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Autore: BloodyEmily    15/09/2011    6 recensioni
La morte di mio padre mi aveva indurito il cuore, o forse, mi aveva semplicemente aperto gli occhi sulla realtà della guerra: un ciclo infinito di morte.
Cercai di diventare il ninja che lui desiderava: distaccato, senza esitazione, perfetto.
Ero invincibile, o almeno pensavo, concependo quell'illusione come realtà.
Kakashi Hatake, meglio noto come Kakashi dello Sharingan.
E poi c'è lei: Yuko, da sempre parte del suo passato.
« La vita è davvero imprevedibile, non credi? Un tempo non me ne sarei andata da qui per nulla al mondo, invece ho passato sedici anni a scappare. Tutto succede in un batter d'occhio: si intraprendono carriere che prima si giudicavano impossibili, le migliori amicizie possono spezzarsi per nulla, sbocciano amori improbabili. Dovremmo goderci ogni giorno fino in fondo perché arriverà il momento in cui dovremmo dire addio a tutto ciò che davamo per scontato.»
Annuii con fare distratto,« crescendo le persone cambiano e si allontano,» aggiunsi.
Yuko corrugò le sopracciglia,« crescere non implica allontanarsi,» affermò con un mezzo sorriso.
« Ma a volte succede.»
Scostò la mano dal mio braccio,« solo quando a una persona non importa più dell'altro,» risposte lei seria. Avventure tra passato e presente.
[KakashixNuovo Personaggio]
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Solo cenere


Solo cenere


A Kami,
che è stata capace di ascoltare i miei deliri
su questa storia anche alle tre di notte.


Non dispiacerti di ciò che non hai potuto fare,
rammaricati solo di quando potevi e non hai voluto.
Mao Tse-tung



Cap I
"Spaventapasseri”


Ricordo bene il giorno del mio quinto compleanno. Per l'occasione mio padre mi portò la piccola bottega di proprità del signor Ten, nella periferia di Konoha, dove venivano fabbricate le migliori armi dell'intero Paese del Fuoco.
In quel periodo, sembrava che la Terza Guerra Mondiale dei Ninja fosse in procinto di terminare: i conflitti erano divenuti meno frequenti, fatta eccezione per le occasionali rappresaglie nei piccoli Paesi, come quello della Pioggia, e la Foglia si illudeva che il peggio fosse ormai passato. Non sospettavamo che si trattasse della quiete prima delle tempesta.
Quando io e mio padre varcammo la soglia della bottega, non immaginavo cosa avesse in mente; credevo anzi che fossimo semplicemente andati a ritirare il suo arsenale da guerra, lasciato al signor Ten affinché lo lucidasse ed affilasse. Tra tutte le armi in possesso di mio padre, ce n'era una che da sempre aveva attirato la mia attenzione: una wakizashi capace di assorbire il chakra del suo maneggiatore, in modo che si sovrapponesse alla lama, rendendola più lunga.
Quel giorno, vidi il signor Ten venirmi in contro con quell'arma tra le mani. Me la consegnò senza dir nulla, mentre io la osservavo come se fosse il tesoro più prezioso al mondo.
Mio padre sorrise, appoggiandomi una mano sulla spalla,« ora è tua, figliolo. Fanne buon uso.»
Annuii, non riuscendo a credere che un uomo severo come Sakumo Hatake, temuto e rispettato da molti ninja, potesse pronunciare parole così cariche d'affetto. Il suo viso era disteso, ma gli occhi erano tormentati come quelli di chi si assilla chiedendosi se il suo bambino non sia cresciuto troppo in fretta.
Il che era vero solo in parte.

