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Autore: _Shantel    17/09/2011    17 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C a p i t o l o 20

N
essun rimpianto
Betato da nes_sie

La fine del mondo era vicina, ne ero più che sicura. Io, Alice Livraghi e lei Cristina Cariati stavamo pranzando insieme in un centro commerciale e mi sembrava ancora così strano. Soprattutto perché stavamo ridendo. Avevo sempre creduto che Cristina fosse un'oca giuliva priva di qualsiasi attività cerebrale, e che mi sarei avvicinata a lei soltanto quando una mucca avrebbe imparato a volare. Non che brillasse per intelligenza ed acume ma era piacevole passare il tempo con lei, stranamente. Dalla sera della piazzata era passata una settimana durante la quale avevamo trascorso serate intere a parlare al telefono. Federico era rimasto totalmente spiazzato da questa notizia inaspettata, mentre Dario era felice che avessi trovato una nuova amica, anche se era leggermente geloso visto che passavo più ore al telefono con lei che a sentire i suoi vaneggiamenti nel tentativo di rendere la nostra conversazione un qualcosa di hot. Ovviamente, io cercavo sempre di cambiare argomento ogni qual volta mi chiedesse, con fare malizioso, Che cosa indossi?
Era chiaro, ormai, che lui volesse spingersi oltre il semplice bacio ed anche io sentivo una certa voglia di approfondire quello che c'era tra di noi, di sentire ancora il suo corpo sul mio. Ma ancora non sapevo se mi sentivo pronta o meno per un passo del genere. Insomma, nonostante quello che c'era stato a casa sua e i quasi due mesi in cui eravamo stati insieme, lui era tornato da appena una settimana e non eravamo nemmeno fidanzati. Era una specie di frequentazione? Neanche io sapevo definire il nostro rapporto.
Forse ero troppo paranoica, mi facevo un sacco di problemi anche quando non c'erano. Un'altra ragazza non si sarebbe fatta tanti scrupoli e lo avrebbe accolto a braccia aperte. Anzi, a gambe aperte... Ma io non riuscivo a lasciarmi andare e non sapevo perché.
«Per cui, alla fine, Francesca ha tirato un bel ceffone a Saronno. Giustamente, visto che lui l'ha chiamata balena» fu la conclusione del discorso di Cristina che non avevo nemmeno sentito, talmente ero assorta nei miei pensieri. Da quel poco che avevo capito, Davide era sempre il solito cafone, stronzo da prendere a martellate sui denti.
«Che maleducato» ribatté acida Claudia, addentando il secondo panino del McDonald's.
Sembrava più tranquilla in quei giorni o lo faceva credere, anche se ai suoi genitori e a Smell non aveva ancora rivelato il suo segreto. In realtà lo sapevo solo io e mi sentivo orgogliosa di custodire qualcosa di così importante. L'avevo invitata ad uscire con noi, almeno non avrebbe pensato alla gravidanza. Inizialmente era stata scettica, sapendo che ci sarebbe stata anche Cristina, ma alla fine aveva accettato e sembrava andare d'accordo anche lei con la Cariati.
«Che vi aspettavate da uno come Saronno?» intervenni e solo nominarlo mi faceva venire l'orticaria. Come potevo avere avuto una cotta per un essere simile?
«È solo un po' immaturo. Si vuole divertire e lo fa con il sesso»
«Non difenderlo Cri» la guardai di traverso «Quello è un bastardo fatto e finito»
La Cariati sbuffò e scosse la testa, facendo muovere i suoi riccioli biondi e vaporosi.
«Sarà che siamo amici da quando eravamo alle medie» e mangiò un po' dell'insalata che aveva ordinato «Un po' come te e Federico».
Già. Fortunatamente, però, Abbate era un ragazzo con la testa sulle spalle e non un deficiente come Saronno.
«A proposito» cambiai discorso perché l'orticaria che mi dava Davide non era metaforica, dato che avevo cominciato a grattarmi il braccio con insistenza «Come va con Fede?»
«Bene, benissimo!» trillò eccitata «Non mi sono mai sentita così felice. Ieri siamo usciti, mi ha portata al cinema» cominciò a raccontare con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro «Ma ovviamente non abbiamo guardato il film. Sai che mi importava di Di Caprio o chiunque fosse il protagonista».
Non volli sapere se si fossero fermati alla pomiciata o se avessero fatto ben altro. Immaginarmi Federico in atteggiamenti intimi era come pensare Smell a fare certe cose: imbarazzante. Forse un po' meno raccapricciante, visto che almeno Abbate aveva qualche muscolo e non solo ciccia flaccida e biancastra.
«Tu, piuttosto?» il tono con cui la Cariati mi rivolse la domanda era alquanto malizioso «Con l'aitante giovanotto dalle mani d'oro?».
