- Taxi?!
- Isabella
guardò la sua immagine
riflessa nello specchio della piccola camera, piegando la gonna del
tailleur
nero che indossava.
- Il
suo primo giorno di lavoro, a
Londra.
- Dopo
che il suo capo Aro Volturi
l’aveva trasferita lì da New York, lasciandola
nello scompiglio totale. Fortuna
che non aveva famiglia, e che suo padre se la cavava egregiamente da
solo.
- Sì,
perché sua madre era morta da
ormai due anni, a causa di un incidente stradale.
- Alzando
gli occhi al cielo prese
la borsa nera, e ci infilò dentro il suo Blackberry. Poi, le
chiavi della
macchina. Facendo in fretta e furia le scale del portone e intenta a
non
inciampare con i bassi decolté che aveva ai piedi, si
ritrovò in mezzo alla
strada. Immediatamente si spostò sul marciapiede, cercando
di non essere
investita. Ovvio, perché ora doveva anche guidare dall’altra parte. Fortuna che
non possedeva una macchina, non per
il momento.
- Si
guardò intorno, notando che
Londra era silenziosa. L’esatto opposto di New York.
Lì potevi scontrarti con
una persona ogni due passi, invece a Londra potevi benissimo camminare
tranquillamente. E senza trovare un taxi a portata di mano. Con un
sonoro
sbuffò continuò a guardarsi intorno, cercando di
scorgere un taxi. Non poteva
fare tardi il suo primo giorno di lavoro. Il suo nuovo capo
l’avrebbe uccisa, e
così anche Aro che l’aveva raccomandata tanto
bene.
- Non
abbastanza per farla rimanere
nella sua città natale però.
- Dopo
qualche occhiata in lungo e
in largo scorse una macchina gialla, e senza pensarci due volte si
precipitò in
quella direzione, cercando di non essere investita. Quella
sì che era un
impresa ardua. Quando aprì lo sportello del passeggero, il
guidatore si voltò
per guardarla dritto negli occhi.
- Fulminarla.
- “Mi
scusi?” Chiese, sforzandosi di
tenere un tono quantomeno gentile.
- “Sì,
svolti alla quarta e poi
entri nella A20. E faccia piuttosto in fretta, che sono in
ritardo.” Spiegò
Isabella, mettendosi comoda su quei sedili…
profumati? Beh, almeno i Londinesi erano puliti. A New York
prendeva almeno
tre taxi al giorno, e tutti avevano un odore rivoltante.
- “Signorina,
può ripetere?”
- “Oh,
ma soffre di Alzheimer? Le ho
detto di svoltare nella quarta, ed entrare nella A20. Per poi uscire di
lì.
Chiaro?” Era spazientita, adesso. Aveva spiegato tutto molto
lentamente,
sperando di non aver preso un tassista idiota.
- I
suoi pensieri però volarono via
felicemente, quando l’autovettura partì.
- “Dov’è
diretta precisamente?”
Domandò questa volta l’uomo, con gli occhi
socchiusi.
- “Allo
studio legale Cullen. La prego,
non mi faccia fare tardi! E’ il mio primo giorno di
lavoro!” Non le sfuggì la
strana occhiata che il tassista le dedicò attraverso lo
specchietto.
- “Studio
legale Cullen?”
- “Sì.
Il mio capo alias stronzo di prima
categoria mi ha
trasferita qui da New York. Dopo ben nove anni di lavoro nel suo
studio. Cioè,
si rende conto? Cose di altro mondo!” Borbottò
offesa, iniziando a parlare con
se stessa.
- Lo
faceva sempre, quando era
arrabbiata. Parlava da sola, e diventava logorroica. Peccato che il
tassista la
sentiva, e anche con molta curiosità.
- “Allora
è la sua prima volta a
Londra, eh?” Buttò lì, cercando di
reperire più informazioni possibili.
- “Sì.
E non so proprio cosa fare.
Ho trovato un appartamentino a pochi soldi, e l’affitto
è ragionevole. Certo,
mio padre mi ha aiutato molto, anche se per nove anni sono stata
più schiava del mio capo
se non altro.”
- Era
vero. Aro usava Isabella. Il
lavoro della ragazza era un lavoro d’ufficio. Doveva
semplicemente rispondere
alle chiamate, accordare gli appuntamenti e qualche volta accompagnare
l’avvocato Volturi in tribunale.
- In
nove anni, non aveva fatto
nulla di tutto ciò. Era stata assegnata a tutti i grandi di quel posto, per prendergli del
caffè al Bar più IN della
città, per fare delle compere che certe volte non centravano
un bel niente con
il lavoro che lei svolgeva.
- “Schiava?”
L’autista questa volta
era veramente concentrato sulle parole che uscivano dalla bocca della
mora.
- “Già.
‘Portami il caffè,
Isabella!’ – ‘Chiama Jane,
Isabella!’ E per non parlare di Jane!” Questa volta
Bella alzò entrambe le mani, gesticolando animatamente.
“Non può capire quanto
odio Jane! Credo che sia fidanzata ufficialmente con uno dei fratelli
Cullen.
