Ricordo di averti detto che non c'è voce senza bocca. E mi sbagliavo: non c'è voce senza orecchie.
Le mie inascoltate parole, dunque, dissolvono, e dissolvono anche le immagini.
C'erano fiori e bambini, padri e giardini, e poi c'eri tu: solo in lontananza vedo l'uomo nero.
Mi rovina l'urlo: "condanna!"
Taccio.
Non c'è orecchio di passione: l'orecchio è ragione, accumularsi presuntuoso di significanti e significati.
Dunque riposano i miei vocaboli.
C'erano fiori e poi bambini, padri e giardini, e poi c'eri tu: ma più vicino vedo l'uomo nero.
Mi riscuote l'urlo: "morte!"
Disdegno.
Il mondo reale, dico; lo disdegno, e penso a te,
e ai fiori, ai bambini, a mio padre in quei giardini, e non c'eri tu: solo dopo saresti arrivata, portando con te
l'uomo nero.
Mi rapprende l'urlo: "delazione!"
Basisco.
Ora, certo, è tutto più chiaro, al setaccio degli urli e dei sospiri,
e vedo nitidi fiori e poveri bambini, nascosti dai padri dentro i giardini, chissà dove sei tu: e mi volto l'occhio oltre l'uomo nero.
Mi trascina l'urlo: "trappola!"
Rinvengo.
E ora so di aver perso la mia scommessa, "sarà vero o no?"
Non lo era, come non lo sono
i fiori e i bambini, che vedo con i padri dentro i giardini, eri vera tu: tu hai invocato l'uomo nero.
Mi rimane un urlo: "fucilazione!"
Inspiro.
E sarà l'ultimo mio gesto e saprà d'uomo libero,
ma non lo sono davvero.
Niente fiori, né bambini, figurarsi i padri dentro i giardini!, e nemmeno tu: solo lui, l'uomo nero,
ad intonare un urlo: "Fuoco!"
Mi hai tradito.