Ormai anche Cristina sapeva tutto. Le avevo raccontato del gigolò, omettendo però di dirle che non avevo mai avuto un ragazzo perché sapevo che mi sarebbe scoppiata a ridere in faccia. Le avevo detto di averlo assoldato per far ingelosire Davide, anche se non era vero. Mi stupiva, però, il fatto che Saronno non le avesse rivelato tutto sulla mia confessione in quella pizzeria araba. Anche lui aveva un cuore che batteva sotto i muscoli e gli ormoni.
«Sì, infatti» le fece eco anche Claudia, con la bocca semi piena di patatine «Novità?»
«Nulla di particolare. Usciamo ogni tanto il pomeriggio, ci sentiamo per telefono. Le cose che fanno tutte le coppie normali» taglia corto. Mi imbarazzava parlare di me e Dario e per di più non avevo molto da raccontare. Non facevamo granché, solo qualche limonata di tanto in tanto, quattro chiacchiere, delle passeggiate mano nella mano. Tutta roba noiosa, insomma, da non utilizzare come argomento di discussione a meno che non volessi farle addormentare.
«E com'è?» domandò Cristina sporgendosi verso di me.
Ignorai volutamente la malizia del so tono di voce e dei suoi occhi verdi. Tentai di sfuggire a quella domanda facendo la finta tonta e con la speranza che lei lasciasse perdere l'argomento S.E.S.S.O.
«Buono» annuii guardando il mio panino grondante di salse «Anche se l'insalata pare un po' vecchia»
«Non stavo mica parlando di quella schifezza ipercalorica che ti stai mangiando e che andrà a depositarsi sui fianchi in antiestetici cuscinetti di grasso» sbottò e io, di riflesso a quello che mi aveva appena detto, mi controllai i fianchi in cerca della ciccia i eccesso causata da quel panino. Anche se ovviamente ancora non aveva agito il suo potere devastante «Parlavo di Mr Sesso».
Avvampai all'istante e bevvi lunghe sorsate di Coca Cola ghiacciata per spegnere i bollenti spiriti. Insomma, quel soprannome gli si addiceva parecchio anche se in realtà io non avevo mai provato i suoi servigi. Ma per quel poco che avevamo fatto, avevo ben intuito le sue potenzialità. Anche perché se non fosse stato bravo ad utilizzare il suo corpo non avrebbe di certo fatto il gigolò.
«L'hai visto anche tu» scrollai le spalle mascherando l'ennesima arrampicata sugli specchi «È... bello».
Cristina si scambiò uno sguardo disperato con Claudia ed entrambe sbuffarono.
«Sei proprio tonta Alice!» sbottò la rossa.
«Io mi riferivo al sesso. Sai quella cosa che si fa in due, in cui l'organo genitale di lui entra in quello di lei e tutti e due urlano e si dimenano per il piacere?» mi spiegò, nemmeno fossi una cretina, facendomi sprofondare ancora di più nell'imbarazzo «Non sei rimasta alla storia della cicogna, vero?»
«So come funziona» sospirai, rossa più del ketchup sulle patatine «Non c'era bisogno di quella lezione di biologia».
Cristina fece spallucce e bevve un sorso di acqua naturale per poi tornare a fissarmi con i suoi occhi verdi pieni di curiosità. Mi voltai verso Claudia e trovai la stessa espressione che aveva la Cariati, come se anche lei si aspettasse chissà cosa. Sapeva che io e Dario non avevamo fatto nulla; sarebbe stata la prima a sapere che avevo perso la verginità.
«Beh, ecco» presi un respiro profondo «Noi non... non lo abbiamo ancora fatto» dissi di getto.
E due enormi occhi verdi e sgranati, increduli, sorpresi e chi più ne ha più ne metta mi trafissero. Non parlava, la sua bocca era impegnata a disegnare una O quasi perfetta. Mi sentivo in soggezione in quell'imbarazzante silenzio. Anche se di silenzio non si trattava visto che il centro commerciale era pieno di gente che vociava e faceva più rumore di un trattore.
«Come, come è possibile?» sembrava più una domanda retorica che non necessitava di risposte «Non gli sei ancora saltata addosso?», mentre questa una risposta la voleva eccome.
Era innegabile che Dario avesse un certo fascino e che più di una volta avrei volentieri mandato a quel paese i buoni propositi per saltargli addosso. Ma la parte morale di me aveva messo un freno alla Alice lussuriosa che era riuscita a liberarsi solo sul divano e in quel privè.
«Evidentemente no» ridacchia nervosamente spezzettando la tovaglietta all'interno del vassoio del McDonald's «Anche se, effettivamente, ci siamo andati vicini una volta» mi lasciai sfuggire e in quel momento avrei preferito essere mangiata dal mio panino piuttosto che raccontar loro quello che era successo tra di noi. Ma perché parlavo così tanto? Avrei dovuto cucirmela la bocca.
