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Autore: Lady Aquaria    14/09/2011    5 recensioni
"La verità è che io faccio fatica a non pensarci, alla fine mi sono arreso. Ho smesso di provare a liberarmi un po' la testa ma non riesco perché lei c'è. C'è sempre. Con il suo sorriso e i suoi occhi, perfino col suo caratteraccio. E quando non c'è la cerco. La cerco in casa, a Rodorio, la cerco nelle canzoni dei Kiss che ho imparato ad apprezzare e dentro le frasi dei pochi libri che ha letto qui. E sai cosa? C'è ancora. E' ancora dappertutto. L'ho cacciata, ma non riesco a levarmela dalla testa."
E tutto questo, a partire da quel giorno al Goro-Ho.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 6 prequel revisionato

6.

I've got you under my skin.

I've got you under my skin. 
I've got you deep in the heart of me. 
So deep in my heart that you're really a part of me. 
I've got you under my skin. 
I'd tried so not to give in. 
I said to myself: this affair never will go so well. 
But why should I try to resist when, baby, I know so well 
I've got you under my skin?
[I've got you under my skin – Frank Sinatra]
 
"Oh, finiscila." sbottò Milo, arrossendo suo malgrado. "Beh, signori… è stato un piacere per me godere della vostra strepitosa e appagante compagnia ma… sono ahimè costretto a ritirarmi. Buona serata."
"Ecco, tipico. Appena vieni punto sul vivo, ecco che levi le tende. Sì, sì… ritirati pure, codardo."
"Vedremo chi dei due sarà il vero codardo, se io o tu, mio caro amico. Pensa a chi ti aspetta in Cina anziché continuare a prendermi in giro. Au revoir, mes amis."
Milo se ne andò piuttosto velocemente per evitare le battute di Camus, che rimase solo con Shura.
"Cos'ha di speciale questa Mei?"
Bevve un lungo sorso di caffè prima di rispondere.
"E' diversa." disse infine. "Mi piace parecchio."
"Oh, non si era mica capito sai?"
"Non… non è come le altre. Ha carattere."
"E' una bella ragazza, almeno?"
"Hai presente quel film dove tutto ruota intorno a una spada leggendaria che viene trafugata da una guerriera?"
Shura annuì.
"Per l'amore di Athena, Camus… se assomiglia anche solo vagamente all'attrice che soccorre il suo amato morente, allora non è quel granché di bellezza."
"Esattamente a chi ti riferisci? Io parlo della ragazza giovane, quella che ruba la spada."
Finalmente Shura parve capire.
"Oh. Ah!! Beh, non male."
Certo, non male davvero. Evitò di sottolineare ancora che l'aveva attratto il carattere e non la bellezza della ragazza: la bellezza di una persona era una cosa a lungo andare effimera, era il carattere quello che durava nel tempo.
"Beh, vedo che hai i pensieri impelagati altrove. La settimana prossima abbiamo in programma una nuova serata al cinema, spero non ci darai ancora buca."
Si riscosse in tempo per rispondere a Shura.
"Vedrò quel che posso fare." sorrise, guardando poi l'amico dirigersi verso la porta d'ingresso.
Shura aveva ragione, aveva i pensieri rivolti altrove… a più di seimila chilometri di distanza per essere esatti, rivolti a una ragazza capace di catalizzare i suoi pensieri su di sé: dopo una settimana l'attrazione verso quella giovane cinese non era scemata, anzi. E la cosa lo stupiva non poco; abituato a congelare tutta la gamma delle emozioni umane sotto una spessa coltre di ghiaccio, quei sentimenti estranei alla sua natura ora lo sconvolgevano nel più profondo.
Altro che nella pelle, Mei era entrata molto più in profondità.
 
Quel pomeriggio decise di recarsi al Goro-Ho con un considerevole anticipo rispetto alla solita ora, appostandosi appena fuori dalla pagoda con il cosmo azzerato.
Ignara della sua presenza –o almeno così sperava- Mei stava rassettando una camera insieme a Shunrei, che le stava parlando; non comprese che cosa stessero dicendo le due ragazze, ma d'un tratto sentì chiaramente il proprio nome e d'istinto acutizzò i sensi tentando di captare qualcosa con il pochissimo cinese che conosceva: si comportava alla stregua di uno stalker, ma si accorse di non poterne fare a meno.
D'un tratto la vide arrossire, nascondendo il viso dietro le mani mentre Shunrei la incalzava.
"Hǎo ba, hǎo ba. Wǒ hěn xǐhuān tā!" le rispose infine. D'accordo, va bene. Lui mi piace molto!
Mi piace molto.
Camus si trovò a sorridere dietro il salice, abbassando involontariamente lo sguardo.
 
