C a p i t o l o 20
Nessun rimpianto
Betato da nes_sie
La fine del mondo era vicina,
ne ero più
che sicura. Io, Alice Livraghi e lei Cristina Cariati stavamo
pranzando insieme in un centro commerciale e mi sembrava ancora
così
strano. Soprattutto perché stavamo ridendo. Avevo sempre
creduto che
Cristina fosse un'oca giuliva priva di qualsiasi attività
cerebrale,
e che mi sarei avvicinata a lei soltanto quando una mucca avrebbe
imparato a volare. Non che brillasse per intelligenza ed acume ma era
piacevole passare il tempo con lei, stranamente. Dalla sera della
piazzata era passata una settimana durante la quale avevamo trascorso
serate intere a parlare al telefono. Federico era rimasto totalmente
spiazzato da questa notizia inaspettata, mentre Dario era felice che
avessi trovato una nuova amica, anche se era leggermente geloso visto
che passavo più ore al telefono con lei che a sentire i suoi
vaneggiamenti nel tentativo di rendere la nostra conversazione un
qualcosa di hot. Ovviamente, io cercavo sempre di
cambiare
argomento ogni qual volta mi chiedesse, con fare malizioso, Che
cosa indossi?
Era chiaro, ormai, che lui volesse
spingersi oltre il semplice bacio ed anche io sentivo una certa
voglia di approfondire quello che c'era tra di noi, di sentire ancora
il suo corpo sul mio. Ma ancora non sapevo se mi sentivo pronta o
meno per un passo del genere. Insomma, nonostante quello che c'era
stato a casa sua e i quasi due mesi in cui eravamo stati insieme, lui
era tornato da appena una settimana e non eravamo nemmeno fidanzati.
Era una specie di frequentazione? Neanche io sapevo definire il
nostro rapporto.
Forse ero troppo paranoica, mi facevo un
sacco di problemi anche quando non c'erano. Un'altra ragazza non si
sarebbe fatta tanti scrupoli e lo avrebbe accolto a braccia aperte.
Anzi, a gambe aperte... Ma io non riuscivo a lasciarmi andare e non
sapevo perché.
«Per cui, alla fine, Francesca ha tirato
un bel ceffone a Saronno. Giustamente, visto che lui l'ha chiamata
balena» fu la conclusione del discorso di
Cristina che non
avevo nemmeno sentito, talmente ero assorta nei miei pensieri. Da
quel poco che avevo capito, Davide era sempre il solito cafone,
stronzo da prendere a martellate sui denti.
«Che maleducato» ribatté acida
Claudia, addentando il secondo panino del McDonald's.
Sembrava più tranquilla in quei giorni o
lo faceva credere, anche se ai suoi genitori e a Smell non aveva
ancora rivelato il suo segreto. In realtà lo sapevo solo io
e mi
sentivo orgogliosa di custodire qualcosa di così importante.
L'avevo
invitata ad uscire con noi, almeno non avrebbe pensato alla
gravidanza. Inizialmente era stata scettica, sapendo che ci sarebbe
stata anche Cristina, ma alla fine aveva accettato e sembrava andare
d'accordo anche lei con la Cariati.
«Che vi aspettavate da uno come
Saronno?» intervenni e solo nominarlo mi faceva venire
l'orticaria.
Come potevo avere avuto una cotta per un essere simile?
«È solo un po' immaturo. Si vuole
divertire e lo fa con il sesso»
«Non difenderlo Cri» la guardai di
traverso «Quello è un bastardo fatto e
finito»
La Cariati sbuffò e scosse la testa,
facendo muovere i suoi riccioli biondi e vaporosi.
«Sarà che siamo amici da quando eravamo
alle medie» e mangiò un po' dell'insalata che
aveva ordinato «Un
po' come te e Federico».
Già. Fortunatamente, però, Abbate era
un ragazzo con la testa sulle spalle e non un deficiente come
Saronno.
«A proposito» cambiai discorso perché
l'orticaria che mi dava Davide non era metaforica, dato che avevo
cominciato a grattarmi il braccio con insistenza «Come va con
Fede?»
«Bene, benissimo!» trillò eccitata
«Non mi sono mai sentita così felice. Ieri siamo
usciti, mi ha
portata al cinema» cominciò a raccontare con un
sorriso che partiva
da un orecchio e arrivava all'altro «Ma ovviamente non
abbiamo
guardato il film. Sai che mi importava di Di Caprio o chiunque fosse
il protagonista».
Non volli sapere se si fossero fermati
alla pomiciata o se avessero fatto ben altro. Immaginarmi Federico in
atteggiamenti intimi era come pensare Smell a fare certe cose:
imbarazzante. Forse un po' meno raccapricciante, visto che almeno
Abbate aveva qualche muscolo e non solo ciccia flaccida e biancastra.
«Tu, piuttosto?» il tono con cui la
Cariati mi rivolse la domanda era alquanto malizioso «Con
l'aitante
giovanotto dalle mani d'oro?».
Ormai anche Cristina sapeva tutto. Le
avevo raccontato del gigolò, omettendo però di
dirle che non avevo
mai avuto un ragazzo perché sapevo che mi sarebbe scoppiata
a ridere
in faccia. Le avevo detto di averlo assoldato per far ingelosire
Davide, anche se non era vero. Mi stupiva, però, il fatto
che
Saronno non le avesse rivelato tutto sulla mia confessione in quella
pizzeria araba. Anche lui aveva un cuore che batteva sotto i muscoli
e gli ormoni.
«Sì, infatti» le fece eco anche
Claudia, con la bocca semi piena di patatine
«Novità?»
«Nulla di particolare. Usciamo ogni
tanto il pomeriggio, ci sentiamo per telefono. Le cose che fanno
tutte le coppie normali» taglia corto. Mi imbarazzava parlare
di me
e Dario e per di più non avevo molto da raccontare. Non
facevamo
granché, solo qualche limonata di tanto in tanto, quattro
chiacchiere, delle passeggiate mano nella mano. Tutta roba noiosa,
insomma, da non utilizzare come argomento di discussione a meno che
non volessi farle addormentare.
«E com'è?» domandò Cristina
sporgendosi verso di me.
Ignorai volutamente la malizia del so
tono di voce e dei suoi occhi verdi. Tentai di sfuggire a quella
domanda facendo la finta tonta e con la speranza che lei lasciasse
perdere l'argomento S.E.S.S.O.
«Buono» annuii guardando il mio panino
grondante di salse «Anche se l'insalata pare un po'
vecchia»
«Non stavo mica parlando di quella
schifezza ipercalorica che ti stai mangiando e che andrà a
depositarsi sui fianchi in antiestetici cuscinetti di grasso»
sbottò
e io, di riflesso a quello che mi aveva appena detto, mi controllai i
fianchi in cerca della ciccia i eccesso causata da quel panino. Anche
se ovviamente ancora non aveva agito il suo potere devastante
«Parlavo di Mr Sesso».
Avvampai all'istante e bevvi lunghe
sorsate di Coca Cola ghiacciata per spegnere i bollenti spiriti.
Insomma, quel soprannome gli si addiceva parecchio anche se in
realtà
io non avevo mai provato i suoi servigi. Ma per quel poco che avevamo
fatto, avevo ben intuito le sue potenzialità. Anche
perché se non
fosse stato bravo ad utilizzare il suo corpo non avrebbe di certo
fatto il gigolò.
«L'hai visto anche tu» scrollai le
spalle mascherando l'ennesima arrampicata sugli specchi
«È...
bello».
Cristina si scambiò uno sguardo
disperato con Claudia ed entrambe sbuffarono.
«Sei proprio tonta Alice!» sbottò la
rossa.
«Io mi riferivo al sesso. Sai quella
cosa che si fa in due, in cui l'organo genitale di lui entra in
quello di lei e tutti e due urlano e si dimenano per il
piacere?» mi
spiegò, nemmeno fossi una cretina, facendomi sprofondare
ancora di
più nell'imbarazzo «Non sei rimasta alla storia
della cicogna,
vero?»
«So come funziona» sospirai, rossa più
del ketchup sulle patatine «Non c'era bisogno di quella
lezione di
biologia».
Cristina fece spallucce e bevve un sorso
di acqua naturale per poi tornare a fissarmi con i suoi occhi verdi
pieni di curiosità. Mi voltai verso Claudia e trovai la
stessa
espressione che aveva la Cariati, come se anche lei si aspettasse
chissà cosa. Sapeva che io e Dario non avevamo fatto nulla;
sarebbe
stata la prima a sapere che avevo perso la verginità.
«Beh, ecco» presi un respiro profondo
«Noi non... non lo abbiamo ancora fatto» dissi di
getto.
E due enormi occhi verdi e sgranati,
increduli, sorpresi e chi più ne ha più ne metta
mi trafissero. Non
parlava, la sua bocca era impegnata a disegnare una O quasi perfetta.
Mi sentivo in soggezione in quell'imbarazzante silenzio. Anche se di
silenzio non si trattava visto che il centro commerciale era pieno di
gente che vociava e faceva più rumore di un trattore.
«Come, come è possibile?» sembrava
più
una domanda retorica che non necessitava di risposte «Non gli
sei
ancora saltata addosso?», mentre questa una risposta la
voleva
eccome.
