Capitolo 16
Lacrime d’un eroe
La luce leggera dell’alba
entra a fiotti nella camera da letto. Raggi dorati di sole si attaccano ai suoi
capelli rossi, alle sue ciglia sottili, ballano tra le sue lentiggini, sul suo
naso. Hermione alza il busto, e lui apre gli occhi. I ricci castani le
scivolano sulla schiena nuda. Con un sorriso si tira le lenzuola sul seno. Gli
mette una mano nei capelli, accarezzandolo piano.
-Ron…
lui sorride, soddisfatto,
complice, innamorato. Avvolge la sua mano con la propria, richiude gli occhi.
Allunga un braccio e la tira a se ancora,
stringe il suo corpo caldo e profumato di sonno.
Hermione si lascia
abbracciare, sentendosi calma e felice, dolcemente cullata da quell’abbraccio.
-‘giorno principessa.
Lei sorride, si volta appena,
lo bacia. Guarda il suo sonno tranquillo e una stretta di dolore la prende da
dentro.
-Ron?
-dimmi piccola.
-te ne sei andato…perché
Harry era morto? Solo per questo, non è vero?
la sua stretta si irrigidisce intorno ai suoi fianchi sottili. Eccolo, nella
sua mente, rievocato nella confusione dei ricordi come le parole di una vecchia
canzone, l’amico d’un tempo. La sua risata roca. Le sue preoccupazioni. Le sue
paranoie. Le sue manie.
-sì.
Una mesta sincerità, piena di
un dolore che Hermione credeva essere l’unica a provare. E invece quel dolore è
li, forte e crudo, vivo nella voce del suo uomo, freddo sulla sua pelle. E per
colpa sua.
-ma tu non hai visto il suo
corpo. Non l’hai visto, come hai potuto essere certo della sua morte?- rabbia,
quella che per tanti anni è stata costretta a nascondere sotto strati e strati
di tristezza.
-neppure tu hai visto il mio
corpo, e non per questo hai pensato che fossi vivo!- Ron alza la voce, si
innervosisce.
-e invece sì. Pensavo fossi
vivo, ma non sapevo dove cercarti. Al San Mungo mi hanno detto che tutti quelli
entrati erano morti, tutti, nessuno si era salvato. Mi hanno chiesto se volevo
vedere i corpi e ho preferito attaccarmi alla speranza che tu fossi vivo. Ma
tu? Perché non hai cercato Harry?
-chi ti dice che non ho
cercato? E poi tutto il mondo ha letto l’articolo sul Profeta: “IL BAMBINO
SOPRAVVISSUTO NON HA SUPERATO LA BATTAGLIA MAGICA: IL TRAMONTO DI UN EROE”. Tue
parole, Herm! Tue parole. Non firmate da te, ma lo so che sono tue.
Lei singhiozza sotto le urla
di Ron, si separa da lui, si alza in piedi, tenendosi stretta nel lenzuolo e
lasciandolo li, steso nel letto vuoto, solo la camicia e un paio di boxer
addosso.
-cos’altro dovevo fare???-
anche lui si alza, in piedi dall’altro lato del letto.
Hermione si mette una mano
nei capelli.
-già, cosa!? Che cosa
difficile! Mi spiace davvero che tu non sia arrivato a una così semplice
conclusione, invece che architettarci tanto sopra Ronald! Dovevi solo
chiamarmi! Non andartene così!
-mi sono già scusato, mi
pare!
-scuse? SCUSE! Cosa me ne
faccio delle tue scuse dopo 10 anni?
-allora me ne vado, va bene?
me ne vado! Torno in Isalanda e chi s’è visto s’è visto!
-no! eh no! adesso ti prendi le tue responsabilità, stupido codardo! L’hai
vista di la? L’hai vista tua figlia?
Ron sospira. –certo! ti
sembra che sono così insensibile? Con che bell’uomo sei venuta a letto!
-no tesoro, io non sono solo
venuta a letto con quest’uomo terribile! Io mi sono innamorata di lui!
respirano forte, con il
fiatone, smettono d’urlare.