*

Ero stato affidato, insieme ad altri due ragazzini, a un giovane ninja che si era distinto per le sue abilità durante i conflitti avvenuti in quegli anni, guadagnandosi l'ammirazione dei compagni e il terrore dei nemici.
Minato Namikaze, genio di Konoha, soprannominato Lampo Giallo.
Ai miei occhi di bambino, egli rappresentava una leggenda, un ostacolo da superare, un obiettivo che mi ero prefissai fin dalla prima volta che lo vidi, quando venne incontro a me, Obito e Rin con il sorriso sulle labbra.
« Mi chiamo Minato Namikaze, sarò il responsabile di questo team. Piacere.»
Restai sbalordito dal tono amichevole che aveva usato: solitamente tutti i caposquadra tendevano a mantenere un certo distacco dai sottoposti, specie se questi erano genin del tutto privi di esperienza e con elevate probabilità di morire sul campo di battaglia. Minato Namikaze faceva eccezione: non solo ci allenava, aumentando le nostre speranze di sopravvivenza, ma era sempre pronto ad intervenire per rimediare ai guai solitamente provocati da Obito, il più imbranato fra noi.
Senza rendermene conto, cominciai ad apprezzarlo.

*

Nell'estate dei miei sette anni, la guerra sembrava giungere al termine: la Foglia stava riportando una vittoria schiacciante contro Suna, e quasi tutti cominciarono a illudersi che presto sarebbe giunta la pace.
Fu per quello che affidarono una missione da svolgere in singolo al mio sensei insieme ad altri Jonin, per incrementare le già alte possibilità di successo.
A me, Obito e Rin, e molti altri Genin, vennero affidati compiti semplici, lontano dalle azioni belliche, come pattugliare i territori vicini alle mura del villaggio, onde evitare incursioni nemiche.
Quella fu la prima volta che la vidi. All'inizio non mi accorsi di lei, a causa del gran numero di ragazzini con cui avevo a che fare ogni giorno; finché non la vidi parlare con Rin e Obito. Non ricordavo il suo nome, ma dalla statura dedussi che doveva avere all'incirca la mia età.
« Kakashi-kun!» mi salutò Rin quando mi vide, facendomi cenno di avvicinarmi.
La ragazzina si voltò a guardarmi, i capelli biondi arruffati dal vento.
« Lui è Kakashi-kun, Kakashi-kun lei è Yuko,» ci presento Rin con entusiasmo.
Yuko accennò un sorriso cordiale.
« Dicono che tu sia parecchio forte,» disse.
Obito incrociò le braccia sul petto, imbronciato,« Yuko non devi dar retta a Rin quando vaneggia,» affermò, guadagnandosi un'occhiataccia dalla nostra compagna di squadra.
« Lo dice anche Gai,» gli fece notare Yuko.
« Quello è un esaltato!»
Alzai gli occhi al cielo, stufo delle continue esclamazioni di Obito.
La ragazzina sospirò, stringendosi nelle spalle,« peccato, allora. Sarebbe stato interessante sfidarti,» disse in tono casuale.
Una provocazione alla quale cercai di resistere.
Tuttavia ero basito: era la prima- e sarebbe stata anche l'ultima - ragazzina a volersi scontrare con me; le altre si limitavano a seguirmi, pensando che io non me ne accorgessi, e a sorridere senza un vero perché quando incrociavano il mio sguardo.
Yuko voltò il viso verso Rin, forse con l'intenzione di cambiare argomento, ma la precedetti.
« Cosa ti fa credere che quei pettegolezzi siano infondati?» chiesi.
« Allora dimostrarmi che non lo sono,» disse,« per esempio, con uno scontro.»
Strinsi i pugni lungo i fianchi, stupendo persino me stesso per la mancanza di autocontrollo. Forse mi sentii punto nell'orgoglio, oppure fu per il sorrisino provocatorio di Yuko che ebbi la tentazione di accettare.
« Non avrai paura?» mi derise.
A quelle parole capitolai. Se non altro, Yuko fu soddisfatta della mia decisione.
Decidemmo di batterci in un campo di allenamento, sotto gli occhi vigili di Rin e Obito, pronti a non perdersi nemmeno una mossa.
Pochi minuti dopo l'inizio dello scontro, dovetti ammettere che quella ragazza ci sapeva fare: utilizzava l'arte dell'acqua in maniera impeccabile, ma fu proprio scoprire che apparteneva a quell'elemento la causa della sua sconfitta; infatti, appena mi accorsi che stava per ricomporre i sigilli per utilizzare la Tecnica dell'Onda Travolgente, evocai nella mano destra una grossa quantità di chakra, una versione primordiale e non molto efficace del Chidori. L'avvicinai all'acqua trasformandola una fonte elettrica che andò a colpire la sua stessa realizzatrice: Yuko, accortasi del pericolo, balzò via cercando di evitarla, e fu allora che le piombai alle spalle, puntandole un kunai alla gola.
« A quanto sembra, ho vinto,» dissi atono.
Dentro gongolavo.
« Non credo proprio,» affermò lei, cercando di allontanare la mia mano che impugnava l'arma. Fu in quel momento che giunse alle nostre orecchie un urlo da far venire i brividi.
« YUKO!»
Entrambi guardammo la donna che era apparsa nella radura: carnagione pallida, capelli biondi raccolti in due codini, occhi nocciola minacciosi, seno prosperoso e mani sui fianchi.
Tsunade Senju, uno dei tre Sannin.
Avanzò verso la ragazzina con ampie falcate, fermandosi proprio di fronte. « Sono due ore che ti aspetto per iniziare l'allenamento, signorinella,» scandì lentamente, calcando irata le parole,« si può sapere dove eri finita?»
Yuko, imbarazzata, cominciò ad articolare frasi confuse.
« Shizune ha già iniziato il livello avanzato sulle Arti Mediche, mentre tu sei ancora alle basi. Possibile che riesci sempre a trovare un modo per sfuggire agli allenamenti?» alzò gli occhi al cielo,« Kami! Sei peggio di Jiraya quando ti impegni...» probabilmente avrebbe continuato ancora per molto nella sua ramanzina, se le parole non le si bloccarono in gola.
Seguendo il suo sguardo constatai che a Yuko, durante lo scontro, si era alzata una manica della felpa, rivelando un braccio pieno di chiazze violacee. Accortasi, lei lo nascose dietro la schiena.
« Hai ragione, mi dispiace,» disse, guadagnandosi l'attenzione della donna.
Tsunade sospirò, senza aggiungere altro.
Non capii il motivo di quel silenzio pieno di tensione, perché collegai i lividi che aveva sul corpo a duri allenamenti, non a un padre troppo violento.
« Meglio andare,» dichiarò quando Obito e Rin si avvicinarono,« Kakashi, la nostra sfida non è terminata!» disse decisa prima di seguire Tsunade e sparire oltre gli alberi.