Era innegabile che Dario avesse un certo
fascino e che più di una volta avrei volentieri mandato a
quel paese
i buoni propositi per saltargli addosso. Ma la parte morale di me
aveva messo un freno alla Alice lussuriosa che era riuscita a
liberarsi solo sul divano e in quel privè.
«Evidentemente no» ridacchia
nervosamente spezzettando la tovaglietta all'interno del vassoio del
McDonald's «Anche se, effettivamente, ci siamo andati vicini
una
volta» mi lasciai sfuggire e in quel momento avrei preferito
essere
mangiata dal mio panino piuttosto che raccontar loro quello che era
successo tra di noi. Ma perché parlavo così
tanto? Avrei dovuto
cucirmela la bocca.
«Perché non mi avevi detto nulla?»
domandò subito Claudia.
«Vuota il sacco, Livraghi» disse
autoritaria Cristina incrociando le braccia al petto.
Avevo due opzioni: o dir loro tutta la
verità oppure alzarmi dal tavolo, scappare, trovare una
donna in
fuga dotata di auto con cui intraprendere un viaggio alla Thelma e
Louise.
«È successo un po' di tempo fa»
ovviamente la seconda ipotesi era praticamente irrealizzabile
«È
una cavolata, in realtà»
«Non tergiversare» mi rimbeccò Claudia
sempre più curiosa.
Sbuffai sonoramente e mi passai entrambe
le mani nei capelli. Fatto trenta, dovevo fare trentuno. Anche se
ricordare quell'episodio era imbarazzante. Arrossii a ripensare a lui
sopra di me mentre con la sua bocca mi faceva sfiorare picchi di
piacere inimmaginabili. Presi un respiro profondo e con le guance
tinte di rosso raccontai loro, non senza qualche esitazione, quello
che era successo su quel divano, di quello che lui mi aveva fatto e
la mia intraprendenza nel ricambiare il favore.
«Hai capito la Livraghi» disse
Cristina, sempre più incredula.
«Vi siete dati comunque da fare eh,
porcellini?» mi sbeffeggiò Claudia sgomitando.
«Non so nemmeno io perché mi sono
lasciata andare così. Non è affatto da
me» sospirai rivangando il
passato. Se ci ripensavo con lucidità non avrei dovuto
cedere in
quel modo soprattutto perché non eravamo nemmeno fidanzati.
Mi ero
fatta trascinare in una cosa più grande di me.
«Ma che ti importa!» miagolò la
Cariati «Si vede che tra di voi c'è tanta, tanta
passione. E vuoi
sapere un bel modo per tenere acceso questo fuoco?»
Si alzò di scatto dal tavolo ed afferrò
la sua borsa Luis Vuitton. Ci guardò entrambe e con un cenno
della
testa, ci invitò a seguirla. Sia io che Claudia eravamo
scettiche,
ma decidemmo comunque di andarle dietro. La guardavo sculettare per
tutto il centro commerciale finché il suo sedere non si
fermò di
fronte ad un negozio dall'insegna che mi fece gelare il sangue nelle
vene.
«Un intimo sexy» ammiccò entrando
dentro Intimissimi.
«No, no, no!» quasi sbraitai e scossi
violentemente il capo «Non ci metto piede lì
dentro!»
«Smettila di fare la puritana» sbuffò
scocciata Claudia.
«Agli uomini piace questo genere di cose
e scommetto che anche Dario apprezzerebbe» si aggiunse la
Cariati,
maliziosa.
Oddio! Volevano farmi compare lingerie
per fare sesso con Dario? Ad un tratto sentii caldo, tanto caldo,
sudavo per la temperatura equatoriale che il mio corpo aveva
raggiunto. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo.
Non entrare, non entrare, non entrare,
mi ripetevo.
Ma
quando aprii le palpebre mi ritrovai circondata da mutande minuscole
e reggiseni di ogni sorta. Il mio subconscio, a mia insaputa, mi
aveva fatto entrare lì dentro. Forse il mio corpo mi stava
mandando
dei segnali, mi stavano dicendo che ero pronta a fare quel passo con
Dario. Anche perché desideravo ardentemente sentirlo
pienamente mio.
E lingerie sia.
Alla fine mi arresi, anche se ero imbarazzata e rossa di vergogna.
Rimasi impalata in mezzo la negozio, declinando l'aiuto che volevano
offrirmi le commesse e guardai le mie due amiche correre da una parte
all'altra del negozio. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua, spesata e
non sapevo dove voltarmi.
«Che taglia hai?» mi domandò Cristina,
fissa a guardare un completino color prugna.
Mi avvicinai lentamente a lei, di certo
non volevo che tutto il negozio sapesse che fossi una tavola da surf,
anche se era abbastanza evidente.
«Una seconda scarsa» le confidai con un
po' di vergogna.
La Cariati mi squadrò da capo a piedi
per poi tornare a far scorrere la lingerie sotto i suoi occhi.
«Un po' piccine» fu il suo commento.
«A Dario piacciono» e per la seconda
volta durante quella giornata avrei voluto tagliarmi la lingua.
Arrossii per la mia stessa affermazione e sprofondai nella vergogna.
«A beh, allora nessun problema» sorrise
e mi ammollò in mano un completo di pizzo viola.
Sculettò verso un altro scomparto
scegliendo questa volta un perizoma e un reggiseno striminzito di
pizzo nero. Assolutamente bocciato! Poco dopo arrivò anche
Claudia
con le braccia colme di lingerie e Cristina li esaminò
tutti,
scartandone uno rosso fuoco. Fortunatamente.
«Fa troppo capodanno» aveva aggiunto
con le labbra arricciate.
Li provai uno dopo l'altro e l'idea di
presentarmi davanti a Dario vestita solo con uno di quei miseri
completini mi imbarazzava. Nessuno di quelli mi donava e per di
più
era seducente come un manico di scopa. Mi sarebbe scoppiato a ridere
in faccia, ne ero più che certa. Un paio di mie mutande e un
reggiseno sarebbe stato meglio, tanto dovevano essere tolti per
consumare, quindi sarebbe stato solo uno spreco inutile di soldi.
Dopo 3
completi indossati e scartati all'istante, fu il turno di una
lingerie di un delizioso rosa pallido. Sulle coppe del reggiseno
erano ricamate delle decorazioni bianche e la stessa fantasia era
stampata sulle mutandine, un raffinato paio di slip a vita bassa che
mi lasciavano metà sedere scoperto. Tutto sommato lo trovavo
carino.
Non troppo volgare, ma abbastanza sexy da poter piacere a Dario.
Ottenni l'approvazione delle mie amiche che passarono il resto del
pomeriggio ad ammiccare e uscii da quel centro commerciale con un
sacchetto di Intimissimi e una paura folle della prima
volta che mi
sembrava sempre più
concreta.
Quando entrai in casa ai miei
occhi si
presentò una scena alquanto strana. Dario era seduto sul
divano con
le gambe larghe e le braccia distese lungo lo schienale, mentre Smell
camminava avanti e indietro percorrendo l'intero salotto lanciando,
di tanto in tanto, un'occhiata omicida a Dario.
«Ciao» esitai e per precauzione,
nascosi il sacchetto di Intimissimi dietro la schiena.
«Proprio te stavo aspettando» sibilò
mio fratello puntandomi un wusterone –
anche noto come
indice – contro.
Guardai dubbiosa Dario che scrollò le
spalle per farmi capire che nemmeno lui sapeva che cosa volesse
Raffaele. Mi accomodai di fianco al mio pseudo-ragazzo e la sua mano
scivolò dallo schienale alla mia spalla per stringermi a
lui. Il
contatto con il suo corpo mi fece rabbrividire ed arrossire al tempo
stesso, forse perché in quel momento pensavo a ben altri
tipi di
contatto, qualcosa di molto più intimo, insomma. Mi adagiai
sul suo
petto e sorrisi nel sentire la sua mano accarezzarmi. Lo volevo e se
non ci fosse stato Smell davanti e mia madre a trafficare in cucina,
avrei seguito il consiglio di Cristina, saltandogli addosso.
«Salsiccia ambulante! Lo sai, vero, che
questo è sequestro di persona?» Dario si rivolse a
mio fratello con
tono scocciato.
Guardai il mio pseudo-ragazzo con la
fronte aggrottata e lui mi sorrise sornione.
«Tuo fratello mi ha chiamato circa tre
ore fa dicendomi di venire qui di corsa perché avevi
qualcosa di
importante da dirmi» cominciò a spiegare irritato
«Quando sono
arrivato qui tu non c'eri e mi sono ritrovato il tuo caro
Smell-fratello che mi ha rinchiuso in casa per due ore e mezzo in tua
attesa» si voltò verso Raffaele e gli
riservò un'occhiata omicida
«E questo a casa mia è sequestro di
persona».
Raffaele si fermò davanti a noi con le
gambe divaricate e le braccia incrociate in una posa da duro che
doveva incutere timore ma che in realtà lo rendeva solo
ridicolo.
«Si può sapere il perché di questa
pagliacciata?» domandai acida.
«Tutto a suo tempo, sorella. Tutto a suo
tempo» disse in un sussurro per creare suspense.
«Quanto ancora dovremmo aspettare?» gli
chiese scocciato Dario, muovendo la gamba nervosamente
«Dovrei
andare a casa a farmi una doccia, cenare, fare le chiamate sconce con
tua sorella...»
