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Autore: MeiyoMakoto    15/09/2011    2 recensioni
11-9-01
E' passata una settimana e l'America è sotto choc: per la prima volta, la guerra è entrata in casa loro... La guerra che anche i loro militari stanno combattendo, oltre che persone lontane in un paese che molti non riescono neanche a trovare sul mappamondo.
Ma nessuno vuole pensare al perché di questa tragedia, all'invasione che è durata anni e anni di una terra martoriata: la ferita è ancora troppo fresca, il dolore brucia ancora, e tutti puntano i dito contro il nemico.
Ci vuole coraggio ad ammettere le proprie colpe... oppure una grande amarezza.
Gabe ha uno dei due requisiti: riuscite ad immaginare quale?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Tu ci credi? Cioè, che ci possa essere gente così infame?'
Era inutile: non ce n'era uno che non parlasse di quei maledetti aerei. C'era persino chi andava in giro con delle assurde coccarde a stelle e strisce, fieri del proprio patriottismo. Già, patriottismo: dov'era stato quando si disperavano per i loro preziosi figlioletti che erano andati a farsi ammazzare per l'America in qualche terra dimenticata da Dio?
E poi c'erano quelli in lacrime; Gabe non li sopportava. Non sopportava il modo in cui lo guardavano quando li incrociava per la strada, uno sguardo come a chiedergli che erano vissuti a fare fino a quel momento, se una persona così cara era diventata un pezzo di carne bruciata distinta a stento da tutti gli altri pezzi di carne e acciaio e plastica e vetro. Gabe ovviamente non lo sapeva, che cosa erano vissuti a fare, non sapeva neanche che cosa era vissuto a fare lui. Ma quelli continuavano a rivolgergli sempre la stessa silenziosa domanda e lui si ritrovava sempre ad abbassare lo sguardo. Che cosa irritante.
E adesso ci si metteva pure questa che a malapena conosceva, una che aveva abbordato in una qualche discoteca. Ubriaca fradicia com'era, non era neanche stata una compagnia particolarmente eccitante quando se l'era portata nel suo appartamento... E adesso faceva anche la filosofa?
'Avranno avuto le loro ragioni.', borbottò, non riuscendo a trovare una risposta convincente a una domanda così cretina.
'Le loro ragioni?! Ma che razza di mostro sei? Tutte quelle persone uccise... Tutte quelle famiglie devastate...'
Ora anche le frasi fatte... Di bene in meglio.
'E allora tutti quelli ammazzati dai nostri coraggiosi soldati?'
La ragazza tacque per qualche minuto: non ci aveva mai pensato, era una settimana che non si parlava d'altro, eppure non aveva mai sentito mettere le cose sotto questo punto di vista.
'Beh, che discorso è? Se tutti ragionassimo così, continueremmo ad ammazzarci a vicenda fino a... Fino all'estinzione, no?'
Dio, quant'era stupida. Ma perchè, fra tutte le troiette che c'erano, aveva beccato proprio lei?
'Esatto. E invece siamo sempre più balordi a sgomitare per un posto in questo mondo di merda.'
'Cero che sei proprio una persona allegra, eh?'
'Senti chi parla. E poi essere allegri consuma tante energie: io  mangio, bevo, dormo, scopo e mi basta.'
'Della serie "viva la vita".'
'Tu dai troppa importanza alla vita.'
La ragazza lo guardò sconcertata, rendendosi conto solo allora di essersi fatta un complessato di prima categoria.
'E' la gente che gliene dà troppo poca! Se tutti dessero importanza alla vita, cose così non succederebbero!'
Era così sconvolta che riuscì solo a bocchegiarla, quella frase.
'Ok. Però nessuno ti ha chiesto la tua opinione.'
'E invece dovresti ascoltare! Come fai a pensare che la gente che fa roba simile sia umana?!'
'Ho le mie ragioni. Che non ti riguardano. E adesso rivestiti e vattene, prima che diventi cattivo.'
Era evidente che poteva diventare cattivo sul serio, e la ragazza se ne andò più in fretta che potè.
Gabe sentì un'improvvisa voglia di un bel cappuccino.
Mentre la caffettiera borbottava placidamente, il cellulare vibrò sul comò. Gabe andò a rispondere a passi lenti e assonnati.
'Può parlare, è una linea sicura.'
Una risata senza allegria echeggiò dall'altro capo del telefono.
'Devo dedurne che lei è l'uomo che stavo cercando.'
'Come mi ha trovato?'
'Con le domande giuste.'
'E a chi, di preciso?'
'A S mith.'
'Ok, quello è a posto. Chi è e dove abita?'
'Jeff Harley, sulla sedicesima a Brooklyn. L'indirizzo preciso non lo so.'
'Non c'è problema. Come è fatto?'
'Bell'uomo, mortacci sua. Biondo, sempre elegante...'
'Poi mi mostraerà una foto. Lo conosce quel pub, sempre sulla sedicesima, con quella porta verdognola orribile?'
'Sì.'
'Bene, ci vediamo lì alle venti con la foto.'
'D'accordo.'
'Però ha fatto le cose per bene? Voglio dire, come sa che non la beccheranno?'
'Si figuri, con tutta la gente che lo vuole morto, a quel bastardo.'
'Ok. Quanto mi dà?'
'Pensavo sui mille.'
Stavolta fu Gabe a ridacchiare.
'Un lavoretto pulito pulito le costerà di più.'
'Vabbè, non ho tempo per contrattare. Ci vediamo al pub.'
'Bene. Sarò quello col maglione rosso e la coccarda a stelle e strisce.'
'Eh, si figuri, con tutte le coccarde che girano di questi tempi... Brutta storia, vero?'
'Se lo dice lei. Comunque avrò anche il maglione.'
'A dopo, allora.'
'A dopo.'
Quanti ne aveva ammazzati, come l'anonimo biondino della sedicesima? Una trentina, forse -era uno bravo-. Quelli lì non significavano niente, per lui. Non aveva nessun particolare motivo per volerli veder rantolare in un bagno di sangue. Però aveva bisogno di soldi. 
"Forse ho risposto un po' male a quella", -pensò versandosi il cappuccino- "Se la lasciavo parlare magari ci stava un'altra scopatina. Però quei poveracci di... Pakistani? Boh... Comunque non se lo meritano, di essere considerati così carogne. Infondo hanno ammazzato per un Dio a cui non gliene frega niente ne' di loro ne' delle vittime. Allora sono più carogna io che lo faccio per i soldi per la dose, no?'
Sorrise, compiaciuto del proprio senso di autocritica.

  

  
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