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Autore: Shona    16/09/2011    13 recensioni
Tornano Sarah e Luke nella loro ultima storia. Una piccola visione sul futuro di questi magnifici personaggi creati da Fallsofarc! Come saranno dieci anni dopo? Leggete per scoprirlo!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sarah&Luke'
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Born For Love

 

Il suono della vita.

Un pianto disperato dopo il primo respiro, quello che ti brucia la gola e i polmoni e che fa gioire chi ti è intorno.

Poi un altro.

Due vite nate a pochi momenti di distanza.

Le lacrime sul volto di un padre, di una zia, di un amico… addirittura lacrime nascoste negli occhi di una nonna a cui non avresti mai creduto se non le avessi viste.

Il primo ad alzarsi è Jack, pronto ad entrare in sala parto per vedere i suoi bambini appena nati e per dare un bacio a Liz, stremata e ancora mezza sedata per il cesareo.

Ed io sto qui, circondata dalla mia famiglia adottiva, con i bambini che ridono e che corrono attorno e ti tirano i pantaloni per essere presi in braccio.

Quanti anni sono passati dalla prima volta che ho preso in braccio il primo nipotino?

I gemelli di Constance ormai sono grandi, talmente grandi che guidano già la macchina.

Elise ha dieci anni e la stessa calma di Matt, se avesse dovuto sopportare due Jessika a quest’ora sarebbe un santo. In compenso Alex ha preso tutto da sua madre e non sta fermo un attimo. Magari è solo perché è ancora piccolo e a cinque anni sono tutti dei piccoli mostri.

Eppure Rose, l’ultima Danson fino a pochi minuti fa, ha la stessa età della piccola peste ed è un angioletto.

C’è da dire però che Catherine, la sorella maggiore di Rose, si fa sentire forte e chiaro anche se è di pochi anni più grande.

Povero il mio cognatino. Circondato da donne. Pure il gatto è femmina. E il criceto. E tutti i vari pesci rossi che le bambine lo obbligano a comprare ad ogni luna park… anche quelli si presume che siano femmine dato che lo seguono sempre da dietro il vetro della boccia.

Finalmente Jack torna in sala d’aspetto accompagnato da un’infermiera che l’aiuta a reggere i due bambini… o meglio bambine date le copertine rosa che le avvolgono.

“Sono femmine… tutte e due.” Il suo tono è estasiato e disperato allo stesso tempo.

Mr.Gelosia avrà delle belle micette da pelare tra qualche anno.

Ci riversiamo tutti a vedere le due nuove meraviglie appena nate. Hanno la testa piena di capelli e le manine strette a pugno vicino al viso.

Nonna Margareth è la prima che riesce a prendere in braccio una delle nipotine, l’altra bimba viene rapita da Nonna Daisy.

Come cambiano le persone quando inizi a sfornagli bebè.

Dieci anni fa non avrei mai creduto di vederla con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra e invece…

“Luke, tesoro, spero che anche voi vi decidiate presto a farmi un nipotino.” Come se il lavoro dovesse farlo tutto lui.

Mio marito mi guarda. Ha forse paura che salti al collo della mia adorata suocera?

Per stavolta lascerò il bisturi nella borsa.

Lascio una carezza sulla piccola testa di ognuna delle mie bellissime nipotine per poi chiedere all’infermiera se è possibile entrare per salutare la neo mamma.

Sfortunatamente per me Liz si è addormentata e le visite sono rimandate.

Gli altri sono tutti impegnati a fare versi alle bimbe e a congratularsi con Jack per l’ottimo lavoro. Se Liz fosse qui li avrebbe già mangiati, tutto il lavoro duro è toccato a lei.

 

Mi allontano dalla sala d’aspetto.

Fa abbastanza caldo e ho paura che i miei cani soffrano a stare chiusi in macchina nonostante i finestrini aperti e il parcheggio all’ombra.

Faccio scattare la chiusura centralizzata e salgo sul sedile posteriore. Per fortuna la temperatura non è eccessiva e i miei bimbi mi salutano allegri dal bagagliaio.

Argo mi lecca la mano che ho allungato per accarezzarlo. Il mio vecchietto ha quasi dodici anni, ma è ancora un cucciolone.

