Corro.
Ormai le mie gambe non sanno fare altro. Voglio solo fuggire. Fuggire da tutto. Dai miei amici. Dagli uomini. Dal dolore. Dalla vita-
Voglio morire. Affrontare, una volta per tutte, la morte. Sfidare colei che è temuta da tutti e affrontata con dignità da pochi.
Anche se in fondo io sono già morto. Io sono la morte.
Ogni persona, ogni animale, ogni singolo essere vivente ha paura di me, appena mi vede, scappa. Perché? Beh... perché io sono un lupo, simbolo di morte.
 
Piove.
La pioggia continua a bagnarmi. Le gambe incominciano a farmi male. Ma non cerco rifugio. Sarebbe inutile. Anche una piccola grotta si rifiuterebbe di coprire questo capo maledetto.
 
Corro.
Piove.
Le mie gambe sono diventate zampe.
Quattro zampe che sorreggono questo stanco corpo. Sono stanco, è vero, ma non mi fermo.
Il mio pelo bianco, ingrigito dalla pioggia e dalla polvere, si fa sempre più pesante e mi rallenta la corsa.
I miei occhi gialli come il fuoco dell’inferno, guardano sempre dritto, non si muovono nemmeno di un millimetro.
Sono fissi sulla strada.
 
Le zampe si fermano.
Lo vedo.
È lì davanti a me.
Gli occhi fieri, del medesimo colore dei miei, sono puntati sui miei.
La pioggia bagna anche lui, ma non gli importa.
Sta fermo, mi guarda senza dire nulla.
 
All’improvviso, come mosso da dei fili invisibili, si avvicina.
Si avvicina sempre di più.
Come il suo muso sfiora il mio, tutto si ferma.
Un calore che non ho mai percepito invade tutto il mio corpo.
Il contatto s’intensifica.
Il suo pelo grigio contrasta con il mio. Grigio e bianco si fondono insieme.
E adesso capisco, capisco tutto.
Attraverso questo gesto vuole farmi capire che lui ci sarà sempre, che non mi abbandonerà come hanno fatto tutti gli altri. Che non sono il solo che deve fare fronte a questo destino, perché lui è come me, lui è con me.
Un flebile sospiro mi esce dalle labbra
“Tsume…”