-ma guardaci Ron, siamo
patetici.- sussurra lei roca.
-già, patetici.
-dopo tanti anni non siamo
ancora capaci di parlare senza metterci a urlare.
-è quello che amo di te. Non
ti fai mai mettere in piedi in testa.- c’è dolcezza nel tono della sua voce.
Hermione sorride, sale sul letto, striscia piano.
Lui si siede, lei gli sale in
grembo, si lascia abbracciare.
-quello che mi fa arrabbiare
è quante cose abbia sbagliato nella mia vita, Ron.
-cosa dici piccola?- le
accarezza le guance, le scosta i ricci dalla fronte, tranquillizzato dalla sua
improvvisa calma.
-anche quando eravamo
bambini. Sbagliavo sempre.
-non è vero…sei la persona
più inteligente del mondo.
-no, non è vero. pensavo di
odiarti, spesso. e invece ti amavo. Avrei voluto sussurrarti parole dolcissime,
e invece ti urlavo contro.
-non ti aiutavo di certo.
-già, ma tu sei quello scemo,
no? avrei potuto essere meno preziosa. Aspettare che tu mi invitassi al ballo
del Ceppo.
-in un qualche modo l’avrei
fatto.
-così tu non ti saresti mai
messo con Lavanda, e io non ti avrei mai tirato contro dei canarini.
Ridono dolcemente al ricordo.
Si baciano ancora.
Hermione si sente così
bambina sulle sue ginocchia. Ma ha bisogno di redimersi da tante colpe. Le
sente li, pesanti su di se.
Ron la guarda con affetto.
Li, seduta, con i ricci che le ricadono sulle spalle e sul seno bianco, con il
lenzuolo stretto intorno al petto come l’elegante vestito dei suoi sogni più
intimi.
-mi sono comportata da
bambina innamorata quell’anno, e tu non te ne rendevi nemmeno conto! Diventavo
rossa, e facevo cio che mi chiedevi.
Ron sorride, l’accarezza.
–anche tu non ti accorgevi di me.
-quando è morto Silente…e tu
mi hai abbracciata forte…e piangevi, e io piangevo…
le sfiora il naso. È così
leggera, piccola e tremante su di lui.
-non mi ero mai sentita così
tranquilla con qualcuno.
-neppure io.
Hermione sorride.
-Ron… io avrei fatto
qualunque cosa per te e Harry. vi amavo come non avevo mai amato qualcuno in
tutta la mia vita. Eravate tutto per me. e credo che lo sarete sempre. avrei
fatto qualunque cosa per voi, anche se questo poteva rendermi infelice, in
qualche modo.
Grosse lacrime le scivolano
negli occhi. Deve essere sincera con lui.
-alla fine vi aiutavo con i
compiti….
-sì, alla fine sì.- un altro
tranquillo sorriso, pieno di ricordi.
-fin dal primo anno, sono
stata dalla vostra folle parte, nelle vostre pazze congetture, sempre…
-sì, fin dalla pietra…
-e poi sono stata io a rubare
gli ingredienti per la pozione polisucco….e a farla….
-sì, mi ricordo tesoro.
Hermione piange. In qualche
modo vuole ricordargli tutte le buone azioni che ha fatto per loro prima di
colpirlo.
-il terzo è stato un anno
terribile.
-non mi è sembrato…
-lo è stato! Litigavamo
sempre. e io piangevo. Piangevo come una fontana, tutte le notti!
Ron l’abbraccia piano, la
culla.
-Ron…
-dimmi cosa mi devi dire
‘Mione. Dimmelo, ti prego. Cosa c’è?
Lei si alza dalle sue
ginocchia.
-ti prego, perdonami Ronnie.
Ti prego…
-per cosa?
-per averti mentito…per
averti nascosto la verità…perdonami per non essere stata sincera…per aver messo
sopra a tutto e a tutti Harry, quella notte.
Ron non ci può credere. Dopo
tutto quel discorso, era li che lo voleva portare? A Harry? a Harry, a lei, a
una notte? si alza.