«Perché non mi avevi detto nulla?» domandò subito Claudia.
«Vuota il sacco, Livraghi» disse autoritaria Cristina incrociando le braccia al petto.
Avevo due opzioni: o dir loro tutta la verità oppure alzarmi dal tavolo, scappare, trovare una donna in fuga dotata di auto con cui intraprendere un viaggio alla Thelma e Louise.
«È successo un po' di tempo fa» ovviamente la seconda ipotesi era praticamente irrealizzabile «È una cavolata, in realtà»
«Non tergiversare» mi rimbeccò Claudia sempre più curiosa.
Sbuffai sonoramente e mi passai entrambe le mani nei capelli. Fatto trenta, dovevo fare trentuno. Anche se ricordare quell'episodio era imbarazzante. Arrossii a ripensare a lui sopra di me mentre con la sua bocca mi faceva sfiorare picchi di piacere inimmaginabili. Presi un respiro profondo e con le guance tinte di rosso raccontai loro, non senza qualche esitazione, quello che era successo su quel divano, di quello che lui mi aveva fatto e la mia intraprendenza nel ricambiare il favore.
«Hai capito la Livraghi» disse Cristina, sempre più incredula.
«Vi siete dati comunque da fare eh, porcellini?» mi sbeffeggiò Claudia sgomitando.
«Non so nemmeno io perché mi sono lasciata andare così. Non è affatto da me» sospirai rivangando il passato. Se ci ripensavo con lucidità non avrei dovuto cedere in quel modo soprattutto perché non eravamo nemmeno fidanzati. Mi ero fatta trascinare in una cosa più grande di me.
«Ma che ti importa!» miagolò la Cariati «Si vede che tra di voi c'è tanta, tanta passione. E vuoi sapere un bel modo per tenere acceso questo fuoco?»
Si alzò di scatto dal tavolo ed afferrò la sua borsa Luis Vuitton. Ci guardò entrambe e con un cenno della testa, ci invitò a seguirla. Sia io che Claudia eravamo scettiche, ma decidemmo comunque di andarle dietro. La guardavo sculettare per tutto il centro commerciale finché il suo sedere non si fermò di fronte ad un negozio dall'insegna che mi fece gelare il sangue nelle vene.
«Un intimo sexy» ammiccò entrando dentro Intimissimi.
«No, no, no!» quasi sbraitai e scossi violentemente il capo «Non ci metto piede lì dentro!»
«Smettila di fare la puritana» sbuffò scocciata Claudia.
«Agli uomini piace questo genere di cose e scommetto che anche Dario apprezzerebbe» si aggiunse la Cariati, maliziosa.
Oddio! Volevano farmi compare lingerie per fare sesso con Dario? Ad un tratto sentii caldo, tanto caldo, sudavo per la temperatura equatoriale che il mio corpo aveva raggiunto. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo.
Non entrare, non entrare, non entrare, mi ripetevo.
Ma quando aprii le palpebre mi ritrovai circondata da mutande minuscole e reggiseni di ogni sorta. Il mio subconscio, a mia insaputa, mi aveva fatto entrare lì dentro. Forse il mio corpo mi stava mandando dei segnali, mi stavano dicendo che ero pronta a fare quel passo con Dario. Anche perché desideravo ardentemente sentirlo pienamente
mio.
E lingerie sia. Alla fine mi arresi, anche se ero imbarazzata e rossa di vergogna. Rimasi impalata in mezzo la negozio, declinando l'aiuto che volevano offrirmi le commesse e guardai le mie due amiche correre da una parte all'altra del negozio. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua, spesata e non sapevo dove voltarmi.
«Che taglia hai?» mi domandò Cristina, fissa a guardare un completino color prugna.
Mi avvicinai lentamente a lei, di certo non volevo che tutto il negozio sapesse che fossi una tavola da surf, anche se era abbastanza evidente.
«Una seconda scarsa» le confidai con un po' di vergogna.
La Cariati mi squadrò da capo a piedi per poi tornare a far scorrere la lingerie sotto i suoi occhi.
«Un po' piccine» fu il suo commento.
«A Dario piacciono» e per la seconda volta durante quella giornata avrei voluto tagliarmi la lingua. Arrossii per la mia stessa affermazione e sprofondai nella vergogna.
«A beh, allora nessun problema» sorrise e mi ammollò in mano un completo di pizzo viola.
Sculettò verso un altro scomparto scegliendo questa volta un perizoma e un reggiseno striminzito di pizzo nero. Assolutamente bocciato! Poco dopo arrivò anche Claudia con le braccia colme di lingerie e Cristina li esaminò tutti, scartandone uno rosso fuoco. Fortunatamente.
