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Autore: Melanto    15/09/2011    7 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 6: Il Circo Acquatico (parte III)

Dhèver – Regno degli Ozora, Terre Centrali

Avevano progettato che il giorno successivo l’avrebbero dedicato alla perlustrazione di Dhèver per trovare indizi sulla scomparsa del Principe Tsubasa, ma nessuno di loro avrebbe mai ipotizzato che sarebbero stati svegliati dall’incessante bussare delle guardie cittadine alla porta della casa di Kanda.
“Aprite! In nome del Doge!”
Il continuo battere delle nocche sul legno strappò i giovani dal sonno. Teppei si tirò a sedere, passandosi il dorso della mano su un occhio assonnato.
“Ma non si diceva ‘in nome del Re’, una volta?” borbottò, quando Kanda uscì svelto dalla propria stanza, seguito da una Rika altrettanto agitata.
“Che sta succedendo?” domandò quest’ultima, ma bastò semplicemente che suo marito aprisse per avere una risposta, e dopo non capì ugualmente nulla.
“Che cos’è tutta questa fretta?” Kanda lo chiese al Comandante della Guardia Cittadina di stanza a Dhèver che si trovò davanti appena aprì l’uscio. Il giovane soldato, dai corti capelli neri e la pelle scura, aveva un’espressione più seria del solito.
“Koshi Kanda devi seguirci presso l’edificio della Guardia, sei accusato di rapimento.”
Due soldati entrarono di forza, afferrandolo per i polsi e pronti a metterlo ai ferri, mentre il giovane li guardava sgomento. I quattro Elementi erano ormai tutti svegli e attenti a ciò che stava accadendo.
“Rapimento?! Rapimento di chi?!”
“Delle sirene del Circo Acquatico.”
Lo sconcerto serpeggiò rapido come un fulmine tra i presenti che non riuscivano a credere alle proprie orecchie.
“Cosa?! Solei, Tamei e Betei sono state rapite?!” sbottò Kanda. “E quando?! Come?!” Con furore strattonò i polsi, liberandoli dalla presa delle guardie che tentarono di riafferrarlo.
“Questa notte. L’ingresso del magazzino è stato sfondato e abbiamo indizi necessari per supporre un tuo coinvolgimento.”
“Andiamo, Rivaul(1)! Non dire stronzate! Non avrei mai potuto fare una cosa simile alle ragazze! E per quale motivo, poi?!”
Kanda e il giovane Comandante si conoscevo fin da quando lui e Rika erano arrivati in quella città. Per quanto Koshi non andasse d’accordo praticamente con il novanta per cento delle persone con cui aveva a che fare, tra lui e Rivaul si era creata una sorta di rispetto reciproco. Il primo per il suo impegno a proteggere le creature del circo, il secondo per il suo temperamento integerrimo e giusto.
“Per tentare di rovinare Bala. Ma di questo discuteremo al comando della Guardia Cittadina. Andiamo.”
“Io non vado da nessuna parte!” L’ex-Tritone ruggì come un golkorhas inferocito. Sollevò le mani pronto a sferrare un incantesimo, quando Hajime lo strattonò.
“Fermati, sei impazzito?! Non puoi usare la tua magia per offendere! Hai dimenticato di non essere più un Elemento?!” Il giovane di Agadir lo guardò con durezza, mentre l’altro sembrava avesse potuto azzannarlo da un momento all’altro. “Inoltre così non fai che peggiorare la tua situazione, ragiona!”
Il Comandante Rivaul scrutò sia Hajime che gli altri sconosciuti dietro di lui, stringendo gli occhi grigi.
“Non siete di Dhèver, dico bene? E non fate nemmeno parte del circo. Chi siete voi? Da dove venite?”
“Siamo degli amici di Rika, in visita da Raskal” rispose Hajime.
L’uomo li scrutò attentamente e con piglio severo prima di decidere. “Potreste venire anche voi? Vorrei rivolgervi delle domande” domandò con calma, ma Mamoru non era dello stesso parere.
“Ah, sì? E perché mai?” sbottò, inarcando un sopracciglio e sfoggiando la più strafottente delle sue espressioni. “Non vorrete mica accusarci di qualcosa, vero? Non abbiamo tempo da perdere dietro queste stronzate.”
“Modera i termini, straniero!” Un soldato imprudente fece per avvicinarsi, ma Mamoru sollevò una mano sulla cui punta delle dita presero a danzare le fiamme elementali.
“Perché, se no che fai? Io ti arrostisco il pelo, e tu?”
Questa volta fu Yuzo a intervenire, con tono preoccupato. “Mamoru, richiamale. Subito.”
“Sta’ zitto, uccellino, non tollero che un branco di soldatini mi accusi perché si sono alzati col piede storto.”
“Non ci stanno accusando, vogliono solo scambiare due parole con noi e noi li seguiremo senza fare storie.” Lo sguardo che il volante rivolse alla Fiamma era serio ma supplichevole. “Cerchiamo di non aumentare la tensione, per favore.”
Seppur con riluttanza, Mamoru non fu in grado di negare quella richiesta. Dopotutto, Yuzo aveva ragione: si trattava solo di qualche domanda, non c’era bisogno di perdere le calma. Con un grugnito estinse il fuoco danzante che ardeva nella sua mano e incrociò le braccia al petto.
