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Autore: Noth    16/09/2011    12 recensioni
Ciao a tutti, sono Elisa.
Sono Elisa e sono ammalata.
Cinque anni fa mi ammalai di una forma d’ansia, ero solo in seconda media, e scambiai una crisi per un attacco d’asma. Un’asma che non avevo mai saputo di possedere.
Un'asma che non possedevo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La convivenza non è possibile.
Mi rammarico di dover dire che è una storia vera.





Ciao a tutti, sono Elisa.
Sono Elisa e sono ammalata.
Cinque anni fa mi ammalai di una forma d’ansia, ero solo in seconda media, e scambiai una crisi per un attacco d’asma. Un’asma che non avevo mai saputo di possedere. Da lì iniziarono le mie entrate ed uscite dall’ospedale. Stetti a casa da scuola un mese. Non riuscivo a mettere piede in classe, convinta di essere evidentemente allergica a qualcosa che aleggiava nell’aria.
 

E via con psicologi, psicoterapeuti, inutili esami.
E via con la mia infermità mentale.
Da allora la mia vita non è più stata la stessa.
 

I disturbi si acquietavano ogni tanto, sembrava quasi che finalmente stessi bene.
“E’ passata la stagione!” gioivano i miei genitori. E gioivo anche io.
La mia salute non migliorò. A metà anno della seconda superiore ebbi quello che credevo essere un’influenza intestinale. Mi veniva da vomitare, forte, e tanto. Ma non vomitai mai. Stetti comunque a casa per due settimane, perché il senso di nausea non mi lasciava mai. Smisi di mangiare. Smisi di essere me stessa. Non sapevo che avrei smesso per sempre.
 

Pensavo fossero i postumi dell’influenza. Ma la cosa si protraeva e qualsiasi cosa ingurgitavo mi faceva venire i conati.
Iniziai a dimagrire. Mi andava anche bene, dato il continuo disagio ch avevo avuto con il mio corpo. I giorni di postumi divennero mesi, i mesi anni. Anni in cui ho fatto ogni sorta di esami, ho rischiato la bocciatura a scuola per le troppe assenze. Ma non ce la facevo. Non potevo.
 

In Inghilterra l’incubo è diventato realtà. La notte non riuscivo a respirare, avevo caldo, mi veniva da vomitare, ed ero a chilometri di distanza dalla mia famiglia per due settimane.
Mi sentii morire.
Giurai che sarei morta là.
Le settimane passavano, senza mangiare ovviamente.
Andai avanti a biscottini e delle insalate scondite, a sentirmi dire quanto ero inadeguata e fastidiosa dalla famiglia.
La mia media dell’otto scese pericolosamente, facendomi fare fatica per prendere un sei. Il mio mondo andava sempre più allo scatafascio.
 

Tempo fa dovetti fare, assieme ad una mia amica, un inaugurazione per un teatro locale. Dovevo fare la maschera. Dovevo essere presente. Era una bella giornata.
Faceva caldo, iniziai a soffocare. Dagli altissimi tacchi a spillo che avevo mi diressi verso la mia amica, che corse verso di me afferrandomi prima che cadessi a terra.
Quel pomeriggio, per essere certa di non stare male, non avevo mangiato.
Il risultato fu che svenni davanti a mezzo ONU e tutta la Giunta Provinciale della mia città.
Dovevo uscirne.
 

Ero sempre più debole, ogni volta che stavo male scoppiavo a piangere, terrorizzata. Avevo sviluppato una fobia verso la mia malattia.
Le notti peggioravano.
Dormire diventava un incubo.
Dormire è un incubo tutt’ora.
 

Sento caldo, vampate, mi si annebbia la vista, mi gira la testa, mi viene da vomitare, mi metto a piangere e singhiozzo forte perché la sensazione che ho è quella di non farcela. Mi viene da piangere scrivendo queste righe, e non mi è mai successo. Giuro che non ho MAI pianto scrivendo. Ma il solo pensiero mi fa stare così male che non esagero se dico che, ora come ora, faccio fatica a vedere la tastiera.
Respiro.
Sto respirando.
Mi ricompongo.
 

Il mondo mi crolla addosso. Da anni non riesco ad essere me stessa. Devo aggiungere un “Se sto bene” ad ogni frase. Chi mi conosce lo sa.
Chi mi conosce sa che sorrido meno, che quando sto male sbianco, inizio a tremare. Funziona così.
 

La scuola ogni giorno è un calvario, prego di non stare male ma ho un peso sul petto. Un enorme sasso che ogni giorno mi avvinghia le viscere e mi annoda questo benedetto stomaco che non vuole lasciarmi in pace.
Quest’ansia.
Mi rende nervosa, scatto per qualsiasi cosa, mi fa piangere, mi fa sentire depressa, mi sta fottutamente rovinando la vita.
 

Ho cominciato con diversi psicologi. Ho contattato una dietologa psicoterapeuta. Mi ha dimesso, dicendo che stavo bene ora.
Non stavo bene, no.
Da mesi frequento uno psicologo, mi ha fatto parlare, ma ho capito solo da poco che era l’ansia a farmi stare male.
Ero convinta che fosse un disturbo fisico.
E per questo sapevo che, prima o poi, lo avrei debellato.
 