Maja, un cane lupo, è più contenuta e si limita a farsi accarezzare tra le orecchie.

Fra le loro gambe ci sono Golia, un bassotto, e Botolo, il volpino che mi ha regalato mia suocera. In realtà Botolo non è il suo vero nome, ma è veramente troppo stupido per essere chiamato in altra maniera.

Mi accoccolo sul sedile, portandomi le ginocchia al petto.

Gli unici bambini che sono mai riuscita ad avere hanno sempre avuto pelo, zampe e coda.

Come è possibile che non mi riesca la cosa più naturale del mondo?

Dovrebbe essere facile… tutto va bene, sia io che Luke non abbiamo problemi sul lato fisico figuriamoci su quello sessuale, eppure…

La lingua bagnata di Argo mi lecca la faccia mezza nascosta fra le ginocchia.

“Sì, lo so… sono felice per Liz e Jack.” Parlare con gli animali è sempre stato un sintomo di pazzia, ma non ho mai detto di essere normale.

Passo qualche minuto in silenzio, limitandomi a coccolare Golia che si è spostato sulle mie gambe e Botolo che scorrazza sul sedile accanto a me.

“Ehi.” La voce di Luke mi fa tornare nella realtà.

“Ehi…” Cerco di rispondergli senza singhiozzare come una bambina.

Gli faccio posto facendo scendere Botolo per terra.

Luke mi si siede accanto passandomi un braccio sulle spalle e stringendomi a sé.

“Sopra hanno iniziato le scommesse per i nomi.”

“Basta che non le chiamino Genoveffa e Anastasia…” Mi asciugo le lacrime cercando di sorridere, ma tutto quello che ottengo è una smorfia.

“Domani passiamo a trovare Liz dopo il controllo, ok?” Mi stringe più forte e mi tira verso di lui finché non gli finisco seduta in braccio.

“Giuro che se mi da altri ormoni la sterilizzo!” Adoravo la mia ginecologa, ma con tutti gli ormoni che sto prendendo rischio di uscire fuori di testa.

“Lo sai che è solo questione di fortuna… presto saremo in tre.” Luke cerca di consolarmi sempre, ogni volta che ho una di queste stupide crisi di pianto. So meglio di lui come funzionano queste cose, sono io il dottore tra i due!

“Siamo già in tre.” Dico indicando Golia che ci guarda giocoso in mezzo a noi.

“Beh… quattro allora.”

“E Botolo?”

“Cinque?”

“Argo. E prima che tu dica sei c’è anche Maja.”

“Sette dunque.”

“Non pensi a Mr.Potato tutto solo a casa?” Penso al mio bellissimo e cicciottoso gatto che sicuramente ci sta aspettando dormendo sul divano.

“Va bene! Saremo una grande e felice squadra di football!” Ogni volta riesco ad esasperarlo.

“Sai… Loise ha detto che in clinica c’è un’adorabile Shiba che i padroni non vogliono più…”

“Quando ho detto che saremo uno in più non mi riferivo di certo ad un altro cane!” Mi pizzica un fianco, ma so già che domani dopo la visita andremo a comprare una nuova ciotola.

 

“Allora come stai mammina?” Mi sistemo sulla sedia vicino al letto di Liz. Alla fine sono dovuta andare da sola alla visita. I soci di Luke l’hanno trattenuto in un’estenuante riunione che non è ancora finita.

Liz è bellissima e stravolta.

“Voglio un triplo cheeseburger grondante schifezze e una porzione gigante di patatine fritte.” Dice sconsolata guardando il semolino scondito che le hanno portato per pranzo.

“Il modo migliore per ritornare in forma!” Ridiamo, lei in modo contenuto per via dei punti del taglio cesareo che le tirano un po’.

“Che ti ha detto Lia?” Io, Liz e Jess andiamo dalla stessa dottoressa e con quante volte ci ha visto nel corso degli anni ormai ci diamo del tu.

“Tutto nella norma… niente che non vada. Il mio stupendo e accogliente utero continua a rimanere vuoto per volontà divina.”

“Vedrai che la prossima volta sarà quella giusta.” Appoggia la mano sulle mie.

Per lei è facile parlare, solo ieri ha sfornato due bimbe che scoppiano di salute.

