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Autore: CatchingLightning    15/09/2011    3 recensioni
La vita non è sempre semplice, né per i mezzosangue, né per gli abitanti dell'Olimpo, né per i mortali.
Piccola raccolta di song-fic per dimostrare come la vita possa accanirsi con chiunque sulle note di Mean di Taylor Swift, tanto per essere ottimisti...
{1. Piper}
{2. Dioniso}
{3. Leo}
Buona lettura (ma attenzione, la storia presenta spoiler)!
Genere: Angst, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Mean

You, with your voice like nails on a chalkboard
Calling me out when I’m wounded
You picking on the weaker man
Well you can take me down with just one single blow
but you don’t know, what you don’t know...


    -Che razza di babbei...
Un adolescente sui diciotto anni sedeva su una sedia con un'espressione parecchio incavolata sul volto ed un calice di vino in mano, brontolando qualche frase poco carina nei confronti di qualcuno.
Posò il calice sbuffando a si concentrò alla magnifica visione del vigneto che cresceva rigoglioso vicino alla sua abitazione. L'autunno si avvicinava e, presto, avrebbe avuto la possibilità di preparare dell'altro vino.
Quel pensiero era l'unica cosa che lo tenesse dalla depressione dell'essere diverso da tutti gli altri.
Già, perché Dioniso non era come gli altri.
Non solo non era come i comuni mortali, ma non era nemmeno come tutti gli altri figli di Zeus. Ci si sarebbe aspettato che fosse alto, atletico e muscoloso oltre ogni limite, che vincesse ogni duello e che fosse considerato un eroe.
Sì, altro che eroe! Era considerato la barzelletta della città, più che altro.
Un disonore per tutti i figli di Zeus.
Un errore.
Sì, c'era sicuramente qualcosa di sbagliato in lui: non poteva essere un figlio di Zeus, nemmeno per idea! Invero, c'erano persino delle volte in cui si trovava a dubitare lui stesso di chi fosse realmente suo padre.
Dioniso sbuffò arrabbiato. Quel giorno si era girato con la luna storta, quindi meno che mai era in vena di ricevere visite sgradite.
Ma, chiaramente, un gruppetto di voci di ragazzi chiamò il suo nome ad alta voce.
Dioniso le riconobbe immediatamente: erano le voci dei suoi fratellastri.
Strinse i pugni.
Non aveva la benché minima voglia di vedere quei quattro fenomeni da baraccone.
    -Dionisuccio!- chiamarono nuovamente i ragazzi.
Dioniso balzò in piedi, stringendo ancor più i pugni.
Non li sopportava proprio.
Lui non aveva mai fatto loro alcun dispetto, non li aveva mai disturbati e non si era mai intromesso nelle loro perfette esistenze di figli di Zeus.
Ma allora perché dovevano prendersela con lui?
No, decisamente non poteva sopportarli, né loro né le loro angherie nei suoi confronti.
    -Che volete?- urlò Dioniso in risposta, mentre i fratelli facevano il loro ingresso nell'abitazione, ridendo e scherzando quasi fosse casa loro.
    -Rilassati, Dionisuccio!- disse un tizio, sfoggiando un sorriso estremamente tirato. -Siamo venuti a farti una visitina.
Ecco, lui sì che era il tipico figlio di Zeus! Capelli mori e occhi blu elettrico. Alto, atletico, tonico e con i muscoli ben definiti: uno di quei tizi che se ne vanno in giro per la città a petto nudo e a cui gli scultori chiedono di posare per le proprie statue.
Uno di quei tizi che fanno sentire tutti gli altri delle nullità anche solo essendo presente.
    -Non mi chiamare Dionisuccio!- protestò Dioniso, offeso.
    -Come vuoi, Dionisuccio.- rispose il tizio, scompigliandosi i capelli con eleganza.
Gli altri figli di Zeus erano comodamente stravaccati in ogni angolo della casa, giocherellando con qualsiasi cosa si trovassero attorno.
    -Che volete da me stavolta?- domandò Dioniso al fratello.
Il moro si accigliò. -Ma come, non possiamo nemmeno fare un saluto a nostro fratello?
Dioniso alzò un sopracciglio.
    -L'ultima volta che siete venuti qui avete scagliato un fulmine sulla mia cantina.- precisò.
    -Dettagli di nessuna rilevanza, Dionisuccio.- replicò prontamente il moro, facendo spallucce e ridendo alla vista di un altro figlio di Zeus con un'anfora incastrata in testa.
Dioniso era veramente irritato: se avessero continuato così, gli avrebbero distrutto la casa una seconda volta, e non ne sarebbe stato troppo contento.
    -Beh, se è solo per questo potete anche togliere il disturbo.- l'informò Dioniso, facendo un cenno molto eloquente in direzione dell'uscio.
Il ragazzo moro rise.
    -Non essere sciocco, Dionisuccio!- lo avvertì. -Siamo venuti fin qui per te, in fin dei conti.
