Solo cenere
A Kami,
che è stata capace di ascoltare i miei deliri
su questa storia anche alle tre di notte.
Non dispiacerti di ciò che non hai potuto fare,
rammaricati solo di quando potevi e non hai voluto.
Mao Tse-tung
Cap I
"Spaventapasseri”
Ricordo
bene il giorno del mio quinto compleanno. Per l'occasione mio padre mi
portò la piccola bottega di proprità del signor Ten,
nella periferia di Konoha, dove venivano fabbricate le migliori armi
dell'intero Paese del Fuoco.
In quel periodo, sembrava che la Terza Guerra Mondiale dei Ninja fosse
in procinto di terminare: i conflitti erano divenuti meno frequenti,
fatta eccezione per le occasionali rappresaglie nei piccoli Paesi, come
quello della Pioggia, e la Foglia si illudeva che il peggio fosse ormai
passato. Non sospettavamo che si trattasse della quiete prima delle
tempesta.
Quando io e mio padre varcammo la soglia della bottega, non immaginavo
cosa avesse in mente; credevo anzi che fossimo semplicemente andati a
ritirare il suo arsenale da guerra, lasciato al signor Ten
affinché lo lucidasse ed affilasse. Tra tutte le armi in
possesso di mio padre, ce n'era una che da sempre aveva attirato la mia
attenzione: una wakizashi capace di assorbire il chakra del suo
maneggiatore, in modo che si sovrapponesse alla lama, rendendola
più lunga.
Quel giorno, vidi il signor Ten venirmi in contro con quell'arma tra le
mani. Me la consegnò senza dir nulla, mentre io la osservavo
come se fosse il tesoro più prezioso al mondo.
Mio padre sorrise, appoggiandomi una mano sulla spalla,« ora è tua, figliolo. Fanne buon uso.»
Annuii, non riuscendo a credere che un uomo severo come Sakumo Hatake,
temuto e rispettato da molti ninja, potesse pronunciare parole
così cariche d'affetto. Il suo viso era disteso, ma gli occhi
erano tormentati come quelli di chi si assilla chiedendosi se il suo
bambino non sia cresciuto troppo in fretta.
Il che era vero solo in parte.
*
Ero
stato affidato, insieme ad altri due ragazzini, a un giovane ninja che
si era distinto per le sue abilità durante i conflitti avvenuti
in quegli anni, guadagnandosi l'ammirazione dei compagni e il terrore
dei nemici.
Minato Namikaze, genio di Konoha, soprannominato Lampo Giallo.
Ai miei occhi di bambino, egli rappresentava una leggenda, un ostacolo
da superare, un obiettivo che mi ero prefissai fin dalla prima volta
che lo vidi, quando venne incontro a me, Obito e Rin con il sorriso
sulle labbra.
« Mi chiamo Minato Namikaze, sarò il responsabile di questo team. Piacere.»
Restai sbalordito dal tono amichevole che aveva usato: solitamente
tutti i caposquadra tendevano a mantenere un certo distacco dai
sottoposti, specie se questi erano genin del tutto privi di esperienza
e con elevate probabilità di morire sul campo di battaglia.
Minato Namikaze faceva eccezione: non solo ci allenava, aumentando le
nostre speranze di sopravvivenza, ma era sempre pronto ad intervenire
per rimediare ai guai solitamente provocati da Obito, il più
imbranato fra noi.
Senza rendermene conto, cominciai ad apprezzarlo.
*
Nell'estate
dei miei sette anni, la guerra sembrava giungere al termine: la Foglia
stava riportando una vittoria schiacciante contro Suna, e quasi tutti
cominciarono a illudersi che presto sarebbe giunta la pace.
Fu per quello che affidarono una missione da svolgere in singolo al mio
sensei insieme ad altri Jonin, per incrementare le già alte
possibilità di successo.
A me, Obito e Rin, e molti altri Genin, vennero affidati compiti
semplici, lontano dalle azioni belliche, come pattugliare i territori
vicini alle mura del villaggio, onde evitare incursioni nemiche.
Quella fu la prima volta che la vidi. All'inizio non mi accorsi di lei,
a causa del gran numero di ragazzini con cui avevo a che fare ogni
giorno; finché non la vidi parlare con Rin e Obito. Non
ricordavo il suo nome, ma dalla statura dedussi che doveva avere
all'incirca la mia età.
« Kakashi-kun!» mi salutò Rin quando mi vide, facendomi cenno di avvicinarmi.
La ragazzina si voltò a guardarmi, i capelli biondi arruffati dal vento.
« Lui è Kakashi-kun, Kakashi-kun lei è Yuko,» ci presento Rin con entusiasmo.