“Già…” La prossima volta. Perché non è andata bene la prima… o la seconda?

La prima volta ho scoperto di essere incinta troppo tardi… ormai stavo già avendo un aborto in corso.

Le seconda, il ricordo più doloroso, il feto non è riuscito ad arrivare vivo al quinto mese… Ormai sono passati più di due anni… ma il pensiero dei miei bambini continua a perseguitarmi. Ogni volta mi chiedo se avessi potuto fare qualcosa per salvarli e ogni volta mi rispondo che ormai è troppo tardi.

“Sarah, avete mai… ecco… pensato all’adozione?” Cara Liz. La mia dolce cognata che si preoccupa sempre.

“Speravamo in qualche miracolo, ma penso che ormai non ci sia altra soluzione…” Se entro l’anno non fossi rimasta incinta, avremmo provato anche con l’inseminazione artificiale. In realtà è quella la nostra ultima spiaggia.

“Non dire così. Avete ancora tempo per provare. Non mi pare che tu abbia la dentiera e che cammini con un bastone!”

“Senti questo suono? È il mio orologio biologico che si sta scaricando!”

Il suo “Scema!” viene coperto dalla suoneria del mio cellulare.

“Riunione finita. Ti aspetto in ufficio, tra un’ora ho un cliente.”

“Devo andare tesoro. Sbaciucchia le mie nipotine ben bene.” Mi chino su Liz per lasciarle un bacio sulla guancia.

“Mi lasci tutta sola così presto?” Mette su il broncio. Purtroppo Jess ha il turno in clinica dato che io sono dovuta andare alla visita, i nonni sono ad occuparsi delle altre nipotine e Jack ha avuto un imprevisto a lavoro.

“Vado a scopare mio marito in ufficio e torno. Ci vediamo tra un’oretta.” Le dico controllando l’orologio.

 

Fare l’amore con Luke è sempre stata una delle cose più belle del mondo per me.

Anche adesso che ci limitiamo a scoprirci a malapena e ci nascondiamo nel suo ufficio… No, non è eccitante. È solo piacevole perché lui è l’uomo che amo.

Ormai scopare è diventato più un dovere che un piacere. Ogni pausa è buona per provarci.

Poche coccole, pochi preliminari.

Solo lui dentro di me che spinge per venire.

“Che vuoi per cena?” Stringo le dita sulle sue spalle.

“Sarah… non è il momento.” Mi da un pizzico sulla coscia coperta dalle autoreggenti.

“Pensavo di fare il polpettone.” Appoggio la fronte sulla sua, reprimendo un gemito.

“Sa…Sarah!” Mi rimprovera e geme nello stesso momento.

“Scusa.” Mi alzo da lui, cercando di sistemarmi come meglio posso.

Raggiungo il piccolo bagno privato per pulirmi meglio che con i fazzolettini che avevo in borsa.

“Per che ore finirai stasera? Magari ordino una pizza invece di fare il polpettone.”

Esco dal bagno e lo trovo a sistemare delle carte sulla scrivania.

“Non credo di fare in tempo per cena, tornerò stasera tardi.”

Continua a sistemare i suoi fogli senza nemmeno alzare il suo sguardo su di me.

Non c’è mai stata una sola volta che Luke non sia tornato per cena o comunque poco più tardi e adesso…

Vado verso di lui a passo spedito e faccio girare la sedia di pelle per averlo finalmente faccia a faccia.

Lo schiaffo che gli arriva sulla guancia risuona per tutto l’ufficio.

Si porta una mano sul punto in cui l’ho colpito guardandomi come se fossi una pazza appena scappata dal manicomio.

“Tu prova anche solo a pensare di tradirmi e giuro che ti ammazzo.”

Sono una stronza, un’egoista e sicuramente non sono del tutto sana di mente. Ma non c’è mai stata una volta in cui abbia temuto un tradimento da parte di mio marito.

Ora… ogni cosa mi spaventa. Ogni minimo ritardo o chiamata a cui non risponde mi fa diventare sospettosa.

La colpa è tutta mia, degli ormoni e di questa situazione di merda.

Continua a fissarmi e io sento gli occhi riempirsi di lacrime.