Rivaul, invece, seguitava a fissare il gruppo con una certa sorpresa. “Siete Elementi?”
“Oh, che bravo, hai vinto un premio” borbottò Mamoru, ma ricevette una leggera gomitata da parte del volante prima che si rivolgesse al Comandante.
“Sì, veniamo da Raskal e siamo a vostra disposizione. Dateci solo il tempo di cambiarci d’abito e vi seguiremo.”
L’uomo annuì con un gesto deciso, spostando poi lo sguardo su una Rika rimasta letteralmente senza parole dal susseguirsi degli eventi. “Mi dispiace” disse solo.
L’ex-Sacerdotessa osservò prima il soldato e poi spostò le iridi azzurre, allarmate, sulla figura di Kanda il quale si ritrovò a stringere gli occhi con forza, divincolandosi dalla presa di Hajime.
“Ti giuro che non c’entro nulla con questa faccenda, devi credermi.”
Gli uomini della Guardia gli serrarono i polsi in stretti ceppi di legno, cominciando a trascinarlo via. La sua voce si perse mentre si allontanava.
“Vedrai, si sistemerà tutto! È solo un dannato malinteso! Hai capito, Rika? Andrà tutto bene!”

L’edificio della Guardia Cittadina era una costruzione in pietra che occupava quasi un intero isolato. Nei suoi sotterranei vi erano le celle dove i colpevoli di reati minori, come piccoli furti o risse, e gli uomini su cui gravavano delle imputazioni ancora da verificare venivano tenuti in attesa di un verdetto. Se l’imputazione era grave, come un omicidio, e l’imputato veniva giudicato colpevole, allora sarebbe stato successivamente trasferito nelle prigioni reali: strutture adibite per ospitare solo detenuti altamente pericolosi. Una simile prigione, chiusa dopo la guerra tra gli Ozora e i Gamo per le condizioni inumane cui erano costretti i suoi ospiti, era Bàkaras, la Nave-Prigione, detta anche Nave dei Deserti.
Lì, invece, l’ambiente era molto più accogliente seppur riuscisse ugualmente a intimorire chiunque vi entrasse in catene.
Kanda era stato condotto in una delle sale per gli interrogatori, mentre gli Elementi si trovavano nell’ufficio del Comandante Rivaul. Rika, invece, era rimasta a casa ad occuparsi di Mayleen, su costrizione sia di Hajime che di Teppei, che le avevano promesso di raccontarle ogni cosa al loro ritorno.
Seduto dietro la spartana scrivania in legno, l’ufficiale lesse a fondo il permesso speciale che i giovani maghi guerrieri recavano con loro: il permesso firmato dal Re, in cui si spiegava la scomparsa del Principe Tsubasa e la loro missione di ricerca e recupero.
Con una mano sul mento e le dita che scivolavano sulle labbra, Rivaul sospirò a fondo un’ennesima volta, inarcando il sopracciglio.
“Questa non ci voleva davvero” esordì. Di fronte a lui erano seduti Yuzo e Hajime, mentre Mamoru aveva preferito restare accanto alla finestra, con le braccia conserte, e Teppei sedeva in una poltrona rossa dal rivestimento ormai consunto.
“E’ per questo motivo che siamo venuti a Dhèver, Comandante Rivaul. Il fatto che fossimo ospiti di Koshi Kanda e Rika Ozawa è stata una fortunata coincidenza, altrimenti avremmo dovuto pernottare fuori le mura della città” spiegò Yuzo, l’espressione affabile e il sorriso sulle labbra.
Mamoru gli lanciò un’occhiata fugace, tirando il labbro con fastidio: come diamine faceva a essere sempre così calmo quando l’unica cosa sensata da fare sarebbe stata quella di prendere quell’idiota d’un soldatino e rimetterlo sulle tracce del vero colpevole? Tanto era palese che si trattasse d’un malinteso. Eppure continuavano tutti a restare in quella dannata stanza a dare spiegazioni del cavolo. Sbuffò, lo sguardo che si puntava nuovamente all’esterno.
“E’ evidente che quindi siete estranei ai fatti.”
“Grazie, molto magnanimo” borbottò Mamoru senza nemmeno girarsi, ma l’ufficiale lo ignorò.
“Ricapitoliamo, quindi voi siete rimasti con Koshi Kanda per tutta la sera, dico bene?” riprese, ripiegando la pergamena e consegnandola nuovamente a Yuzo.
“Sì, li abbiamo incontrati in città, ci hanno portati nella loro dimora, all’interno del perimetro del circo, e abbiamo cenato tutti insieme. Dopo, Kanda ci ha fatto fare un piccolo giro turistico nei tendoni dove sono custoditi gli animali.”
“E avete visto le sirene.”
“Sì, esatto.”
“E stavano bene?” Rivaul assottigliò lo sguardo con fare pensoso.
“Certo, benissimo” sorrise Yuzo. “Almeno fino a che non è arrivato il signor Bala.”
L’altro parve animarsi e si sporse verso di loro. “Quindi voi avete conosciuto il proprietario del circo?”
