Capitolo 8
Fuga da Ravensbrück
Kurt aveva già preparato tutto
per la fuga, mettendo nel suo zaino un po’ di cibo e un vestito a mezze maniche
per Nadine rubato dall’armadio di sua sorella. Un’ora prima, a cena, il giovane
aveva provato un morso allo stomaco pensando che quelli sarebbero stati gli
ultimi istanti vissuti con la sua famiglia. Kurt chiuse la cerniera dello zaino
e uscì dalla sua camera per entrare in quella di Käthe e
parlarle per l’ultima volta. Nonostante le prese in giro reciproche, le
discussioni e i litigi immancabili tra fratello e sorella, lui le voleva un
gran bene e gli dispiaceva non rivederla mai più. “ Che fai, Käthe? ” le
domandò, vedendola con la testa china sui libri. “ Studio! ” “ A metà giugno? ”
replicò Kurt con tono meravigliato. “ Certo! Se voglio diventare una
giornalista di fama. ” Il giovane le sorrise teneramente e Käthe, rivolgendogli lo sguardo, notò lo zaino.
“ Dove vai? ” gli chiese un po’ stupita. “ Starò fuori un paio di giorni per
lavoro, al massimo tre, non ti preoccupare. ” “ Fuori dove? ” continuò a
domandare sospettosa. “ A Berlino. Devo scattare alcune foto per un giornale. ”
“ Bene! ” affermò la ragazza contenta per suo fratello che, inaspettatamente, l’abbracciò
e disse: “ Ti voglio bene, sorellina. ” “ Anch’io, fratellone. ”
rispose dopo un primo istante di perplessa meraviglia dovuta a quel gesto e a
quelle parole d’affetto, insoliti per uno come Kurt. “ Mi stai strozzando,
Kurt! ” esclamò Käthe ridendo. “ Scusa, scusa. ” disse il
giovane con un sorriso e la lasciò.
Kurt aveva salutato sua
sorella e adesso non gli restava che una cosa da fare prima di uscire di casa:
prendere i soldi di suo padre. I suoi non sarebbero bastati per il viaggio
verso la tranquilla e neutrale Svizzera. Il giovane entrò nell’ufficio del
padre e si mise a frugare nei cassetti della scrivania, finché non trovò ciò
che stava cercando: un bel mazzo di banconote. Lo prese e, mettendolo
lentamente nello zaino, disse: “ Perdonami, papà. ”
Nadine, intanto, andava
avanti e indietro per la baracca dell’infermeria domandandosi se Kurt sarebbe
riuscito a passare sotto il filo spinato senza essere visto dalle SS. Poi,
stanca di quell’incedere, si fermò e sedette su una delle due brandine. Ma,
dopo un po’, Nadine balzò in piedi: la porta dell’infermeria si era
improvvisamente aperta. “ Kurt! ” esclamò e corse ad abbracciarlo. “ Ce l’ho
fatta, Nadine. ” ribatté l’altro commosso mentre la ragazza, scoppiando in
lacrime, disse: “ Io non voglio più farlo, ho paura. ” Nadine aveva infatti
capito che tentare la fuga da Ravensbrück sarebbe stato un vero e proprio
suicidio. Kurt, però, le prese il viso e la rassicurò dicendo: “ Andrà tutto
bene, ce la faremo. Tra poco saremo liberi, vedrai. Andrà tutto bene. ” Le
asciugò le lacrime e la baciò sulla bocca. “ Ora mettiti questo. ” aggiunse
Kurt con dolcezza, dandole il vestito. Nadine, in fretta, si tolse il suo
camicione a righe, buttandolo a terra e indossò il vestito beige di Käthe. I due innamorati si presero per mano e
uscirono dalla baracca dell’infermeria. Con passo felpato, s’inoltrarono nel
buio del campo e si diressero verso la rete di filo spinato. Finalmente
raggiunta, Kurt si chinò di scatto e – per la seconda volta – si mise a scavare
a mani nude la terra di sotto il filo spinato. “ Così dovremmo farcela. Vai
prima tu, Nadi … ” Il giovane non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che
la sirena del campo fischiò, i cani cominciarono ad abbaiare e la luce del faro
si accese violentemente su di loro accecandoli. Nadine e Kurt erano stati
scoperti. La ragazza, tremando, si strinse al suo amante pietrificato dalla
paura e, in meno di un secondo, furono accerchiati da SS, guardie donne e kapò.
I due non avevano alcuna via di scampo. Immobili e ansimanti, Nadine e Kurt
fissavano le figure che avevano dinanzi e sentivano sempre più vicina l’ombra
della morte e che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti della loro vita.
Del gruppetto di SS, si fece avanti il capitano che con violenza li divise
spingendo Nadine a terra. “ Cosa avevi intenzione di fare, puttana di un’ebrea?
