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Autore: Ziggie    15/09/2011    3 recensioni
E rieccomi qui a scrivere di nuovo del capitan Barbossa. Nei frammenti precedenti ho narrato della sua storia prendendo spunto da situazioni accennate nella sua biografia, qui invecce si cambia musica. In questa storia Hector narrerą dei propri pensieri, delle proprie sensazioni di fronte a quanto ha vissuto: morte, resurrezione e tutte le altre imprese alquanto epiche che lo hanno accerchiato nel corso della saga. Quindi non mi resta che augurarvi buona lettura ;)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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E rieccomi qui con un altro frammento, grazie a Fanny che mi segue assiduamente dalla mia prima fic su Hector e grazie al carissimo Lord Beckett, che mi ha fornito diverse informazioni interessantissime, vi devo un buon boccale di Rhum, milord. I dialoghi sono ovviamente presi dal terzo film e, come nel quinto frammento, non me ne vogliano le fan di Turner ^^""""" .... Detto ciò, buona lettura e recensite numerosi ;)  
 

         6.Viaggio ai confini del mondo


L’oscurità della notte accompagnava il nostro viaggio verso l’ultimo cancello. La volta stellata si rispecchiava nella fluidità nero pece dell’oceano, mentre l’Hai Peng scivolava, lenta e accompagnata da una leggera brezza, su quello specchio buio, allontanandosi da una Singapore in fiamme.

Avevo lasciato a Turner il compito di studiare le carte nautiche: voleva fare il grande navigatore? Aveva l’occasione per mostrarsi tale.
Io me ne stavo a poppa, alla barra del timone a pilotare l’ennesima nave verso l’ennesimo viaggio, felice di essere tornato un tutt’uno con il mare – quella notte potevo rivivere le sensazioni che mi avevano fatto diventare uno dei suoi uomini: dalla brezza che mi accarezzava i capelli, alla spuma dell’onda che mi solleticava la pelle – ma stanco di essere una marionetta manipolata dai fili dell’ironia.

La maledizione non mi aveva tolto solo le sensazioni, prosciugandomi istanti di vita; mi aveva privato del bene più grande di tutti, un bene che avevo acquistato con il sudore della fronte e la forza della mia schiena: la libertà.

Ero tornato alla ribalta, ero vivo, ma a quale scopo? Non compivo più un’azione di onesta pirateria da anni; ero vincolato ad una dea e dovevo riprendere il rivale di tutta una vita. Una situazione paradossale alla quale si aggiungeva l’atmosfera magico-misteriosa, nella quale, io, non avevo mai creduto.

E’ vero, sono qui grazie a riti voodoo e sono stato vittima di una tremenda maledizione, ma, nonostante ciò, tengo fede al mio credo: le storie di fantasmi possono esistere, ne sono stato protagonista per dieci anni, ma storie di taverna, superstizioni e quant’altro di quel genere no mi hanno mai toccato, ne mi toccheranno mai.

Al tramonto dell’ennesima giornata di viaggio, arrivammo a costeggiare le zone ghiacciate vicino all’artico: non mancava molto alla nostra destinazione. Sentivo Pintel e Ragetti brontolare tra loro, un po’ scettici riguardo alla resa positiva di quella missione; miss Swann, dietro di me, tremava di freddo e teneva il suo sguardo fisso a terra, mentre Turner, cupo e sfacciato, proseguiva a grandi falcate nella mia direzione.

-  Vi spiace interpretare, capitan Barbossa? – mi chiese a denti stretti, porgendomi la mappa. La afferrai e, dopo averle dato una breve occhiata, la richiusi, ghignando al ragazzo; non occorrevano troppe spiegazioni, ne mi occorrevano mappe: quella rotta la conoscevo già.

- Il vostro sguardo si è mai posato su un verde baleno, mastro Gibbs? – chiesi, inscenando un buon discorso, giusto per spazientire maggiormente Turner. Gibbs sorrise, fiero di essere stato preso in considerazione come un libro aperto, data la sua esperienza in mare, ma quell’entusiasmo sviò in irritazione quando Pitnel intervenne nel rovinargli la battuta finale. Alzai gli occhi al cielo, divertito, lo ammetto, porgendo, poi, con uno strattone, le carte al ragazzo.

- Fidatevi mastro Turner, non è affondare nella terra dei morti il problema. E’ riemergerne – commentai ovvio, ghignando divertito e correggendo appena la rotta.

L’Hai Peng veleggiava nell’oscurità dell’ennesima notte, stavamo acquistando velocità. Di fronte a noi: il nulla. Ancora un passo e lo scrigno ci avrebbe accolto.

- Barbossa, di prua – mi avvisò Turner, allarmato.
- Si! Perduti, questo siamo! – affermai alquanto tranquillo: perdersi dopotutto era l’unico modo per trovare qualcosa di introvabile, altrimenti chiunque sarebbe stato in grado di trovarlo.

Turner, ancor più preoccupato dalla mia risposta, si precipitò in mezzo alla ciurma, dettando ordini, volendo prendere in mano la situazione. Il sangue pirata, che gli scorreva nelle vene, doveva avergli dato al cervello: un vero peccato che suo padre non fosse con lui, nella sua tenera età, a raccomandarlo di non imbracciare la via della pirateria. Un mozzo troppo avventato, un povero illuso, ecco cos’era. Lo fulminai con lo sguardo e dettai ordini nel mio classico stile: ringhiando e smuovendo quella manica di smidollati a non dar retta alle parole di un insulso ragazzino.

- Non vi azzardate! Che si avanzi dritti e giù! – mi assicurai a gran voce.

La giunca arrivò al limite del mare, restando in bilico su quel dirupo per alcuni istanti finché l’enorme cascata ci prese con sé, gettandoci nel nero pece dell’oblio delle profondità marine. 
  
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