Mi sono sempre rifiutata di fare una gastroscopia.
Ho la fobia degli ospedali, dei medici, delle siringhe, delle medicine.
E dovevo averci a che fare.
Sempre di più temevo che mi sarei trovata schiacciata nella loro morsa.
 

E’ successo per caso.
Cercavo in internet il perché di questo mio nervosismo.
Cercavo cosa stava succedendomi.
Cercavo una disperata soluzione che lo psicologo mi offriva solo con il TABO.
Il Training Al Benessere Olistico.
Un metodo di rilassamento.
Mi aiuta.
Funziona.
Ma non abbastanza.
Non farmi abbastanza da farmi tornare normale.
Non abbastanza da essere chi davvero voglio essere.
Abbastanza da farmi andare a scuola, da stare sempre sul chi va là.
Non abbastanza da fermare la lenta corrosione che opera dall’interno.
 

Cercavo sul web.
Ansia.
Vediamo un po’.
Potrebbe essere.
Leggo.
Prendo coscienza.
Tutto è troppo uguale. Tutto mi ricorda troppo me.
Soffro di ansia.
Non sempre è curabile.
Vado nel panico.
E’ un bene: finalmente so che cos’ho. Finalmente ho capito.
E’ un male: se non fossi capace di uscirne? Se dovessi conviverci tutta la vita?
 

Se ci penso l’unica ipotesi che mi viene in mente è il suicidio.
Durante le crisi mi è capitato di pensarci spesso.
Giuro che non posso vivere così. Dopo due anni i miei nervi stanno cedendo.
Ho addirittura sempre più paura degli spazi chiusi. Ho sempre più bisogno d’aria.
La gola mi si chiude sempre più spesso. L’addome è teso ed il respiro mozzato.
Non posso vivere così.
Non è vita, sto male, come farò in futuro? Come potrò realizzare i miei sogni? Essere indipendente? Farcela?
Non potrò.
 

Mia madre cerca di aiutarmi, dandomi consigli che però non aiutano. E a volte fa l’effetto contrario. Mi mette ancora più pressione.
“Non ho i soldi per mandarti all’università. Devi lavorare, sabato e domenica, ed iniziare a metterteli via.”
Ma finchè sto male non posso.
Non posso.
Non riesco a garantire la mia presenza a lavoro, non riesco ad essere stabile. Il mio umore è instabile come un uovo in equilibrio sul filo.
 
 
Come farò?
Che ne sarà del mio futuro?
Sono già morta?
Tutti i miei sogni, tutte le mie possibilità, finite?
Di già?
 

Sono alcune delle domande che mi corrono per la testa, dandola alle fiamme, consumandomi.
Non so quanto ce la farò, ancora.
Ho bisogno di una terapia.
Ho bisogno di stare bene.
DIO, ho bisogno di stare bene come non avrei mai creduto.
Darei tutti i soldi che ho, darei la mia camera e dormirei con i miei per stare bene.
Darei i miei adorati pupazzi per stare bene.
Voglio stare bene, Dio mio, voglio poter respirare, correre saltare.
Voglio smetterla con tutto questo controllo!
 

Ma non posso.
Non riesco.
Aiuto.
E’ un grido disperato.
Continuerò a provare finché qualcosa da provare ci sarà.
Continuerò a dare un senso a tutto questo finché un senso ci sarà.
Non voglio arrendermi, anche se l’ansia vorrebbe che lo facessi.
Non voglio dartela vinta. Evaporerai.
 

Gli amici ormai non sanno più che dirmi.
Nemmeno io so più cosa dire.
Io, la razionale, spero in un miracolo.
Un miracolo bene che mi estirpi questo sasso che mi ha fatto radici dentro.
Non voglio sia irreparabile.
 

Lo dico fin da ora: la mia vita non può andare avanti così, la mia vita non sarà lunga se dovrò conviverci.
La convivenza non è possibile.
La fine sì.
 

Voglio poter abbuffarmi di biscotti come una volta, mangiare il gelato, poter sentire l’odore dell’erba appena tagliata senza avere conati, poter leggere quando voglio senza pensare che mi farà venire da vomitare, voglio uscire e rotolare con i miei amici. Voglio mangiare, voglio gridare, voglio lottare , voglio sorridere sul serio, voglio vivere.
Voglio poter mangiare ad orari decenti.
Voglio poter andare in viaggio con la scuola.
Voglio poter essere la persona che ero una volta.
Lo voglio.
Chiunque ci sia, ti imploro, aiutami.
Dio, non posso credere di aver scritto tutto questo.
Questa notte voglio dormire tranquilla.
Questa notte non voglio preoccupazioni.
Questa notte non c’è nulla se non io.
Tu, Ansia, lasciami stare.
Muori.
Sotterrati.


Smettila di cercare di uccidermi.
Chissà se, di cercare di sconfiggerti, smetterò mai.
Vuoi che mi arrenda?
Proverò a non farlo.
Sono meglio di te.
Sono meglio di te.
Sono meglio senza di te.
   
 
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