«Fa troppo capodanno» aveva aggiunto con le labbra arricciate.
Li provai uno dopo l'altro e l'idea di presentarmi davanti a Dario vestita solo con uno di quei miseri completini mi imbarazzava. Nessuno di quelli mi donava e per di più era seducente come un manico di scopa. Mi sarebbe scoppiato a ridere in faccia, ne ero più che certa. Un paio di mie mutande e un reggiseno sarebbe stato meglio, tanto dovevano essere tolti per consumare, quindi sarebbe stato solo uno spreco inutile di soldi.
Dopo 3 completi indossati e scartati all'istante, fu il turno di una lingerie di un delizioso rosa pallido. Sulle coppe del reggiseno erano ricamate delle decorazioni bianche e la stessa fantasia era stampata sulle mutandine, un raffinato paio di slip a vita bassa che mi lasciavano metà sedere scoperto. Tutto sommato lo trovavo carino. Non troppo volgare, ma abbastanza sexy da poter piacere a Dario. Ottenni l'approvazione delle mie amiche che passarono il resto del pomeriggio ad ammiccare e uscii da quel centro commerciale con un sacchetto di Intimissimi e una paura folle della prima volta che mi sembrava sempre più concreta.

Quando entrai in casa ai miei occhi si presentò una scena alquanto strana. Dario era seduto sul divano con le gambe larghe e le braccia distese lungo lo schienale, mentre Smell camminava avanti e indietro percorrendo l'intero salotto lanciando, di tanto in tanto, un'occhiata omicida a Dario.
«Ciao» esitai e per precauzione, nascosi il sacchetto di Intimissimi dietro la schiena.
«Proprio te stavo aspettando» sibilò mio fratello puntandomi un wusterone – anche noto come indice – contro.
Guardai dubbiosa Dario che scrollò le spalle per farmi capire che nemmeno lui sapeva che cosa volesse Raffaele. Mi accomodai di fianco al mio pseudo-ragazzo e la sua mano scivolò dallo schienale alla mia spalla per stringermi a lui. Il contatto con il suo corpo mi fece rabbrividire ed arrossire al tempo stesso, forse perché in quel momento pensavo a ben altri tipi di contatto, qualcosa di molto più intimo, insomma. Mi adagiai sul suo petto e sorrisi nel sentire la sua mano accarezzarmi. Lo volevo e se non ci fosse stato Smell davanti e mia madre a trafficare in cucina, avrei seguito il consiglio di Cristina, saltandogli addosso.
«Salsiccia ambulante! Lo sai, vero, che questo è sequestro di persona?» Dario si rivolse a mio fratello con tono scocciato.
Guardai il mio pseudo-ragazzo con la fronte aggrottata e lui mi sorrise sornione.
«Tuo fratello mi ha chiamato circa tre ore fa dicendomi di venire qui di corsa perché avevi qualcosa di importante da dirmi» cominciò a spiegare irritato «Quando sono arrivato qui tu non c'eri e mi sono ritrovato il tuo caro Smell-fratello che mi ha rinchiuso in casa per due ore e mezzo in tua attesa» si voltò verso Raffaele e gli riservò un'occhiata omicida «E questo a casa mia è sequestro di persona».
Raffaele si fermò davanti a noi con le gambe divaricate e le braccia incrociate in una posa da duro che doveva incutere timore ma che in realtà lo rendeva solo ridicolo.
«Si può sapere il perché di questa pagliacciata?» domandai acida.
«Tutto a suo tempo, sorella. Tutto a suo tempo» disse in un sussurro per creare suspense.
«Quanto ancora dovremmo aspettare?» gli chiese scocciato Dario, muovendo la gamba nervosamente «Dovrei andare a casa a farmi una doccia, cenare, fare le chiamate sconce con tua sorella...»
Arrossii di colpo e gli diedi una gomitata nel costato facendolo piegare dal dolore con un mugolo, mentre Raffaele lo fissava quasi volesse saltargli al collo da un momento all'altro e strozzarlo.
«Ebbene, è arrivato il momento di sputare il rospo» sibilò Smell sempre più arrabbiato. «Oggi il tuo stupido e peloso gatto bianco» e si rivolse a me «si è nascosto sotto il tuo letto e non voleva uscire da lì sotto nemmeno per mangiare. Così sono andato a recuperarlo».
Si zittì e ci guardò entrambi, tamburellando l'indice sull'avambraccio.
«Oh, sì! Racconto avvincente» ironizzò Dario irritato «Tu mi hai chiamato per la storia di un gatto?»
«Più o meno» rispose vago Smell.