Arrossii di colpo e gli diedi una
gomitata nel costato facendolo piegare dal dolore con un mugolo,
mentre Raffaele lo fissava quasi volesse saltargli al collo da un
momento all'altro e strozzarlo.
«Ebbene, è arrivato il momento di
sputare il rospo» sibilò Smell sempre
più arrabbiato. «Oggi il
tuo stupido e peloso gatto bianco» e si rivolse a me
«si è
nascosto sotto il tuo letto e non voleva uscire da lì sotto
nemmeno per mangiare. Così sono andato a
recuperarlo».
Si zittì e ci guardò entrambi,
tamburellando l'indice sull'avambraccio.
«Oh, sì! Racconto avvincente»
ironizzò
Dario irritato «Tu mi hai chiamato per la storia di un
gatto?»
«Più o meno» rispose vago Smell.
Il mio pseudo ragazzo si alzò di scatto
dal divano, incredulo e scocciato al tempo stesso, con la sola
intenzione di uscire da casa mia. Con me appresso, ovviamente. Mi
alzai anche io da divano e intrecciai le dita con quelle di Dario
guardando mio fratello di traverso. O si era ubriacato oppure era in
vena di cavolate quella sera e aveva trovato divertente far
spazientire Dario.
«Con calma, ragazzi, non ho ancora
finito» il suo tono si indurì, così
come il suo sguardo torvo che
rimbalzava da me al mio pseudo ragazzo.
«Allora potresti concederci l'onore di
sapere che cazzo vuoi?» ribatté alterato Dario.
«Solo darti quello che ti meriti»
grugnì Smell.
Fu tutto talmente rapido ed inaspettato
che non mi resi conto immediatamente che la stretta di Dario si
allentò sulla mia mano e che un pugno l'aveva colpito in
pancia. Ci
vollero alcuni secondi perché realizzassi che Smell si era
avventato
sul mio pseudo-ragazzo arrabbiato come mai prima d'allora, e non
riuscivo a capire perché lo stesse prendendo a pugni e
calci. Dario,
in tutto ciò, non reagiva forse perché non voleva
che si ripetesse
la stessa scena della pizzeria. Sapevo che se avesse voluto avrebbe
potuto fermare mio fratello con un cazzotto ma non lo faceva per me,
perché io non lo vedessi ancora sotto quella cattiva luce.
Mi
avvicinai a loro e strinsi il braccio di Smell, strattonandolo per
fermarlo, ma lui mi scansò con poco garbo e
afferrò Dario per il
colletto della polo che indossava e lo sbatté al muro.
«Ti ammazzo!» gli urlò contro
«Ti
uccido, figlio di puttana!»
«Prenderesti l'ergastolo, così» e
nemmeno in un momento come quello, con il labbro spaccato e viola,
Dario metteva da parte la spocchia e la sua voglia di provocare.
«L'importante è liberarmi di te. Non me
ne fotte se poi mi sbatteranno in galera»
«Geloso, eh, Gremlin?» ghignò
«Geloso
che sono più figo di te?»
«Tanto nella tomba la bellezza non ti
servirà, bastardo»
ringhiò mio fratello a pochi centimetri
di distanza dal suo viso.
«A quanto pare va di moda chiamarmi
bastardo» ridacchiò.
«Non è una moda. Solo la pura
verità»
Mio fratello era sempre stato un tipo
abbastanza iroso, uno che perdeva la pazienza facilmente, ma non era
mai arrivato ad usare le mani. Non mi era chiaro come mai ce l'avesse
tanto con Dario e credevo improbabile che se la fosse presa con lui
per essere tornato dopo così tanto tempo. Se avesse voluto,
avrebbe
potuto fare tutto quel casino quando era sotto casa nostra.
Smell caricò un altro colpo ma gli
afferrai il braccio prima che potesse assestare un altro colpo nello
stomaco di Dario.
«Smettila Raffaele!» urlai e le mie
grida attirarono l'attenzione di mia madre che uscì dalla
cucina
asciugandosi le mani nel grembiule.
«Ma che succede qui?» domandò
allarmata, raggiungendoci a passo svelto.
Scansò Smell e accarezzò il viso di
Dario preoccupata, premurosa come se quello che avesse davanti fosse
suo figlio. Il mio pseudo-ragazzo la tranquillizzò con un
sorriso e
così mia madre si voltò verso Raffaele ancora
furente e
scalpitante.
«Che cosa ti è preso?» gli
domandò,
puntellando le mani sui fianchi.
«Chiedilo a quei due» sbraitò mio
fratello indicandoci con le sue manone «Fattelo dire da tua
figlia».
La mamma si voltò verso di me con
espressione interrogativa, ed io scrollai le spalle. Non sapevo di
cosa Smell stesse parlando. Sotto al mio letto non c'era nulla di
così sconvolgente se non palle di pelo di Milky, acari
grandi quanto
montoni e un test di gravidanza. Nulla di che, insomma...
Oh merda, mi
ritrovai a pensare, passando a rassegna quello che avevo appena detto
a me stessa. Il test di gravidanza di Claudia, quello che avevo
calciato sotto il letto era stato appena ritrovato da Smell e lui era
convinto che fosse mio.
«Non è come pensi tu, Raffaele» gli
dissi con un sorriso.
«Ah, no?» ribatté furibondo estraendo
dalla tasca il test di gravidanza positivo e sbattendomelo
praticamente addosso.
Dario mi guardò perplesso, poi si
abbassò a raccogliere quel bastoncino bianco e lo
esaminò con
attenzione. La sua espressione passò attraverso varie fasi,
prima di
dubbio, poi di stupore fino a quella di ribrezzo.
«È... è un test di
gravidanza»
mormorò, più che altro per convincere se stesso
«Ed è positivo»
aggiunse lanciando un'occhiata di disgusto.
Mio fratello sorrise trionfale, mentre
mia madre per poco non svenne. Si accasciò sul divano con
una mano
sulla fronte e sussurrando qualcosa di incomprensibile tra
sé e sé.
Li guardai ad uno ad uno ed abbozzai un sorriso. Non potevo dir loro
che quel test era di Claudia le avevo promesso che avrei mantenuto il
segreto, ma nemmeno tacere e fra credere a tutti che ero incinta.
«Mi avevi detto di essere vergine»
commentò sconcertato, con un voce stridula quasi avesse
fatto fatica
a dire quelle parole.
«Non ti ho mentito Dario» tentai di
afferrargli una mano, ma me lo impedì.
«Seh, certo. Magari è venuto anche
l'arcangelo Gabriele a darti la notizia» borbottò
acido.
Smell ci guardò confuso, indicando prima
me poi Dario che scosse la testa, facendogli intendere che io e lui
non avessimo mai fatto nulla di intimo.
«Allora con chi...» si rivolse a me e
lasciò la frase in sospeso.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. In
che situazione mi ero cacciata? Non sapevo nemmeno come uscire da
quel labirinto di accuse e occhiatacce da parte loro. Tranne di mia
madre che era ancora seduta sul divano a sventolarsi con una mano e
delirava nemmeno avesse la febbre. Sarebbe diventata nonna, ma non
grazie a me.
«Con nessuno!» trillai, battendo un
piede per terra e agitando le braccia come una forsennata
«Non ho
mai visto un uomo nudo in vita mia»
Dario mi guardò di traverso perché
quella era una piccola bugia, visto il nostro incontro focoso.
Ricambiai il suo sguardo con un'occhiata da cucciolo e mi strinsi
nelle spalle, ma lui sembrò non vacillare, anzi
scrollò la testa ed
attese una mia rivelazione con le braccia conserte.
«Il troll, non è così?» mi
chiese
brusco.
«No! Te l'ho detto che c'è stato solo
un bacio tra noi!» gli ricordai, nervosa.
«A quanto pare un solo bacio si è
trasformato in qualcosa di più» insinuò
Dario deluso da tutto ciò
che stava accadendo.
«Te lo giuro! Te lo giuro su tutto ciò
che ho di più caro che non ti ho mentito» mi
avvicinai a lui e gli
accarezzai le braccia.
«Non arrampicarti sugli specchi
insaponati» s'intromise ridacchiando Smell «Ormai
il danno è
fatto»
«Taci tu!» ribattei acida e tornai
subito ad occuparmi di Dario «Devi fidarti di me»
addolcii il tono
e appoggiai una mano sul suo viso, sfoderando lo sguardo più
dolce e
triste che potessi sfoggiare. Lui si umettò le labbra
violacee e
tentò più volte di distogliere lo sguardo dal
mio, senza però
riuscirci. Sembrò sciogliersi e credere alle mie parole,
finché non
Smell non intervenisse per buttare benzina sul fuoco.
«Magari è uno che non conosciamo»
suppose «In questi tre mesi era molto triste. Doveva
consolarsi in
un qualche modo».
E Dario diede ascolto alle parole di mio
fratello. Mi superò con lo sguardo basso e si diresse mesto
verso la
porta.
«Sei una delusione» disse tra i denti,
rivolto alla sottoscritta.
«Puoi dirlo forte!» gli diede manforte
quell'idiota di Raffaele «Se prendo quel bastardo giuro che
lo
uccido» e sferrò un pugno contro il palmo
dell'altra mano «Avanti,
dimmi chi è! Che ho voglia di spaccare la faccia a
qualcuno!»