*

I tempi relativamente felici della mia infanzia finirono in una torrida giornata estiva.
Ero seduto alla mia scrivania intento a leggere un rotolo, quando sentii la porta dell'ingresso aprirsi, poi passi stanchi trascinati sul pavimento. Mi alzai di slancio, stringendo in un pugno un kunai prima di dirigermi verso la fonte del rumore.
Mio padre mi dava le spalle, intento a togliersi i sandali.
Mi stupii di vederlo già a casa, ricordavo bene che la missione assegnatagli era tra le più lunghe e complesse. Era sorprendente che l'avesse già portata a termine.
« Bentornato,» dissi accennando un sorriso.
Lui si voltò, il viso stanco e due occhi scuri tormentati. Per quanto mi sforzai, non riuscii a interpretare il mare di emozioni che vi scorgevo dentro.
« Kakashi,» sussurrò.
Senza aggiungere altro, si alzò e raggiunse la sua stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Fu l'inizio dell'Inferno.

*

La depressione di mio padre peggiorò al punto che si rifiutò di uscire dalla sua stanza. A malapena toccava cibo, e rimaneva giorno e notte rintanato a letto, sotto una coperta.
Non capii il perché di quello stato d'animo finché Minato-sensei non mi spiegò cosa fosse successo: avendo preferito interrompere la missione per salvare i propri compagni, mio padre era stato accusato di aver provocato un danno insanabile a Konoha, per poi essere calunniato dagli stessi uomini che aveva salvato.
Ascoltavo incredulo le parole del sensei, credendo che fosse tutto un incubo. Non lo era, non lo era per niente.
Perché, per quanta fantasia potessi avere, mai e poi mai avrei immaginato un corpo senza vita appeso alle travi del soffitto. Ed io che lo scuotevo cercando di fare qualcosa.
Il mondo che avevo costruito attorno mio padre si stava lentamente sgretolando, quel periodo della mia vita era giunto alla conclusione.
Arrivò il momento di seguire le regole.

*

La morte di mio padre mi aveva indurito il cuore o, forse, mi aveva semplicemente aperto gli occhi sulla realtà della guerra: un ciclo infinito di morte.
Relegai in un angolo i suoi ricordi pieni di frustrazione e cercai di diventare il ninja che lui avrebbe desiderato: distaccato, senza esitazione, perfetto.
Ero invincibile, o almeno credevo, concependo quell'illusione come realtà.
Cominciai a venire apprezzato dai ninja veterani, poiché accettavo e portavo a termine qualsiasi missione, indipendentemente dalla difficoltà. Presuntuoso com'ero, non consideravo minimamente che la maggior parte di questo successo fosse dovuta alla presenza costante di Minato-sensei.
Sapevo che quest'ultimo era un avversario temibile e passavo ore ad allenarmi al solo scopo di eguagliare, se non superare, la sua abilità. Per tale scopo inventai il Chidori, un tecnica che concentrava un'immensa quantità di chakra per infliggere un colpo mortale al nemico.
Dovevo battere Minato-sensei.
Era un'ossessione.
L'occasione che tanto attendevo giunse il giorno stesso in cui divenni Jonin, quando Minato-sensei decretò che il team si sarebbe diviso in due gruppi per svolgere una missione. Io avrei capitanato il gruppo composto da Obito e Rin.
La missione non era tra le più semplici: far saltare il ponte di Kannabi, tagliando così al Paese della Roccia la possibilità di usufruire di aiuti dalla patria.
All'inizio credetti che fosse un compito fattibile: i nemici non erano particolarmente potenti, ma non avevo considerato la possibilità di un rapimento ai danni di Rin e la reazione impulsiva di Obito. Anzi si, quest'ultima l'avevo prevista, solo non pensavo potesse essere così incontrollabile.