    -Peccato che io non ve l'abbia chiesto.- puntualizzò Dioniso.
Il moro divenne improvvisamente duro d'orecchi.
    -Abbiamo in programma una gara di lancio del disco, questo pomeriggio.- dichiarò il moro.
Dioniso fece spallucce. -Per quello che me ne può importare...
    -Oh, no, non hai capito!- rise il moro. In qualche modo, la sua risata era alquanto inquietante. -Ci manca un giocatore e abbiamo pensato subito a te. Verrai a giocare con noi, Dionisuccio.
    -No, no, frena!- lo bloccò Dioniso, con voce ferma. -Io non gioco con voi dopo che mi distruggete la cantina!
Il moro rise di nuovo.
Fischiò, e tutti i fratelli, compreso quello con l'anfora in testa, gli rivolsero subito l'attenzione.
    -Ehi, avete sentito?- annunciò il moro, mentre gli altri mezzosangue si riunivano a semicerchio attorno a lui, lanciando le più svariate occhiate a Dioniso. -Dionisuccio non vuole giocare con noi.
I fratelli risero, come se fosse un'idea ridicola. La risata di quello con la testa nell'anfora rimbombò per tutta l'abitazione.
    -Già, perciò se è solo per questo che siete venuti potete anche andarvene.- disse Dioniso.
    -Oh, tu non hai capito!- ripeté il moro, con un ghigno sadico sul volto. -Ci manca un giocatore e tu giocherai, che ti vada o no.
    -Dammi almeno un buon motivo per cui dovrei farlo!- protestò Dioniso, alterato.
Il moro ghignò. -Anche solo per perdere qualche chilo, che dici?
Gli altri ragazzi presero a ridere sguaiatamente, senza nemmeno un briciolo di ritegno. E dire che erano figli di Zeus, figurarsi se fossero stati la progenie di Ares...
    -O anche solo per mettere la testa fuori da questo cunicolo!- aggiunse un altro ragazzo, spavaldo.
    -Puzzi sempre di vino, per le mani di Briareo!- concordò il moro.
Dioniso strinse i pugni ancora più forte, fino a farsi quasi sanguinare le mani.
Non avevano il diritto di prendersela con lui in quel modo.
Nessuno aveva questo diritto.
Nemmeno suo padre l'aveva, figurarsi quei poveracci senza un briciolo di cervello dei suoi fratelli.
    “Smettetela...” pensò Dioniso, trattenendosi a stento dal mollare un cazzotto negli addominali scolpiti del fratellastro.
    -Non sei un atleta!- iniziò un ragazzo, contando sulle dita.
    “È meglio per voi se la piantiate, sul serio...”
    -Oh, e non sei un letterato!- aggiunse un altro.
    “Nemmeno tu lo sei, sottorazza di babbuino!”
    -Nemmeno un poeta, se è per questo.
    “Smettetela, vi avverto!”
Come se qualcuno potesse leggergli nel pensiero...
    -Che cosa sei, allora?- gli chiese il tizio moro, con un ghigno sprezzante.
La rabbia di Dioniso venne improvvisamente rimpiazzata dalla desolazione. Lui era un errore, lo sapeva benissimo. E lo sapevano anche i suoi fratelli, per inciso.
Avevano appena detto tutto quello che non era: non era un atleta, non era un letterato, non era un poeta, non era uno scultore, non era un pittore... l'unica cosa che gli riusciva bene era preparare il vino, ma non sarebbe mai stato rispettato per questo.
Appunto, lui era solo un errore.
Un errore di Zeus, sceso sulla Terra per sbagliare per l'ennesima volta.
    -L'unica cosa che sai fare è preparare vino!- esclamò l'ennesimo ragazzo con lo stesso tono sprezzante dei suoi fratelli, come per dare voce ai pensieri di Dioniso. -Insomma, cosa sei in realtà?
    “Sono affari tuoi?” gli rispose mentalmente Dioniso, arrabbiato.
    -Oh, te lo dico io!- intervenne il moro, sempre con il solito tono beffardo. -Lui è un errore, ecco cos'è!
Dioniso era sul punto di mettersi a prenderli tutti a calci nei semidivini fondoschiena fino all'uscita.
Sapeva che era vero, ma non avrebbe permesso agli altri di ricordarglielo.
    -È lo zimbello della città!- aggiunse il moro, lanciatissimo. -Tutti ridono di lui, eccome se lo fanno!
Provava divertimento nel far sentire male Dioniso? Era forse la manifestazione del sadismo allo stato puro?
Probabile, ma Dioniso non si sarebbe arreso alle loro offese ed ai loro tentativi di buttarlo giù così facilmente.
Non un'altra volta.
Non di nuovo.
    -Ora basta!- urlò Dioniso. Il terreno tremò sotto i piedi dei mezzosangue.
Il moro smise di ridere, accigliato. -Come, scusa?
    -Ho detto basta!- ripeté Dioniso, più arrabbiato che mai. -Fuori immediatamente da casa mia, o vi ci mando io con un pestone sul didietro!
Gli occhi del moro avvamparono di rabbia e d'oltraggio. Dioniso sapeva perché: mai nessuno gli aveva portato così poco rispetto e non avrebbe di certo lasciato che quel qualcuno fosse proprio il fratello viticoltore.