Il mio pseudo ragazzo si alzò di scatto dal divano, incredulo e scocciato al tempo stesso, con la sola intenzione di uscire da casa mia. Con me appresso, ovviamente. Mi alzai anche io da divano e intrecciai le dita con quelle di Dario guardando mio fratello di traverso. O si era ubriacato oppure era in vena di cavolate quella sera e aveva trovato divertente far spazientire Dario.
«Con calma, ragazzi, non ho ancora finito» il suo tono si indurì, così come il suo sguardo torvo che rimbalzava da me al mio pseudo ragazzo.
«Allora potresti concederci l'onore di sapere che cazzo vuoi?» ribatté alterato Dario.
«Solo darti quello che ti meriti» grugnì Smell.
Fu tutto talmente rapido ed inaspettato che non mi resi conto immediatamente che la stretta di Dario si allentò sulla mia mano e che un pugno l'aveva colpito in pancia. Ci vollero alcuni secondi perché realizzassi che Smell si era avventato sul mio pseudo-ragazzo arrabbiato come mai prima d'allora, e non riuscivo a capire perché lo stesse prendendo a pugni e calci. Dario, in tutto ciò, non reagiva forse perché non voleva che si ripetesse la stessa scena della pizzeria. Sapevo che se avesse voluto avrebbe potuto fermare mio fratello con un cazzotto ma non lo faceva per me, perché io non lo vedessi ancora sotto quella cattiva luce. Mi avvicinai a loro e strinsi il braccio di Smell, strattonandolo per fermarlo, ma lui mi scansò con poco garbo e afferrò Dario per il colletto della polo che indossava e lo sbatté al muro.
«Ti ammazzo!» gli urlò contro «Ti uccido, figlio di puttana!»
«Prenderesti l'ergastolo, così» e nemmeno in un momento come quello, con il labbro spaccato e viola, Dario metteva da parte la spocchia e la sua voglia di provocare.
«L'importante è liberarmi di te. Non me ne fotte se poi mi sbatteranno in galera»
«Geloso, eh, Gremlin?» ghignò «Geloso che sono più figo di te?»
«Tanto nella tomba la bellezza non ti servirà, bastardo» ringhiò mio fratello a pochi centimetri di distanza dal suo viso.
«A quanto pare va di moda chiamarmi bastardo» ridacchiò.
«Non è una moda. Solo la pura verità»
Mio fratello era sempre stato un tipo abbastanza iroso, uno che perdeva la pazienza facilmente, ma non era mai arrivato ad usare le mani. Non mi era chiaro come mai ce l'avesse tanto con Dario e credevo improbabile che se la fosse presa con lui per essere tornato dopo così tanto tempo. Se avesse voluto, avrebbe potuto fare tutto quel casino quando era sotto casa nostra.
Smell caricò un altro colpo ma gli afferrai il braccio prima che potesse assestare un altro colpo nello stomaco di Dario.
«Smettila Raffaele!» urlai e le mie grida attirarono l'attenzione di mia madre che uscì dalla cucina asciugandosi le mani nel grembiule.
«Ma che succede qui?» domandò allarmata, raggiungendoci a passo svelto.
Scansò Smell e accarezzò il viso di Dario preoccupata, premurosa come se quello che avesse davanti fosse suo figlio. Il mio pseudo-ragazzo la tranquillizzò con un sorriso e così mia madre si voltò verso Raffaele ancora furente e scalpitante.
«Che cosa ti è preso?» gli domandò, puntellando le mani sui fianchi.
«Chiedilo a quei due» sbraitò mio fratello indicandoci con le sue manone «Fattelo dire da tua figlia».
La mamma si voltò verso di me con espressione interrogativa, ed io scrollai le spalle. Non sapevo di cosa Smell stesse parlando. Sotto al mio letto non c'era nulla di così sconvolgente se non palle di pelo di Milky, acari grandi quanto montoni e un test di gravidanza. Nulla di che, insomma...
Oh merda, mi ritrovai a pensare, passando a rassegna quello che avevo appena detto a me stessa. Il test di gravidanza di Claudia, quello che avevo calciato sotto il letto era stato appena ritrovato da Smell e lui era convinto che fosse mio.
«Non è come pensi tu, Raffaele» gli dissi con un sorriso.
«Ah, no?» ribatté furibondo estraendo dalla tasca il test di gravidanza positivo e sbattendomelo praticamente addosso.
Dario mi guardò perplesso, poi si abbassò a raccogliere quel bastoncino bianco e lo esaminò con attenzione. La sua espressione passò attraverso varie fasi, prima di dubbio, poi di stupore fino a quella di ribrezzo.
«È... è un test di gravidanza» mormorò, più che altro per convincere se stesso «Ed è positivo» aggiunse lanciando un'occhiata di disgusto.
