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Autore: emychan    16/09/2011    4 recensioni
3 classificata al contest 'Il minestrone della nonna' indetto su Efp!
Arthur trova Merlin una notte e, senza sapere perché, se lo porta a casa, scoprirà qualcosa sul passato del ragazzo? O non c'è modo di conquistarne la fiducia? Forse il nuovo fidanzato di Morgana potrebbe svelare qualcosa di inaspettato su Merlin... merthur ovviamente!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Dedicato a elfin emrys, crownless e valentinamiky
Spero vi piaccia anche questo capitolo... non so perché Arthur mi esca sempre così asino....:P

In attesa dell'epilogo, mi faccio pubblicità e vi invito a leggere(e, se ne avete voglia, a commentare) Shattered dreams, la mia ultima fatica, non è merthur (strano), ma se avete del tempo da buttare...xD


Cap.5: Lettera


Quando riaprì gli occhi la mattina dopo, la prima cosa di cui fu piacevolmente consapevole fu il calore al suo fianco.
Il corpo avvolto al suo, il tiepido respiro sul collo e i capelli neri che gli facevano solletico sulla mascella.
Merlin dormiva ancora, col viso premuto contro l'incavo della sua spalla e un braccio stretto intorno al suo petto.
Arthur lo osservò in silenzio prima di stampargli un bacio sulla tempia.
Il ragazzo sospirò sotto al suo tocco e aprì gli occhi «Buongiorno» mormorò Arthur baciandolo sulle labbra.
Nella sua convinzione che tutto fosse perfetto, che tutto finalmente fosse andato come voleva, non notò quanto Merlin fosse strano.
Non si accorse che non lo ricambiava, che sembrava quasi nervoso.
Quando se ne rese conto, fu come se qualcosa di viscido e ghiacciato gli fosse scivolato giù per la gola «Merlin?»
«Io... ho bisogno di un caffè» balbettò l'altro evitando di guardarlo negli occhi.
Arthur provò a chiamarlo, a fermarlo, ma lui si rivestì in fretta e scivolò oltre la porta, senza neppure girarsi.
Arthur rimase a letto, ascoltandolo girare per la cucina.
Per un po' accarezzò l'idea di non alzarsi affatto. Di rimanere lì sdraiato, a credere che tutto andasse bene. A ricordare la notte prima e ad immaginare cosa essa avrebbe portato.
Non poteva credere che fosse solo sesso.
Merlin non era tipo da andare a letto con qualcuno senza provare nulla, giusto?
Ma in fondo cosa ne sapeva lui di che tipo era Merlin? Nei sei mesi in cui l’aveva conosciuto non gli aveva neppure rivelato di essere un musicista o di aver perso un caro amico.
Non gli aveva rivelato proprio nulla. Non era stato sincero, né onesto.
Perché doveva aspettarsi qualcosa di diverso adesso?
Richiamando finalmente abbastanza sdegno e rabbia da affrontare l’altro senza indecisioni, Arthur si rivestì e andò in cucina.
Lo trovò con le mani posate sul tavolo, a fissare in silenzio la tazza di caffè stracolma senza la minima intenzione di toccarla.
«Ti spiacerebbe dirmi cosa succede?» gli chiese in tono velenoso, tenendosi fisicamente distante.
Come se questo avrebbe reso il tutto meno doloroso.
Merlin sobbalzò nel sentire la sua voce, ma non si voltò «E'... complicato» mormorò.
Sembrò sul punto di continuare, ma poi le sue spalle s’incurvarono e ricadde in silenzio.
Arthur non si sarebbe fatto impietosire. Non questa volta.
Era stufo di capire. Era stufo di accettare. Voleva la verità.
«Lo è sempre con te. Cosa c'è? Non vuoi dirmi che eri stanco e frustrato e hai deciso di scaricare un po' i nervi?»
In risposta l'altro si irrigidì come se l'avesse colpito, ma fece finta di non notarlo.
«Basta dirlo Merlin, non sono una ragazza lo sai. Non è che m'importi così tanto» continuò e, solo allora, l'altro si voltò.
I suoi grandi occhi azzurri puntati su Arthur, indagatori, profondi «Ah no?» chiese con voce tremante.
Arthur quasi rinnegò tutto ciò che aveva detto. Perché se Merlin lo guardava così, allora sicuramente, certamente, aveva frainteso tutto e c'era davvero una spiegazione. Giusto?
Ma la parte di lui che era ferita e infuriata fu più veloce del resto «Certo che no, perché mi prendi?» gli rispose scuotendo le spalle «Non penserai mica che sia così scemo da innamorarmi proprio di te» e quasi cedette di fronte allo sguardo angosciato dell’altro.