"Oggi non viene a farti visita?"
"Non lo so." rispose Mei.
"Però lo speri."
Dispiegò il lenzuolo con un gran sorriso, sistemandolo bene sotto il materasso.
"Dai, c'è ancora parecchio da fare."
"Lui ti piace!"
"Beh… è un bel ragazzo, non trovi?"
Shunrei ridacchiò.
"Sì, anche se il colore dei suoi capelli non mi piace."
Mei pensò al rosso scuro dei capelli di Camus e il suo sorriso divenne più ampio.
"A me piace molto, invece." rispose. "Dopo una vita trascorsa in mezzo a ragazzi con i capelli neri, i suoi sono stati una sorpresa."
"Eppure il figlio dei Guo non ha i capelli neri…" commentò Shunrei. "Sai, quello che ti fa la corte e che si è tinto biondo ossigenato."
Mei proruppe in una smorfia.
"Oddéi ti prego no… ha infilato la testa in un secchio di ammoniaca per cercare di sembrare più giovane, santi numi!" esclamò Mei, con una smorfia di puro orrore dipinto in volto. "E poi ha quarantasei anni!"
Shunrei scoppiò a ridere.
"Sapevo che mi avresti risposto così." disse. "Camus quanti anni ha più di te?"
"Solo nove mesi."
"Soltanto?"
Entrambe si girarono verso il giardino, dove avevano sentito per pochi istanti arrivare qualcuno.
"E' arrivato alla fine, visto?"
Istintivamente si guardò nello specchio, sistemandosi due ciocche di capelli fuori posto.
"Ti piace, lo sapevo! Ammettilo!!"
"D'accordo, va bene! Lui mi piace molto!"
Si tolse il grembiule e corse fuori cercando di fare meno rumore possibile.
 