«Ti prego, Dario! Non ascoltare mio
fratello» lo pregai, strattonandolo per allontanarlo dalla
maniglia.
«E cosa dovrei fare? Scopre un test di
gravidanza sotto il tuo letto e devo far finta di niente?»
«Non è come credi» soffiai, con in
sottofondo il borbottio di Smell.
«Hai mentito tante volte, perché non
dovresti farlo anche adesso?» disse con un filo di voce.
Aveva ragione. Dopo tutte le bugie che
avevo detto – innocenti, ma sempre menzogne – non
potevo
pretendere che lui mi credesse. Quel dannato test era sotto il mio
letto e in più ci si metteva anche Smell a insinuargli la
pulce
nell'orecchio! Rimasi in silenzio, l'unica cosa che potessi fare e
lui si scrollò di dosso la mia mano.
«Ciao, Alice» sputò quelle parole con
disprezzo ed aprì la porta, pronto ad andarsene di nuovo, di
allontanarsi da me ancora una volta forse per sempre. Non potevo
permettere che questo accadesse, non avrei retto l'ennesima
separazione da lui. Mi guardai intorno: mia madre si era stesa sul
letto con un cuscino sul viso, mio fratello dava pugni all'aria
mentre Dario stava per scendere le scale.
«Quel test di gravidanza è di Claudia!»
parlai in fretta, senza pensarci e mi morsicai la lingua dopo averlo
detto. Avevo infranto una promesso, avevo rivelato un segreto e avevo
messo nella merda la mia migliore amica.
Smell si paralizzò, con i pugni a
mezz'aria e mi guardò sconcertato. Mia madre si
rizzò a sedere con
gli occhi sgranati, mentre Dario si era voltato a guardarmi confuso.
«Di-di Claudia?» cercò conferma mio
fratello con voce tremante.
Annuii mestamente e lo vidi sbiancare,
poi cadere svenuto con un tonfo per terra.
Chiamai
Claudia dicendole di correre a casa mia perché avevo
combinato un
bel guaio e lei non tardò ad arrivare. In dieci minuti era
da me,
davanti al “cadavere” di mio fratello che giaceva
ancora per
terra, con mia madre sul divano che continuava a ripetere Sarò
nonna e Dario
appoggiato alla
parete, ancora sconvolto.
«Mi dispiace un sacco Claudia per
averglielo detto» le sussurrai.
«Mi avevi promesso che avresti mantenuto
il segreto» mi rimbeccò lei arrabbiata.
«Lo so! Ma mio fratello aveva trovato
quel test sotto il letto e credeva che fosse mio» mi
giustificai.
«E tu non lo avevi nemmeno buttato?»
Mi strinsi nelle spalle con aria
colpevole.
«Mi sono dimenticata, tra una cosa e
l'altra» mormorai.
Claudia scosse la testa e si avvicinò a
mio fratello, accovacciandosi accanto a lui ad accarezzargli una
guancia.
«Mi perdoni?» azzardai.
«Non lo so» bofonchiò lei, tentando di
rianimare Smell.
La raggiunsi e le strinsi una spalla,
baciandole una guancia. Dopo quello che era successo con Benedetta,
non volevo perdere anche Claudia.
«Ho sbagliato, lo so» sospirai «Ma ti
prego, non mi abbandonare anche tu» appoggiai una guancia
sulla sua
spalla.
Claudia sbuffò sonoramente e il suo
broncio, piano piano, si trasformò in un sorriso.
«Ti perdonerò solo se mi offrirai un
Mcflurry al caramello»
La abbracciai ancora più forte e
perdemmo l'equilibrio, ritrovandoci con il sedere dolorante per
terra. Scoppiammo a ridere ed il suono delle nostre risa
ridestò mio
fratello che si guardò intorno, spaesato.
«Ho fatto un sogno terribile» biascicò,
tenendosi la testa «Claudia era incinta».
La mia amica sospirò e diede un bacio a
fior di labbra a Smell, che la strinse a sé sorridendo.
Avrebbe
potuto tacere, tanto lui credeva di aver solo sognato, però
si fece
coraggio e lo affrontò.
«Non era un sogno» ammise «Sono
davvero incinta».
Smell deglutì a fatica e si passò una
mano tra i capelli neri. I suoi occhi erano sgranati e le labbra gli
tremavano. Sconvolta era l'aggettivo migliore per descrivere la sua
espressione. Si alzò di scatto lasciando Claudia seduta sul
pavimento e si chiuse in cucina, sbattendo la porta. La mia amica
abbassò lo sguardo e si morse entrambe le labbra.
«Hai visto?» si rivolse a me con un
filo di voce «Adesso mi lascerà».
Mia madre si alzò dal divano
scombussolata da quella notizia e barcollante, si avvicinò a
Claudia
abbracciandola.
«Tesoro! È sconvolto, tutto qui»
cercò
di consolarla «Insomma, nessuno di noi si aspettava una
notizia del
genere ed è normale che abbia avuto quella reazione. Adesso
vieni
con me» e le prese la mano per aiutarla a sollevarsi
«e andiamo a
parlare con lui»
Claudia di asciugò una lacrima ribelle
annuendo e seguì mia madre in cucina. Le lanciai un bacio e
le
sorrisi nel tentativo di tranquillizzarla. Quando le due sparirono
dietro la porta della cucina mi voltai verso Dario, guardandolo con
sufficienza ed incrociai le braccia.
«Allora?»
«E allora...» ripeté lui passandosi
una mano sulla nuca.
«Aspetto delle scuse da parte di
qualcuno che non mi ha creduto» rincarai la dose.
«Scusa» mormorò lui mortificato.
Avrei voluto tenergli il broncio ancora
per qualche tempo, magari obbligandolo a chiedermi di nuovo scusa
davanti a tutti. Ma vedendolo così conciato, con il labbro
spaccato
e un occhio livido non potei resistere. Lo presi per mano, afferrando
anche il sacchetto di Intimissimi e lo trascinai in camera mia. Lo
spinsi sul letto con poca grazia e lui sorrise malizioso.
«Dovrò farmi pestare più spesso se
questa è la ricompensa» disse seducente.
«Calma i bollenti spiriti, stallone!»
ridacchiai «Voglio solo curarti le ferite»
«Uh! Alice in versione infermiera sexy»
e si passò la lingua sulle labbra «Me
gusta».
Non persi nemmeno tempo a rispondere,
ormai ero abituata alla sua malizia e ai suoi tentativi seducenti per
fare l'amore con me. E c'era riuscito, praticamente, visto che ero
intenzionata a fare quel passo importante con lui. L'avevo sempre
saputo, in fondo, che lui era quello giusto, che era lui il ragazzo
con cui lo avrei fatto per la prima volta.
Aprii l'armadietto del bagno e presi la
cassetta del pronto soccorso, tornando subito in camera mia. Quando
entrai, trovai Dario con il reggiseno che avevo comprato quel giorno
appoggiato sul petto e le mutandine erano appoggiate accanto a lui.
Divenni paonazza e, velocemente, gli tolsi dalle mani il mio intimo.
«Questo è per me?» domandò
malizioso,
lanciandomi un'occhiata che di casto non aveva nulla.
«Se vuoi indossarlo fai pure» risposi
imbarazzata.
«Intendevo che lo indosserai tu per la
nostra... sì, insomma, prima volta»
indugiò per un attimo, ma
ritrovò subito il suo ghigno da bambino monello.
«In realtà è per mia madre»
mentii.
«Non credo che tutte le grazie di tua
madre entrino in quel reggiseno striminzito»
constatò con saccenza.
«Quindi tu guardi le tette di mia
madre?» cercai di sviare il discorso ed intanto, infilai
l'intimo
nel sacchetto e lo spinsi sotto il letto.
«Difficili non notarle» ribatté lui
«Ma preferisco di gran lunga le tue»
allungò una mano verso di me
e mi afferrò un polso «Piccole, sode e che
vogliono solo me» e mi
tirò verso di lui.
Nonostante avessi opposto resistenza, lui
riuscì comunque a farmi barcollare in avanti fino a farmi
sedere
sulle sue gambe. Mi strinse a lui ed affondò il viso nel mio
seno,
baciandolo nonostante ci fosse la maglietta.
«No, Dario, smettila!» esclamai tra una
risata e l'altra, cercando di allontanarlo da me.
«Non riesco! Poi se ti immagino con quel
completo...» alzò lo sguardo verso di me e si
allungò a sfiorare
le mie labbra in un bacio casto ed innocente.
«Immagina e basta perché non mi vedrai
mai con quella roba addosso» mentii, ma non volevo che
venisse a
sapere che quella lingerie l'avevo comprata solo per lui, per
rendermi più sexy e desiderabile.
«Sei crudele, Alice, tanto tanto
crudele» disse con un tono da bambino.
Delicatamente, mi spinse sul materasso e
lui si stese su di me con una gamba incastrata tra le mie.
Puntò le
mani sul cuscino per non far gravare il suo peso su di me e mi
baciò,
abbandonando l'innocenza e lasciando che le nostre labbra e le nostre
lingue si muovessero spinte solo dalla passione. Affondai le mani nei
suoi capelli per spingerlo verso di me, come se volessi fargli
capire, implicitamente, che avrei voluto qualcosa di più di
un
semplice bacio. Lo desideravo ardentemente, ma in casa mia una cosa
del genere non era fattibile visto che in cucina c'erano tre persone
che potevano scoprirci da un momento all'altro. Per cui mi
accontentai di quel bacio, delle sue labbra sulle mie e della sua
gamba che, involontariamente, premeva sul mio inguine. Un gemito mi
costrinse a liberare le sue braccia e ad arpionarmi alla sua
maglietta.