Yuko accennò un sorriso cordiale.
« Dicono che tu sia parecchio forte,» disse.
Obito incrociò le braccia sul petto, imbronciato,« Yuko
non devi dar retta a Rin quando vaneggia,» affermò,
guadagnandosi un'occhiataccia dalla nostra compagna di squadra.
« Lo dice anche Gai,» gli fece notare Yuko.
« Quello è un esaltato!»
Alzai gli occhi al cielo, stufo delle continue esclamazioni di Obito.
La ragazzina sospirò, stringendosi nelle spalle,« peccato,
allora. Sarebbe stato interessante sfidarti,» disse in tono
casuale.
Una provocazione alla quale cercai di resistere.
Tuttavia ero basito: era la prima- e sarebbe stata anche l'ultima -
ragazzina a volersi scontrare con me; le altre si limitavano a
seguirmi, pensando che io non me ne accorgessi, e a sorridere senza un
vero perché quando incrociavano il mio sguardo.
Yuko voltò il viso verso Rin, forse con l'intenzione di cambiare argomento, ma la precedetti.
« Cosa ti fa credere che quei pettegolezzi siano infondati?» chiesi.
« Allora dimostrarmi che non lo sono,» disse,« per esempio, con uno scontro.»
Strinsi i pugni lungo i fianchi, stupendo persino me stesso per la
mancanza di autocontrollo. Forse mi sentii punto nell'orgoglio, oppure
fu per il sorrisino provocatorio di Yuko che ebbi la tentazione di
accettare.
« Non avrai paura?» mi derise.
A quelle parole capitolai. Se non altro, Yuko fu soddisfatta della mia decisione.
Decidemmo di batterci in un campo di allenamento, sotto gli occhi
vigili di Rin e Obito, pronti a non perdersi nemmeno una mossa.
Pochi minuti dopo l'inizio dello scontro, dovetti ammettere che quella
ragazza ci sapeva fare: utilizzava l'arte dell'acqua in maniera
impeccabile, ma fu proprio scoprire che apparteneva a quell'elemento la
causa della sua sconfitta; infatti, appena mi accorsi che stava per
ricomporre i sigilli per utilizzare la Tecnica dell'Onda Travolgente,
evocai nella mano destra una grossa quantità di chakra, una
versione primordiale e non molto efficace del Chidori. L'avvicinai
all'acqua trasformandola una fonte elettrica che andò a colpire
la sua stessa realizzatrice: Yuko, accortasi del pericolo, balzò
via cercando di evitarla, e fu allora che le piombai alle spalle,
puntandole un kunai alla gola.
« A quanto sembra, ho vinto,» dissi atono.
Dentro gongolavo.
« Non credo proprio,» affermò lei, cercando di
allontanare la mia mano che impugnava l'arma. Fu in quel momento che
giunse alle nostre orecchie un urlo da far venire i brividi.
« YUKO!»
Entrambi guardammo la donna che era apparsa nella radura: carnagione
pallida, capelli biondi raccolti in due codini, occhi nocciola
minacciosi, seno prosperoso e mani sui fianchi.
Tsunade Senju, uno dei tre Sannin.
Avanzò verso la ragazzina con ampie falcate, fermandosi proprio
di fronte. « Sono due ore che ti aspetto per iniziare
l'allenamento, signorinella,» scandì lentamente, calcando
irata le parole,« si può sapere dove eri finita?»
Yuko, imbarazzata, cominciò ad articolare frasi confuse.
« Shizune ha già iniziato il livello avanzato sulle Arti
Mediche, mentre tu sei ancora alle basi. Possibile che riesci sempre a
trovare un modo per sfuggire agli allenamenti?» alzò gli
occhi al cielo,« Kami! Sei peggio di Jiraya quando ti
impegni...» probabilmente avrebbe continuato ancora per molto
nella sua ramanzina, se le parole non le si bloccarono in gola.
Seguendo il suo sguardo constatai che a Yuko, durante lo scontro, si
era alzata una manica della felpa, rivelando un braccio pieno di
chiazze violacee. Accortasi, lei lo nascose dietro la schiena.
« Hai ragione, mi dispiace,» disse, guadagnandosi l'attenzione della donna.
Tsunade sospirò, senza aggiungere altro.
Non capii il motivo di quel silenzio pieno di tensione, perché
collegai i lividi che aveva sul corpo a duri allenamenti, non a un
padre troppo violento.
« Meglio andare,» dichiarò quando Obito e Rin si
avvicinarono,« Kakashi, la nostra sfida non è
terminata!» disse decisa prima di seguire Tsunade e sparire oltre
gli alberi.
*
I tempi relativamente felici della mia infanzia finirono in una torrida giornata estiva.