Il volante scambiò una rapida occhiata con Hajime. “Non proprio…”
“In teoria, noi non avremmo dovuto essere lì. Kanda ci aveva detto che Bala non apprezzava curiosi nel suo circo che non facessero parte del pubblico pagante” intervenne il Tritone. “Così ci ha fatto nascondere dietro una delle vasche presenti e abbiamo potuto assistere alla scena.”
“Cos’è accaduto? Mi raccomando, voglio che mi diciate tutto per filo e per segno.” Gli occhi grigi di Rivaul erano attenti e decisi, sapevano esattamente come incutere timore in chi gli stava davanti.
“Le sirene sono corse a nascondersi perché spaventate dalla presenza di Bala” continuò Hajime. “L’uomo ha fatto i complimenti a Kanda per la serata, che era stato un successo, e lo ha costretto a richiamare le ragazze perché non volevano farsi vedere. È stato lì che ha accennato al fatto che, il giorno successivo, ci sarebbero stati degli ospiti importanti che avrebbero assistito allo spettacolo.”
“E non ha detto nient’altro?”
“Ha detto che se qualcosa fosse andato storto, la colpa sarebbe ricaduta su Koshi.”
L’uomo si rilassò contro lo schienale della poltrona. Il gomito appoggiato su uno dei braccioli e l’avambraccio sull’altro. “Solo questo?”
“Sì.”
Rivaul assunse di nuovo l’aria pensierosa. “E dopo, che è successo?”
“Siamo tornati a casa e siamo andati a dormire” concluse Hajime. “E seppure Kanda fosse uscito durante la notte, di sicuro non è passato per l’ingresso principale, perché noi dormivamo nel salotto.”
Mamoru annuì con approvazione alle parole del Tritone, ma il Comandante tergiversò ancora.
“Capisco.”
“Comandante Rivaul” Questa volta fu Yuzo a parlare, le mani strette sulla superficie del tavolo. “Potremmo sapere perché sospettate di Koshi Kanda? Avete detto di avere delle prove…”
L’uomo cambiò posizione; inspirando a fondo, drizzò la schiena e tornò a sporgersi in avanti. Le mani intrecciate all’altezza del mento. Iniziò prendendola alla larga.
“Il carattere ribelle di Kanda non è una novità, come non è una novità la sua profonda avversione per Bala-”
“Se è per quello, non è l’unico” intervenne Mamoru in tono tagliente. “Doge compreso.”
Rivaul gli rivolse la coda dell’occhio. “Vero. Ma Kanda ha più volte espresso l’intento di togliere il circo al suo proprietario.”
“Questa non può essere usata come prova.”
“Il cancello dove erano custodite le attrezzature per spostare le sirene è stato sfondato e non in maniera normale.”
Hajime inarcò un sopracciglio. “Che vuol dire ‘non in maniera normale’?”
“Le sbarre sono state divelte e c’era acqua dappertutto in un luogo in cui acqua non avrebbe dovuto essercene. Kanda è stato allievo alla Scuola di Agadir, anche se non ha completato il ciclo, conosce gli incantesimi.”
“Ma perché sfondare il cancello? Non poteva usare la chiave?”
“Di chiave, per quel magazzino, ce n’è solo una e ce l’ha Bala.”
Mamoru si spostò dalla finestra, dandosi una spinta, e camminò fino al centro della sala. “E allora perché non accusare direttamente questo dannato Bala?”
“Non avrebbe senso” protestò Rivaul. “E’ il proprietario a che pro rapire le stesse creature che sono per lui fonte di guadagno? Considerando soprattutto che s’era raccomandato per lo spettacolo del giorno successivo.”
Gli Elementi tacquero non sapendo che rispondere. Il Comandante della Guardia aveva ragione: non aveva senso e tutto questo giocava a sfavore di Kanda.
“Almeno per il momento e fino a che non avremo prove certe della sua innocenza o colpevolezza, Koshi Kanda resterà ospite presso le celle della nostra prigione. Mi dispiace. Voi, se volete, siete liberi di riprendere il viaggio; avete un compito davvero importante da portare a termine, non voglio trattenervi-”
“Potrei parlare con Kanda per qualche momento?” Hajime interruppe Rivaul con decisione.
“Sì, certo. Anzi, magari con voi parlerà molto più facilmente che con un soldato” Poi sospirò, tornando ad appoggiarsi allo schienale. “Anche io sono convinto che Kanda sia innocente, so quanto lui e Rika stanno facendo per il circo, ma purtroppo le prove contro di lui sono maggiori di quelle a favore. Noi, come Guardia Cittadina, faremo il possibile, ma so già che Bala farà di tutto per metterci i bastoni tra le ruote.”
In quel momento, un deciso bussare interruppe la loro conversazione.
“Avanti” incitò Rivaul con decisione e uno dei suoi sottoposti entrò, rigidamente.
“Comandante, l’interrogatorio non ha dato alcun esito. Kanda continua a dichiararsi innocente. Procediamo alla sua incarcerazione?”
“Lasciate. Ci penso io personalmente.” L’ufficiale si alzò, rivolgendosi agli astanti: “Prego, venite con me.” A passo deciso si mosse per lasciare la stanza, seguito dagli Elementi.