"Cosa stai cercando? Posso aiutarti?"
Camus si riscosse di colpo, trovandosi faccia a faccia con l'oggetto dei suoi pensieri.
"Ma che diavolo? …come hai fatto a… insomma, eri laggiù in camera…" le disse, sentendosi decisamente uno stalker. "Cioè, intendevo dire…"
"Come ho fatto a capire che sei qui nonostante avessi il Cosmo azzerato? Dovrei essere cieca per non notare la zazzera di capelli rossi che spicca tra i rami." replicò Mei. "E poi… sei a favore di vento, e qui sei il solo che profuma di agrumi e lavanda. Buon profumo, tra l'altro."
Si sistemò meglio il cesto col bucato sul fianco e gli fece cenno di seguirla. "Pensavo non venissi più, di solito arrivi molto prima."
"A dire la verità ero qui da un po', a guardarti." disse, coprendosi poi il volto. "Oh non."
"Finché non mi spunti in camera in piena notte minacciando di strangolarmi con una corda di violino, allora va bene. Sei in tempo per la cena, comunque."
Sorrise appena.
"Non riuscirei a buttare giù nemmeno una briciola, ho lo stomaco chiuso."
Mei lo guardò.
"In effetti sei strano oggi." fece Mei, dispiegando un lenzuolo per stenderlo sul filo.
Camus sospirò ancora, poi si alzò e l'aiutò a stendere: aveva urgenza di parlarle.
"Puoi fermarti un minuto, per favore?" le domandò, prendendola per mano. L'invitò a prendere posto accanto a sé, sul piccolo porticato che dava sul giardino. "Come avrai capito in questi giorni, non sono un ragazzo di molte parole. Di solito tendo a seppellire i miei sentimenti sotto una coltre di ghiaccio senza esternare mai quel che provo, con nessuno. Da quando ti conosco invece, il mio mondo si è capovolto. E' come se non avessi più certezze, tranne quella che sei l'unica che mi è entrata nella pelle."
"Ci conosciamo da una settimana…" disse Mei, in un fil di voce.
"Lo so, forse non ha senso. Ed è proprio questo che mi sconvolge. Non riesco a pensare a nient'altro, in questi giorni, se non a te."
E Mei si ritrovò a torturare un lembo della tovaglia appena lavata.
"Accidenti." commentò.
"Ti prego… dì qualcosa, mi sento un perfetto idiota." disse Camus.
"Un senso ce l'ha eccome." rispose Mei, arrossendo suo malgrado. "Penso anche io a te. Pensavo al fatto che mi piaci e che non sapevo come dirtelo. Ecco, adesso siamo in due a sentirci idioti."
Camus si schiarì la voce.
Quella confessione indiretta gli procurò un gran sorriso sulle labbra. Sapeva naturalmente che il suo interesse era ricambiato, altrimenti non avrebbe certo insistito. Tuttavia quelle parole gli trasmisero un'insolita euforia.
"Potremmo parlarne a cena. Da me."
Mei sorrise, stupita.
"Da te?"
"Sì, ma non ho secondi fini… solo farti provare la mia umile cucina."
Lo guardò, ammirata.
"Un ragazzo che cucina? La faccenda diventa interessante."
"Più che altro, una faccenda necessaria, se ti affidano due allievi e devi provvedere a te stesso e a loro. Ho imparato pian piano, per tentativi…"
"Meglio di niente, ti pare?" gli rispose. "E sia, proviamo."
"Metti qualcosa di pesante, farà decisamente freddo per te." Finì di stendere il bucato e posò la cesta sotto il portico.
"Ci metto due minuti, arrivo." gli sorrise.
Shiryu era in salone con Shunrei, e non la sentì entrare né uscire poco dopo con un cappotto in mano.
"Non capisco che cosa intendevi dire prima. Questo potrebbe bastare?"
Camus saggiò la consistenza del tessuto.
"Per qualche minuto dovrebbe bastare, accenderò il fuoco." le rispose, criptico, avvicinandosi a lei. "Posso?" aggiunse, cingendole la vita e tirandola a sé.
Non ebbe il tempo di rispondere che Camus aveva già teletrasportato entrambi in un altro luogo.
"Dove siamo?"
Doveva essere la stanza principale di quella casa: un enorme camino di pietra dominava la scena e a terra, davanti a esso, faceva mostra di sé un grande tappeto sui toni del blu e del rosso che, appena tessuto, doveva aver avuto dei colori molto accesi. Un divano blu ravvivato da coperte e cuscini e un tavolo con quattro sedie erano i mobili principali, accompagnati da cassepanche e armadietti vari disposti lungo le pareti interamente perlinate in legno chiaro. Accanto al camino, un porta attrezzi e un contenitore porta ciocchi completavano l'arredamento; collegata a quel salone intravide una stanza adibita probabilmente a cucina e, infine, un'altra stanzetta separata dal resto da una tenda di tessuto grezzo.
Camus scostò delle grezze tende bianche da una delle finestre.
"Siamo in Siberia, nella mia isba."
"Dèi del cielo." esclamò Mei, avvicinandosi e guardando fuori: una distesa infinita di neve e ghiaccio dove il cielo, bianco e carico di neve, si confondeva con la terra. "Come…come diamine ci siamo finiti, qui?"
"Una caratteristica di noi Gold Saint. Possiamo spostarci alla velocità della luce." spiegò Camus, infilando dei ciocchi di legno e delle pagine di un vecchio giornale ingiallito nel camino e gettandovi dentro un fiammifero.
"Anche gli onori di casa. Se alla pagoda non ci fossimo io o Shunrei, Shiryu morirebbe di fame, sicuramente dentro abiti stazzonati e sporchi. Non è capace di occuparsi di una casa, di fare il bucato o di cucinarsi un uovo." sorrise Mei, avvicinandosi al fuoco.
"Dimmi un po’. Sei una di quelle tutte schizzinose che mangiucchia appena un po’ di sedano o sei una buona forchetta?"
"Mangio e basta, e al diavolo la dieta. Nessuno nasce perfetto, quindi perché accanirsi per avere un fisico particolare?"
Camus sorrise compiaciuto.
"Interessante. Continui a guadagnare punti."
Dopo aver guardato un'occhiata veloce in giro, Mei decise di accomodarsi sul tappeto mentre Camus le parlava del luogo e della difficoltà iniziale ad adattarsi, quando era piccolo.
"E' incredibile come ci si senta terribilmente frastornati quando il mondo ti frana sotto i piedi e le radici che ti hanno tenuto ancorato vengono strappate con insensibile crudeltà. Purtroppo non ho difficoltà a immaginarti, bimbo spaesato e terrorizzato, trapiantato bruscamente qui in mezzo al nulla."
Le si sedette di fronte.
"E' impossibile da spiegare a parole." convenne. "Capisci in fretta che non hai altra scelta se non quella di adattarti: non esiste più la tua vita precedente, c'è solo il futuro e l'ignoto. Inizi ad adattarti, poi ti rassegni e infine, ti abitui. Sulle prime tremi fino a battere convulsamente i denti per il gelo che ti penetra nelle ossa e sembra non volerti abbandonare, finché non impari a gestirlo e, infine, a governarlo. Ma poi scopri che non sei tu a governare il ghiaccio, ma è lui a governare te, perché non solo ha preso possesso del tuo corpo, ma anche delle tue emozioni. Sei abituato a badare a te stesso e fare affidamento su poche persone, ti convinci che vivrai la tua esistenza da solo perché nessuna persona sana di mente vorrebbe vivere accanto a uno come te e quando infine trovi qualcuna che ti piace e con la quale potersi aprire, la cosa ti spaventa perché non sai come gestirla."
"Nessuna persona sana di mente… ma chi ti dice che io lo sia?"
Lui sorrise in risposta, decidendo poi di alzarsi per controllare la cena.
Un pasto senza troppe pretese, con pietanze che lei sicuramente non doveva aver mai mangiato prima e che, nonostante il sapore insolito, parvero piacerle.
"Come ti sembra la cena?"
Mei fece la scarpetta con un pezzo di focaccia e assaporò la salsina che aveva accompagnato le carote.
"Buona, direi." rispose. "Sento un retrogusto di zenzero, è possibile?"
"Era nella salsa." disse Camus.
"Mi sembrava, infatti." Mei posò il piatto accanto a sé –non avevano cenato sul tavolo, ma erano rimasti sul tappeto- e bevve un po' d'acqua mentre Camus spizzicava i resti della focaccia. "Chissà quanto tempo hai impiegato per cucinare tutto questo."
Lui si schiarì la voce.
"Era una cosa premeditata, a dire il vero. Ho preparato tutto ieri sera, e prima di venire da te ho scongelato." ammise, con un certo imbarazzo.
"Non arrossire, mi sta piacendo tutto questo." gli disse. "Lo apprezzo molto."
Ci fu un attimo di silenzio che entrambi non seppero come interpretare, quindi Camus si alzò quasi di scatto diretto ai fornelli.
"Cam, tutto bene?"
"Sii grata al mio tempismo." disse lui, mostrandole la padella. "Abbiamo corso il rischio di restare senza dolce."
"Oh, mio eroe!" esclamò Mei, enfatizzando volutamente il tono drammatico con la quale aveva risposto. "Come potrò mai ripagarti?"
Di riflesso Camus inarcò un sopracciglio, guardandola fissa negli occhi.
"Ti ho già accennato al fatto che da dove provengo io non siamo tutti nobiluomini?"
"Sì?!"
"Ebbene, alla tua domanda, Milo ti sarebbe saltato addosso."
Mei sentì l'improvvisa tensione formatasi nel momento in cui lui aveva inarcato il sopracciglio defluire dal proprio corpo così com'era arrivata.
"E tu sei troppo nobile per farlo?" domandò divertita, ingoiando un boccone di frittella con panna e lamponi.
"No. Sto facendo uno sforzo atroce per non farlo." le rispose, facendola sorridere.
"Avresti qualcosa in contrario se fossi io a prendere l'iniziativa?"
"Aspetta un attimo, non è ancora detto che i miei sforzi funzioneranno."
"In questo caso allora vale la pena aspettare." rispose Mei, mettendosi comoda.
Camus posò il proprio piatto accanto a sé e si allungò verso di lei. Fino a quel momento la serata proseguiva a gonfie vele pur avendo pianificato solo la cena, tuttavia si scoprì estremamente felice riguardo quell'intermezzo –desiderato ovviamente, ma non pianificato… non era ancora così subdolo-.
Almeno finché la porta dell'isba si aprì, di colpo.
Camus si raddrizzò e si schiarì rumorosamente la voce, richiamando immediatamente l'attenzione del nuovo arrivato.
 
