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Autore: Phantom_Miria    16/09/2011    3 recensioni
Le partite di Quidditch, le gite ad Hogsmeade, i party nelle cucine di Hogwarts e i M.A.G.O. in avvicinamento non possono nulla contro le preoccupazioni di Lavi, che dopo cinque anni inizia a sospettare di essere innamorato del suo migliore amico.
La verità è che Lavi sta lentamente impazzendo. Non è bastato che abbia pensato di baciare il suo migliore amico al termine di una gloriosa partita di Quidditch vinta grazie a quest’ultimo, ma dopo tre giorni il suo cervello, a quanto pare, va in tilt e lui lo bacia per davvero. E per quanto a Lavi non sfugga l’estrema coerenza logica in tale successione di eventi, questi non può ignorare invece la profonda contraddizione tra le sue azioni e il suo concetto di ‘migliore amico’.
[Lavi/Allen] Avviso: Fic a sette capitoli ambientata nel mondo di Harry Potter.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'SEVEN {Arithmancy was never a friend}'
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Questo capitolo inizialmente nella mia testa sarà stato lungo 500 parole. E poi boh, all’improvviso si è allungato çOç . NON VOLEVO CHE FOSSE COSI’ LUNGO. *morde lo schermo* Non volevo neanche fosse così seriosa. Pretendevo una roba scialla, una cosa comica sull’orlo del demenziale. Perché è venuto fuori… questo. E sì, ciccinafic, ho appena indicato tutta te [cit.]
Inoltre, volevo dire che sono scema e ho sbagliato a scrivere nell’intro scorsa: il capitolo IV avviene DUE settimane dopo il terzo, e questo una soltanto, perciò avviene un mese dopo il capitolo I.

Questo capitolo lo dedico ATTE’, Hananas, perché tu sopravviva più facilmente alle ore post-scolastiche.

Ma soprattutto: chi mi sa dire per primo che pozione potrebbe star preparando Lavi? :D SENZA SBIRCIARIEJkfdsm Un premio in palio! (no, che, oddio, boh).

Disclaimer: non mio blahblahblahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

.

V.

Saluta rapidamente Allen e le ragazze prima di riprendere il passo di Kanda e dirigersi insieme a lui a Pozioni.

“Come va con Lenalee?” tira fuori dal nulla, giusto perché ha voglia di imbarazzare Kanda.

Ma Kanda, come al solito, manca di soddisfare le sue saltuarie e sadiche voglie. “Non sono affari tuoi, stupido coniglio,” ribatte scontrosamente, accelerando l’andatura.

Aww, Kanda, perché sei sempre così restio a mostrare il tuo lato più umano?” chioccia Lavi. Si avvicina cautamente a lui, per poi sussurrare, “L’avete già fatto? No perché è da qualche giorno che vedo questa strana luce negli occhi di Lenalee…” Ed è solo la prontezza di riflessi sviluppata al massimo grado in quei sette anni che gli permette di schivare la mano che si lancia verso la sua gola, e la fortuna di essere arrivati nei sotterranei che lo risparmia da ulteriori aggressioni.

L’aria dell’Aula di Pozioni è intrisa di un insolito odore. Davanti alla scrivania del professor Lee è disposto un calderone di ottone, semipieno di un liquido che diffonde una luminosità madreperlacea intorno a sé.

Lavi riconosce immediatamente le caratteristiche spirali di vapore che si innalzano dalla pozione.

“Ragazzi, non ci fate caso, ho tirato fuori questa piccola scorta per la lezione successiva del sesto anno. Dovreste già conoscerla, questa suggestiva delizia. Quindi datevi da fare con il vostro lavoro. Oggi ripassiamo una pozione che con molta probabilità potrebbero chiedervi ai M.A.G.O. Le istruzioni sono scritte alla lavagna, l’occorrente lo troverete sulla mia scrivania e dentro l’armadietto delle scorte.”

Essendo arrivati in ritardo, Lavi e Kanda occupano due posti vuoti in prima fila, esattamente davanti al Filtro d’Amore più potente del mondo.

La pozione da preparare quel giorno non è così difficile, e Lavi ricorda alla perfezione cosa deve fare perché venga più perfetta possibile; eppure, dopo dieci minuti dall’inizio della lezione, quando ormai la sua pozione dovrebbe risplendere di un lilla chiaro e luminoso, ciò che invece gorgoglia minacciosamente nel suo consunto calderone è una sostanza di un ripugnante nero violaceo dalla consistenza apparentemente mielosa. Persino quella di Kanda, nota Lavi con agitazione, ha un aspetto più rassicurante.

