentivo più protetta. Parlammo per ore. E alla fine dormii da lei. Mi raccontò che Daniele aveva messo più volte in discussione la propria omosessualità da quando si era accorto che ciò che provava per lei era più di una semplice amicizia, che una volta che lei gli aveva fatto credere di stare con un nostro compagno, lui aveva sognato di ucciderlo e di sposarla. Tutto ciò era bellissimo. Matteo diceva che tra loro c’era solo amore platonico, come tra di noi. Forse era vero. Ma io non avrei mai detto “solo” di fronte alla potenza di questo legame affettivo.
Rebecca mi disse che aveva sempre visto la somiglianza tra i due rapporti; e di fronte ai miei dubbi rispose che si vedeva benissimo che Matteo mi voleva bene, un bene profondo e intenso. Fu allora che me ne resi perfettamente conto. Non avevo mai notato fino a che punto fosse dolce il suo sguardo quando si rivolgeva a me, quanto sentisse su di sé le mie paure e i miei dolori. Mi resi conto che bastava gli dicessi che avevo mal di testa, che lui si turbava e stava male, sinceramente.
  
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