Appena posato lo sguardo sul Maestro e la ragazza che era nella stanza con lui, Hyoga realizzò di essere arrivato nel momento sbagliato e si sentì avvampare maledicendo il suo tempismo.
"Oooh, cavolo." esclamò, dando loro le spalle una volta realizzato che cosa avesse appena interrotto.
Mei si ritrasse imbarazzata afferrando la prima cosa che trovò sul tappeto –la t shirt di Camus- mentre quest'ultimo si alzava in piedi dandole tutto il tempo per rassettarsi. "Hyoga." disse, passando poi al russo. "Confido che giustificherai la tua intrusione con ragioni di profondo valore. "
Hyoga chinò la testa.
"Ero venuto per vedere voi, Maestro. Ho bisogno di parlarvi."
"È una cosa così importante? Possiamo parlarne domani?"
Hyoga guardò brevemente Mei e annuì.
"Certo, maestro." oggi, o domani, che fretta c'era? "Jacov, torna a casa… ci vediamo domani, okay?"
Appena vide il ragazzino sparire in fondo al sentiero che portava all'isba, Hyoga si chiuse la porta alle spalle, diretto alle stanzette del piano di sopra.
"Mi dispiace." mormorò a Mei, schiarendosi poi la voce. "Hyoga! Avvicinati, voglio presentarti una persona."
E il ragazzo, ubbidiente, si avvicinò squadrando Mei con i suoi occhi chiari come il ghiaccio.
"Non so se il tuo amico ti ha mai parlato di lei, ma…"
Hyoga annuì.
"Più o meno. Sei la sorella di Shiryu." disse, rivolgendosi direttamente a lei.
"Universalmente conosciuta come Mei-Yin. Ciao." salutò Mei, allungando la mano destra, contrariamente a quanto si usava nel suo Paese, dove il contatto fisico era ridotto ai soli membri della famiglia.
Una stretta di mano parecchio salda per una ragazza di quella corporatura; in effetti, assomigliava parecchio al suo amico, ma Shiryu non aveva mai speso molte parole nei suoi riguardi, perciò di lei sapeva molto poco. Ebbe però l'impressione che se la sarebbe ricordata per sempre o comunque negli anni a venire.
"Noi andiamo, Hyoga." disse Camus, d'un tratto. "Mi raccomando, spranga bene la porta. Io accompagno Mei a casa."