Mio fratello sorrise trionfale, mentre mia madre per poco non svenne. Si accasciò sul divano con una mano sulla fronte e sussurrando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé. Li guardai ad uno ad uno ed abbozzai un sorriso. Non potevo dir loro che quel test era di Claudia le avevo promesso che avrei mantenuto il segreto, ma nemmeno tacere e fra credere a tutti che ero incinta.
«Mi avevi detto di essere vergine» commentò sconcertato, con un voce stridula quasi avesse fatto fatica a dire quelle parole.
«Non ti ho mentito Dario» tentai di afferrargli una mano, ma me lo impedì.
«Seh, certo. Magari è venuto anche l'arcangelo Gabriele a darti la notizia» borbottò acido.
Smell ci guardò confuso, indicando prima me poi Dario che scosse la testa, facendogli intendere che io e lui non avessimo mai fatto nulla di intimo.
«Allora con chi...» si rivolse a me e lasciò la frase in sospeso.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. In che situazione mi ero cacciata? Non sapevo nemmeno come uscire da quel labirinto di accuse e occhiatacce da parte loro. Tranne di mia madre che era ancora seduta sul divano a sventolarsi con una mano e delirava nemmeno avesse la febbre. Sarebbe diventata nonna, ma non grazie a me.
«Con nessuno!» trillai, battendo un piede per terra e agitando le braccia come una forsennata «Non ho mai visto un uomo nudo in vita mia»
Dario mi guardò di traverso perché quella era una piccola bugia, visto il nostro incontro focoso. Ricambiai il suo sguardo con un'occhiata da cucciolo e mi strinsi nelle spalle, ma lui sembrò non vacillare, anzi scrollò la testa ed attese una mia rivelazione con le braccia conserte.
«Il troll, non è così?» mi chiese brusco.
«No! Te l'ho detto che c'è stato solo un bacio tra noi!» gli ricordai, nervosa.
«A quanto pare un solo bacio si è trasformato in qualcosa di più» insinuò Dario deluso da tutto ciò che stava accadendo.
«Te lo giuro! Te lo giuro su tutto ciò che ho di più caro che non ti ho mentito» mi avvicinai a lui e gli accarezzai le braccia.
«Non arrampicarti sugli specchi insaponati» s'intromise ridacchiando Smell «Ormai il danno è fatto»
«Taci tu!» ribattei acida e tornai subito ad occuparmi di Dario «Devi fidarti di me» addolcii il tono e appoggiai una mano sul suo viso, sfoderando lo sguardo più dolce e triste che potessi sfoggiare. Lui si umettò le labbra violacee e tentò più volte di distogliere lo sguardo dal mio, senza però riuscirci. Sembrò sciogliersi e credere alle mie parole, finché non Smell non intervenisse per buttare benzina sul fuoco.
«Magari è uno che non conosciamo» suppose «In questi tre mesi era molto triste. Doveva consolarsi in un qualche modo».
E Dario diede ascolto alle parole di mio fratello. Mi superò con lo sguardo basso e si diresse mesto verso la porta.
«Sei una delusione» disse tra i denti, rivolto alla sottoscritta.
«Puoi dirlo forte!» gli diede manforte quell'idiota di Raffaele «Se prendo quel bastardo giuro che lo uccido» e sferrò un pugno contro il palmo dell'altra mano «Avanti, dimmi chi è! Che ho voglia di spaccare la faccia a qualcuno!»
«Ti prego, Dario! Non ascoltare mio fratello» lo pregai, strattonandolo per allontanarlo dalla maniglia.
«E cosa dovrei fare? Scopre un test di gravidanza sotto il tuo letto e devo far finta di niente?»
«Non è come credi» soffiai, con in sottofondo il borbottio di Smell.
«Hai mentito tante volte, perché non dovresti farlo anche adesso?» disse con un filo di voce.
Aveva ragione. Dopo tutte le bugie che avevo detto – innocenti, ma sempre menzogne – non potevo pretendere che lui mi credesse. Quel dannato test era sotto il mio letto e in più ci si metteva anche Smell a insinuargli la pulce nell'orecchio! Rimasi in silenzio, l'unica cosa che potessi fare e lui si scrollò di dosso la mia mano.
«Ciao, Alice» sputò quelle parole con disprezzo ed aprì la porta, pronto ad andarsene di nuovo, di allontanarsi da me ancora una volta forse per sempre. Non potevo permettere che questo accadesse, non avrei retto l'ennesima separazione da lui. Mi guardai intorno: mia madre si era stesa sul letto con un cuscino sul viso, mio fratello dava pugni all'aria mentre Dario stava per scendere le scale.
«Quel test di gravidanza è di Claudia!» parlai in fretta, senza pensarci e mi morsicai la lingua dopo averlo detto. Avevo infranto una promesso, avevo rivelato un segreto e avevo messo nella merda la mia migliore amica.
