Disclaimer: tutto mio, una volta tanto! Ma devo ammettere che il fandom di HP ci mette lo zampino. Però Mair non è biondo. E Weber non è rosso.
Note: scritto per un concorso. Dovevo stare nelle 6000 battute e il tema era Amore mio.
Note linguistiche: Meine Liebe è la traduzione di Amore mio qualcora l'amore in questione sia una donna. Mi piacerebbe dire che l'ambiguità è stata fatta apposta... ma non è vero. E' un banalissimo errore di traduzione. Shame on me.
Note storiche: spero sia tutto plausibile, almeno un minimo. Gli esperti mi cazzieranno ove necessario.
Note caratteriali [piccolo e incompresibile spoiler]: sì, Mair è uno s t r o n z o di prima categoria. Niente redenzione, se non quel minimo che un cuore grande potrebbe concedergli.
Richieste: mah, niente di più che dirmi se vi è piaciuto. Non mi importava un granché del concorso, ma tengo a questa storia.
Mentre lo trascinavano via, Hans Mair pensava che l’unico modo di giustificare la sua dubbia morale sarebbe stato cambiare lavoro. Darsi al teatro, ad esempio. Almeno, gli attori mentivano per professione.
Tuttavia, la sua innata capacità di nascondersi dietro delle maschere gli garantiva una vaga dignità, diretto verso un campo dal quale, lo sapeva, non sarebbe tornato.
Capacità che con lui non mi è servita a un accidente di niente, pensò, più confuso che arrabbiato.
“
Herr Mair?”
Mair sapeva, aveva sempre saputo, quello che il regime faceva agli omosessuali, ma aveva addossato la colpa alla poca accortezza di chi si faceva scoprire.
Hans Mair, stimatissimo medico tedesco e insospettabile sostenitore del partito al governo, alzò impercettibilmente la testa. Un giovanotto entrò nel suo studio e gli porse un pacco di lettere. Mair lo congedò con un cenno e aprì la prima busta.
Meine Liebe. Amore mio.
Gli sfuggì un sorrisetto.
La manica di imbecilli che lo circondava non aveva capito nulla di lui, né tantomeno sospettava che dietro a quella sdolcinata lettera non si nascondeva una piacente fanciulla ariana, ma un uomo. Moro, per giunta.
Che vergogna.
Il sorrisetto rimase al suo posto.
Riprese a leggere.
Ma quando Friedrich, il suo Friedrich, era stato ucciso per la sola colpa di amare un altro uomo, aveva capito nel peggiore dei modi quanto era stato idiota.
“Cosa?”
Si girò verso il collega.
“Dai un’occhiata all’ultima lista.”
Mair scorse distrattamente l’elenco di nomi; quando arrivò al penultimo quasi si tradì. Poi assunse la migliore delle sue facce sorprese e chiese, riuscendo a non far tremare la voce: “Friedrich Weber?”
“Già. Che roba, eh? E io che pensavo fosse uno a posto!”
“Davvero.”
Lasciò cadere il foglio sulla scrivania e uscì con una scusa.
Aveva capito, fuor di retorica, cosa volesse dire perdere chi si amava. Alcuni commentarono che quella era l'unica via rimastagli per redimere una vita di bugie. Altri dissero che si trattò di puro egoismo. Altri ancora suggerirono che fu spinto da un personalissimo desiderio di vendetta. Hans Mair non arrivò mai al campo di concentramento; tentò di scappare e fu raggiunto da due colpi alla schiena sparati da uno dei militari che lo stava portando alla morte.
E si era ribellato.
Furono ben pochi coloro che avanzarono l‘idea di un tentativo di redenzione.
Di fatto, la ribellione di Hans Mair si macchiava di tradimento. Colpa da aggiungere a colpa; troppo, perché riuscisse a scamparla. L’avevano catturato pochi giorni dopo.
Nell’ultimo, agonizzante respiro, il medico riuscì a mettere due parole, rivolto all’uomo che aveva amato, rivolto al solo che era riuscito a risvegliare in lui un minimo moto di umanità.