«Oh» mormorò Merlin con aria persa «Oh» e forse si sbagliava, ma ad Arthur, per un attimo, sembrò che fosse sull'orlo delle lacrime.
Un attimo in cui si diede dell'idiota. In cui quasi afferrò l'altro dalle braccia, per scuoterlo finché non gli avesse spiegato tutto, finché non gli avesse detto la verità e non avesse giurato che non c'erano errori, che la sera prima era stata importante quanto lo era stata per lui, ma quando Merlin, infine, gli passò affianco scusandosi e scivolando nel buio della sua stanza, Arthur non fece altro che continuare a fissare la tazza abbandonata in cucina.
A chiedersi come facesse sempre a incasinare ogni cosa.
Incapace di sopportare oltre l'atmosfera improvvisamente invivibile della casa, afferrò le chiavi della macchina ed uscì.
Guidò per ore a cellulare spento.
Su e giù per strade ed autostrade, senza meta, senza direzione.
Alla fine, troppo stanco per continuare a guidare e troppo vigliacco per tornare indietro, entrò nel primo albergo disponibile e prese una stanza.
Non era lussuoso come avrebbe voluto, con piccole stanze più simili a celle.
C’era a malapena lo spazio per un letto ad una piazza dall'orribile copriletto giallo e un comodino di legno vecchio e traballante.
L'unica finestra era coperta da una spessa tenda di velluto rosso e le pareti erano ricoperte da carta da parati bianca ingiallita dal tempo.
A ben pensarci, non avrebbe mai messo piede in un posto simile se avesse avuto scelta, ma di fronte all'ipotesi di affrontare Merlin così presto, preferiva perfino dormire lì dentro.
Resistendo all'impulso di chiedersi quanto fosse pulito, si lasciò cadere sul letto e si accese una sigaretta. L’ennesima.
Guidando aveva consumato quasi tutto il pacchetto.
Immaginava che tutti i progressi fatti negli ultimi anni con i suoi cerotti non fossero serviti a molto alla fine.
Spegnendo l'ultimo mozzicone rimastogli, Arthur chiuse gli occhi e si addormentò.
Poco dopo, qualcuno bussò alla porta.
Nel sogno il suono era distante e distorto, ma sapeva che c'era qualcuno che bussava.
«Signor Pendragon?»
Arthur spalancò gli occhi.
Per un attimo si chiese perché le sue coperte avessero quell'odore spiacevole, ma subito rammentò alzandosi, non senza sollievo, per aprire la porta.
Era un cameriere dalla divisa verde e gialla, Arthur lo osservò chiedendosi in silenzio perché quell’albergo amasse tanto quei colori. Erano inguardabili.
«Volevo ricordarle che il check-out è a mezzogiorno» gli spiegò il ragazzo, non poteva avere più di trent’anni, studiando i suoi vestiti stropicciati dal sonno.
«Che ore sono?» chiese con voce arrochita.
Aveva prenotato per tutta la notte ed era lì solo da un paio d’ore.
Il cameriere si grattò il naso ricoperto di lentiggini in imbarazzo «Le undici e mezza» gli disse e Arthur quasi si lasciò sfuggire un'inelegante espressione.
Non si aspettava di dormire così a lungo. Non sapeva nemmeno di essere stanco.
Con una nota di veleno si chiese se Merlin avesse provato a telefonargli.
Era preoccupato per lui? Oppure non si era reso nemmeno conto della sua scomparsa? Era un giorno, quasi due, che mancava di casa.
«Grazie» mormorò soprappensiero. Avrebbe almeno dovuto chiamare Morgana.
«Qualcuno ha lasciato questa per lei» continuò il cameriere, passandogli una piccola busta bianca. Non c'era scritto né mittente né altro.
«Chi l'ha lasciata?» chiese incuriosito. In fondo nessuno sapeva che era lì.
Chi poteva avergli lasciato un messaggio? A meno che Morgana non l’avesse trovato, lei ci riusciva sempre, anche se non aveva mai capito come.
«Un ragazzo, non ha detto il suo nome però…»
Arthur si rigirò la busta tra le mani in silenzio.
Il cameriere continuò a fissarlo in attesa, finché non gli diede un paio di sterline per farlo andare via.
Rimasto solo, tornò a sedersi sul suo letto strappando la parte superiore della busta.
Un accendino di metallo gli cadde sul palmo della mano.
Non un accendino qualunque, ma quello di Merlin.
L’accendino con la margherita incisa sopra.
In fretta estrasse i due fogli che lo accompagnavano, la calligrafia era inconfondibile.
Non era semplicemente possibile. Come aveva fatto a trovarlo?
Con un nodo in gola lesse in fretta tutto il contenuto, prima di rileggerlo più lentamente, assorbendone ogni frase.