«Mi piace la tua voce, è...» mi
leccò
il collo e le sue mani scesero lungo il mio busto per fermarsi a
slacciare i jeans «eccitante»
«Non siamo qui per fare le zozzerie»
lo ammonii, imbarazzata e con dei pensieri poco casti che mi
aleggiavano nella mente «Devo curarti le ferite»
«'Sti cazzi!» tagliò corto lui e la
sua mano s'insinuò nella stoffa dei mie pantaloni, andandomi
a
sfiorare intimamente. Mi morsi le labbra per soffocare un ansimo e
strinsi il lenzuolo per trattenere quel piacere dirompente che le sue
dita esperte riuscivano a farmi provare.
«Ti interessano ancora le ferite?» mi
domandò, muovendo l'indice sulla stoffa dei miei slip in
modo
circolare.
Mi era impossibile parlare in quelle
condizioni, saldamente aggrappata alle mie lenzuola, con la schiena
inarcata e le punte dei piedi tesi, il respiro accelerato che mi
impediva di dire qualcosa.
«Deduco che preferisci le mie dita»
Il mio corpo che si contorceva parlava
per me. Chiusi gli occhi e non riuscii più a trattenere i
gemiti che
uscivano spontanei dalla mia bocca. Le sue dita, d'un tratto,
superarono i miei slip e le sentii ruvide a contatto con la mia
intimità. Era tremendamente bravo a far provare piacere e
poco mi
importava, in quel momento, degli altri tre che stavano in cucina. Lo
volevo, volevo sentirlo in me, volevo amarlo carnalmente. Ma il
tempismo di mia madre era noto anche agli eschimesi e scelse il
momento peggiore per apparire in camera mia. Avevo gli occhi chiusi,
per cui non mi accorsi che aveva aperto la porta e che irrotta nel
mio nido d'amore.
«Signora!» esclamò Dario, mettendo
fine a quella piacevole tortura ed io aprii la palpebre di
soprassalto, mettendomi a sedere.
«Mamma!» trillai, rossa dall'imbarazzo.
Lei era rimasta sulla porta con la bocca
spalancata e gli occhi sgranati. Richiuse la porta e la riaprii
qualche secondo dopo abbozzando un sorriso.
«Questione risolta. Sono ancora tutti e
due scossi, ma hanno deciso di tenere il bambino. Io e tuo padre li
aiuteremo, ovviamente. Ora bisognerà parlare con i suoi per
cui
domani sera andrò a cena da loro con Raffaele. Tu
vieni?» parlò
senza riprendere fiato, con le guance rosse per l'imbarazzo,
dimostrandosi indifferente.
«No! Domani ceniamo fuori» mi
precedette Dario e lo fissai interrogativa.
«D'accordo» sorrise ad entrambi e stava
per uscire dalla mia camera, ma ci ripensò e ci rivolse
un'occhiata
maliziosa «Ragazzi, cercate di fare queste cose quando siete
da
soli» ci consigliò «E tu, Dario, usa
sempre le precauzioni. Non
voglio avere due nipoti! Uno è sufficiente per
adesso»
«Tranquilla signora...» lasciò la
frase in sospeso.
«Elena»
«Signora Elena non si preoccupi.
Precauzioni sempre e comunque» sorrise, mentre io, piano
piano,
sprofondavo nell'imbarazzo più profondo.
Mia madre si congedò e Dario mi strinse
forte a sé, accarezzandomi una spalla nuda. Mi abbandonai al
suo
petto, al suo odore e l'imbarazzo, via via, andò scemando.
«Tua madre ha un tempismo da record»
constatò ridacchiando.
«Sceglie sempre i momenti peggiori»
sbuffai «È specializzata in questo»
«Tipico di quasi tutte le mamme»
commentò «Comunque, se non lo avessi capito,
domani sei invitata
ufficialmente a cena. Per cui, vestiti carina» mi
sollevò il viso
per incontrare i suoi neri in cui sprofondavo ogni volta rimanendovi
intrappolata «e magari metti anche quel completino
rosa».
Sbuffai e mi alzai di scatto dal letto.
Insomma, ormai ero sicura di volerlo fare, ma non volevo che lui lo
sapesse. Era una sorta di sorpresa che volevo fargli e lui non doveva
avere nemmeno il minimo sospetto. Se fosse stato tutto premeditato
non sarebbe accaduto con la naturalezza che io speravo di avere.
«Sei proprio fissato» borbottai
contrariata «Mi hanno obbligata a comprare quel
completino» mi
voltai dandogli le spalle e incrociai le braccia.
Dario mi si avvicinò e mi abbracciò da
dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla. Mi scostò i
capelli
in modo da poter sfiorare il mio orecchio con le sue labbra.
«Piccola, stavo scherzando» mi sussurrò
«Insomma, non proprio» aggiunse ed io ridacchiai
«Ma comunque, io
non ho fretta»
«Grazie» mormorai, mentre le sue labbra
mi baciavano il collo e sorrisi pensando alla cena della sera
successiva. Con sorpresa, ovviamente.
Non ero mai stata in un
ristorante
elegante come il Bice che, per giunta, si trovava
in via
Montenapoleone. Le pareti erano color crema e delle lampade attaccate
ai muri illuminavano con una luce fioca l'intero locale. I tavoli
erano ricoperte da tovaglie bianche e setose, apparecchiati con
posate d'argento e calici di cristallo. Da quando avevo messo piedi
lì dentro non facevo altro che guardarmi intorno spaesata e
preoccupata al tempo stesso.
«Che c'è? Non ti piace qui?» mi
domandò Dario che, quella sera, era più bello del
solito.
Indossava una camicia bianca leggermente
attillata che metteva in risalto la sua meravigliosa pelle
abbronzata. I primi bottoni erano slacciati, così da
mostrare
l'inizio dei pettorali e le maniche lunghe erano arrotolate sugli
avambracci.
«No, no» scossi la testa «È
bellissimo! Ma ti costerà tantissimo»
«Non preoccuparti, piccola!» sorseggiò
un goccio di vino rosso che gli aveva precedentemente versato il
cameriere, dopo aver preso le nostre ordinazioni «Tu mangia e
non
pensare ai soldi» mi sorrise e il mio cuore perse un battito.
«O-ok» tentennai, anche se mi
rammaricava il fatto che dovesse spendere così tanti soldi
per me.
«Che ne dici di un brindisi?» mi
propose, versandomi un goccio di vino nel calice.
«Non credi che sia una buona idea che io
beva» sorrisi imbarazzata «Sai, mi basta un goccio
per andare fuori
di testa come è successo in discoteca» ricordai.
«Beh, allora è meglio abbondare» disse
malizioso «Ti preferisco senza freni»
«Dario» ribattei indignata, dandogli un
calcio sullo stinco.
«Che violenza!» commentò, piegandosi
per massaggiarsi dove lo avevo colpito «Stavo solo
scherzando!».
Lo guardai con sufficienza, ma bastò un
suo sorriso per farmi sciogliere. Era qualcosa di meraviglioso il suo
sorriso; lui lo era e non mi capacitavo di come potessi essere stata
così fortunata nel trovarlo. A volte non mi sembrava nemmeno
vero
che lui avesse scelto me, che lo avessi accanto e che potessi
baciarlo. Era tutto così tremendamente perfetto che quasi mi
faceva
paura, il tutto. Paura di svegliarmi da un momento all'altro e
ritrovarmi catapultata alla mia vecchia ed insulsa vita, ad oziare
sul divano con le immagini di qualche programma spazzatura che
scorrevano sotto i miei occhi. E la cosa peggiore era che Dario non
ci sarebbe stato. Non sarei più riuscita ad immaginare una
vita
senza di lui. Ormai era dentro di me, nel mio cuore, nella mia mente,
sotto la mia pelle, mi scorreva nelle vene. Lui era il mio mondo, il
mio tutto.
«Dai, su, brindiamo» riprese lui,
sollevando il suo calice.
Sospirai e lo imitai. Cosa avrebbe potuto
farmi un goccio di vino?
«A cosa?» domandai melliflua.
«Al nostro primo, vero appuntamento»
Sorridemmo all'unisono e i nostri
bicchieri si scontrarono emettendo un leggero tintinnio.
«Al nostro primo appuntamento» ripetei
e mi sembrò di sfiorare il cielo con un dito.
Ero felice. Felice di essere in quel
ristorante con lui, felice di condividere tutte quelle emozioni con
Dario e felice che la mia favola si stesse avverando, piano piano.
Magari sarebbe stato solo uno dei tanti principi azzurri che avrei
incontrato, ma per il momento era lui il protagonista perfetto per
quella favola d'amore.
Il cameriere, un uomo riccioluto e
autoritario, ci servì le prime portate dal profumo
invitante.
Appoggiai il tovagliolo sulle ginocchia e sperai con tutto il cuore
di non sbrodolarmi, come ero solita fare, sia per la figuraccia che
avrei fatto con Dario, sia perché non volevo rovinare quel
meraviglioso abitino blu di raso che mi aveva prestato Cristina. Se
glielo avessi riportato macchiato mi avrebbe uccisa.