*

"Temo che per questa sera sia tutto." esordì Camus, una volta giunti al Goro-Ho. "Ti ringrazio per aver accettato l'invito e per la bella serata."
"Non deve per forza di cose finire qui, in questo modo." gli rispose Mei, guardandolo negli occhi e sfoggiando una certa dose d'audacia.
"Ma qui c'è tuo fratello." le rispose.
L'isba era decisamente un luogo più ideale rispetto alla pagoda dove non c'era una benché minima speranza d'avere intimità.
"Shiryu è l'ultimo dei miei pensieri." replicò Mei, voltandosi verso la pagoda: la luce in cucina era spenta, segno che tutti erano ritirati nelle loro stanze, e una luce appena soffusa s'intravedeva dalla camera dell'anziano Maestro, sicuramente impegnato a leggere, come tutte le sere a quell'ora. "Mio fratello non è dappertutto e non conosce tutti gli anfratti del posto.  Seguimi."
Lanciando un'occhiata circospetta alla pagoda, la seguì lungo il giardino dove avevano parlato poche ore prima, fino a un sentiero che costeggiava il bacino nel quale la possente cascata si gettava prima di proseguire la sua corsa a valle.
"Dove mi stai portando?" le domandò, quando superarono uno stretto arco scavato nella pietra.
"In una grotta dietro la cascata che ho scoperto da ragazzina. Spesso, per fuggire da mio fratello, prendo un libro e un thermos di tè e mi rifugio qui. E' l'unico posto dove posso stare tranquilla." gli rispose. "Ma qui occorre fare attenzione, perché spesso e volentieri la roccia, in questo punto, è..."
Non gli riuscì di afferrarla in tempo, che Mei finì in acqua.
"…scivolosa?" concluse lui, reprimendo una risatina. "Grazie per l'avvertimento. Magari avresti potuto seguirlo tu stessa."
Mei boccheggiò.
"Spiritoso. Anche il fondo è scivoloso!" disse, tentando di rimettersi in piedi ma senza successo.
Camus si chinò, sporgendosi verso di lei.
"Coraggio, ti aiuto…"
Fu decisamente una pessima mossa.
Appena ebbe preso la sua mano, Mei lo tirò con sé in acqua, per poi rialzarsi in piedi con scioltezza quando lo vide riemergere.
"Oh scusa, che sbadata." cinguettò. "Mi era parso di sentire una risatina, e ho pensato bene di vendicarmi."
"Ah sì?" quando la vide issarsi sulla riva, la raggiunse con due ampie falcate e la tirò di nuovo giù a forza.
Mei guardò le labbra di Camus e i suoi occhi, che brillavano a pochi centimetri da lei, e pensando a quanto successo poco prima nell'isba, il cuore tornò a batterle come un tamburo nel petto.
"Dovremmo uscire da qui, troppa umidità." mormorò con un filo di voce, nervosa. "Non so te, ma non ho intenzione di aggiungere la voce broncopolmonite alla lista dei ricordi legati alla mia prima volta." avvampò imbarazzata quando pronunciò quelle parole.
"Neanche per me sarebbe una bella cosa da ricordare."
Issandosi sul sentiero che prima di cadere stavano percorrendo, Mei si accorse di tremare: per il freddo, per la situazione o più probabilmente per entrambe le cose. La maglietta di Camus che s'era infilata all'isba in fretta e furia, ora fradicia, non aiutava di certo.
"Dovrò fare affidamento su di te, temo… perché non ho la più pallida idea su come iniziare…" disse Mei, a voce bassissima.
Le scostò la frangia umida dal volto e la fissò dritta negli occhi, prima di sfilarle la maglietta e baciarla.
 