E mentre Kanda continua a schiacciare Fagioli Sopoforosi con il suo coltello e nel frattempo lanciargli dubbiose occhiate in tralice, Lavi si asciuga il sudore dalla fronte e prega con tutto il cuore che l’altro non gli rivolga la parola, non gli domandi perché la sua pozione faccia così schifo.

“Sì può sapere che diavolo hai oggi? La tua pozione fa schifo.”

Lavi sospira, scoraggiato dalla vita, e continua a gettare dentro il calderone quantità casuali di polpa di Fagioli. Ormai la pozione ha cominciato a sibilare pericolosamente, e il fumo che spira lentamente davanti a lui gli impedisce di leggere le istruzioni alla lavagna – non che prima vi facesse molto caso, comunque.

Yuu…” mormora a disagio, indeciso se porre la domanda di cui ha paura sentire la risposta.

Kanda deve avere avvertito la preoccupazione e la stanchezza nella sua voce, perché al suono del suo nome si limita a serrare la mandibola con forza, in attesa che continui.

“Che odore senti se annusi l’Amortentia?”

Le sue parole colgono Kanda impreparato, e forniscono a Lavi la visione di uno di quei rari e impagabili momenti in cui Kanda arrossisce.

Questi rimane zitto, con le mani tanto strette sul mestolo che le sue nocche diventano bianche, ma Lavi attende, ammirando le sue guance, trepidante e ansioso allo stesso tempo.

Dopo qualche minuto, quando Lavi è ormai convinto che non riceverà alcuna risposta, Kanda si schiarisce la gola.

“Cosa pensi che senta, idiota,” borbotta soltanto, ma per Lavi è più che sufficiente – in realtà lo era già il rossore.

“Perché, tu cosa senti?” chiede Kanda in tono così piatto che Lavi non capisce se gli interessi davvero o l’abbia fatto solo per distogliere l’attenzione da se stesso. In ogni caso Lavi si sente chiamato in causa, e prontamente il sangue gli sale verso il viso e gli tinge le guance di rosso.

“Beh, sento le solite cose, no?” risponde reticente, mescolando convulsamente la pozione, e fingendo una risatina allegra che sembra più l’incipit di un attacco d’isteria, “l’odore di pergamena vecchia, di inchiostro, di legno, quelle cose lì…” Il mestolo gli scivola di mano e affonda in quella sostanza melmosa che è diventata la pozione. Lavi lo recupera con un certo disgusto con mani tremanti e, esibendosi in un altro risolino pietoso, riprende a mescolare, intervallando a breve distanza direzioni casuali.

Troppo tardi registra il significato dello sguardo allarmato di  Kanda e l’esclamazione di sorpresa del professore seguita dall’imperativo comando di fermarsi immediatamente.

In una tragica frazione di secondo, la pozione esplode con un rumore assordante, crepando i bordi del calderone e innaffiando di spruzzi di maleodorante melma violacea la stanza, gli studenti nauseati e il professore sbigottito.

Svariati minuti dopo, quando l’intera classe è ormai stata congedata in anticipo a causa dell’incidente – e Kanda l’ha lasciato promettendogli una morte lenta e dolorosa –, avvilito, Lavi si avvicina al professore, che sta finendo di ripulire le ultime tracce dell’esplosione con un pratico tocco di bacchetta.

Mi… mi dispiace, professore.”

Il professor Lee si gira verso di lui e sospira, ma gli sorride indulgente. “È in parte colpa mia, avrei dovuto osservare meglio e non dare per scontato nulla… Di solito te la cavi così bene… e quella pozione è difficile da far esplodere in quel modo.”

Gli lancia uno sguardo indagatore e, un po’ preoccupato, aggiunge: “Cosa non andava questa volta?”

Lavi apre la bocca, ma l’unica cosa che riesce a pensare è che il professor Lee e sua sorella Lenalee, seppur molto diversi tra loro, condividono la stessa identica espressione angustiata. Perciò richiude subito la mandibola con uno scatto, in mancanza di qualcosa di intelligente da dire. Il suo occhio ricade automaticamente sul colpevole, quel calderone che poco prima era riempito dal Filtro d’Amore.

…Ah, haha dovrei smettere di fidarmi di Lenalee,” commenta enigmaticamente il professore, a cui improvvisamente gli occhi brillano di divertimento e comprensione, che Lavi non riesce assolutamente a motivare. …E cosa c’entrerebbe Lenalee in tutto questo?