Smell si paralizzò, con i pugni a mezz'aria e mi guardò sconcertato. Mia madre si rizzò a sedere con gli occhi sgranati, mentre Dario si era voltato a guardarmi confuso.
«Di-di Claudia?» cercò conferma mio fratello con voce tremante.
Annuii mestamente e lo vidi sbiancare, poi cadere svenuto con un tonfo per terra.
Chiamai Claudia dicendole di correre a casa mia perché avevo combinato un bel guaio e lei non tardò ad arrivare. In dieci minuti era da me, davanti al “cadavere” di mio fratello che giaceva ancora per terra, con mia madre sul divano che continuava a ripetere Sarò nonna e Dario appoggiato alla parete, ancora sconvolto.
«Mi dispiace un sacco Claudia per averglielo detto» le sussurrai.
«Mi avevi promesso che avresti mantenuto il segreto» mi rimbeccò lei arrabbiata.
«Lo so! Ma mio fratello aveva trovato quel test sotto il letto e credeva che fosse mio» mi giustificai.
«E tu non lo avevi nemmeno buttato?»
Mi strinsi nelle spalle con aria colpevole.
«Mi sono dimenticata, tra una cosa e l'altra» mormorai.
Claudia scosse la testa e si avvicinò a mio fratello, accovacciandosi accanto a lui ad accarezzargli una guancia.
«Mi perdoni?» azzardai.
«Non lo so» bofonchiò lei, tentando di rianimare Smell.
La raggiunsi e le strinsi una spalla, baciandole una guancia. Dopo quello che era successo con Benedetta, non volevo perdere anche Claudia.
«Ho sbagliato, lo so» sospirai «Ma ti prego, non mi abbandonare anche tu» appoggiai una guancia sulla sua spalla.
Claudia sbuffò sonoramente e il suo broncio, piano piano, si trasformò in un sorriso.
«Ti perdonerò solo se mi offrirai un Mcflurry al caramello»
La abbracciai ancora più forte e perdemmo l'equilibrio, ritrovandoci con il sedere dolorante per terra. Scoppiammo a ridere ed il suono delle nostre risa ridestò mio fratello che si guardò intorno, spaesato.
«Ho fatto un sogno terribile» biascicò, tenendosi la testa «Claudia era incinta».
La mia amica sospirò e diede un bacio a fior di labbra a Smell, che la strinse a sé sorridendo. Avrebbe potuto tacere, tanto lui credeva di aver solo sognato, però si fece coraggio e lo affrontò.
«Non era un sogno» ammise «Sono davvero incinta».
Smell deglutì a fatica e si passò una mano tra i capelli neri. I suoi occhi erano sgranati e le labbra gli tremavano. Sconvolta era l'aggettivo migliore per descrivere la sua espressione. Si alzò di scatto lasciando Claudia seduta sul pavimento e si chiuse in cucina, sbattendo la porta. La mia amica abbassò lo sguardo e si morse entrambe le labbra.
«Hai visto?» si rivolse a me con un filo di voce «Adesso mi lascerà».
Mia madre si alzò dal divano scombussolata da quella notizia e barcollante, si avvicinò a Claudia abbracciandola.
«Tesoro! È sconvolto, tutto qui» cercò di consolarla «Insomma, nessuno di noi si aspettava una notizia del genere ed è normale che abbia avuto quella reazione. Adesso vieni con me» e le prese la mano per aiutarla a sollevarsi «e andiamo a parlare con lui»
Claudia di asciugò una lacrima ribelle annuendo e seguì mia madre in cucina. Le lanciai un bacio e le sorrisi nel tentativo di tranquillizzarla. Quando le due sparirono dietro la porta della cucina mi voltai verso Dario, guardandolo con sufficienza ed incrociai le braccia.
«Allora?»
«E allora...» ripeté lui passandosi una mano sulla nuca.
«Aspetto delle scuse da parte di qualcuno che non mi ha creduto» rincarai la dose.
«Scusa» mormorò lui mortificato.
Avrei voluto tenergli il broncio ancora per qualche tempo, magari obbligandolo a chiedermi di nuovo scusa davanti a tutti. Ma vedendolo così conciato, con il labbro spaccato e un occhio livido non potei resistere. Lo presi per mano, afferrando anche il sacchetto di Intimissimi e lo trascinai in camera mia. Lo spinsi sul letto con poca grazia e lui sorrise malizioso.
«Dovrò farmi pestare più spesso se questa è la ricompensa» disse seducente.
«Calma i bollenti spiriti, stallone!» ridacchiai «Voglio solo curarti le ferite»
«Uh! Alice in versione infermiera sexy» e si passò la lingua sulle labbra «Me gusta».