Avevo cercato di farlo ragionare, appellandomi anche ai dogmi ninja, i quali ponevano la missione al di sopra di tutto, persino dei compagni, ma Obito non voleva sentire ragioni: dovevamo precipitarci a salvare Rin prima che potesse succederle qualcosa.
Mi ero opposto, rimproverando duramente la sua debolezza.
«I ninja hanno solo bisogno di strumenti utili per le missioni e i sentimenti sono solamente un peso,» affermai monocorde.
Il mio compagno spalancò gli occhi scuri, scioccato,«Stai dicendo sul serio?» articolò a fatica,« pensi davvero queste cose?»
No, non ci credevo nonostante avessi cercato di impormi quel concetto. Ma non avrei commesso lo stesso errore di mio padre, non avrei infranto le regole.
« Si,» risposi infine,« le penso davvero.»
Obito aveva assunto un'espressione disgustata, corrugando le sopracciglia scure e prendendo la sua decisione.« Io vado a salvare Rin!» esclamò, superandomi.
« Tu non capisci niente. Sai cosa succede a chi infrange le regole.»
« Io penso che Zanna Bianca fosse un grande eroe.»
Rimasi spiazzato da quella frase. E i ricordi confinati in un angolo del mio cuore, mi investirono con un'intensità incontrollabile, rischiando di far crollare la corazza che mi ero faticosamente costruito in tutti quegli anni.
« E' vero che nel mondo ninja chi non rispetta le regole viene considerato feccia, però,» Obito inclinò il viso, guardandomi e continuando implacabile,« chi non tiene da conto i propri compagni è feccia della peggior specie. Se comunque resto feccia, scelgo di non rispettare le regole. Se questo non significa essere un ninja ideale, sarò io che cambierò le regole dei ninja.»
Di quello che successe in seguito ho solo un ricordo confuso. Ero tornato indietro, spinto da qualcosa di incomprensibile alla ragione. Le parole di Obito aveva fatto effetto, costringendo il mio corpo a seguire quel baka prima che commettesse un'azione avventata.
Eravamo riusciti a salvare Rin, anche se ciò era costato il mio occhio sinistro e lo svilupparsi dello sharingan di Obito, quando accadde l'inesorabile: il nemico attivò una tecnica dell'Arte della Terra, facendo franare la grotta in cui ci trovavamo.
Stavamo correndo verso l'uscita, quando una pietra mi colpì nel punto cieco dell'occhio sinistro, facendomi perdere i sensi. Quando mi risvegliai, Rin era accanto a me, il viso sporco di terra.
« Rin... Kakashi... state bene?» quella voce strascicata ebbe l'effetto di una doccia gelata.
L'immagine di Obito schiacciato sotto un enorme masso non abbandonò mai i miei incubi.
Mi alzai in piedi, appoggiai i palmi contro la roccia cercando inutilmente di spostarla.
Crollai sulle ginocchia, tremando, maledicendo la mia tronfia stupidità.
Dovevo esserci io al posto di Obito.
« Ah... me ne stavo dimenticando. Io sono l'unico... a non averti ancora fatto... un regalo... per la tua promozione. Stavo pensando a cosa poterti regalare... e ora mi è venuto in mente. No... non ti preoccupare... non è una cosa inutile... che ti sarà solamente di peso,» fece una paura, sorridendo,« Ti regalo il mio sharingan,» dichiarò infine,« qualsiasi cosa dicano quelli del Villaggio... tu sei un ottimo ninja. E' questo quello che penso... per favore, accetta il mio regalo.»
Il mio cervello, in un primo momento, si rifiutò di elaborare quanto aveva detto.
« Rin... con le tue Arti Mediche... potresti trapiantare il mio sharingan insieme ai nervi ottici... nell'occhio sinistro di Kakashi?»
La ragazza annuì, asciugandosi le lacrime.
« Io sto morendo... ma diventerò il tuo occhio... e continuerò a vedere l'avvenire.»
Lo vide davvero, anche se fu una visione spiacevole, costellata di sangue e dolore.