-cosa?! Cosa stai dicendo?-
urla di nuovo. E piange. Non può crederci. Non può.
-ascoltami, ti prego, ti
supplico…
-ti ascolto! Ma cosa diavolo
devo ascoltare?! Cosa?!
-mancavano poche ore…poi
avremmo incontrato Voldemort…tu dormivi…e Harry piangeva….
-E…?!
-e piangeva, e piangeva…e mi
ha supplicata, mi ha supplicata- singhiozza, cade a terra, senza più forza per
tenersi in piedi sotto il peso delle lacrime, di quella confessione. –mi ha
supplicata di lasciarlo andare.
-cosa?- sussurra piano. Resta
immobile, in piedi, con lei ai suoi piedi, accucciata in pianto a dirotto.
-mi ha detto che se avesse
vinto o perso non importava. Lui se ne sarebbe andato comunque, e noi dovevamo
fare come se fosse morto, esattamente come tutto il mondo.
-quindi…?
-abbiamo scritto l’articolo,
e poi l’ho messo in posa, e l’ho fotografato…
-quindi…?
-e poi il giorno dopo, lui ha
vinto. E c’era il corpo di Voldemort, Ron, io l’ho visto. Io l’ho cercato.
-un mangiamorte mi ha detto…!
-ha mentito! L’ha fatto per
farti soffrire! Per farci soffrire tutti! Harry è vivo!- l’urlo d’Hermione si
spegne in un silenzio straziato dai suoi singhiozzi.
Ron si prende le guance tra le mani, le lacrime che fluttuano sul suo viso come
piccole navi in un mare di disperazione, frustrazione, delusione. In un mondo
fatto di tutto il dolore inutile che ha sofferto nel tempo, tutto l’amore che
ha represso, tutte le lacrime che ha pianto. E poi, improvvisamente, un dolce
barlume di felicità. Perché infondo lui e Harry avevano fatto lo stesso strano
ragionamento, lui ne è certo: sparire per permettere alle loro donne di vivere
ancora.
E perché infondo, Harry è
vivo.
Ginevra distoglie lo sguardo
dagli scogli. Sorride alla vista di una casetta appoggiata li, nella sabbia
umida. Lontano, il sole sta iniziando la sua salita. Un sapore di salsedine e
di umido le riempe le narici. Si sfila le scarpe e le tiene in una mano. Le
dita le sprofondano nella sabbia gelata, morbida, sottile. Le viene voglia di
tuffarsi in mare, ma ha freddo.
Uno strano freddo che si sta tramutando in delusione. Harry non c’è… ma
poi si sente pizzicare gli occhi, come quando ti senti osservata a lungo.
Guarda meglio la piccola casa. ha un cortiletto delimitato da una staccionata
bianco crema, e appoggiato a essa c’è un uomo. Ginny aumenta un po’ il passo.
Può chiedergli un bicchier d’acqua, inizia ad avere sete.
Ha capelli un po’ lunghi che
gli solleticano il collo, senza sfiorargli nemmeno le spalle, in una posa
disordinata e spostata dal vento, di un bel nero corvino che le stringe il
cuore in una morsa di delusioni e speranze.
I capelli neri le fanno
sempre quell’effetto. Si sente come se Harry fosse li, anche se non c’è. Gli
scogli si avvicinano. Ormai si vede già sul loro bordo appuntito, in bilico tra
la vita e la morte, in balia di una scelta che viene posta sul cammino di poche
persone: vivere o morire? E lei ha scelto. Non ci può credere. Vede se stessa,
riflessa nello specchio dei ricordi, com’era un tempo. Come frame di un film lungo
30 anni, eccola. La ragazza popolare. Eccola, la fidanzata dell’eroe. Eccola,
la brava studentessa trasgressiva. Eccola, la giocatrice di Quidditch. Eccola,
Ginny Weasley. Che tante avrebbero voluto essere e che adesso non vuole più
essere nessuno.
Guarda ancora l’uomo. La
fissa attentamente, ha un viso smagrito, pallido, ma un grande sorriso, dolce,
pieno di rimorso.