Sì, perché ad occuparsi dello studio Cullen sono
tre fratelli, se non lo sapeva.
E Jane a km di distanza, si scopa
Aro
Volturi! Se ne rende conto? Questa è proprio buona faccia a
cattivo gioco, eh? Io
mi chiedo cosa accadrebbe, se si verrebbe a sapere una cosa del genere!
Lavorare in quello studio è come girare nuove puntate di
Beautiful ogni santo
giorno!” Questa volta però l’autista non
chiese niente, continuava a guidare,
con una smorfia dipinta sul volto.
- Isabella
si fermò ad ammirare i
suoi occhi, che riusciva a vedere attraverso lo specchietto. Erano
verdi. Un
verde intenso, che improvvisamente si era fatto scuro.
- “E
poi, signorina? Ci sono altre
cose strane che accadono in quello
studio?” Domandò, aspettandosi una risposta.
- Quella,
non era una semplice
domanda. Era come se Isabella fosse obbligata a rispondere.
- “Direi
di no. A parte che Aro
dipende totalmente dai Cullen, e che ora mi ha spedito da
loro.” Borbottò,
accasciandosi sul sedile. “Spero solo che il lavoro
lì sia migliore, davvero.”
Sussurrò infine, appoggiando la testa sul finestrino.
- Il
tassista la guardò, cercando
sempre di restare concentrato sulla guida.
- Cosa
aveva passato per quei nove
anni? Ovviamente dipendeva da Aro
Volturi, per essere stata spedita lì senza neanche un
semplice preavviso, e non
si era neanche lamentata.
- “Non
ne ho dubbi, signorina.”
Isabella alzò gli occhi, scontrandoli con quelli verdi del
guidatore.
- “La
ringrazio. Per caso lei
conosce i Cullen?” Chiese innocentemente, strizzando gli
occhi.
- “Sono
molto rinomati in città,
signorina.”
- “Oh.” Allora era vero. Lo studio
dei Cullen, era davvero famoso.
Anche più di quello a New York.
- Dopo
qualche minuto la macchina si
fermò, lasciando Isabella davanti ad un enorme edificio. Lo
guardò dal basso
all’alto, cercando di non far trasparire la sua paura. In
realtà, aveva una
fifa pazzesca.
- Deglutì,
scacciando via
parzialmente il suo terrore.
- “Sono
certo che andrà tutto bene… Isabella.”
L’autista la fece rinsavire,
con un sorriso tirato stampato sulle labbra.
- “La
ringrazio, di nuovo.” Lo
fissò per bene, questa
volta. Si era voltato, mostrando un po’ di barba ai lati.
Sicuramente che non
si era rasato quella mattina.
- Stava
per scendere, quando dandosi
un piccolo schiaffetto sulla testa tirò fuori dalla borsa un
portafoglio
marrone.
- “Che
sbadata! Quanto le devo?”
L’uomo sorrise, scuotendo la testa.
- “Per
questa volta è gratis.”
Annunciò, sorridendole.
- “No,
non posso. L’ho anche
trattata male quando sono salita e non voglio avere dei debiti con lei.
Quanto
le devo?” Ripeté nuovamente, cercando di addolcire
lo sguardo. Lei voleva pagare.
- “Davvero,
non mi deve niente.
Mettiamola così: alla prossima occasione, sarà
lei ad offrire.”
- “Cosa?”
Isabella sembrò spaesata.
Era una specie di invito ad un… appuntamento?
- Ma
gli inglesi erano davvero così
impertinenti?
- “Non
credo che l’occasione si
ripresenterà, mi dispiace.” La buttò
lì, pensando a quanti altri taxi avrebbe
preso nel suo soggiorno a Londra, e quante possibilità
c’erano di incontrare lo
stesso uomo.
- Impossibile.
- “Mai
dire mai.” Sussurrò lui,
facendo scendere Isabella senza averle fatto pagare la corsa.
“E’ stato un
piacere, Isabella.” Lei lo salutò con un semplice
cenno del capo, scuotendo la
testa e dirigendosi verso l’entrata dell’enorme
edificio grigio.
- **
- Diretta
verso la porta scorrevole,
Isabella si fermò di colpo ad ammirare un auto parcheggiata
proprio vicino al
marciapiede.
- Sopra,
c’era la scritta ‘Taxi’.
- Era
nera. Nera come la notte. Nera
come il buio. Nera e basta.
- Lei,
un quarto d’ora prima non era
entrata in una macchina nera. No. Quella era gialla e… aveva
la scritta ‘Taxi?”
- Non
venne a capo di quella
domanda, finché non entrò nell’enorme
ufficio undici. C’era una ragazza alla
reception, con i capelli legati in una crocchia semplice e una
montatura fina
posata sul naso.
- “Salve.”
Salutò educatamente,
facendo alzare lo sguardo a quella… ragazza?
Diamine, doveva aver si e no venti anni appena compiuti.
- Le
sorrise cordialmente,
ricambiando il saluto.
- “Buongiorno.
Lei è?”