Prende la cornetta del telefono in mano e preme il numero della sua segretaria.

“Janine disdici tutti gli appuntamenti del giorno.” Dice serio.

“Ma signor Danson io…”

“Niente ma. Fai come ti ho detto e prenditi il resto della giornata libera.”

“S-sì signore.”

Sbatte il telefono sulla scrivania e si alza di colpo.

Non diciamo una parola mentre mi prende per un braccio e mi trascina fuori dall’ufficio.

Nessuna parola neanche quando mi sbatte dentro la macchina.

Rimaniamo in silenzio  per tutto il tragitto fino a casa e, quando entriamo nel garage, anche i rumori esterni si spengono.

I rumori delle macchine che passano, le urla dei bimbi che giocano nei cortili, gli abbai dei cani che sono rimasti nel giardino.

Una volta che la saracinesca è chiusa solo silenzio.

Non scendo dalla macchina, ma Luke ci mette un attimo a sbattere lo sportello dietro di se e ad aprire il mio.

Non è né gentile né premuroso, mi stringe il braccio facendomi male.

Non accende le luci in casa, non chiude le porte dopo averle spalancate per arrivare in camera da letto.

Sbatto contro di lui quando si ferma.

Mi spinge sul letto e non posso fare a meno di rabbrividire sotto il suo sguardo duro.

Mi ritrovo paralizzata, con le lacrime che mi si asciugano sulle guance.

Luke va verso il canterano accosciandosi per aprire l’ultimo cassetto in basso.

Evito di parlare o di muovermi. Poche volte l’ho visto così incazzato.

Si rialza dopo aver spostato i vari strati di vestiti, si gira e in pochi passi mi è sopra.

Afferra i miei polsi e me li blocca sopra la testa, nell’altra mano le manette di pelle che mi ha regalato qualche anno fa.

“Non hai idea di quanto tu mi abbia fatto incazzare.” La sua voce è bassa e roca, ma non in modo sensuale. È quasi cattiva.

“L-Luke io…”

“STAI ZITTA!” Mi urla addosso.

Mi mordo le labbra, ingoio i singhiozzi e aspetto.

Il cuoio mi stringe i polsi fin quasi a farmi male. Chiude tutte le fibbie stringendole al massimo.

“Tradirti. Tsè. Solo perché sei diventata un’isterica rompicoglioni. Che eri una stronza svitata lo sapevo già dalla prima volta che ti ho vista.” Mi strappa la camicetta e i bottoni schizzano lontano da noi.

Mi agito sotto di lui cercando di scappare, ma la catena delle manette mi tiene legata alla testiera del letto.

Vorrei picchiarlo e scappare. Vorrei che i problemi non esistessero. Vorrei che andasse tutto bene.

Invece mi ritrovo a morderlo e urlare, a piangere come una disperata soffocando dai singhiozzi.

“Se dobbiamo impazzire così per avere un figlio…” scuote la testa “Piuttosto riempio casa di cani.”

E la paura a questo punto scompare.

Mi accascio sul letto col fiatone e il viso stravolto.

“Da oggi basta prendere stronzate. Basta sveltine inconcludenti. Basta impazzire dietro al calendario e alle fasi lunari. Ti darò il permesso di farlo solo nell’evenienza che tu diventi un licantropo.” Mi accarezza il viso, asciugandomi le lacrime che hanno smesso di scendere.

“Adesso ci penso io a te.”

 

E quel giorno pensò a me. Mi dominò, mi sottomise e mi amò in tutti i modi possibili. Fu solo per volontà divina se quel giorno non persi del tutto la testa.

 

~°~

 

La prima volta che ho incontrato mia moglie mai avrei pensato che lo sarebbe diventata.

Sapevo che ci saremmo potuti divertire insieme, ho capito al primo sguardo che tipo di donna fosse… sia.

Non è cambiata poi molto nel corso degli anni.

È sempre esuberante e folle, con lo sguardo malizioso e il suo carattere fiero e irrefrenabile.

L’ho vista disperarsi per delle stronzate e trattenere le lacrime quando invece aveva tutto il diritto di sfogarsi.

Lei lo dice sempre che non è mai stata normale e forse è proprio questo che mi ha attirato inevitabilmente nella sua rete.