    -Molto bene, Dionisuccio.- annunciò. -Noi ce ne andiamo, ma ti lasciamo un piccolo ricordino della nostra visita.
    -No!- urlò Dioniso, intuendo quello che aveva in mente il moro.
    -Oh, sì, invece.
Un paio di ragazzini immobilizzarono Dioniso per le braccia e le gambe e lo condussero fuori dalla sua abitazione. Gli avevano anche tappato la bocca, altrimenti Dioniso avrebbe preso ad urlare come un ossesso e sarebbe ricorso ai morsi pur di liberarsi: qualcuno dei suoi fratelli aveva già avuto modo di testare la qualità dei denti del fratello qualche giorno prima, e non ci tenevano a ripetere l'esperienza.
Così, una volta condotto all'esterno, tutti i figli di Zeus evocarono un temporale coi fiocchi, di quelli tuoni-fulmini-e-saette. Il cielo divenne nero e tutto si fece più buio del Tartaro.
Dioniso era disperato. Sapeva quali erano le loro intenzioni.
La risata del moro si perse nel vento, mentre un fulmine colpiva la casa di Dioniso, mandandola a fuoco. Stranamente, malgrado piovesse, il fuoco sembrava più ardente e vivo che mai.
Tutti i figli di Zeus ridevano, sghignazzavano e schernivano Dioniso, mentre le fiamme ardenti continuavano a danzare addosso all'abitazione, bruciando qualunque cosa si trovasse sulla loro strada ad una velocità pazzesca.
Quando, infine, non rimase che lo scheletro della casa, i suoi fratelli lo liberarono. Il cielo, però, non si schiarì affatto.
Dioniso cadde in ginocchio, preda della disperazione: lì dentro teneva tutte le otri di vino. Il lavoro di tutta la sua vita era stato distrutto nell'arco di tre minuti scarsi.
    -Chissà che questo ti serva ad imparare un po' di disciplina e ti faccia avere un po' di rispetto per i tuoi fratelli.
Dioniso alzò lo sguardo, digrignando i denti.
    -Rispetto...?- chiese, con voce carica di rabbia. -Dovrei forse rispettare degli individui tanto spregevoli che hanno bisogno di distruggere tutto ad una persona pur di farsi ascoltare? Dovrei rispettarvi?
Il moro lo fissava allibito: non si aspettava certo che il povero, debole ed indifeso Dionisuccio reagisse.
    -Ve la prendete con me perché sono il più giovane!- sbraitò Dioniso, infuriato. -Io non vi perdonerò mai per questo e non vi porterò rispetto nemmeno fra duemila anni!
Il moro, adirato, era sul punto di tirare un pugno in faccia a Dioniso, quando qualcosa gli afferrò il braccio, bloccandogli il movimento.
    -Ma che...?-iniziò il ragazzo, impallidendo.
Quando realizzò cosa stava accadendo, il colore scomparve completamente dalla sua faccia: un tralcio di vite gli aveva immobilizzato il braccio.
    -Che cosa significa?- strillò, in preda al panico, cercando di strappare il ramo. Tuttavia, più si divincolava, più la presa aumentava.
Un altro trancio gli avvolse le gambe, impedendogli la possibilità di scappare, ed un altro gli circondò la gola, sollevandolo da terra.
Anche gli altri figli di Zeus non erano messi tanto bene: alcuni erano sospesi a mezz'aria come salami, legati per i piedi; quello con l'anfora in testa, invece, stava venendo sbattacchiato qua e là come un frappé, mentre due tralci lo tenevano per i manici del vaso.
    -Sparite dalla mia vista!- esclamò Dioniso, mentre i tralci lanciavano lontano i figli di Zeus.
Avrebbero dovuto partecipare le viti alla gara di lancio del disco, altroché.
Dioniso riprese fiato, ansante.
Non sapeva bene cos'era successo, era conscio solo del fatto che gli alberi erano corsi in suo aiuto appena intuito che lui avesse bisogno del loro intervento.
Dioniso guardò le macerie della casa con amarezza: non si era salvato niente.
Avrebbe dovuto ricominciare tutto dall'inizio.
Si accasciò all'ombra di una vita del suo giardino, accarezzandone il tralcio come se fosse un prezioso gioiello.
    -Mi sono sempre preso cura di voi ed ora mi avete ripagato.- disse. -Ma ora ricominciavo una nuova vita, okay?
Dioniso ormai ne era certo.
Non avrebbe più permesso a nessuno di farsi beffe di lui.
Nessuno gli avrebbe più messo i piedi in testa.
Per qualche secondo si illuse che Zeus sarebbe stato fiero di lui e del modo in cui si era opposto ai suoi fratelli, rispondendo loro allo stesso modo.
S'illuse che, forse, avrebbe potuto andare a trovare suo padre sull'Olimpo.
Si illuse che, magari, la sua vita avrebbe potuto solo che migliorare, da allora in avanti.
Ma una lacrima gli ricordò l'amara verità.
Lui era solo un errore.