Ero seduto alla mia scrivania intento a leggere un rotolo, quando
sentii la porta dell'ingresso aprirsi, poi passi stanchi trascinati sul
pavimento. Mi alzai di slancio, stringendo in un pugno un kunai prima
di dirigermi verso la fonte del rumore.
Mio padre mi dava le spalle, intento a togliersi i sandali.
Mi stupii di vederlo già a casa, ricordavo bene che la missione
assegnatagli era tra le più lunghe e complesse. Era sorprendente
che l'avesse già portata a termine.
« Bentornato,» dissi accennando un sorriso.
Lui si voltò, il viso stanco e due occhi scuri tormentati. Per
quanto mi sforzai, non riuscii a interpretare il mare di emozioni che
vi scorgevo dentro.
« Kakashi,» sussurrò.
Senza aggiungere altro, si alzò e raggiunse la sua stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Fu l'inizio dell'Inferno.
*
La
depressione di mio padre peggiorò al punto che si rifiutò
di uscire dalla sua stanza. A malapena toccava cibo, e rimaneva giorno
e notte rintanato a letto, sotto una coperta.
Non capii il perché di quello stato d'animo finché
Minato-sensei non mi spiegò cosa fosse successo: avendo
preferito interrompere la missione per salvare i propri compagni, mio
padre era stato accusato di aver provocato un danno insanabile a
Konoha, per poi essere calunniato dagli stessi uomini che aveva salvato.
Ascoltavo incredulo le parole del sensei, credendo che fosse tutto un incubo. Non lo era, non lo era per niente.
Perché, per quanta fantasia potessi avere, mai e poi mai avrei
immaginato un corpo senza vita appeso alle travi del soffitto. Ed io
che lo scuotevo cercando di fare qualcosa.
Il mondo che avevo costruito attorno mio padre si stava lentamente
sgretolando, quel periodo della mia vita era giunto alla conclusione.
Arrivò il momento di seguire le regole.
*
La
morte di mio padre mi aveva indurito il cuore o, forse, mi aveva
semplicemente aperto gli occhi sulla realtà della guerra: un
ciclo infinito di morte.
Relegai in un angolo i suoi ricordi pieni di frustrazione e cercai di
diventare il ninja che lui avrebbe desiderato: distaccato, senza
esitazione, perfetto.
Ero invincibile, o almeno credevo, concependo quell'illusione come realtà.
Cominciai a venire apprezzato dai ninja veterani, poiché
accettavo e portavo a termine qualsiasi missione, indipendentemente
dalla difficoltà. Presuntuoso com'ero, non consideravo
minimamente che la maggior parte di questo successo fosse dovuta alla
presenza costante di Minato-sensei.
Sapevo che quest'ultimo era un avversario temibile e passavo ore ad
allenarmi al solo scopo di eguagliare, se non superare, la sua
abilità. Per tale scopo inventai il Chidori, un tecnica che
concentrava un'immensa quantità di chakra per infliggere un
colpo mortale al nemico.
Dovevo battere Minato-sensei.
Era un'ossessione.
L'occasione che tanto attendevo giunse il giorno stesso in cui divenni
Jonin, quando Minato-sensei decretò che il team si sarebbe
diviso in due gruppi per svolgere una missione. Io avrei capitanato il
gruppo composto da Obito e Rin.
La missione non era tra le più semplici: far saltare il ponte di
Kannabi, tagliando così al Paese della Roccia la
possibilità di usufruire di aiuti dalla patria.
All'inizio credetti che fosse un compito fattibile: i nemici non erano
particolarmente potenti, ma non avevo considerato la possibilità
di un rapimento ai danni di Rin e la reazione impulsiva di Obito. Anzi
si, quest'ultima l'avevo prevista, solo non pensavo potesse essere
così incontrollabile.
Avevo cercato di farlo ragionare, appellandomi anche ai dogmi ninja, i
quali ponevano la missione al di sopra di tutto, persino dei compagni,
ma Obito non voleva sentire ragioni: dovevamo precipitarci a salvare
Rin prima che potesse succederle qualcosa.
Mi ero opposto, rimproverando duramente la sua debolezza.
«I ninja hanno solo bisogno di strumenti utili per le missioni e
i sentimenti sono solamente un peso,» affermai monocorde.
Il mio compagno spalancò gli occhi scuri, scioccato,«Stai
dicendo sul serio?» articolò a fatica,« pensi
davvero queste cose?»
No, non ci credevo nonostante avessi cercato di impormi quel concetto.
Ma non avrei commesso lo stesso errore di mio padre, non avrei infranto
le regole.
« Si,» risposi infine,« le penso davvero.»