- “Isabella
Swan. La nuova
segretaria dell’avvocato Edward Cullen.”
- “Sì,
guardi l’avvocato è arrivato
appena cinque minuti fa. Se intanto vuole aspettare.” E
sempre con il sorriso
sulle labbra, le indicò una sedia di plastica, trasparente.
- Isabella
si accomodò, cercando di
far meno rumore possibile.
- Il
vestito era a posto? E i
capelli? E se Edward Cullen l’avesse rispedita a casa
immediatamente? Di certo
Aro non le avrebbe dato una nuova possibilità!
- Con
mille domande che le
frullavano per la testa, non si rese conto che la ragazza neo ventenne
si era
seduta accanto a lei.
- “Oh, Dio!” Sussultò,
mettendosi una mano sul cuore.
- “Ti
ho spaventata?” Fece un
risolino, cercando di non scoppiare a riderle in faccia.
“Scusami.”
- “Niente.”
Isabella si riprese,
scuotendo la testa.
- “Comunque
io sono Angela Weber. E
sono gli occhi, la bocca e le orecchie
di questo posto!” Batté le mani euforica, facendo
un piccolo saltino sulla
sedia.
- Ecco, questa
è una Alice Brandon di Londra,
pensò Bella guardando il
soffitto.
- Alice
Brandon lavorava nella
reception dello studio legale Volturi, ed era appunto gli
occhi, la bocca e le orecchie di New York.
- “Piacere.”
Azzardò Bella, cercando
di liquidare lì la questione. Peccato che Angela
iniziò a parlare, senza
fermarsi un minuto.
- Le
aveva detto che Emmett Cullen
era il primogenito dei Cullen, e che era fidanzato ufficialmente con
Rosalie Hale.
Rosalie, era la sua segretaria personale.
- Sentito e
risentito,
pensò Isabella.
- Poi,
il secondogenito era Jasper
Cullen. Un uomo spocchioso, che rivolgeva la parola solo a poche
persone e allo
stretto necessario. Jasper, era felicemente single e la maggior parte
dei
dipendenti in quello studio credeva che fosse gay.
- Scuse che si
inventano quando vedono un bel bocconcino single,
pensò Isabella.
- “…
E poi c’è il terzogenito, cioè
Edward.” Annunciò, infine. Questa volta
però Bella drizzò le orecchie, per sapere
qualcosa del suo futuro capo.
“Lui è
fidanzato ufficialmente con Jane Whitlock.” Ecco chi era il
fantomatico
fidanzato cornuto di Jane.
- Proprio
il suo futuro capo.
- Cercò
di trattenere una risata,
pensando che fosse inadatta per quel momento. “E’
simpatico ed educato con
tutti, ed ha sempre la battuta pronta. Un uomo davvero fantastico,
Isabella.”
- Questa invece
non l’ho mai sentita,
pensò Isabella.
- “Wow.
Il mio nuovo capo sembra
davvero interessante.” La buttò lì,
quando furono interrotte dallo squillo del
cellulare.
- Angela
si alzò, prendendo
nuovamente la sua postazione e rispondendo. Dopo due minuti, fece un
cenno a
Isabella.
- “Terza
porta a sinistra. Ti sta
aspettando.” Deglutì rumorosamente, prima di
rispondere all’in bocca al lupo
della sua nuova amica.
- Uno.
- Due.
- Tre. Si
fermò lì davanti, e bussò. Via il
dente via il dolore, no?
- Quando
aprì la porta però, rimase
totalmente paralizzata.
- Cosa
diamine ci faceva il suo tassista
lì? Era una Candid Camera o
cos’altro?
- “Isabella.”
Si alzò dalla poltrona
in pelle, nel suo perfetto completo grigio. “E’ un
piacere conoscerti.”
- ‘I taxi a Londra sono piccoli e neri. Mi raccomando,
non entrare nella
macchina di uno sconosciuto!’ Le ultime parole che
le aveva detto suo
padre, prima di vederla salire su quel volo.
- Piccoli
e neri.
- Lei
era entrata in un taxi giallo.
Senza la scritta sopra. Senza il tassametro davanti.
- Con
quel figo da paura a cui aveva
rivelato i macabri segreti del suo lavoro. Gli aveva anche detto di
essere cornuto, senza mezzi
termine.
- Edward
le si avvicinò, porgendole
una mano.
- “Beh,
credo proprio che mi devi
una corsa in taxi, no?”
- Oh, cazzo!
- NOTE:
- Insomma,
una piccola One shot senza capo né
coda.
- E’
uscita così, e le autrici sanno bene che
quando una storia frulla per la testa, bisogna soltanto metterla per
iscritto
per farla andare via.
- Spero
che vi sia piaciuta, davvero!
- Per
ora sarà soltanto una semplice One shot,
quindi niente Extra o Long fic. Un Edward mezzo tassista e una Bella
attira
figuracce.
- Quindi…
non vi posso dire ‘Alla prossima’,
ma vi posso consigliare le altre mie FF che trovate nella mia pagina
autore.
- Un
bacio.
- Tatiana.