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Autore: jas_    16/09/2011    9 recensioni
Quella voce le fece venire i brividi, nonostante non facesse per niente freddo.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo negli occhi ma lei abbassò istintivamente lo sguardo schiva.
Quegli occhi la leggevano meglio di chiunque altro, la capivano al volo, qualunque fosse il suo umore.
Si sentiva nuda mentre si perdeva nel più blu dei mari, non poteva avere segreti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia batteva incessante sul vetro della finestra di una delle tante villette a schiera costruite in quella zona residenziale di Londra. Le foglie degli alberi erano mosse dal vento che tirava da alcuni giorni e il cielo era grigio. Erano le cinque di pomeriggio ma sembrava già sera, il vasto strato di nubi impediva ai raggi del sole di filtrare.
Julie si affacciò ad osservare la pioggia che non cessava di scendere, alcune gocce scivolavano sul vetro appannato a causa della differenza di temperatura tra l’interno ed esterno.
Era autunno, e quello era il primo dei numerosi temporali che ci sarebbero stati, per essere poi seguiti da forti nevicate quando sarebbe stato abbastanza freddo.
Nonostante la luce fosse veramente poca gli occhi di Julie bruciavano, un po’ per aver pianto troppo e un po’ per tutto quel chiarore a cui non si era ancora abituata.
Qualcuno bussò alla porta di camera sua, non mosse un muscolo. Continuò a dondolarsi avanti e indietro osservando fuori, avvolta in quel pigiama decisamente troppo grande per la sua corporatura minuta.
I lunghi capelli rossicci solitamente lasciati sciolti erano raccolti in una sottospecie di chignon ormai disfatto, alcune ciocche ribelli contornavano il viso bianco, senza un velo di trucco. I suoi grandi occhi grigi si guardavano in giro aspettando di vedere una mano appoggiarsi sulla spalla. Quella mano che riconosceva bene.
Sentì la maniglia abbassarsi e pochi secondi dopo la porta aprirsi sulla moquette bordeaux che Julie aveva scelto all’età di dieci anni.
«Julie.»
Quella voce le fece venire i brividi, nonostante non facesse per niente freddo.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo negli occhi ma lei abbassò istintivamente lo sguardo schiva.
Quegli occhi la leggevano meglio di chiunque altro, la capivano al volo, qualunque fosse il suo umore.
Si sentiva nuda mentre si perdeva nel più blu dei mari, non poteva avere segreti.
«Non puoi restare chiusa in camera tua, per quanto possa essere grande questa stanza. Devi tirarti un po' fuori, Julie. Non ti fa bene restare in un ambiente pieno di..»
Louis si guardò in giro, sul comodino accanto al letto c'era una loro foto alla fiera del paese.
«Ricordi» aggiunse poi.
Julie indossava un paio di pantaloncini e una canottiera rossa mentre Zayn le cingeva le spalle sorridente. Erano entrambi sorridenti.
Louis non vedeva quel sorriso spuntare sul volto dell'amica da molto tempo. Troppo per i suoi gusti.
«Come sta?» chiese la ragazza, notando che lo sguardo dell'amico si era soffermato su quel quadretto felice.
Louis alzò le spalle mettendosi le mani in tasca, «Meglio di te di sicuro. Sta cercando di dimenticarti, e tu dovresti fare lo stesso. Non puoi restare inerme a subire tutto, devi reagire Julie, prima che qualcuno ti butti giù del tutto.»
La ragazza non rispose, continuava a dondolarsi da un piede all'altro spostando lo sguardo ovunque, ad eccezione che sugli occhi di Louis, non aveva il coraggio di guardarlo.
«Forza dai, vestiti che andiamo a fare un giro.»
«Fa freddo fuori»brontolò Julie osservandosi i piedi nudi, che risaltavano particolarmente sul pavimento scuro. Avrebbe dovuto rimettersi lo smalto, pensò mettendosi a braccia conserte.
«Se aspetti ancora un po’ farà freddo sì, per ora si sta ancora bene. Forza.»  
Julie sospirò, lo conosceva bene Louis Tomlinson.
Da diciassette anni condivideva con lui ogni sorriso, ogni brivido, ogni pianto, ogni paura, ogni attimo di gioia, di dolore, di pazzia, di incertezza. Tutto.
Era sua la spalla su cui piangeva nei momenti bui, era la luce dei suoi occhi che l’aiutava a rialzarsi ogni qualvolta cadesse.
Se non avessero vissuto nello stesso quartiere, frequentato la stessa scuola, la stessa gente, Julie non aveva idea di dove sarebbe finita.
Diciassette anni di esperienza le erano bastati per sapere che Louis era testardo, più di lei quando ci si metteva, così senza fare troppe storie aprì l’armadio e prese le prime due cose che le capitarono in mano per uscire.