Pensa di essere lei quella caduta in trappola, quando invece sono io che non ho potuto fare a meno di lei dalla prima carezza.

Sarebbe esagerato dire che è stato amore a prima vista, quello è venuto dopo, col tempo.

L’alchimia che ci ha legati dal primo sguardo però è ancora presente.

Non abbiamo mai perso l’affinità che ci lega, ma come tutti abbiamo avuto i nostri alti e bassi.

L’ultima discesa è stata forse la peggiore.

Era così accecata dall’idea di avere un figlio che si stava distruggendo, e con lei stava distruggendo anche noi. Non gliel’ho permesso. Le ho fatto ricordare che non è la sola a comandare.

Ha rischiato di spezzarsi e io l’ho legata, l’ho tenuta insieme… l’ho tenuta con me.

È riuscita a tornare in se… anche se per poco tempo.

Un po’ come adesso che sta correndo da tutte le parti urlandomi contro.

“Dov’è la borsa? Ahaaa… E le chiavi? Oddei santissimi!” Si appoggia al tavolo di cucina, soffiando aria tra i denti stretti.

“Respira e non agitarti.” Le dico poggiando il borsone vicino alla porta.

Sono calmo, molto più di quanto mi aspettassi; almeno uno dei due deve mantenere una parvenza di lucidità mentale e lei non è mentalmente stabile nemmeno in una situazione normale.

“Tranquillo adesso mi calmo. Deve solo uscirmi un’anguria dalla vagina!” La mia piccola scaricatrice di porto sta cercando di contenersi con i termini, ma io sono solo la cavia, sono le infermiere che dovranno lavarsi le orecchie dopo.

Le passo un braccio intorno alla vita e piano piano riusciamo ad arrivare alla porta.

“Ce la faccio. È passata.” Prende un gran respiro e si trascina verso la macchina barcollando sotto al peso del suo bellissimo pancione pieno di vita.

Mentre siamo in macchina diretti verso l’ospedale inizia il giro di chiamate.

Sua madre, che avvertirà le sue sorelle e Liz e Jess che si preoccuperanno di avvertire mio fratello e Matt.

“Potresti avvertire anche mia madre cortesemente?” Chiedo quando ha già buttato il cellulare sul cruscotto.

“Sto già abbastanza male così, non peggioriamo la situazione!” Sbuffa affondando nel sedile e accarezzandosi il ventre teso.

Seleziono il numero dal bluetooth della macchina e aspetto che mia madre mi risponda.

“Ti odio.” Sibila Sarah chiudendo gli occhi.

“Dimmi Luke.”

“Mamma stiamo andando in ospedale.” Inutile girare intorno alla questione, anche perché siamo quasi arrivati e non ho voglia di perdere tempo.

“Me lo dici solo adesso? Come pensi che riuscirò ad arrivare in tempo? Cielo sono sempre l’ultima a sapere le cose.”

Cerco di trattenere le risate mentre Sarah fa il verso a mia madre.

“Spero per voi di riuscire a trovare un volo a breve. E di a Sarah di aspettarmi. Non ho mai perso la nascita di una delle mie nipoti.”

“Certo Daisy. Vedrò di mettermi un tappo nella to…” Non fa in tempo a finire la frase che mia madre ha già attaccato.

 

“Luke!” Jack e Liz sono finalmente arrivati con tutta la loro banda.

Mia suocera sta facendo avanti e indietro da più di mezz’ora e le mie cognate sono svaccate sulle poltroncine accanto a me a leggere riviste.

“Non vi siete persi niente tranquillo.” Mi alzo per salutare Liz e le bambine.

“Zio non è ancora nata la cuginetta?” E’ Catherine a parlare, non vede l’ora di avere una cuginetta femmina dato che le sorelle di Sarah hanno avuto solo maschi.

“Non ancora piccoletta.” Le scompiglio i capelli e rischio di rimetterci una mano. La più grande delle mini Danson ha una cura maniacale per i suoi capelli.

“Luke perché non sei dentro con Sarah?” Liz si sistema una delle gemelle in braccio.

Quelle due nanerottole sono identiche, non so come facciano a riconoscerle.

