Due Polaroid, un sorriso

C’è un uomo seduto al tavolo del locale.
E’ appena entrato. Il suo nome è Jack. E’ un nome intenso, affascinante e profondo. Come i suoi occhi, nascosti da una cuffia marrone che copre una folta chioma di capelli castani. Sono occhi scuri, incavati e tristi che fissano intensamente un paio di Polaroid che tiene tra le mani. Raffigurano due bambine, forse le sue figlie. Non so, ma non ha l’aspetto di un padre. Però quel paio di fotografie gli regalano un leggero sorriso che gli illumina il volto. Ha proprio un bel sorriso. Incurva le labbra verso l’alto delicatamente, arricciando un pochino il paio di baffetti che ha sotto il naso. Arriva la cameriera e si vede che è un po’ scocciato. Ordina un piatto di waffle al cioccolato e un cappuccino. Aspetta che la cameriera se ne va e poi torna a rimirare le sue Polaroid. Le tiene strette tra le sue mani, come se fossero un piccolo tesoro. Torna la cameriera con la sua ordinazione. Appena lei posa il piatto e la tazza sul tavolo, Jack si butta a capofitto sui suoi waffle, come se non avesse mangiato altro di più buono in vita sua. Dopodiché ingurgita il suo cappuccio per completare la sua abbondante colazione. Stranamente non si alza. Rimane seduto al suo tavolo e inizia a giocherellare con un filo della sua camicia. Secondo me indossa una maglia da corsaro troppo larga, ma comunque gli dona un tocco piratesco davvero affascinante. Solleva lo sguardo dal suo passatempo e incrocia i miei occhi. Sembra che legga nel pensiero. Ma subito li distoglie per soffermarsi sulla cameriera che gli porta il conto. Paga la sua colazione e si solleva, per avviarsi verso la porta del bar. E se ne va per la sua strada, come una persona normale con una famiglia che la ama e un lavoro che rende. Ma Jack non mi ha dato l’impressione di una persona normale. No, Jack sembra un escluso. Un escluso perseguitato dall’ombra di due bambine che si riflettono in una coppia di Polaroid che per una mezz’oretta al giorno regalano a Jack un delicato sorriso.