” le domandò la SS con tono ironico. Kurt non riuscì a trattenersi e, non
appena il capitano si volse di nuovo verso di lui, gli sferrò un pugno in
faccia. “ No! ” urlò Nadine poiché sapeva che con quel pugno Kurt aveva firmato
la sua condanna a morte. Il nazista si toccò le labbra e
poi, guardandosi le dita sporche di sangue, sorrise sarcasticamente. Nadine si
alzò, pronta a correre verso il suo amato in pericolo. “ Kurt! ” esclamò ma una
kapò la trattenne per le braccia e, con tono malvagio, le disse: “ Guarda,
guarda come muore il tuo amichetto. ” Nadine emise un urlo disumano e scoppiò
in lacrime. Kurt la guardò per un istante con le lacrime agli occhi per poi
rivolgere di nuovo lo sguardo alla SS. Deglutì per trattenere il pianto e
nascondere così la sua paura, assumendo un’espressione fiera. Il nazista lo
colpì in viso con un pugno tanto forte da farlo cadere a terra, poi allo
stomaco con un calcio fortissimo. Dalla bocca insanguinata di Kurt fuoriuscì un
gemito di dolore e Nadine si dimenò furiosamente. “ No! Kurt! ” urlò mentre la
SS continuò a colpirlo con calci. Quand’ebbe finito, il capitano si avvicinò a
un suo sottoposto lasciando Kurt mezzo tramortito a terra e gli sfilò il
manganello dal cinturone. Il giovane rivolse uno sguardo disperato alla sua
amata. “ Kurt. ” sussurrò Nadine e, in quel momento, sentì come se qualcuno le
stesse strappando il cuore dal petto. Kurt, colui che era stato suo amico,
colui che l’aveva aiutata materialmente e moralmente, colui che era stato il
suo primo amore, colui che amava con tutta se stessa, a breve, sarebbe morto
atrocemente. “ No! Lui non c’entra niente! Prendete me! ” urlò la ragazza “ è tutta colpa mia! ” Ma fu inutile: il
nazista cominciò a colpirlo col manganello. A un colpo alla testa, seguito da
un altro alla faccia, Kurt quasi svenne e anche Nadine rischiò di perdere i
sensi per lo shock.
La SS fermò la sua furia e,
asciugandosi il sudore dalla fronte, si avvicinò alla kapò che teneva Nadine
stretta e disse: “ Tu occupati di lei. ” Il nazista andò via seguito da guardie
e soldati, lasciando lì il giovane Kurt agonizzante, Nadine e la kapò.
Quest’ultima, mossa a pietà, lasciò la ragazza cadere a terra e le permise di
raggiungere il suo amato. Stremata e senza più lacrime, Nadine strisciò verso
Kurt che emise un profondo respiro e iniziò a tremare. Il giovane stava per
morire. “ Sono qui, amore, sono qui. ” gli disse Nadine, prendendogli la mano.
Quelle parole portarono Kurt indietro con la mente, al giorno del suo
incidente, erano le stesse che gli aveva pronunciato sua madre in ospedale.
Nadine lo guardò in viso: Kurt era irriconoscibile; i suoi bellissimi occhi
marroni erano pesti e stentavano ad aprirsi; il suo naso, dalla forma greca,
era rotto e le sue labbra perfette erano impastate di sangue. “ Oh, Kurt. ”
disse la ragazza, scoppiando in lacrime. “ Nadine. ” sussurrò l’altro e,
aprendo gli occhi, vide su di sé, in un’immagine sfocata, il volto della sua
amata. “ Perdonami. Non sono riuscito a salvarti. ” le disse a fatica. Non
c’era una parte del corpo che non gli facesse male. “ Shh … ” fece Nadine “ …
Presto, presto saremo via da qui. ” “ No, tu devi vivere … ed io ti sarò sempre vicino …
Ricordi? … Non ti lascerò mai. ” rispose Kurt e la giovane annuì con la
testa. “ Nadine. ” Kurt respirò di nuovo
profondamente. “ Sì, Kurt, sono qui. ” rispose Nadine, accarezzandogli i
capelli. “ Nadine, ti prego, dimmi qualcosa che mi faccia sognare.
” La ragazza trattenne le lacrime e gli ripeté parola per parola: “ Quando la
guerra sarà finita, ci trasferiremo a Berlino e andremo ad abitare in una
casetta dal tetto rosso con fuori un grande giardino. Ci sposeremo ed io
entrerò in chiesa vestita di bianco accompagnata dalle note dell’Ave Maria di Schubert.
Quello sarà il giorno più felice della nostra vita … ” Dagli occhi tumefatti di
Kurt scivolarono delle grosse lacrime. “ … Tu aprirai un piccolo studio
fotografico, lavorerai sodo tutto il giorno, poi la sera tornerai a casa e,
scherzando, mi dirai: Amore, sono a casa! Cosa c’è per cena?! Poi una sera io
ti dirò: Amore, presto saremo in tre … ” Ma, prima che Nadine potesse
terminare, Kurt chiuse gli occhi, per sempre. Il giovane morì il 16 giugno del
1940, all’età di soli ventitré anni. Nadine si calò su di lui e, baciandogli
lievemente le labbra, esplose in un pianto disperato.
“ Lascia ch'io pianga mia cruda
sorte e che sospiri la libertà ”.
Rinaldo
Georg
Friedrich Händel (1685 - 1759)