Arthur,
non so dirti quanto mi dispiaccia  per quello che è accaduto, di certo non volevo farti scappare dall'altra parte della città o cacciarti da casa tua.
Non ce l'ho con te per essertene andato, anche se mi hai fatto preoccupare.
Adesso capisco cosa devono aver provato tutti quanti quando me ne sono andato e ti giuro che non lo farò mai più. E' orribile. Perciò, ti prego di tornare.
Se dopo aver letto la mia spiegazione vorrai cacciarmi, sarò io a lasciare la tua vita, non tu. Non sarebbe giusto.

Per prima cosa, voglio dirti che hai frainteso tutto.
Non penso che quello che è accaduto tra noi sia stato un errore e non lo rimpiango affatto.
Non lo rimpiangevo neppure ieri mattina ed è proprio questo il problema.
Io amavo Will, Arthur. Ti ho mentito anche su questo e mi dispiace, non so nemmeno io perché l'ho fatto. Forse perché sapevo già cosa sarebbe accaduto e non volevo impedirlo in alcun modo. Non volevo darti una scusa per mantenerti distante.
Will era il mio primo amore, non ricordo un tempo in cui io non l'abbia amato e, quando è morto, ho giurato a me stesso che non avrei amato nessun altro.
Poi sei arrivato tu.
Ammetto che all'inizio ti ho seguito perché me lo ricordavi.
Sapevi che fumi le sue stesse sigarette?
Per il primo mese ho quasi pianto ogni volta che ne accendevi una.
Cercavo ogni minima somiglianza e ti rimanevo affianco anche se non volevi, solo per rimanere affianco a lui. Ma poi, qualcosa è cambiato.
Col tempo ho accettato che non gli assomigli affatto.
Sei arrogante e prepotente. Ti arrabbi subito e gridi per niente. Ti lamenti per come mangio e come mi vesto, ma ti fermi a comprare lo smalto nero se sai che l'ho finito.(Si, lo so che sei stato tu e non Morgana) e mi lasci sempre l'ultima fetta di pizza
Potrei elencare mille motivi per cui è accaduto, ma il fatto è che mi sono innamorato di te. Solo di te. Ti amo Arthur Pendragon. Ti amo per chi sei e non per chi mi ricordi.
E non posso fare a meno di sentirmi in colpa per questo.
La verità è che tu sei il motivo per cui non sono tornato indietro, anche quando stavo meglio. Anche quando ho smesso di piangere e disperarmi.
Quando il dolore si è fatto sopportabile e ho imparato a sorridere di nuovo, sono rimasto con te a fingere che fosse quella la mia vita, perché volevo che lo fosse davvero.
Sono una persona orribile. E per questo mi odio.
Ma non è colpa tua Arthur, non lo è mai stata.
La tua unica colpa è stata aiutare un ragazzo senza casa che moriva di freddo sulla tua porta. Credo sia stato destino, lo sai?
Tu mi hai salvato ed io non smetterò mai di ringraziarti ed amarti per questo.
Non so se mi crederai, se riuscirai a fidarti di nuovo di me, ma ti do la mia parola che sono sincero e non ci sono altri segreti.
A riprova dei miei sentimenti ti lascio il mio accendino, il suo accendino, per dimostrarti quanto tu sia importante per me.
Capirò se non tornerai Arthur.
Capirò se non mi vorrai più nella tua vita.
Sono un casino umano in fondo. Nessuno vorrebbe sobbarcarsi un problema così grande.
Nonostante tutto ti amerò comunque, credo che lo farò per sempre.