«Buon appetito!» esclamò con
entusiasmo, cominciando a mangiare.
Feci lo stesso e per alcuni minuti
rimanemmo in silenzio, a lanciarci occhiate e sorridere sotto i
baffi. Era piacevole stare in sua compagnia, anche quando non si
parlava. Solo la presenza bastava per farmi sentire meglio.
«Dario» lo chiamai con un filo di voce
e lui alzò lo sguardo dai suoi spaghetti all'astice
«Mi imbarazza
un po' chiedertelo» appoggiai la forchetta nel piatto e
torturai la
tovaglia.
Lui mi guardò dubbioso poi si tamponò
la bocca con il tovagliolo.
«Chiedi pure, piccola» mi sorrise
bonariamente.
«Ecco, vedi. Ci conosciamo da tanto,
ormai e ora siamo in questo meraviglioso ristorante. Però io
non so
ancora quando sei nato»
Era una domanda che continuava a
rimbalzarmi in testa. Era chiaro che tra di noi ci fosse qualcosa che
magari era anche destinato a durare, ma ancora io non sapevo quando
compiva gli anni. Magari il suo compleanno era già passato e
io non
gli avevo fatto nemmeno gli auguri. Mi sarei sentita tremendamente in
colpa se fosse stato realmente così. Dario
ridacchiò e si morse il
labbro inferiore con delicatezza perché era ancora tumefatto.
«Perché dovresti essere imbarazzata? È
lecito chiedere» mi sorrise ed indugiò qualche
secondo durante i
quali mi lanciò alcune occhiate furbette «Il 25
giugno»
«Quindi sei un cancro» commentai,
bevendo un goccio di vino.
Dario sorrise imbarazzato e solo dopo
aver ingerito il liquido rosso realizzai che quel giorno era
il 25
giugno. Era il suo compleanno e io lo scoprivo solo in quel
momento. Mi sentivo una stupida e per di più non avevo
nemmeno un
regalo con me.
«Non, non so che dire» la voce mi uscì
in un rantolo incontrollato.
«Un “Auguri” sarebbe
sufficiente»
disse sarcastico.
«A-auguri» balbettai nell'imbarazzo più
completo.
«Un altro brindisi? Questa volta ai miei
ventiquattro anni?» domandò retoricamente alzando
di nuovo il suo
calice.
Questa volta, però, non feci lo stesso.
Guardai solo il tovagliolo steso sulle mie gambe. Se non glielo
avessi chiesto non avrei nemmeno saputo che fosse il suo compleanno e
avrei ignorato quel giorno così speciale che lo aveva visto
nascere
ventiquattro anni prima. Che stupida ero stata! Avrei dovuto
chiederglielo molto prima, non svegliarmi così
all'improvviso almeno
avrei organizzato qualcosa per festeggiarlo. La mano di Dario si
allungò sul tavolo e le punte delle sua dita mi sfiorarono
un
braccio ridestandomi dai miei pensieri.
«Non è mica morto nessuno»
ironizzò
ridendo.
«Lo so, ma» e respirai rumorosamente
«Non ho un regalo, non ho organizzato nulla. Avrei dovuto
chiedertelo molto prima»
«Alice non ho bisogno di regali» mi
sorrise dolcemente e mi accarezzò «La tua presenza
è già un dono,
per me».
Mi sentii lusingata nel sentirlo parlare
così e quasi sollevata. Era così dolce e
comprensivo che, a volte,
mi sentivo di non meritarmi una tale fortuna.
«E poi mi sembra che stiamo
festeggiando, no? E non potevo chiedere un compleanno migliore. Cibo,
vino e una ragazza speciale con cui passare questo giorno».
Mi sciolsi completamente e sorrisi
imbarazzata per quelle parole che mi riempirono il cuore di gioia.
Ciò che mi rese ancora più felice,
però, furono i suoi occhi neri
lucidi, brillanti come n0n li avevo mai visti che risplendevano per
l'emozione che provava quando stava con me. E le stesse di
riflettevano nei miei con maggiore intensità.
«Allora brindiamo» afferrai il
bicchiere e brindammo per la seconda volta.
Il resto della serata fu un crescendo di
emozioni. Era bello parlare con lui senza quella voglia irrefrenabile
di baciarci. Eravamo noi due seduti ad un tavolo di un ristorante e
ci scoprivamo a vicenda, ci svestivamo raccontando aneddoti della
nostra vita – io molto pochi – e concedendo un
pezzo della nostra
anima all'altro. Mi regalò perfino cinque rose, comprate da
uno di
quei venditori ambulanti e quella cena non poteva concludersi in modo
migliore. Quella era la prima volta che ricevevo dei fiori e mi
sentivo ad un passo dal cielo. Era una serata perfetta ed ero sempre
più sicura della mia scelta.
«Senti Alice, dovrei chiederti una cosa»
mi disse mentre eravamo in macchina diretti verso casa mia.
Mi voltai a guardarlo concentrato sulla
strada che picchiettava l'indice sul volante. Il cuore prese a
battere forse un po' troppo veloce ma non ci badai. Mi stava per
chiedere se volevo essere la sua ragazza, cosa potevo chiedere di
più?
«Vorresti venire con me a Roma?»
domandò invece, voltandosi verso di me per rivolgermi un
sorriso
«Mia cugina si sposa a luglio e sei invitata anche tu,
ovviamente.
Perciò volevo approfittare di questo matrimonio per
mostrarti la mia
città».
Sorrisi nervosamente e strinsi il lembo
del vestito. No, non era la domanda che mi aspettavo però
era pur
sempre un invito nella sua città, una vacanza solo io e lui
e mi
sembrava un'ottima occasione per stare insieme.
«Per me non c'è problema» risposi con
un sorriso «Dipende se mia madre mi lascia venire»
«Riusciremo a convincerla, non ti
preoccupare» mi fece un occhiolino «Però
dobbiamo fare in fretta
visto che si parte tra tre giorni»
«Potevi dirmelo un po' prima, non
credi?» bofonchia sbuffando «Ma come farai con il
lavoro?»
«Farò la diretta da Roma, semplice» mi
rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo
«Ho già pensato
a tutto, mia cara. Non sono uno sprovveduto»
gongolò con un sorriso
soddisfatto.
Ridacchiai e mi soffermai a fissarlo.
Inizialmente odiavo la sua spocchia ma, mano a mano, mi ero abituata
a quel suo aspetto e avevo cominciato a riderci su. Se non avesse
avuto quella presunzione non sarebbe stato il mio Dario.
Entrammo nel mio paese e il respiro mi si
fece accelerato. Era arrivato il momento di fermarlo prima che
arrivassimo a casa mia. Appena la Mito costeggiò la campagna
appoggiai una mano sul suo braccio per attirare la sua attenzione e
gli sorrisi.
«Possiamo fermarci un attimo?»
mormorai.
Ero tesa, nervosa e avevo anche paura, ma
il momento del grande passo era arrivato. Sentivo il desiderio di
Dario in ogni fibra corporea e non potevo ignorare questo richiamo.
«Non ti senti bene?» si preoccupò.
«Tranquillo» strinsi di più la mia
mano attorno al suo braccio «Accosta semplicemente,
lì, vicino ai
campi di grano».
Lui mi guardò perplesso, ma seguì il
mio consiglio. Quella strada era praticamente deserta di sera, poca
gente passava di lì e in qualsiasi caso, ci eravamo fermati
in una
piccola piazzola di terra battuta, nascosta da occhi indiscreti.
Dario si slacciò la cintura di sicurezza e mi
squadrò
interrogativo, scrollando le spalle. Sorrisi imbarazzata e prima che
lui aprisse bocca per parlare, gli afferrai i baveri della camicia e
lo avvicinai a me. Lo baciai di sorpresa e lui rimase immobilizzato
per qualche secondo. Dopo un po', però, si lasciò
trasportare da
quel bacio, dal ritmo che le mie labbra e la mia lingua scandiva. La
sua mano si appoggiò sul mio ginocchio e percorse la coscia,
intrufolandosi sotto la gonna del vestito e si fermò a pochi
millimetri dal mio inguine. La sua mano era calda e solo sentire il
calore delle sue dita espandersi mi fece eccitare maggiormente.
Interruppe il nostro bacio per riprendere
fiato e per guardare nei miei occhi. Non parlò, non fece
nessuna
domanda ma le sue iridi nere colme di passione erano eloquenti. Aveva
capito dove volessi arrivare, per cui i suoi occhi cercarono una
conferma nei miei. Mi morsi un labbro e imbarazzata come non ero mai
stata, annuii. Dario sorrise, un sorriso dolce, sincero e splendido e
mi accarezzò una guancia scostandomi una ciocca di capelli.
Sfiorò
di nuovo le mie labbra con le sue lasciandomi il suo sapore, un
piccolo assaggio di lui e della sua pelle.
Si alzò da sedile e, con qualche
difficoltà per via del tettuccio e del freno a mano,
andò a sedersi
nei sedili posteriori.
«Qui si sta più comodi» disse e il suo
tono non aveva nulla di malizioso, c'era solo tanta dolcezza.