“C’è Jess con lei. Non ho avuto tempo di entrare.” Appena è arrivata mi ha praticamente spinto fuori dalla camera.

“Ti fai mettere sotto da una donna adesso?” Ghigna il mio simpatico fratello.

“Fratellino fino a prova contraria sei tu quello sommerso dalle doppie X.”

“LUUUUUUUUUUUUUUUUKE!”

Le porte della camera si spalancano facendo uscire una Jessika tutta scompigliata.

“Ti vuole.” Barcolla fino a noi e si lascia cadere sulla poltroncina che avevo occupato fino a poco fa.

“Non l’avrei mai detto.”

L’infermiera mi porge uno dei camici usa e getta e mi obbliga a indossarlo prima di entrare nella stanza di Sarah.

“Si faccia coraggio! E non faccia caso a quello che le dirà.” Con queste parole la donna mi lascia in pasto alla bestia.

“Ehi baby.” Mi avvicino al letto dove Sarah sta respirando affannosamente.

“Non ti avvicinare a me maledetto bastardo!” Mi ringhia contro alzandosi a sedere di scatto.

“Vuoi che esca?” Faccio per rialzarmi dalla sedia che Jess aveva lasciato li vicino.

“No…” Un lamento disperato.

Devo ricordarmi che adesso è particolarmente instabile e che devo solo assecondarla… o potrei uscirne con qualche appendice in meno.

“Fa tanto male…” Si lamenta e si sposta verso il bordo del letto per farmi posto.

Mi siedo vicino a lei passandole un braccio intorno alle spalle e stringendola forte.

Una nuova contrazione le spezza il fiato e rischia di spezzare anche la mia coscia che è stata presa di mira dalla sua mano.

“Dov’è quella fottuta infermiera con la mia drogaaa?” Butta fuori tutto il fiato che ha in corpo con un nuovo urlo che richiama la povera donna che è costretta ad assistere ad uno spettacolo del genere praticamente ogni giorno.

“Signora le ho già detto che non possiamo fare l’epidurale. Ormai è troppo tardi.” Cerca di restare calma. Questa donna deve avere dei nervi d’acciaio.

“Io voglio la mia droga! Sedatemi come un ippopotamo!” Si lascia cadere sui cuscini una volta che la scarica di dolore è passata.

“Scordati di provare anche solo a pensare di riavvicinarti alle mie gambe.” Soffia come un gatto isterico.

Nonostante il viso stravolto dal dolore e i capelli tutti appiccicati e bagnati dal sudore, penso che sia bellissima.

Ma non credo sia il caso di dirglielo in questo momento.

“Tutto quello che vuoi baby.” Dicevano che ai matti bisogna sempre dare ragione, penso che il concetto valga anche per le donne in travaglio.

 

Sono passate già tre ore e nostra figlia non ha ancora deciso di venir fuori.

Nel mentre Sarah mi ha fatto ripassare tutto il Parthenon. Ha nominato anche qualche Dio minore di cui ignoravo l’esistenza.

“Che Zeus la fulmini quella maledetta stronza!” L’amore per la sua infermiera non è cresciuto nel tempo.

“Vuoi un po’ d’acqua?” Prendo il bicchiere sul comodino e glielo avvicino al viso.

“Spero ci sia della morfina dentro.”

 

Liz si offre di darmi il cambio per una piccola pausa.

In sala d’aspetto mi guardano tutti come se fossi il solo sopravvissuto ad un disastro nucleare.

I miei suoceri sono i primi a chiedere notizie, ma decidono che ho bisogno di un caffè e di sedermi un momento prima di avere risposta.

L’unica cosa che riesco a dire è: “Spero che vi basti un nipotino solo.”

 

“Allora come andiamo?” Lia, la ginecologa di Sarah, entra tutta sorridente. I guanti di lattice schioccano quando ha finito di infilarli.

“Fai uscire questo alien da meeeeeee!” Stringe forte la mia mano che ormai è diventata insensibile da quante volte l’ha stritolata.

Lia si sistema tra le gambe di mia moglie e inizia ad armeggiare sotto al camice.

“Direi che ci siamo quasi. Tornerò tra una mezz’oretta.” Si alza tutta sorridente e mi lascia di nuovo solo con l’ultima versione di Emily Rose.