Il rumore dei suoi stivali risuonò con forza accompagnato dal tintinnare del metallo della divisa e della spada; si amplificò sotto la volta dell’alto corridoio. I soldati della Guardia Cittadina li superavano con le schiene dritte e rivolgevano a Rivaul rigidi e formali cenni di saluto.
L’ingresso che portava alle segrete era un cancello di ferro con maglie quadrate di dieci centimetri di lato, e spesse quattro dita. Due uomini armati di lance, incrociate proprio davanti l’entrata, restavano di guardia. Appena videro il Comandante Rivaul, si fecero da parte, permettendogli di passare e nulla chiesero degli sconosciuti che lo seguivano silenziosi.
L’ufficiale scese la lunga scalinata in pietra. Le torce illuminavano gli stretti scalini scavati nella roccia che tracciavano una via diritta fino al pianerottolo, poi un’altra tornata di scale, invece, disegnava una curva e il cancello, alle loro spalle, non fu più visibile appena girarono il muro. Altre due guardie restavano ferme all’inizio del corridoio dove erano dislocate le varie celle. Lì se ne contavano almeno una decina, cinque per lato, ma vi erano altri corridoi.
Si fermarono alla prima porta, che non era una cella vera e propria, quanto una stanza, quella in cui venivano condotti gli interrogatori. Rivaul aprì l'uscio e fece cenno al soldato presente di uscire.
Kanda restava seduto al lato dell’unico tavolo che faceva da arredamento. Le mani incrociate sulla superficie e lo sguardo che avrebbe voluto trafiggere tutto ciò su cui si posava. Lanciò un’occhiata di disprezzo al Comandante delle guardie e poi tornò a fissare davanti a sé, in silenzio.
“Avete pochi minuti” disse Rivaul rivolto ad Hajime. La porta venne richiusa alle spalle del Tritone, ma l’ufficiale rimase presso la feritoia.
Quando Koshi s’accorse che era il suo ex-compagno di scuola, storse ancora di più la bocca.
“Che t’hanno mandato a fare, da me, DentiSplendenti?” domandò con fastidio, mentre l’altro si sedeva proprio di fronte a lui.
“Non mi hanno mandato loro, ho chiesto io di poter parlare con te.”
“Ah sì, e per cosa? La mia versione non cambierà, se lo ficchino in testa.”
Hajime sbuffò inarcando un sopracciglio. “Vuoi smetterla di metterti sulla difensiva?! Non sono venuto qui per accusarti!”
“Ah! Ci mancherebbe! Siamo rimasti insieme per tutto il tempo e voi dormivate addirittura nel-”
“Potevi sempre uscire dal retro.”
Koshi Kanda batté violentemente un pugno sul tavolo, i nervi a fior di pelle e la voce che sibilava, tagliando l’aria come una lama. “Dannazione, Hajime! Non sono stato io! Non avrei mai fatto una cosa tanto stupida senza preparare un piano! Non sono più un ragazzino e ho una moglie e una figlia di cui prendermi cura! Credi che avrei preferito un’inutile ripicca a loro?!”
Il Tritone assottigliò lo sguardo, puntandolo dritto nel suo. “Quando si è trattato di voltare le spalle ad Agadir, non ci hai pensato sopra due volte.”
Lo sguardo di Kanda si assottigliò a sua volta, mentre una sorta di ghigno ironico gli tendeva le labbra. “Quindi è questo. Non crederete di valere più della mia famiglia, spero. La situazione era diversa, allora.”
“E spiegamela!”
In tutti quegli anni, Hajime s’era sempre domandato per quale motivo un Elemento come Kanda, che era in gamba anche se troppo indisciplinato, avesse deciso di scappare in quel modo, proprio lui che era così orgoglioso. L’unica risposta che si era dato era che fosse solo un vigliacco e il suo orgoglio, la sua forza, solo una bella facciata. Ma ora che lo aveva avuto nuovamente davanti dopo tutto quel tempo, la stessa immagine del forte e fiero Koshi Kanda che aveva avuto prima della fuga era rimasta immutata. Anzi, aveva assunto quella maturità che non aveva all’inizio. Merito della presenza di Rika e Mayleen, di sicuro, ma la fuga di un Elemento dalla propria scuola era una macchia indelebile nella sua testa.
Il guardiano del circo sbuffò ancora, appoggiandosi allo schienale della dura sedia di legno, un braccio contro la spalliera e l’altra mano chiusa in pugno e ferma sul tavolo; lo batteva piano, con nervosismo, mentre gli occhi erano spostati altrove.
“Perché non ero adatto a restare lì” rispose infine, senza guardarlo.
“Ma che diavolo significa? Eri sempre stato uno dei più forti-”
“E a che serviva se non ero portato a lavorare in squadra? A che serviva se ero uno spirito individualista? Era a Fyar che sarei dovuto andare, lo sapevi? A Fyar, non ad Agadir. Ma mio padre era devoto alla Divina Yoshiko e mi ha mandato al lago per divenire un mezzo pesce. Ma più il tempo passava, più mi sentivo un estraneo, lì dentro, fuori luogo.” Adesso Kanda lo stava fissando con serietà. No, non stava mentendo. “Io sarei stato il neo di Agadir, quello che avrebbe minato la stabilità e l’equilibrio di tutti gli Elementi della scuola. Non potevo restare.”