Mi tese una mano che io afferrai subito e
mi aiutò a raggiungerlo. Mi posizionai sulle sue gambe con i
nostri
bacini a stretto contatto. Mi strinse il viso tra le mani e mi
baciò
di nuovo con la stessa travolgente passione di poco prima. Ero
nervosa, ma solo il suo tocco e le sue labbra riuscivano a sciogliere
quella tremenda tensione che si era impossessata di me.
Istintivamente, cominciai a muovere il bacino sopra il suo. La gonna
era talmente corta e la stoffa degli slip era talmente leggera che
ogni frizione dei suoi jeans sulla mia intimità mi provocava
scosse
di piacere che mi obbligarono a staccarmi dalle sue labbra per
ansimare.
«Alice» mormorò roco succhiando la
pelle del mio collo «ti voglio da impazzire».
Con un movimento rapido della testa
scostai i capelli dalla spalla per permettergli di assaporarmi con
più facilità. Affondai le mani nei suoi capelli
neri e mossi
spingendolo verso di me, verso il mio corpo.
«Anche io ti voglio» ammisi con la voce
strozzata dai gemiti.
I suoi occhi neri si alzarono a cercare i
miei. I nostri sguardi diventarono un tutt'uno, il castano fuso in
quel mare di petrolio, la mia anima dentro in quei meravigliosi cieli
notturni.
Racchiuse le mie labbra ancora nelle sue
ed intanto le sue mani strinsero i miei seni con delicatezza, con una
dolcezza così estrema da spiazzarmi. Avevo pensato che lui
fosse un
tipo irruento sotto le coperte, uno di quegli uomini passionali
guidati dall'istinto spinti solo dalla voglia di provare piacere il
prima possibile. Invece ogni gesto di Dario era delicato, voleva
mettermi a mio agio per la mia prima volta, voleva che fosse
speciale, che fosse dolce. E ci stava riuscendo.
C'era tranquillità intorno a noi, un
silenzio che rendeva ancora più magico quel momento. Solo
gli
schiocchi delle nostre lingue e i nostri ansimi ci riempivano le
orecchie e non avrei potuto chiedere colonna sonora migliore. Le
nostre labbra avevano bisogno di quelle dell'altro tanto che si
staccavano solo per alcuni secondi, il tempo sufficiente a riprendere
fiato. Ed intanto le sue mani erano scivolate sulle mie cosce nude e
percorrevano su e giù la mia pelle, sfiorandomi l'inguine in
un
breve e piacevole tormento. Quei tocchi, quei baci non facevano altro
che aumentare il mio desiderio, la voglia irrefrenabile che avevo di
sentirlo dentro di me. Ero adrenalinica, tutti i muscoli erano scossi
da fremiti ed ero eccitata, sentivo un calore umido nel basso ventre
che divampava ogni secondo di più.
Ancora una volta fui io a prendere
l'iniziativa e senza staccare le labbra dalle sue, cominciai a
slacciargli al camicia, bottone dopo bottone, lentamente in modo da
sfiorare il suo corpo e farlo rabbrividire.
«Ci sai fare, piccola» rantolò,
abbandonando la testa sullo schienale del sedile lasciandomi fare.
Arrossii di colpo, ma non potevo negare che tutti quei gesti erano
naturali, dettati solo dal mio eccitamento.
Ad ogni bottone slacciato seguiva uno
struscio del mio bacino contro il suo, un mio gemito e un suo ansimo.
Gli tolsi la camicia e fissai il suo torace nudo con bramosia,
leccandomi perfino un labbro. La parte lussuriosa di me, quella che
era stata relegata da qualche parte del mio animo era stata liberata
quella sera e non mi dispiaceva affatto mostrarmi così
disinibita di
fronte a Dario. Mi abbassai sul suo petto e vi appoggiai le labbra,
piccolo baci che lambivano ogni lembo di pelle e che facevano
crescere la sua eccitazione. La percepivo a contatto con la mia
intimità e contrariamente alla prima volta non mi spaventava
anzi
avrei voluto che non ci fosse quella barriera di stoffa che ci
impediva di unirci in un atto d'amore passionale come quello.
Finalmente, Dario si decise a togliermi
il vestito. Abbassò la zip velocemente e con il mio aiuto,
lo sfilò
buttandolo da qualche parte nella sua macchina e un lampo di malizia
attraverso le sue iridi scure.
«Hai messo la lingerie sexy» constatò.
«Solo per te, amore mio» dissi, senza
nemmeno pensare a quello che stavo dicendo.
Dario mi sorrise dolcemente, poi mi baciò
di nuovo, succhiando la mia lingua con avidità e la carezza
con cui
sfiorava la mia coscia si trasformò ben presto in una presa
salda.
L'altra sua mano si posizionò sulla mia schiena e, con
lentezza, mi
fece stendere sul sedile. Si slacciò i pantaloni e si
sbarazzò
anche di questi, rimanendo solo in un paio di boxer neri che
contenevano a malapena la sua eccitazione. Si stese su di me, tra le
mie gambe, con il viso a pochi millimetri dal mio. Il suo respiro mi
inebriava e quel suo intenso odore di vaniglia riempiva l'abitacolo,
rendendo il tutto ancora più dolce.
«Sei sicura, piccola?» mi domandò
preoccupato, accarezzandomi la guancia con il dorso della mano.
Annuii convinta, deglutendo più volte e
con il fiato corto per tutte quelle sensazioni che mi stavano
travolgendo. Dario mi rivolse un sorriso e mi baciò dapprima
a fior
di labbra, poi approfondì solleticandomi il palato. Ero
troppo
impegnata ad assaggiare le sue labbra che non mi accorsi che una sua
mano era sgattaiolata verso un mio fianco. Le sue dita sostarono ben
poco in quel punto. Erano vogliose di esplorarmi, di farmi godere
ancora di più, perciò si erano infilate nel mio
slip.
«Dario!» mugugnai, sentendo i suoi
polpastrelli muoversi sulla mia intimità.
«E questo è niente piccola»
mormorò
roco.
Non sapevo cosa aspettarmi finché non
sentii un suo dito scivolare lentamente dentro di me. Mi aggrappai
con una mano al sedile mente con l'altra gli strinsi i capelli. Non
era doloroso, solo molto appagante. Non mi trattenni nemmeno dal
gemere, tanto eravamo solo io e lui, anzi quasi urlai per il piacere
e dal sorriso che si dipinse sulle labbra di Dario sembrava
apprezzare.
«Dimmi se ti faccio male, piccola» mi
sussurrò ad un orecchio, mordicchiandone il lobo.
La sua falange si muoveva dentro di me
con un ritmo sostenuto, scivolando prima in profondità, poi
uscendo
quasi del tutto. Avevo la gola secca, gli occhi faticavano a rimanere
aperti e l'unica cosa che riuscivo a dire, anzi ad urlare, erano
gemiti disconnessi. Deglutii e cercai di regolarizzare il respiro
forse un po' troppo accelerato.
«No, tutto okay» fu l'unica cosa che
riuscì a dire perché un altro fremito mi scosse e
mi costrinse ad
inarcarmi.
Avevo gli occhi chiusi, per cui non vidi
la reazione di Dario. Sentivo solo i suoi baci che dal collo
scendevano verso il seno e il suo dito che si muoveva dentro di me.
Al quale, dopo qualche minuto, se ne aggiunse un altro rendendo quel
momento ancora più eccitante ed appagante.
«Oh mio Dio!» urlai e gettai le braccia
all'indietro, sfiorando il vetro appannato della Mito.
Ogni mio movimento divenne disconnesso.
Non avevo più il controllo sui miei muscoli che reagivano
solo allo
stimolo eccitante delle dita di Dario.
Lentamente lo sentii abbandonare il mio
corpo e gli slip scivolarono lungo le mie gambe, seguiti dalle labbra
di Dario che baciarono ogni lembo di pelle scoperta. Risalì
velocemente e mi cinse la vita con le braccia, sollevandomi a sedere.
«Via anche questo, che dici?» disse
malizioso, togliendomi anche il reggiseno.
Ero completamente nuda di fronte a lui e
non provai il minimo imbarazzo. Anzi mi sentivo stranamente a mio
agio. Mi fece posizionare sulle sue gambe nuovamente e le nostre
intimità strusciarono provocando ad entrambi un intenso
piacere.
Mancava davvero poco, solo un paio di boxer e finalmente lo avrei
amato completamente. Forse per l'impazienza, forse per
l'irrefrenabile voglia che avevo di lui, afferrai l'elastico delle
sue mutande e le abbassai, aiutata da Dario che si alzò quel
tanto
che bastava per poterglieli sfilare.
Eravamo nudi entrambi, eccitati e
desiderosi di diventare un tutt'uno. Più il momento in cui
lo
avremmo fatto si avvicinava, più il mio cuore accelerava la
sua
corsa. Ero felice di poter condividere quel momento con lui, ma non
potevo nascondere di avere un tantino di paura.
Dario mi passò una mano tra i capelli e
mi avvicinò alle sue labbra per un veloce contatto. Poi mi
guardò
negli occhi, serio ed emozionato al tempo stesso e la sua mano si
appoggiò sulla mia guancia. Mi sembrò quasi che
tremasse, ma non ci
diedi peso.
«Sei sicura al cento per cento?»
Mi morsi le labbra e deglutii a vuoto.