 

“Ahaaaaaaaaa! Harry Potter salvami tu!” E’ passata più di un’ora da quando Lia è uscita e solo pochi minuti fa si è degnata di rifarsi viva.

“Dai su un’altra bella spinta che vedo la testa!”

“La testa? Quello è un pallone da football!” Sarah è stremata ed io non posso fare altro che starle vicino.

La preoccupazione è l’unica cosa che sento in questo momento.

Sono abituato a controllare le mie emozioni davanti ai clienti e in tribunale, ma adesso non riesco a nascondere il tremito delle mie mani.

Ma – mi dico – se Jack c’è passato tre volte, ce la posso fare anch’io.

Sarah continua a spingere, urlare e imprecare.

Non credo di aver mai sentito tanti improperi tutti in una volta.

“Non ce la faccio…” Sfinita si lascia andare contro i cuscini.

Gli occhi pieni di lacrime e il respiro grosso.

“Dopo tutto quello che abbiamo passato ti arrendi così? Non vuoi vedere il nostro piccolo alien?” Le sposto i capelli appiccicati sulla fronte e dopo un debole sorriso riprendere a spingere.

“Adesso. Una bella forte ed è tutto finito.” Lia è concentrata sul bambino.

Non m’interessa se sia maschio o femmina, basta che si sbrighi a nascere.

Tutti sono convinti che sarà una femmina data la propensione di mio fratello nel procreare solo bambine, ma noi non abbiamo voluto sapere il sesso.

Quando sento che l’urlo di mia moglie viene coperto da un pianto ancora più disperato lascio andare il respiro che non mi ero accorto di trattenere.

“Congratulazioni, è un maschietto!” Lia mi porge mio figlio – Mio Figlio! – avvolto da un panno e ancora sporco di sangue e altro.

Con mani tremanti lo prendo e lo porto su Sarah che allunga le mani per accoglierlo sul suo seno.

“Ciao piccolo alien.” Sta piangendo, ma stavolta di gioia.

È un piccolo sgorbietto tutto rosso e pieno di capelli tutti appiccicati sulla testa.

Solamente io e Sarah possiamo pensare che sia la cosa più meravigliosa del mondo.

“Avete già scelto il nome?” Lia ci guarda sorridendo.

“Allen. Allen Jackson Danson.” Diciamo ad una sola voce.

Infondo, se non fosse stato per quello scapestrato di mio fratello e per Liz non ci saremmo mai incontrati.

 

*°*

 

Le strade sono quasi deserte quando il SUV grigio si lascia la città alle spalle per andare a chiudersi nel garage della villetta.

I cani corrono per il cortile contendendosi qualche gioco che risuona nella calda sera di Los Angeles.

Le chiavi girano nella toppa e Luke può già sentire l’allegra risata di suo figlio risuonare nelle orecchie e nel suo cuore.

Apre la porta e davanti a lui la cosa più bella di sempre: “E’ tornato papà!” Dice sua moglie con il loro bambino in braccio che allunga le braccine paffute per farsi prendere da lui.

Lo prende e lo stringe al petto mentre Sarah gli circonda la vita in un abbraccio pieno di amore.

Perché è quello che ora sta stingendo tra le braccia: puro amore.

Il loro bambino nato per amore.

 

 



NdA

 

E che ve lo dico a fare?

Sono dell’idea che certe cose non vadano mai tirate troppo per le lunghe, ma quando i personaggi hanno ancora qualcosa da dire non possiamo non ascoltarli.

Questa OS è nata perché Sarah e Luke avevano bisogno di trovare la loro felicità e chi sono io per dirgli di no?

Abbiamo avuto anche una piccola parentesi su Liz e Jack che hanno sfornato la bellezza di quattro bimbe e Jess e Matt che si sono limitati a due!

Nonna Daisy, alias la Signora Danson, si fa riconoscere sempre, ma al cuore di nonna non si comanda!

Non ho approfondito molto, soprattutto perché (per mia fortuna) non mi sono mai ritrovata in una situazione del genere. Non sono un dottore e ho sicuramente scritto una sequela di boite senza fine.

Grazie per essere arrivati fin qui… e con questo Sarah, Luke e il piccolo Allen vi salutano!

   
 
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