Il signor Lee solleva gli occhiali dal naso e si strofina la mano sulla faccia in un movimento lento e fiacco. “Penso che tu debba andare a pranzo tra poco, Lavi,” dice tranquillo, ma Lavi non coglie subito l’invito ad andarsene: rimane lì in piedi, confuso, pendolando imbarazzato sulle sue gambe. “Non… non mi dà una punizione? Nulla?”

Il professor Lee lo contempla per un attimo, con qualcosa misto a scetticismo negli scuri occhi a mandorla, prima di ridacchiare tra sé e sé, con tono sorpreso. “Beh, non ne avevo intenzione, ma visto che lo chiedi…

Cinque minuti dopo, Lavi fa il suo ingresso nella Sala Grande con una persistente faccia da funerale e si accascia sulla panca al tavolo dei Grifondoro. I pochi studenti già presenti si tengono lontani da lui, intimoriti dal modo in cui squadra incupito il cibo servito come se questo gli avesse arrecato un’indelebile offesa.

Non si sorprende quando vede comparire Allen all’entrata – lui e Fou hanno un’ora buca prima di pranzo, mentre Lenalee ha la lezione di Babbanologia.

“Ciao, bombarolo,” lo saluta l’altro con allegria.

Haha, non è divertente. …Chi te l’ha detto?”

Kanda, ovviamente. L’abbiamo beccato poco fa. Mentre andava a ripulirsi quella roba fetida che aveva addosso. Dovrei ringraziarti, per la cronaca. È stato bellissimo prenderlo in giro.”

“Dov’è Fou?”

“In biblioteca, doveva controllare una cosa.”

Allen si lascia cadere vicino a lui, e comincia a servirsi con una lentezza insolita. Lavi vorrebbe solo alzarsi ed allontanarsi da lì, da Allen, e da quello stupido, stupidissimo—

È inutile negarlo, realizza Lavi con un nodo alla gola: è inconfondibile quell’indescrivibile odore lievemente dolciastro misto alla fresca fragranza di menta. È  tipico di Allen, e Lavi lo conosce troppo bene per poterlo scambiare con qualsiasi altro. Forse dovrebbe preoccuparsi del fatto che conosca Allen così bene, persino il suo odore – ma è normale, crede. Sono stati vicini tante volte.

(Ma gli è bastata la prima. Gli è bastato avvicinare a sufficienza una sola volta il naso al suo collo e quell’odore non ha mai lasciato la sua memoria. In fondo, Lavi non dimentica praticamente nulla – soprattutto se si tratta dei suoi amici. Soprattutto se si tratta di Allen.)

“È insolito che tu faccia esplodere un’aula, Lavi,” mormora Allen in un tono di voce così lieve e pacato che per poco non sfugge al suo orecchio. Non aggiunge nient’altro, ma Lavi comprende che sta aspettando una risposta – che non ha.

“Lo so,” temporeggia, prendendo in mano la forchetta e spostando i pezzi di cibo qua e là per il piatto, “ero un po’ sovrappensiero. Agitato, più che altro. Per i M.A.G.O., sai.”

Preferirebbe non aver notato il corpo di Allen irrigidirsi di scatto. Ma come se niente fosse, Allen gli sorride di nuovo. È un sorriso vuoto, senza alcuna felicità, e fa male constatare che quel sorriso è causa sua.

“Capisco, anche io sono un po’ sotto pressione.”

Lavi gli rivolge una sorta di smorfia di comprensione, e torna a giocare con il suo cibo.

Cala un silenzio scomodo. Non è il solito, piacevole silenzio rilassante, che s’instaura tra loro quando sono sfiniti, o sazi, o semplicemente non sentono il bisogno di riempire gli attimi con discorsi vuoti e frivoli. Non è il solito silenzio che Lavi ama condividere ogni tanto con lui e che, pensa, sia una delle tante, tante prove della loro amicizia.

È invece un silenzio spiacevole, carico di tensione, di dispiacere, di sensi di colpa, di respiri trattenuti e parole non dette.

Ma è in quel silenzio, seduto di fianco al suo migliore amico e con una cappa oppressiva che si sorregge a stento sopra di lui, minacciando di crollare rovinosamente in qualsiasi momento, che Lavi si rende conto, per la prima volta in quelle quattro settimane, di essere stato un completo, irrecuperabile, imperdonabile idiota.

