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Autore: _Sapphire_    13/09/2011    0 recensioni
I Ti Amo finirono con le prime piogge. Ormai lei l’aveva accettato, ma fu duro quando ebbe la certezza.
A inizio novembre arrivò l’ultima lettera. Corta, fredda, spedita però con il gufo veloce. C’era un’altra, l’aveva fatto intendere, l’aveva capito Luna, che sentiva le cose prima che venissero dette. Un’altra, e lui l’aveva dimenticata così, in pochi mesi d’assenza. Il suo dolce ragazzo, quello che le teneva i piedi per terra e che la portava al settimo cielo con un sorriso storto, il goffo e tenero Neville, l’aveva abbandonata.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock | Coppie: Luna/Neville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Gone

 

Il treno sferragliava sui binari bui, sempre più lento, vicino a destinazione, a riportare a casa chi era stato via a lungo.
Lei era stata via, per tre mesi. In Irlanda era andata, a studiare le creature magiche tipiche di quelle vaste distese verde smeraldo. Lui le aveva promesso che avrebbe scritto tutti i giorni, con i gufi veloci dell’Ufficio Postale in fondo a High Street. Quelli costosi, che portavano le lettere a chiunque con solo il loro nome.
Lei, quando lo aveva detto, aveva sorriso, e gli aveva accarezzato il viso con gli accenni di barba che lasciava crescere. “Non starò via per molto,” gli aveva assicurato con un sorriso, e lui l’aveva baciata.
Era partita una calda mattina di fine luglio, e lui l’aveva accompagnata a King’s Cross, senza lamentarsi della metropolitana e dei babbani. Non si lamentava molto, in realtà, quando era con lei. Aveva baciato i suoi capelli biondo sporco con le sue labbra morbide, e l’aveva stretta forte. “Torna presto, Lunatica,” aveva sussurrato, e lei gli aveva baciato teneramente la bocca, passando con la punta del naso sulla lunga cicatrice sulla sua guancia ruvida. Non aveva pianto, ma lui sì.
Era partita con il suo profumo nelle narici, coi suoi occhi scuri nella mente.
Aveva mandato i gufi veloci per un mese. Ti amo, scriveva sempre alla fine.
E ci aveva creduto.
Era arrivato settembre, e lui era tornato a lavorare. Le lettere erano più corte, i gufi meno costosi, e arrivavano a due, tre giorni di distanza l’una dall’altra. Lei si illudeva che fosse perché i gufi erano più lenti, ma sapeva che erano in realtà di meno di prima. Ti amo, aggiungeva sempre, veloce come una raccomandazione, più come per assicurarla, in realtà. Lei le leggeva e rileggeva, e sentiva l’odore di idromele dei Tre Manici di Scopa sempre più spesso impresso nella pergamena.
Poi ottobre si era posato sui verdi boschi irlandesi e sulle pergamene scritte sempre più in fretta, sempre meno, sempre più lontane.
Luna ormai il profumo di terra fresca della serra numero quattro, dove lui era solito a scrivere quando c’era lei, non lo sentiva più. Sapevano di acquaviola queste missive, di profumo femminile. Eppure lui odiava l’acquaviola.
I Ti Amo finirono con le prime piogge. Ormai lei l’aveva accettato, ma fu duro quando ebbe la certezza.
A inizio novembre arrivò l’ultima lettera. Corta, fredda, spedita però con il gufo veloce.  C’era un’altra, l’aveva fatto intendere, l’aveva capito Luna, che sentiva le cose prima che venissero dette.  Un’altra, e lui l’aveva dimenticata così, in pochi mesi d’assenza. Il suo dolce ragazzo, quello che le teneva i piedi per terra e che la portava al settimo cielo con un sorriso storto, il goffo e tenero Neville, l’aveva abbandonata.
Il treno si fermò con un balzo, e lei riemerse da quel mare di pensieri. Prese il suo semplice zaino e scrutò la stazione con uno sguardo pieno di speranza.
Non doveva sperare, ma forse ancora pensava che lui sarebbe spuntato sul binario vuoto e l’avrebbe abbracciata e baciata con quelle labbra morbide, che le sue mani ruvide ma profumate si sarebbero posate sul suo viso e lei avrebbe chiuso gli occhi e ispirato quell’odore di terra e fiori e sole e si sarebbe sentita al sicuro. Che tutto questo era solo un brutto sogno.
Una figura alta spuntò dal buio, e Luna balzò in piedi e corse a perdifiato fino alla porta del treno vuoto su di cui aveva viaggiato.
Era  venuto. Era venuto.
Saltò graziosa sul binario vuoto e si trovò faccia a faccia con un mantello nero.
“Luna.”
La sua voce era alta, calda, e triste.
Lei si morse il labbro con forza. “Grazie di essere venuta, Ginny.”
L’amica la guardò con comprensione. Il suo sguardo era a metà fra rabbia a tristezza. “Luna, io – Voglio dire, lui non... Mi dispiace.”

Non era venuto. Non sarebbe più venuto.
Il suo corpo si immobilizzò, e sentì il sangue uscirle dal labbro inferiore.
Non poteva essersene andato per un’altra. La amava. L’aveva detto. L'aveva scritto.
Ginny la strinse a se, e in un attimo Luna cominciò a singhiozzare.  “Non – può – non –“
“Lo so, lo so. Non può.” Le sussurrò Ginny all’orecchio, stringendola.
Ma Luna non la sentiva.
Perchè? Perchè sono strana? Non sono abbastanza?

Neville era andato via. E lei era sola, di nuovo.

 

Guess that what you wrote on paper wasn’t really in your heart  / Could’ve sworn you said you loved me /
Guess I heard you wrong / And I guess I wished on a plane /
And I thought it was a star


 



Angolo dell'Autrice;
Lo dico subito: a me questa shot non convince molto.. L'unica cosa che mi piace *sorriso compiaciuto* è la descrizione di Neville. Credo che la userò aquanto :D
L'ho postata solo perchè magari a qualche animo misericordioso può piacere. E poi, non postavo da un'eternità.
La citazione proviene dalla canzone "I Wished On A Plane" di Taylor Swift.
Un bacio!
Saph.<3

  
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