La nebbia sembra diradarsi
ancora, definisce meglio i contorni del viso dell’uomo.
Gin sgrana gli occhi.
Non ci può credere.
Si avvicina ancora, i piedi
pesanti mentre si scrollano di dosso la sabbia, il cuore che batte con forza.
E poi, la conferma.
I grandi occhi verdi
dell’uomo l’accarezzano, si legano ai suoi.
Ginny si ferma a pochi metri
dal cancello, e lui esce. Sorride, mentre grosse lacrime iniziano a rigargli le
guance. Ma Gin non piange. Le manca persino il fiato per respirare. Lui apre le
sue labbra sottili alla ricerca di qualcosa da dire, ma le parole non servono.
Il suo sguardo le dice tutto cio che lui non riesce a esprimere a voce. C’è la
frustrazione per averla lasciata. La vana speranza che lei possa capire. La
supplica perché lei resti. C’è l’immensa e arida tristezza di quegli anni
vissuti nel ricordo del loro amore infantile. C’è il dolore che ha scavato un
profondo solco dentro di lui, un vuoto che niente può riempire. Lacrime che non
aveva mai avuto il coraggio di mostrare a qualcuno per davvero. Lacrime di un
eroe. Lacrime di qualcuno che a furia di dirsi forte s’è fatto tanto debole da
non riuscire a muoversi, immobile in quella nebbia leggera, immobile in
quell’alba luminosa. Lacrime che gli bruciano gli occhi. Non c’è più coraggio
in lui, non c’è più la sicurezza, non c’è più niente che in passato l’aveva
reso ai suoi occhi bambini un uomo da amare. Eppure, adesso, a Ginny sembra
ancora di più l’uomo più bello del mondo. e i suoi occhi si tingono di
dolcezza, d’affetto, d’amore. Il suo sorriso brilla di coraggio. Lo stesso
coraggio che Harry aveva sempre trovato così rasserenante in lei. E
quell’espressione dura, ardente, viva, pura, le si disegna sul viso, oggi
proprio come allora. E sotto il velo di tristezza, di rancore, di gelo, che gli
ultimi anni hanno dipinto su di lei, lui la rivede: la bella principessa che
per anni e anni aveva aspettato di salire sul trono del suo cuore. Le scarpe le
cadono dalle mani. Ride, con la sua risata fresca e cristallina, fatta adulta,
proprio come lei. Si scrolla di dosso tutto il dolore in quella risata piena di
vita, e Harry si sente rinascere al suo cospetto. Non riesce a muoversi, non ha
la forza di correre da lei.
Ma sa che questa volta, sarà lei a prendere l’iniziativa. Prega
che sia così. Che nonostante tutto, lei sia ancora pronta per lui.
Mi avrai davvero aspettato
per sempre? come nella bellissima fiaba che ogni sera cullava il mio sonno? Tu,
piccola principessa, avrai davvero atteso il tuo eroe fallito al di la del
tempo che il cuore di una donna possa aspettare? Avrai davvero mantenuto per me
quel tuo sorriso così puro e dolce? Per me, le tue carezze, le tue attenzioni,
le tue parole forti, la tua risata…per me?
Ginny si mette a correre,
scivola nella foga, ma si rialza. Questa volta non intende cadere.
Hai davvero aspettato, Harry,
che io ti trovassi? Sei davvero rimasto solo in questa piccola casa, in questa
culla per il nostro futuro, per i nostri sogni? Ti sei davvero fatto da parte
per permettermi di vivere, senza però rinunciare a me? sono qui Harry, sono
qui. Non ho dimenticato le promesse che ti ho fatto. Non ho dimenticato l’amore
che provavo per te. In onore di quelle povere piccole settimane tra noi, io ho
atteso. In onore di quell’unica notte. perché so che c’è un futuro per noi. E
tu sei davvero ancora li, tutto per me? tu, l’unico. La tua timidezza nascosta,
la tua dolce insicurezza, il tuo spavaldo coraggio? E mi stringerai quando ti
arriverò davanti? E mi bacerai quando ti bacerò? E lascerai che io asciughi le
tue lacrime, culli il tuo sonno… ami le tue labbra… proprio come in tutti i
miei più splendidi sogni, finalmente, nella realtà?
