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Autore: AnnaOmbraBrambilla    15/09/2011    2 recensioni
Derek Grey, ispettore che indaga sulla morte di quattordici donne, si trova faccia a faccia con Jonathan Smith, serial killer, mente geniale e uomo dalla personale moralità che ammetterà l'omicidio solo di tredici vittime.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diana aspirò l’ultima bocca di fumo e spense la sigaretta. Suo padre sarebbe arrivato a momenti e, nonostante sapesse che non le avrebbe detto niente – erano anni che non le diceva niente – preferì far sparire il mozzicone.
La cena era pronta, doveva solo scaldarla un attimo in padella e metterla in tavola. Rimase a contemplare la sua immagine riflessa nella finestra davanti a lei.
Derek entrò in casa e subito fu punto dall’odore acre delle sigaretta della figlia. Arricciò il naso contrariato: odiava quella sua abitudine.
Salutò ad alta voce, abbandonò le chiavi nella scodella di legno sul mobile all’ingresso, accanto alla foto della moglie, tolse il soprabito e si diresse in cucina.
Diana era già ai fornelli, i piatti accanto a lei pronti ad essere riempiti.
«Come va la tua tesi?».
La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Andrebbe molto meglio se il tuo amico avesse voglia di seguirmi un po’».
Derek sorrise. «Steven è una brava persona».
«Forse è bravo nel suo lavoro» ammise Diana sedendosi a tavola e porgendo il piatto al padre «ma è sicuramente un pessimo relatore».
Gli occhi verdi di lei fiammeggiarono e Derek decise di non aggiungere altro. Aveva la stessa capacità della madre di ammutolirlo con un solo sguardo e, sebbene l’autorità paterna non fosse mai stata messa a rischio, quegli occhi lo infastidivano.
«A te com’è andata?».
«Non come avrei voluto» un lungo sorso di vino rosse seguì le sue parole «Devo farti vedere delle foto».
Diana annuì. «Fammi finire di mangiare, non vorrei che mi togliessero l’appetito come l’ultima volta».
La cena finì in silenzio, la sigla del telegiornale ne scandì la conclusione. Derek si alzò togliendo i piatti dal tavolo, prese la sua borsa da lavoro e tirò fuori le foto delle quattordici ragazze che aveva mostrato nel pomeriggio a Jonathan.
Diana le osservò attentamente. Non era la prima volta che il padre le sottoponeva un book fotografico del genere.
«Cosa devo guardare?» domandò alzando lo sguardo sul padre.
«C’è un filo comune».
Diana distribuì sul tavolo sparecchiato le foto, una accanto all'altra, senza far caso all'ordine datole dal padre: se c'era una cosa che aveva imparato dai suoi studi è che gli schemi troppo rigidi ci nascondono buona parte del vero.
Il filo comune non era nell'aspetto delle donne: i loro capelli non si assomigliavano, i loro occhi erano tutti diversi, i loro fisici non avevano niente in comune; non era neanche nella professione o nella loro età.
«Questa è diversa» disse Diana rompendo improvvisamente il silenzio «Non so bene in cosa, ma questa è diversa».
Diana sollevò la foto e la mostrò al padre. Era la stessa che Jonathan aveva escluso dalla sua lista, senza spiegarne il motivo. «Non è mia» aveva detto e, adesso, Diana vedeva chiaramente che qualcosa distingueva quella foto dalle altre, quell'omicidio dalle altre, perché lui no?
Derek si sentì pervaso da quel senso di inquietudine che conosceva bene e con il quale conviveva da quando la figlia aveva cinque anni. Non aveva mai creduto ai cartomanti, ai maghi, eppure una donna lo aveva avvicinato senza che se ne accorgesse, si era sporta verso di lui, si era accostata al suo orecchio e gli aveva detto, in un sibilo, che la figlia avrebbe percorso la strada di tutti coloro a cui dava la caccia. Poi la donna se n'era andata, lasciando una scia di odore nefasto e una risata roca.
Non aveva mai saputo spiegarsi perché, ma quell'intrusione nella sua vita aveva segnato l'inizio di una lunga e sofferta agonia.
Gli era gelato il sangue quando, una sera di sei o sette anni prima, poco dopo la morte della madre, Diana aveva esordito a cena dicendo che le sarebbe piaciuto capire cosa si prova a stringere la gola a qualcuno fino ad ucciderlo.
«Cosa intendi dire?» le aveva chiesto mantenendo una calma apparente.
«Vorrei capire cosa ha provato quell'uomo quando gli occhi della mamma hanno smesso di guardarlo, per sempre».
La risposta di Diana gli era parsa diplomatica e al tempo stesso lo aveva scosso.
Negli anni dell'adolescenza, lo sapeva bene, la figlia aveva frequentato compagnie sbagliate, delinquenti di quartiere e, probabilmente, non si era fatta mancare l'esperienza della droga.
Derek si abbandonò al ricordo della notte in cui lei confessò che il suo sogno era studiare psicologia criminale. Diana era stata arrestata e portata in caserma.
L'ispettore era stato avvisato mentre la figlia era ancora in macchina e, quando la volante arrivò a destinazione, era già sulla porta ad aspettarla.
Era certo di non poter contenere la rabbia, era sicuro che la sua mano le avrebbe colpito il viso, quel viso arrabbiato, quel viso corrucciato e crudele che lo guardava con disprezzo. Quando la figlia scese dalla macchina la sua ira scomparve. Non sembrava più l'adolescente arrabbiata che aveva sbattuto la porta di casa poche ore prima, era una giovane donna spaventata che faceva i conti con se stessa e con i suoi fantasmi.
Quella notte uno dei suoi amici che lui non sopportava era morto e lei si era trovata da sola con lui, senza poter fare niente per salvarlo da quell'ultima dose.
Derek la prese in custodia e la portò a casa, si sentiva più un assistente sociale che un padre. Per la prima volta dopo anni, Diana gli parlò senza isteria.
«Voglio diplomarmi» disse «I miei voti sono ancora molto buoni, nonostante tutto. Vorrei studiare psicologia, dopo» un singulto la interruppe «Voglio capire cos'ha provato quell'uomo togliendole la vita» non diceva più la parola mamma da molti anni «perché io vedendo Daniel morire ho provato solo un senso di impotenza e di disperazione. Come si fa a guardare qualcuno che muore? Come si può desiderare di vedere qualcuno che muore?».
Aveva pianto per ore, aveva buttato fuori tutta la rabbia che negli anni si era accumulata in qualche anfratto del suo cuore.
«Non riesco a capire cos'è» Diana interruppe il flusso dei suoi ricordi e Derek si sforzò di mettere a fuoco la figlia «Credo che sia nel viso» socchiuse gli occhi «Sì, è nel viso» cercò di concentrarsi e di vedere oltre quella sensazione, ma non riuscì ad identificare niente «Potrei lavorarci domani» propose lei allungando istintivamente la mano verso il pacchetto di sigarette e fermandosi solo all'ultimo momento.
Derek annuì. Il senso di inquitudine non lo abbandonava, vedeva negli occhi della figlia un interesse troppo acceso.
  
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