Nonostante fosse solo metà ottobre l'aria pungente cominciava già a farsi sentire.
Louis e Julie camminavano abbracciati per le vie deserte sotto un misero ombrello che li riparava a malapena dalla pioggia che scendeva storta, mossa dal vento.
La ragazza si strinse ancora di più nel felpone che indossava.
«Freddo?» chiese Louis avvicinandola ancora di più a sé.
Julie annuì abbassando la testa, poteva sentire il profumo del dopo barba che usava, un odore famigliare.
«Meno male che si stava bene, non oso immaginare quanti gradi ci sarebbero stati se mi avessi detto che era freddo.»
«Pensa a me, che sono in giro con i mocassini ormai fradici.»
Julie abbassò lo sguardo verso i piedi dell'amico e poi sorrise, era quello che le faceva Louis. La faceva sorridere, sempre. Indipendentemente da cosa le potesse passare per la testa, la sua compagnia le metteva sempre allegria, era impossibile rimanere tristi con lui.
Era come una boccata d’aria fresca in un’afosa giornata d’estate, era la sua ancora di salvezza, senza di lui sarebbe stata una misera barchetta dispersa nel più grande degli oceani.
«Era da un po’ che prevedevano acqua, la scelta di mettere quelle scarpe è stata proprio intelligente.»
«Ah ma allora l’hai guardata la tv durante il tuo periodo di esilio!» esclamò Louis più raggiante che mai, mostrando il suo sorriso perfetto.
«Ti ricordo che ho la televisione in camera, non c’era bisogno di uscire per guardarla.»
«Giusto» osservò il ragazzo alzando l’indice in aria, «allora potevi anche rispondere al telefono, mi pare che pure quello fosse in camera tua.»
Julie fece per ribattere ma l’amico continuò, «Oppure potevi mandarmi un segnale di fumo, un cenno, un indizio, potevamo comunicare in codice mors, bastava un segno di vita da parte tua. Ci sono stati momenti in cui ho seriamente pensato che fossi morta.»
Julie tirò un pugno sul braccio dell’amico fingendosi offesa ma allo stesso tempo, senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Se vuoi sono ancora in tempo.»
«Per fare che cosa?»
«Morire. Potrei buttarmi da un ponte, o sotto un treno, oppure imbottirmi di farmaci fino ad avere un’overdose. Però l’idea del treno mi alletta di più.»
«Se hai intenzione di farlo, io sarò con te» disse Louis stringendo l’amica ancora più a sé, «perché io non ti lascerò. Mai.»
Julie sorrise affondando il viso sul suo petto, le era mancato il suo migliore amico. Più di quanto possa mancare l’acqua a un pesce.
Nonostante fosse stata lei a respingerlo, lui si era preso tutti gli insulti, le maledizioni di questo mondo ma le era sempre stato accanto. Le aveva sempre dimostrato tutto il suo affetto.
Nei momenti difficili Julie aveva la tendenza a chiudersi a riccio, a tenersi tutto dentro, e scoppiare in silenzio, annegando in un mare di lacrime.
L’unica persona che era in grado di capirla, l’unico che possedeva le chiavi del suo cuore era Louis e Julie ogni volta cambiava serratura ma lui c’era sempre.
In un modo o nell’altro riusciva sempre ad esserle vicino, ad offrirle il suo supporto.
«Grazie» sussurrò Julie senza liberarsi da quella morsa così piacevole.
«E di cosa?» chiese Louis accarezzandole i capelli.
«Grazie per esserci sempre. Per sopportare una pazza, egoista, scorbutica e lunatica come me.»
Il ragazzo scoppiò a ridere, la sua solita risata così limpida e sincera, simile a quella di un bambino che non ha niente da nascondere.
«Non c’è niente da ridere, è vero» osservò Julie cercando di restare seria, ma nemmeno lei riusciva a resistere al fascino Tomlinson, alla sua risata contagiosa.


 
   
 
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