“Ma perché fuggire! Avresti dovuto parlarne col Master Katagiri, lui-”
“Non avrebbe potuto fare niente, oltre a cercare a ogni costo di convincermi a non andarmene. Così l’ho tolto dal peso di star dietro anche a uno come me. Fuggendo, nessuno avrebbe dato la colpa a nessuno tranne che al sottoscritto. Non me ne frega un accidente se vengo considerato come un vigliacco, questa era l’unica scelta che avevo per preservare il buon nome di Agadir.” Distolse lo sguardo tornando a fissare il tavolo. “E anche quello della mia famiglia. Meglio un vigliacco che fugge e si leva dai piedi, piuttosto che un elemento di disturbo in grado di portare problemi alla scuola. Mio padre avrebbe pensato di sicuro questo.”
Hajime restò a fissarlo senza dire nulla ma senza nascondere la sorpresa. Come Rika lo aveva ammonito, aveva giudicato la situazione senza conoscerla a fondo, ma basandosi solo sulla sua iniziale impressione e sul suo orgoglio di compagno tradito, ma ora si rendeva conto di come Kanda non avesse preso quella decisione a cuor leggero, in fondo, non aveva solo abbandonato la scuola, ma anche la sua famiglia.
“E poi? Che è accaduto dopo che hai lasciato Agadir?”
Il giovane abbozzò un sorriso ironico. “Ho fatto il vagabondo per un po’, fino a che non sono arrivato nei pressi di Rhanora… e ho conosciuto Rika.” Arricciò le labbra incrociando le braccia e ad Hajime sembrò addirittura che arrossisse leggermente. “Il resto non sono fatti tuoi!”
Al Tritone sfuggì un sorriso, sistemandosi meglio sulla scomoda sedia. “Lo so che non sei stato tu” disse, esibendo un’espressione più rilassata e meno ostica.
“Oh, grazie della fiducia, DentiSplendenti.”
“Ehi! Vedi di trattarmi bene altrimenti non ti aiuterò a uscire da qui!”
Kanda sbuffò, scuotendo il capo. “Lascia stare, Taki. Voi avete altro di cui occuparvi, me la vedrò io. E poi non sono più un tuo compagno di scuola, non mi devi nulla.”
“Quanto sei superficiale! Credi che solo perché hai mollato Agadir non ti aiuterò? Io e gli altri sappiamo che sei innocente e non ti lasceremo qui dentro mentre Bala fa di tutto per trovare prove a tuo carico. La nostra missione aspetterà un altro giorno.”
Questa volta, Kanda non replicò con il suo solito tono sprezzante, ma si limitò a sospirare, passandosi una mano nella folta massa di capelli. “La guardia che mi ha interrogato, ha detto che la gabbia degli attrezzi era stata sfondata.”
“Sì” confermò Hajime. “E che c’era acqua dappertutto, come se qualcuno avesse usato un incantesimo.”
“Oggi ho quasi usato la mia magia perché mi sono visto in trappola, squamato, ma ti posso assicurare che non l’ho mai usata contro nessuno. Chiedi agli addetti del circo. Al massimo io e Rika la utilizziamo per necessità quando dobbiamo interagire con le creature. È anche per questo che siamo stati assunti: prendere un Minister sarebbe costato troppo a quel pidocchioso di Bala.”
Il Tritone si massaggiò pensosamente il mento. “Sicuro di essere l’unico ad avere le chiavi dei tendoni?”
“Sicurissimo! Sono io il solo responsabile. Abbiamo chiuso insieme, ieri sera, c’eravate anche voi, no? La chiave la porto sempre con me ed era in stanza quando sono andato a dormire; nessuno sarebbe potuto entrare senza che ce ne accorgessimo!”
Eppure, come detto da Rivaul, la porta era stata aperta e non sfondata, né forzata.
“E’ possibile che qualcuno te l’abbia rubata e poi ne abbia fatto una copia?”
“Lo escludo.” Kanda scosse nuovamente il capo. “Conoscendo l’importanza di quel mazzo di chiavi, ci sto attentissimo. Le tolgo solo la sera, quando ormai è tutto chiuso. Ma nessuno può entrare nella mia camera da letto. Per quanto io abbia lasciato la scuola anni fa e per quanto Rika non sia più una Sacerdotessa, il nostro retaggio non lo dimentichiamo di certo; avendo poi a che fare con una bambina così piccola: il nostro udito è super sviluppato.”
Però Hajime sapeva anche che le porte non si aprivano da sole, a meno di un qualche incantesimo, ma non avevano avvertito nessuna presenza magica minacciosa, nonostante Dhèver fosse piena di gente.
“E Bala?” domandò a un tratto, sollevando lo sguardo su quello di Koshi, che inarcò un sopracciglio.
“Bala? Ovvio che ce l’ha. Anzi, lui ha il passpartout: un’unica chiave che apre tutte le porte di questo circo. E quando dico ‘tutte’, intendo proprio ‘tutte’; anche quelle delle abitazioni.”
“Che cosa?!”
“Te l’avevo detto, no? Per lui siamo solo oggetti, schiavi al suo servizio. Il terreno dove sorge il circo è il suo e tutto ciò che vi è sopra gli appartiene, ergo, lui deve avere libero accesso in qualsiasi edificio o tenda.”