Ti aspetto,
Merlin

Arthur strinse l'accendino fino a farsi male, il nodo nella sua gola quasi gli impediva di respirare.
Che razza di idiota. Era lui l'imbecille, non Merlin.
Come aveva fatto ad essere tanto cieco? Era ovvio. Era tra le righe di ogni loro conversazione.
Eppure aveva finto di non vedere, di non capire.
Solo per non essere geloso.
Solo per non affrontare un rivale che non c'era più, ma che ancora riusciva a ferire Merlin in modo smisurato.
Merlin lo amava.
Il pensiero lo riempì di una gioia sconosciuta, quasi impossibile da contenere.
Lo amava.
E lo aspettava.
Sorridendo Arthur sentì una scarica di adrenalina mai sentita prima e volò giù per le scale dell'albergo, lungo le scale, dritto fino alla macchina.
Fu solo davanti al volante che gli tornò in mente il secondo foglio della lettera.
Prima di mettere in modo, Arthur lo tirò fuori dalla tasca dei jeans in cui lo aveva infilato in tutta fretta.
Mi dispiace di non poterla suonare per te, c'era scritto in cima.
Arthur scorse le righe in silenzio, era una canzone.
Una canzone davvero bellissima.
Merlin aveva talento. E non lo pensava solo perché lo amava.
Poteva davvero essere il genio di cui parlava Gwaine.
Era un testo perfetto e voleva che Merlin la suonasse per lui, che la cantasse per lui.
Solo per lui.
Con quel pensiero mise in moto e partì.

«Merlin?» gridò entrando nel loro appartamento dopo aver infranto ogni codice della strada, superato ogni limite di velocità e bruciato almeno una decina di semafori rossi.
Per un attimo, fermo sulla soglia, temette che fosse troppo tardi.
Che, stanco di aspettare, Merlin fosse scomparso nel nulla così come era arrivato.
Le stanze erano buie e silenziose, troppo. Non lo erano mai con l'altro intorno.
«Arthur?» gli arrivò finalmente la familiare voce roca e incrinata dal pianto.
Arthur si voltò.
Merlin era seduto sul pavimento, la schiena poggiata contro il divano e le gambe strette contro il petto. Aveva i capelli in disordine e gli occhi arrossati dal pianto.
Non era mai stato più bello che in quel momento.
Senza dire nulla, Arthur si avvicinò a lui e lo abbracciò, le sue labbra trovarono la sua pelle e zittirono ogni sua parola.
Non c'era bisogno di dire nulla.
Era a casa.

Tbc....

   
 
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