**
 
Nei film melensi e fin troppo romantici accade sempre tutto in maniera perfetta.
La giusta atmosfera, un lettone comodo e soffice dove cedere alle lusinghe di Morfeo, i protagonisti che arrivano al traguardo insieme…
Non diventerai cinico proprio ora eh, Camus?
Certo, quello non era proprio il luogo più adatto dove fare l'amore, ma insomma, aveva quel tocco romantico che non guastava.
La cascata che nascondeva la grotta al mondo lasciava filtrare poca luce, era vero, ma quella penombra era suggestiva, a modo suo. Il futon che con gesti febbrili lui e Mei avevano tirato fuori da un armadio a prova d'umidità non era paragonabile un materasso spesso venticinque centimetri, ma era comodo.
Se si ignorava la sottile umidità dovuta all'acqua che scorreva a venti metri da loro, quel luogo intimo non era affatto male.
Ridacchiò, e Mei si mosse appena contro di lui.
Doveva aver freddo, almeno a giudicare dalla pelle d'oca delle braccia. Futon o meno, erano nudi e ancora umidi.
"Hai freddo?" le sussurrò, stringendola di più contro il proprio corpo.
Mei sospirò appena, godendosi il tepore di quelle braccia, non sentendo nient'altro che il cuore di Camus contro la sua schiena e il fragore della cascata.
"Un po’."
"E freddo a parte, come ti senti?"
"Meravigliosamente bene." rispose Mei, con un gran sorriso.
Impiegò qualche istante per farle una domanda che in quel momento gli pareva urgente.
"Ti ho fatto male?" domandò infine con parecchio imbarazzo, a bassissima voce. Mei non gli rispose subito; colto da un leggero disagio si puntellò su un gomito e la guardò.
"Un po'." ammise infine Mei.
Si distese di nuovo, lasciandosi sfuggire, senza volerlo, un'imprecazione.
"Mi dispiace così tanto." disse, coprendosi il viso con le mani.
"Nessuno dei due sapeva che cosa fare, e allora?" sorrise Mei. "Guarda che faccia, sono ancora tutta intera." si rigirò tra le sue braccia, accoccolandosi contro il suo petto, e cercò di cambiare discorso. "Saggia idea, quella del futon, vero? Cam? Guardami, non è successo niente di male."
"Oh sì. Il futon è sicuramente da aggiungere sulla lista dei bei ricordi legati alla prima volta." convenne lui dopo qualche minuto.
"Io invece credo che, campassi mille anni, non dimenticherò mai il modo in cui, a un certo punto mi hai guardata." confessò Mei. "Come per accertarti che fossi vera e non un sogno."
"Io non sarei riuscito a spiegarlo meglio." le rispose, lasciando che esplorasse ancora il suo corpo. In risposta la strinse ancora un po’, accarezzandole la schiena. "Mei?"
"…mmh?"
"Vorresti venire con me ad Atene?"
 
***

Lady Aquaria's corner.
(capitolo revisionato in data 9 dicembre 2014)
Eccomi qui, con un capitolo ricco di avvenimenti. Hyoga qui ha 14 anni, in linea con l'anime. Non ho menzionato il Maestro dei ghiacci, perché semplicemente non c'è, nella mia fic.
Quando Hyoga appare di colpo, e Camus gli dice che lo crede in Giappone, combacia al momento dell'anime in cui Hyoga va in Siberia per parlare con il maestro dei ghiacci, ma trova il villaggio sotto assedio e si trova costretto a ucciderlo. Grazie come sempre a chiunque legge e tutto il resto, a GioTanner che mi ha dato un paio di consigli.
Alla prossima,
Vale^^
Lady Aquaria
   
 
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