Il Tritone girò il viso con disgusto. “Bastardo” sibilò. “Ma quindi la chiave che apre il magazzino-”
“No, quella ce l’ha solo lui. Nel magazzino principale sono riposte tutte le attrezzature che permettono il trasporto delle creature oltre il perimetro del circo. Bala lo tiene sotto stretta sorveglianza in modo che nessuno possa tentare di fare il furbo e provare a portarle via di nascosto.”
“Vedo che non è servito a nulla.”
Koshi sorrise, poi prese a rimuginare. “Deve essere stato lui. Me lo sento.”
“Perché derubarsi della sua fonte di guadagno?” Hajime sollevò le mani al cielo con rassegnazione. “Sarebbe ridicolo.”
“E che diavolo ne so? Però da quel verme ho imparato ad aspettarmi di tutto! È un vile; venderebbe anche sua madre pur di far soldi.”
In quel momento, la porta della cella si aprì e il Comandante Rivaul fece il suo ingresso accennando ad Hajime la fine del tempo a loro disposizione. Il Tritone annuì a sua volta e si alzò, quando l’ex-Elemento d’Acqua lo fermò un altro momento ancora.
“Ehi, mezzo pesce, senti…”, sul viso aveva un’espressione ansiosa, “…puoi dire a Rika di non preoccuparsi e che… tornerò presto a casa?”
“Ma certo che glielo dirò. Tranquillo, ti tiriamo fuori.”
L’altro parve rilassarsi pur esibendo una smorfia presuntuosa. “Tsk. E chi si preoccupa?”
Quando uscì dalla stanza, due guardie entrarono al suo posto e prelevarono Koshi Kanda per condurlo in cella, in attesa di avere prove definitive per condannarlo o liberarlo.
Hajime, affiancato dai suoi compagni, lo vide sparire dietro un’altra, pesante porta collocata alla fine del corridoio.
“Vi ha riferito qualche particolare che può esserci utile?” domandò d’un tratto Rivaul, osservando il Tritone, ma quest’ultimo scosse il capo.
“Niente che già non sapevamo. Koshi ha detto di essere l’unico ad avere la chiave e che è improbabile che qualcuno gliel’abbia rubata o anche solo sottratta per il tempo necessario a farne una copia.”
A passo lento emersero dai sotterranei, dove l’aria era stranamente fredda, per immergersi nuovamente nel tepore cittadino di Dhèver.
“Questo non gioca a suo favore, anzi, non fa che renderlo l’unico indiziato” fece notare il Comandante, mentre camminavano lentamente verso l’ingresso dell’edificio.
“C’è qualcosa che possiamo fare?” domandò immediatamente Yuzo, attirandosi l’occhiata truce di Mamoru che lo afferrò per un braccio.
“Che ti avevo detto, volante?” sibilò la Fiamma con occhi stretti e ardenti e quando l’altro tentò di protestare, la stretta si fece più salda. Un modo come un altro per fargli capire che doveva tacere.
“Nulla” tagliò la testa al toro Rivaul. “Anzi, vi pregherei di non intervenire, non sono cose che debbano riguardarvi.”
“Ma siamo ugualmente Elementi del Re” rimarcò Teppei.
“Sì, ma non siete ancora Minister, e il compito di occuparsi della città e dei suoi abitanti spetta a noi.” Rivaul lo sottolineò come fosse la sua ultima parola a riguardo, una specie di imperativo categorico, poi però aggiunse: “Ciò non toglie che se, per caso, doveste trovare qualcosa di utile, siete pregati di avvisarci immediatamente.”
Che tradotto suonava come: ‘Non posso darvi il permesso di curiosare, ma non ve lo sto vietando, solo che farò finta di non saperne nulla’; dopotutto, anche lui si rendeva conto di come Kanda fosse innocente, ma fino a che non ci fossero state prove sufficienti a scagionarlo, non avrebbe potuto fare altro che trattenerlo.
“Perfettamente d’accordo, Comandante” intervenne Mamoru scoccando delle occhiate eloquenti anche ai suoi compagni di viaggio. “Questi sono affari che non ci competono. Le auguriamo buon lavoro” E, accennando col capo, fece per congedare definitivamente l’intero gruppo – aveva parecchie cosette da ribadire agli altri tre! – quando la figura tozza di Bala avanzò decisa verso di loro. Al suo fianco, l’inseparabile energumeno dai capelli cortissimi e gli occhi talmente stretti da sembrare chiusi.
“Ah! Eccola, Comandante! E allora?! Quel maledetto ladro vi ha detto dove ha portato le mie bambine?! Oggi avevano uno spettacolo importante! Vi rendete conto della perdita?!” inveì con foga, agitando animatamente l’indice. “Voi dovete assolutamente trovarle! Assolutamente! Ne va dell’immagine del circo e dell’intera Dhèver! Tsk! Dovevo immaginarlo che Kanda mi avrebbe giocato un simile tiro: è solo un misero vigliacco che è scappato dalla sua scuola a gambe levate!”
Hajime fece per replicare a tono, quando la mano di Teppei lo trattenne. “Lascia perdere” sibilò e solo allora Bala sembrò accorgersi della loro presenza. Con sufficienza, rivolse loro un’occhiata indagatrice, come se li stesse studiando.