Obito aveva assunto un'espressione disgustata, corrugando le
sopracciglia scure e prendendo la sua decisione.« Io vado a
salvare Rin!» esclamò, superandomi.
« Tu non capisci niente. Sai cosa succede a chi infrange le regole.»
« Io penso che Zanna Bianca fosse un grande eroe.»
Rimasi spiazzato da quella frase. E i ricordi confinati in un angolo
del mio cuore, mi investirono con un'intensità incontrollabile,
rischiando di far crollare la corazza che mi ero faticosamente
costruito in tutti quegli anni.
« E' vero che nel mondo ninja chi non rispetta le regole viene
considerato feccia, però,» Obito inclinò il viso,
guardandomi e continuando implacabile,« chi non tiene da conto i
propri compagni è feccia della peggior specie. Se comunque resto
feccia, scelgo di non rispettare le regole. Se questo non significa
essere un ninja ideale, sarò io che cambierò le regole
dei ninja.»
Di quello che successe in seguito ho solo un ricordo confuso. Ero
tornato indietro, spinto da qualcosa di incomprensibile alla ragione.
Le parole di Obito aveva fatto effetto, costringendo il mio corpo a
seguire quel baka prima che commettesse un'azione avventata.
Eravamo riusciti a salvare Rin, anche se ciò era costato il mio
occhio sinistro e lo svilupparsi dello sharingan di Obito, quando
accadde l'inesorabile: il nemico attivò una tecnica dell'Arte
della Terra, facendo franare la grotta in cui ci trovavamo.
Stavamo correndo verso l'uscita, quando una pietra mi colpì nel
punto cieco dell'occhio sinistro, facendomi perdere i sensi. Quando mi
risvegliai, Rin era accanto a me, il viso sporco di terra.
« Rin... Kakashi... state bene?» quella voce strascicata ebbe l'effetto di una doccia gelata.
L'immagine di Obito schiacciato sotto un enorme masso non abbandonò mai i miei incubi.
Mi alzai in piedi, appoggiai i palmi contro la roccia cercando inutilmente di spostarla.
Crollai sulle ginocchia, tremando, maledicendo la mia tronfia stupidità.
Dovevo esserci io al posto di Obito.
« Ah... me ne stavo dimenticando. Io sono l'unico... a non averti
ancora fatto... un regalo... per la tua promozione. Stavo pensando a
cosa poterti regalare... e ora mi è venuto in mente. No... non
ti preoccupare... non è una cosa inutile... che ti sarà
solamente di peso,» fece una paura, sorridendo,« Ti regalo
il mio sharingan,» dichiarò infine,« qualsiasi cosa
dicano quelli del Villaggio... tu sei un ottimo ninja. E' questo quello
che penso... per favore, accetta il mio regalo.»
Il mio cervello, in un primo momento, si rifiutò di elaborare quanto aveva detto.
« Rin... con le tue Arti Mediche... potresti trapiantare il mio
sharingan insieme ai nervi ottici... nell'occhio sinistro di
Kakashi?»
La ragazza annuì, asciugandosi le lacrime.
« Io sto morendo... ma diventerò il tuo occhio... e continuerò a vedere l'avvenire.»
Lo vide davvero, anche se fu una visione spiacevole, costellata di sangue e dolore.
*
Buonasera a tutti, è l'autrice di questa ff che vi parla.
Avevo in mente questa storia già da un po', dalla Pasqua
precedente ad essere sincera, ma non mi ero mai azzardata a battere
qualcosa al computer finché Kami (mia fedele divinità ed
Editor personale) mi ha convinta che era arrivato il momento di aprire
OpenOffice e scrivere! (Quindi, per eventuali insulti, prendetevela con
lei xD)
Il primo capitolo, che è in realtà una sorta di prologo,
racconta dell'infanzia di Kakashi. Non ho aggiunto nulla di quello che
tutti conosciamo grazie a “Kakashi gaiden”, eccezion fatta
per il personaggio di Yuko. Di lei, creata dalla mia mente bislacca,
non voglio rivelare niente (anche perché come dice sempre Kami:
“se inizio a parlare, poi non mi fermo più”), indi
per cui spiegherò solo il significato del suo nome:
Yu= 佑 aiutare
ko= 子 bambina (è un suffisso usato per le femmine)
Perciò: bambina che aiuta.
Non tutta la ff sarà scritta dal punto di vista di Kakashi
perché, oltre ad essere una fatica titanica per la sottoscritta,
rappresenta solo una faccia della medaglia.
Un grazie a chiunque si avventurerà in questa mia storia, spero di poter leggere qualche vostra opinione^^
Ah, quasi dimenticavo: buon compleanno Sensei!!
*