Fino a qualche secondo prima lo ero, ma ora che il momento tanto
atteso si era avvicinato cominciavo a vacillare. Scossi al testa
impercettibilmente e gli sorrisi. Non potevo farmi assalire dai dubbi
proprio in quel momento. Lo volevo e basta, non dovevo frenarmi, non
in quel momento.
«Mai stata più sicura» risposi
baciandolo ancora ed ancora. Le sue labbra e il suo sapore non erano
mai abbastanza. Più le sfioravo, più lo
assaporavo e più diventavo
famelica.
«Un secondo allora» mi disse,
appoggiando un indice sulla mia bocca.
Mi strinse forte a sé con una mano e si
abbassò alla ricerca dei suoi jeans. Li afferrò
con foga e li
appoggiò accanto a lui, rovistando in tutte le tasche
finché non
estrasse il suo portafoglio. Lo aprì e a colpo sicuro prese
un
preservativo.
«Vuoi fare tu?» e mi piazzò davanti
agli occhi quella bustina con scritto Durex.
Farfugliai qualcosa di insensato e
diventai rossa come un peperone, se non di più.
«È facile, dai» quasi mi
pregò «Ti
aiuto io».
Con un pizzico d'imbarazzo accettai e
afferrai la bustina dalle sue mani. Tremante la aprii tirandone fuori
quell'anello di lattice di cui avevo sentito parlare ma che mai avevo
visto prima in vita mia.
Dario mi strinse il polso con dolcezza e
mi accompagnò verso il suo desiderio. Posizionò
la mia mano sopra
la punta della sua eccitazione e lentamente srotolai il preservativo,
strappandogli un ansimo.
Pochi secondi, mancava solo una manciata
di secondi e avrei fatto sesso per la prima volta. Anzi, l'amore.
Dario mi afferrò i fianchi e strusciò
il naso sul mio collo.
Ero tesa e questo l'aveva percepito, ne ero sicura.
«Tranquilla, piccola, non ti farò del
male»
Mi strinsi di più a lui, allacciando le
braccia intorno al suo collo mentre mi sollevava per i fianchi. Si
aiutò con una mano a posizionarsi sotto di me e con l'altra
mi
invitava a scendere verso il suo desiderio. Seguii il suo gesto e in
pochi secondi lo sentii scivolare dentro di me, con una certa fatica.
Strizzai gli occhi e affondai le unghie nella sua carne, abbandonando
il capo sulla sua spalla. Questo sì, aveva fatto abbastanza
male.
Un lamento roco uscì dalle mie labbra e Dario mi
accarezzò la
schiena, baciandomi il collo.
«Scusa» mormorò al mio orecchio.
Aprii le palpebre e gli sorrisi
appoggiando le mie labbra sulle sue.
«E di che?» arrancai tra un ansimo e
l'altro.
Cominciai a muovermi sopra di lui, su e
giù lentamente e più mi rilassavo, più
mi abbandonavo a lui e alla
passione più il fastidio che avevo avvertito inizialmente
spariva,
lasciando il posto al piacere.
Dopo un primo momento di esitazione,
anche Dario si lasciò andare e seguì il mio ritmo
mandandomi in
estasi. Entrambi ansimavamo e nessuno dei due riusciva a baciare
l'altro senza che un gemito ci cogliesse. Tentai di sfiorare ancora
le sue labbra, ma un fremito mi colse prima di raggiungerle, per cui
mi ritrovai ad ansimare nella sua bocca, a mescolare il mio respiro
al suo, a fondere il mio piacere con il suo. Gli strinsi il viso e mi
avvicinai ad esso, così ci ritrovammo occhi negli occhi,
fiato nel
fiato, uno dentro l'altro, muovendoci la ritmo dei nostri ansimi. I
suoi neri sembravano liquidi, una distesa infinita di piacere nero in
cui quasi affogai.
Non mi importava di aver affrettato le
cose. Gli avevo detto di aspettare, che avrebbe dovuto riconquistare
la mia fiducia, ma non avevo saputo resistere. Io lo amavo,
nonostante i dubbi che mi avevano attanagliato e non potevo
più
frenare quel sentimento che provavo per lui. Non sapevo se Dario
provasse lo stesso, anche se mi aveva fatto capire che teneva a me
con le meravigliose parole che mi aveva riservato. Forse era solo un
modo per portarmi a letto e anche se fosse stato così non
avrei mai
rimpianto di essermi donata a lui per la prima volta perché
non
avevo mai provato sensazioni così forti ed intense e solo
Dario era
stato in grado di regalarmi tutte quelle emozioni.
Dario accelerò il ritmo, aumentando con
lei il piacere già quasi al massimo. I nostri gemiti si
susseguirono con intensità, strozzati e gutturali, uscendo
dalle
nostre labbra naturalmente. Eravamo entrambi ad un passo dall'apice,
si capiva dalle nostre voci, dai nostri visi contratti e dai nostri
respiri accelerati.
«A-Alice» mugugnò lui stringendo con
una mano il mio fianco e con l'altra il sedile.
«Da-Dario» lo seguii io, arpionandomi
alle sue spalle.
Un fremito, un'ultima scossa che
precedette il culmine del piacere per entrambi. Appoggiai il viso
sulla sua spalla e intanto uscì da me, abbracciandomi poi
stretta a
lui e baciandomi sul collo e agli angoli della bocca.
Avrei voluto in quel momento dirgli Ti
amo, confessargli di nuovo i miei sentimenti. Ma avevo paura
che
lui rimanesse in silenzio, che non sentisse la stessa cosa per me.
Così soffocai quella confessione in attesa di un'occasione
migliore
per dirglielo. Per il momento avrei goduto del suo abbraccio e del
suo calore, di quella sensazione di completezza che era riuscito a
donarmi.
«Auguri»
gli mormorai all'orecchio,
appoggiandomi al suo petto.
Lui mi abbracciò ancora più forte e mi
sfiorò una guancia con le labbra.
«Il miglior compleanno della mia vita»
Per cui dimenticatevi di Saronno (a lui ci penserò più avanti con lo spin off interamente dedicato a lui :3) e di Abbate. No, di lui no, anche perché è il miglior amico di Alice! Ma, come già annunciato, ci saranno altri personaggi che entreranno a far parte della storia. Per chi abbia seguito Mistake sa già di chi si tratta, mentre che non sa nemmeno di cosa sto parlando i due tizi nel banner non sanno nemmeno chi sono xD Ma basta pazientare e lo capirete molto presto.
Comunque, andiamo come sempre con ordine. Cristina Cariati è sempre la stessa oca, ma sembra che non sia poi così antipatica. E alice è del mio stesso avviso, tanto che ha iniziato ad uscirci. Abbate pare proprio che abbia fatto un ottimo lavoro sulla bella biondina. Una giornata di shopping in cui la parola d'ordine è stata lingerie. La cara Alice si è decisa a comprare un completino sexy per il suo amato Dario. Dico amato perché ormai è proprio stra-cotta di Vitrano.
Parlando di Dario...io lo adoro sempre di più! Soprattutto quando battibecca con Smell e quando attribuisce soprannomi a chiunque. Abbate è il troll mentre Smell gremlin xD buahahah! Che simpaticone :3
Raffaele ha trovato il test di gravidanza e pensa che sia di Alice. Così decide di uccidere con le sue stesse mani Dario. Peccato solo che il test sia di Claudia e non di Alice. È stata una doccia fredda per Smell, ma ha capito che, comunque, è una sua creatura per cui hanno deciso di tenerlo :)
La mamma di Alice è troppo forte! La adoro! Che entra e li becca in atteggiamenti intimi buahahah *ride da sola mentre gli altri la guardano dubbiosi*
Ma la parte clou del capitolo è la fine, la cena al Bice (che esiste davvero). Abbiamo scoperto che Dario è nato il 25 giugno e che ha invitato Alice proprio per festeggiare il suo compleanno, che, sennò, sarebeb stato triste come tutti gli altri. E quale miglior regalo se non l'amore totale di Alice? Lo so che magari può sembrare affrettato il fatto che Alice si sia concessa a Dario, ma ricordiamoci che sono stati "insieme" un mese da Gennaio a Febbraio, quindi diciamo che la loro relazione è nata molto prima che i due se ne rendessero conto.
Ebbene, Dario e Alice lo hanno fatto per la prima volta. E lui è stato davvero tenerissimo a preoccuparsi così per la sua piccola. È davvero un ragazzo splendido ♥.♥ spero che la prima volta di Alice mi abbia emozionata tanto quanto ha emozionato me scriverla e ha emozionato Dario e Alice che si sono amati in toto.
Bene, dopo questo poema direi di passare ai ringraziamenti.
Come al solito ringrazio le persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Chi ha recensito il capitolo (mi dispiace non aver risposto ma è iniziata l'uni ed è già tanto se riesco a respirare xD...quindi non so se riuscirò a rispondere! spero che non vi dispiaccia). Un grazie solo a chi legge, e siete davvero in molti. Un grazie speciale alle ragazze del gruppo Crudelie si nasce che mi sostengono. E, soprattutto, un GRAZIE gigante ed enorme va a Nessie, la mia adotrabile beta e IoNarrante, la mia lover che mi supporta e sopporta.
Ora, TADAN!
Vi posto il trailer fatto da me medesima con tanto tanto love *_____*
Come in un Sogno - con IoNarrante.
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Le 999 cose che la gente non sa degli scrittori.
Very well, ho finito di ciarlare!
Al prossimo capitolo ♥