“E loro chi sono?”
Rivaul inspirò a fondo mantenendo un autocontrollo davvero invidiabile che poteva addirittura competere con quello degli Elementi d’Aria. Dalla sua espressione non trasparve alcuna emozione, anche se dal tono affilato della voce, si capiva che avrebbe voluto cacciarlo a calci dall’edificio.
“Signor Bala, noi stiamo facendo il possibile e vi ricordo che la colpevolezza di Koshi Kanda non è ancora stata provata. Questi ragazzi erano ospiti presso l’abitazione del vostro custode.”
Il viso dell’uomo arrossì di collera, mentre riprendeva ad abbaiare. “Ah, siete suoi complici, quindi?! Chi vi ha autorizzato a dormire all’interno del perimetro del circo?! Non sapete che quel terreno mi appartiene?!”
Mamoru inspirò a fondo un paio di volte, stringendo pericolosamente gli occhi. Lo avrebbe incenerito sul posto se Rivaul non fosse nuovamente intervenuto.
“Signor Bala, questi giovani sono Elementi del Re.” Lo sottolineò con una verve particolare che escludeva l’assoluta possibilità di un loro coinvolgimento nella faccenda, ma ciò che colpì fu il repentino cambio di espressione che attraversò il viso dell’affarista. Un’espressione sorpresa, di chi si trova davanti qualcosa di inaspettato. Difatti corresse il tiro, abbassando il tono della protesta.
“Elementi, avete detto?” fece eco perdendo parte del piglio aggressivo. “Ah, bene… questo cambia le cose.”
“Ovviamente, non si è mai sentito di un gentiluomo che rifiuta ospitalità ai servi delle Dee. Dico bene, signor Bala?”
Rivaul ci sapeva dannatamente fare con le parole, tanto che, messa in quei termini, nemmeno il proprietario del circo poté far altro che replicare quell’infastidito, ma remissivo: “Certo, certo. Ovviamente.”
“Ad ogni modo, siete capitato a proposito, avevo giusto delle domande da porvi. Prego, questo soldato vi accompagnerà nel mio ufficio. Vi raggiungerò fra un momento.” Il Comandante fece cenno a uno dei suoi sottoposti che scattò subito sull’attenti. Fece strada a un Bala, ora piuttosto reticente, che continuava a guardare di sottecchi i quattro Elementi. Nel momento in cui volse loro le spalle, Mamoru ne approfittò per lanciargli dietro una Scintilla con un impercettibile schiocco di dita. Il piccolo incantesimo volò come una scheggia sfuggita allo sfregamento di due pietre focaie e attecchì in maniera istantanea agli abiti di Bala generando un’improvvisa fiammata.
L’uomo iniziò a urlare girando in tondo per sfuggire inutilmente al fuoco che lo rincorreva qualunque cosa facesse. Ci volle la prontezza di riflessi dell’energumeno per spegnerlo, soffocando le fiamme con la propria giacca di cuoio. Il posteriore di Bala, coperto da fini tessuti di seta, presentava ora una evidente chiazza marrone, bruciacchiata, giusto al centro del sedere.
“Mamoru!” lo rimproverò Yuzo, ma l’interpellato subito si difese mostrando il più candido dei suoi sorrisi, mentre Hajime e Teppei cercavano di trattenere le risate.
“Eh? Che c’è? Io non ho fatto niente, perché guardi me?”
Il volante sospirò scuotendo il capo mentre Rivaul tossicchiava nel tentativo di mantenere imperturbabile la sua espressione seria e ligia.
“Sarebbe il caso che andiate, giovani Elementi. E qualora doveste avere informazioni, siete pregati di farcelo sapere.”
Yuzo annuì, profondendosi in un cortese inchino. “Certo, Comandante, non mancheremo”
Una volta fuori dall'edificio della Guardia Cittadina e immersi nel caos di Dhèver Teppei fu il primo ad affermare: “Avete visto come ha cambiato espressione, Bala, appena ha saputo chi eravamo?”
“Allora non è stata solo la mia impressione” convenne Hajime.
“Mi è sembrato quasi che si fosse spaventato.”
“Sì! Esatto!”
Teppei incrociò le braccia al petto, mentre si dirigevano nuovamente verso il Circo. “Ho avuto come la netta sensazione che lui c’entrasse qualcosa in tutto questo…”
“Ma è il movente che manca” gli fece notare Hajime, eppure questo non bastò a scoraggiare l’Elemento di Terra.
“Lo troveremo.”
“Eh no, noi non troveremo proprio nulla.” Mamoru bloccò il loro avanzare piantandosi di fronte ai compagni. Un sopracciglio inarcato e l’espressione severa che non ammetteva repliche. “Chiariamo subito una cosa: noi faremo quello che dobbiamo fare, ovvero gireremo per Dhèver alla ricerca di possibili informazioni, e poi riprenderemo il viaggio e la missione. Non abbiamo tempo da perdere e queste, come detto anche dal Comandante Rivaul, non sono cose che ci debbano riguardare. Mi ero già spiegato col volante, devo ripetere il concetto anche a voi?”