Ha chiuso gli occhi davanti all’evidenza quando i fatti parlavano da soli e meglio degli infiniti dubbi, e ha ricamato con spudorata ipocrisia una verità fittizia sopra di questi. Il bacio, l’Amortentia… persino la sua stupida tazza da tè hanno indicato sempre e solo una strada, che lui si è rifiutato di camminare – o meglio, si è rifiutato di credere di starla già camminando, di essere troppo immerso per poterle sfuggire. Ha desiderato baciare Allen, e poi ha stupidamente cercato di ingannarsi, convincendosi che il ricordo di quel desiderio avverato, quel bacio rubato quella notte, il tumulto di emozioni eruttate in lui in quel singolo istante, non siano marchiati a fuoco nella sua memoria, nella sua coscienza, per tutti i giorni e le notti, e che il desiderio di poterlo rifare, di poter riavere tutto anche solo un’altra volta…

L’Aritmanzia,’ gli sussurra una vocina lagnosa nella sua testa, ‘A me piace l’Aritmanzia. Perché non ci si può fidare di lei?

Ma Lavi scaccia infastidito – e impaurito come non mai – quella vocina codarda, capendo che il suo attaccamento all’Aritmanzia, a quella stupida e insignificante differenza di una cifra, è dovuta a un problema più profondo.

Al culmine della sua agitazione e della sua insicurezza, ha desiderato mentire agli altri sulla sua preoccupazione non solo per mentire a se stesso, ma anche per rivedere il sorriso di Allen, che sembrava averlo abbandonato a causa sua; per poter parlare di nuovo con lui liberamente, senza ulteriori ansie e timori; per poter riavere l’amicizia che c’è sempre stata tra di loro e che ha temuto, per un attimo, potesse sgretolarsi.

Non avrebbe mai permesso che ciò accadesse, per nessuna cosa al mondo. La sua amicizia con Allen è troppo preziosa, troppo importante per essere persa per colpa di stupidi dubbi e indesiderati sentimenti, questo è ciò che ha pensato.

E questo è ciò che pensa tutt’ora.

“Ti rendi conto, l’anno prossimo non ci sarai più.”

Lavi riemerge dai suoi pensieri come da un sogno. Gli sembra che la boccata d’aria che prende allora sia più fresca di quella precedente, e che la luce di mezzogiorno che entra dalle finestre e dal soffitto incantato sia all’improvviso più luminosa. Si era dimenticato che Allen fosse lì, di fianco a lui. Si rende conto di aver perso la cognizione del tempo. Ma non ha il coraggio di chiedere quanto sia passato dall’ultima parola che si sono rivolti – stranamente, gli pare un’eternità.

“Già, è un peccato… mi mancherà questa scuola.”

“E a me mancherai tu.”

Lavi alza di scatto la testa, e vede la smorfia di tristezza che segna il viso giovanile di Allen. Scorge qualcosa nei suoi occhi, di così profondo che ha paura di immergervisi, di scoprire, perciò ancora una volta si dimostra un codardo, e sorride con leggerezza nel tentativo di compensare quell’atmosfera grave che è calata su di loro formando una spessa cortina di depressione.

Aw, mi mancherai anche tu, Allenuccio,” tuba scherzosamente Lavi, arruffandogli i capelli con una mano, e non si sforza di trattenere il sorriso affettuoso che gli cresce sulle labbra quando Allen cerca di sfuggire a quel trattamento, sfoggiando un’espressione altamente contrariata.

“Comunque,” riprende il più giovane, dopo essersi sistemato in qualche modo le sue ciocche disordinate di capelli bianchi, “il tempo che hai a disposizione si accorcia sempre di più. Ti conviene non lasciare rimpianti alle spalle una volta che sarai uscito. Fai tutto quello che senti di dover fare, Lavi, e velocemente, prima che sia troppo tardi.”

Segue un silenzio pregno di un’atmosfera indecifrabile, in cui Lavi lo guarda con confusione e malcelato sgomento, e Allen si limita a sorridergli affabilmente – c’è qualcosa di strano e affascinante nel suo sguardo. Lavi si distrae, osservando quegli occhi grigi che sembrano trasmettergli una sorta di messaggio in codice, ma quando apre la bocca per chiedergli cosa intenda dire, Fou fa il suo rumoroso ingresso nella Sala Grande, lagnandosi a gran voce dell’impossibilità di trovare una qualsiasi informazione utile in quella biblioteca maledettamente immensa.

   
 
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