S
omeday I’ll be living in a big old city
And all you’re ever going to be is mean
Someday I’ll be big enough so you can’t hit me
And all you’re ever going to be is mean
Why you gotta be so mean?

Mean

My little corner:
E rieccomi qua!
Non avevo la più pallida idea su chi scrivere questo capitolo (Jason o Leo, questo è il problema.) e così ho ripiegato su di lui, il tanto amati Signor D.
Questa volta, il missing moments è ispirato al quarto libro, penultimo capitolo o qualcosa del genere.
È proprio il Signor D che tira fuori l'argomento "la mia infanzia & co.", così ho pensato di ricamarci un po' sopra.
Tra parentesi, credo che il ritornello della canzone calzi meglio a lui che a qualunque altro mezzosangue, mortale, oracolo, Minotauro e chi ne ha più ne metta.
Grazie mille per aver letto, mi rendete veramente contenta! Spero che vi sia piaciuto e che siate ancora integri! ^^
Alla prossima one-shot!
Bacioni, Aly.

Ringraziamenti:
Ringrazio di cuore le fantastiche Ella_Sella Lella, Effie Malcontenta Weasley ed annie97 che hanno recensito il capitolo precedente e le adorabili persone che hanno inserito questa storia tra le seguite (nearer e Francy97), tra le ricordate (Francy97) e tra le preferite (nearer e Francy97). Grazie davvero, mi fate davvero felice! *commozione*

Credits:
Characters © Rick Riordan
Song © Taylor Swift, "Mean"
Title Font = Made With B
Text Font = Traditional Arabic

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Rick Riordan, che ne detiene tutti i diritti. La canzone utilizzata è Mean ed è cantata da Taylor Swift. Non ho scritto questa storia per scopo di lucro alcuno.
   
 
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