“Oh, andiamo, Mamoru! Non possiamo lasciare Rika e Kanda nei guai! Siamo gli unici, in questo momento, a poterli aiutare!” Teppei era fermamente deciso e anche sul viso di Hajime la Fiamma lesse la stessa risolutezza. Rika era una loro amica di infanzia e non le avrebbero voltato le spalle nell’ora del bisogno, ma lui era stato già fin troppo accondiscendente tra le vicende del Poli-Poli e Sundhara. Non poteva permettere che si rammollisse in quel modo.
“Non essere così presuntuoso, la Guardia Cittadina sa il fatto suo e quel Rivaul mi è sembrato un tipo davvero in gamba.”
“La Guardia Cittadina non può competere con noi, siamo Elementi, abbiamo la magia. Per i soldati, Kanda è già colpevole!” insistette Teppei. “Mettiamola ai voti!”
“Ai voti?! Quali voti?! Sono io che decido, questa è una dittatura! Ti ricordo che siamo già in ritardo sulla tabella di marcia-”
“Ma non abbiamo bisogno di girare inutilmente per la città! Rika e Kanda ci hanno già detto tutto quello che dovevamo sapere!”
“E’ la prassi.”
“Non essere ottuso!”
Mamoru si passò una mano sul viso tentando di non perdere la pazienza che già era ai minimi storici. “Teppei…” ringhiò basso
“No, non cambierò idea” si impuntò il tyrano, sollevando una mano. “Io voto per aiutarli, chi è con me?”
“Cosa?!”
Accanto a lui, anche Hajime sollevò la propria mano inguantata. “Anche io resto. Sono miei amici, è mio dovere fare qualcosa.”
La Fiamma era sull’orlo di incenerirli su due piedi, stava già stringendo le mani in pugni per contrastare l’istinto omicida, quando Teppei si rivolse anche all’Elemento d’Aria rimasto fino ad allora in silenzio.
“E tu, Yuzo?”
Mamoru osservò il volante nella maniera peggiore possibile e, sotto quelle iridi ribollenti, l’interpellato tentennò visibilmente, ma alla fine la sua natura prevalse.
“Mi dispiace Mamoru, ma non me la sento di lasciarli da soli, c’è di mezzo anche la felicità della piccola Mayleen e la vita delle sirene. Scusami, ma voglio aiutarli.”
La Fiamma soffocò, nel palmo della mano che spiaccicò sul viso, una sequenza di insulti in fyarish. “Cos’è, il buonsamaritanismo è contagioso, per caso?! Stramaledizione!”
Era fuori dalla grazia delle Dee, ma si sforzò di recuperare una sorta di autocontrollo, tanto ormai era chiaro che era stato messo con le spalle al muro.
“Diamoci una mossa” capitolò definitivamente, mentre Hajime e Teppei sorridevano soddisfatti e riprendevano a camminare a passo spedito. Dietro di loro, Mamoru aveva un’espressione indecifrabile e per nulla pacifica. Accanto a lui, Yuzo parve dispiaciuto.
“Sei arrabbiato?” gli chiese piano, per essere udito solo da lui.
“No, ma va? Da cosa lo avresti dedotto?!”
“Lo sappiamo tutti che tu hai ragione, Mamoru. La missione è fondamentale e noi siamo ancora lontani dalle altre mete, ma se voltassimo le spalle a chi chiede il nostro aiuto, che Elementi saremmo?”
La Fiamma lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi. Il nero delle sue iridi piantato nel nocciola. “E’ questo il problema”, sibilò minaccioso, “nessuno ce lo ha chiesto!” Avrebbe voluto risultare incisivo, categorico, e forse con qualcun altro davanti ci sarebbe anche riuscito, ma Yuzo non sembrò prestare fede al tono della sua voce e delle parole. Quietamente, seguitò a sorridergli.
“Guarda che l’ho capito che anche tu fremi dalla voglia di dar loro una mano, ma devi far vedere di essere contrario per mantener fede al tuo caratteraccio.”
Colpito e affondato.
Mamoru si sentì scoperto, tanto che sgranò gli occhi con evidente sorpresa. Da quando Yuzo aveva imparato a conoscerlo così a fondo da saper girare attorno a determinati atteggiamenti ‘di facciata’?
Non volle rispondersi e si limitò a lasciarlo andare per raggiungere gli altri; tra le labbra, una sequela di borbottii che strapparono un sorriso all’Elemento d’Aria.
“Ma che diavolo ci parlo a fare con te, maledetto volante!”

 


[1]RIVAUL: compagno di squadra di Tsubasa al Barcellona. Fa la sua prima comparsa nel Road to 2002! (Rivaul: *clicca*)




…Il Giardino Elementale…

E ovviamente le cose si complicano! X3
Credevate che potesse andare tutto liscio in questa città? Ma certo che no, altrimenti non c'è gusto! *ridacchia della propria perfidia*
Così, le sirene sono scomparse, ma chi-come-perché resta ancora un mistero... siete pronti a svelarlo assieme ai nostri Elementi? :3

Anche per questo capitolo è tutto!
Ci rileggiamo al prossimo aggiornamento! :3
Ringrazio di cuore tutte le persone che seguono questa storia! *-*/



Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti

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