*

Buonasera a tutti, è l'autrice di questa ff che vi parla.
Avevo in mente questa storia già da un po', dalla Pasqua precedente ad essere sincera, ma non mi ero mai azzardata a battere qualcosa al computer finché Kami (mia fedele divinità ed Editor personale) mi ha convinta che era arrivato il momento di aprire OpenOffice e scrivere! (Quindi, per eventuali insulti, prendetevela con lei xD)
Il primo capitolo, che è in realtà una sorta di prologo, racconta dell'infanzia di Kakashi. Non ho aggiunto nulla di quello che tutti conosciamo grazie a “Kakashi gaiden”, eccezion fatta per il personaggio di Yuko. Di lei, creata dalla mia mente bislacca, non voglio rivelare niente (anche perché come dice sempre Kami: “se inizio a parlare, poi non mi fermo più”), indi per cui spiegherò solo il significato del suo nome:
Yu= 
 aiutare
ko= 
 bambina (è un suffisso usato per le femmine)
Perciò: bambina che aiuta.
Non tutta la ff sarà scritta dal punto di vista di Kakashi perché, oltre ad essere una fatica titanica per la sottoscritta, rappresenta solo una faccia della medaglia.
Un grazie a chiunque si avventurerà in questa mia storia, spero di poter leggere qualche vostra opinione^^
Ah, quasi dimenticavo: buon compleanno Sensei!!

*

  
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