Entrambi sanno che c’è un
unico modo per rispondere alle proprie domande.
E Ginny non esita.
Si lancia.
Ridendo, e improvvisamente
piangendo.
Stringe le braccia intorno al
suo collo, gli mette una mano trai capelli.
Harry l’abbraccia con forza,
immerge il naso nel suo profumo dolce e acre, il profumo di fiori che aveva
cercato nel sonno e nella memoria per anni e anni.
Ginny lo stringe con rabbia,
con energia, con durezza. Ma soprattutto, con amore. Respira, per la prima
volta negli ultimi anni, veramente, a pieni polmoni. Scivola lungo le sue
spalle annega il viso nel suo petto. Piange lacrime piene di una gioia grande e
incontaminata.
Harry appoggia la guancia ai
suoi capelli, morbidi, vellutati, lisci.
-Ginny…
lei alza il viso su di lui.
sorride.
-no Harry, no. non adesso…
Non parlare.
La sua voce si è fatta donna,
proprio come il suo piccolo morbido corpo tra le sue braccia. Ginevra porta le
mani sulle guance di Harry. si è fatto la barba.
Chiude gli occhi, e appoggia
le labbra sulle sue.
Si baciano. Con passione, con
tristezza, con disperazione. Scivolano a terra, sulla sabbia umida, nella
nebbia che rada si aggrappa al loro corpo. Nella luce tenue di quell’acerba
alba. E il bacio si fa dolce, lento, pieno di tenerezza, pieno d’amore. Come un
primo timido bacio, tra di loro. Pieno della stessa felicità, pieno della
stessa allegria, pieno della stessa aria di vittoria che aveva avuto quello
vero. Harry si sdraia, il viso che guarda verso il cielo. E le stelle,
abbagliate dalla luminosità di quel sole nascente, dalla corona brillante dei
capelli di lei, impallidiscono appena. Ginny gli si siede nel ventre. Si sfila
la camicetta, che si libra nel vento, si gonfia e poi appassisce li accanto,
inutile come i giorni passati. Poi gli sbottona la sua, e ogni passo lo ama di più,
lo scopre con gioia. Lo bacia ancora. E ancora. E lui guarda il suo viso. Mai,
si erano immaginati un più dolce e romantico ritrovarsi. A Ginevra fanno un po’
male le ginocchia, che sfregano contro la sabbia. Ma non importa. Si morde le
labbra, alza il busto. Il piccolo
seno bianco si intravede sotto il pizzo della biancheria. Da quella
posizione lo guarda, sorride. Ironica, divertita, divertente. Harry ridacchia,
tende le mani e le cattura le guance, la porta a se, e la bacia ancora. Poi lei
si abbassa, sprofonda, gli sfila i pantaloni con calma. Lo vede rabbrividire e
lo abbraccia un po’. arrossisce, improvvisamente pudica, la sua risata
cristallina s’incrina. E lui non le mette fretta. Le slaccia i jeans, le sfiora
il grembo. E Ginny è li, nella sua pura nudità, nella sua innocente bellezza.
Lo guarda, nascosto appena nell’ultima penombra, così serio, così adulto, le
ombre tormentate sul suo viso si diradano, le lacrime nei suoi occhi si
asciugano, e lei, abile fata, ricuce le sue ferite a ogni bacio, si preme su di
lui, in un lungo, dolce, amarsi.
E alla fine ricade sfinita al suo fianco, lo stringe più forte, nasconde il viso nel suo collo, scivola accanto a lui, stanca, brilla d’amore, felice. I loro cuori battono insieme, tranquilli, pieni di vita. Lui le mette le dita nei capelli, e la tiene così, avvolta a se, nella sabbia, nel rombare del mare, in balia delle carezze del vento. E si abbandonano così al sonno, con un quieto sorriso sulle labbra pulsanti di baci.