Non persi nemmeno tempo a rispondere, ormai ero abituata alla sua malizia e ai suoi tentativi seducenti per fare l'amore con me. E c'era riuscito, praticamente, visto che ero intenzionata a fare quel passo importante con lui. L'avevo sempre saputo, in fondo, che lui era quello giusto, che era lui il ragazzo con cui lo avrei fatto per la prima volta.
Aprii l'armadietto del bagno e presi la cassetta del pronto soccorso, tornando subito in camera mia. Quando entrai, trovai Dario con il reggiseno che avevo comprato quel giorno appoggiato sul petto e le mutandine erano appoggiate accanto a lui. Divenni paonazza e, velocemente, gli tolsi dalle mani il mio intimo.
«Questo è per me?» domandò malizioso, lanciandomi un'occhiata che di casto non aveva nulla.
«Se vuoi indossarlo fai pure» risposi imbarazzata.
«Intendevo che lo indosserai tu per la nostra... sì, insomma, prima volta» indugiò per un attimo, ma ritrovò subito il suo ghigno da bambino monello.
«In realtà è per mia madre» mentii.
«Non credo che tutte le grazie di tua madre entrino in quel reggiseno striminzito» constatò con saccenza.
«Quindi tu guardi le tette di mia madre?» cercai di sviare il discorso ed intanto, infilai l'intimo nel sacchetto e lo spinsi sotto il letto.
«Difficili non notarle» ribatté lui «Ma preferisco di gran lunga le tue» allungò una mano verso di me e mi afferrò un polso «Piccole, sode e che vogliono solo me» e mi tirò verso di lui.
Nonostante avessi opposto resistenza, lui riuscì comunque a farmi barcollare in avanti fino a farmi sedere sulle sue gambe. Mi strinse a lui ed affondò il viso nel mio seno, baciandolo nonostante ci fosse la maglietta.
«No, Dario, smettila!» esclamai tra una risata e l'altra, cercando di allontanarlo da me.
«Non riesco! Poi se ti immagino con quel completo...» alzò lo sguardo verso di me e si allungò a sfiorare le mie labbra in un bacio casto ed innocente.
«Immagina e basta perché non mi vedrai mai con quella roba addosso» mentii, ma non volevo che venisse a sapere che quella lingerie l'avevo comprata solo per lui, per rendermi più sexy e desiderabile.
«Sei crudele, Alice, tanto tanto crudele» disse con un tono da bambino.
Delicatamente, mi spinse sul materasso e lui si stese su di me con una gamba incastrata tra le mie. Puntò le mani sul cuscino per non far gravare il suo peso su di me e mi baciò, abbandonando l'innocenza e lasciando che le nostre labbra e le nostre lingue si muovessero spinte solo dalla passione. Affondai le mani nei suoi capelli per spingerlo verso di me, come se volessi fargli capire, implicitamente, che avrei voluto qualcosa di più di un semplice bacio. Lo desideravo ardentemente, ma in casa mia una cosa del genere non era fattibile visto che in cucina c'erano tre persone che potevano scoprirci da un momento all'altro. Per cui mi accontentai di quel bacio, delle sue labbra sulle mie e della sua gamba che, involontariamente, premeva sul mio inguine. Un gemito mi costrinse a liberare le sue braccia e ad arpionarmi alla sua maglietta.
«Mi piace la tua voce, è...» mi leccò il collo e le sue mani scesero lungo il mio busto per fermarsi a slacciare i jeans «eccitante»
«Non siamo qui per fare le zozzerie» lo ammonii, imbarazzata e con dei pensieri poco casti che mi aleggiavano nella mente «Devo curarti le ferite»
«'Sti cazzi!» tagliò corto lui e la sua mano s'insinuò nella stoffa dei mie pantaloni, andandomi a sfiorare intimamente. Mi morsi le labbra per soffocare un ansimo e strinsi il lenzuolo per trattenere quel piacere dirompente che le sue dita esperte riuscivano a farmi provare.
«Ti interessano ancora le ferite?» mi domandò, muovendo l'indice sulla stoffa dei miei slip in modo circolare.
Mi era impossibile parlare in quelle condizioni, saldamente aggrappata alle mie lenzuola, con la schiena inarcata e le punte dei piedi tesi, il respiro accelerato che mi impediva di dire qualcosa.
«Deduco che preferisci le mie dita»
Il mio corpo che si contorceva parlava per me. Chiusi gli occhi e non riuscii più a trattenere i gemiti che uscivano spontanei dalla mia bocca. Le sue dita, d'un tratto, superarono i miei slip e le sentii ruvide a contatto con la mia intimità. Era tremendamente bravo a far provare piacere e poco mi importava, in quel momento, degli altri tre che stavano in cucina. Lo volevo, volevo sentirlo in me, volevo amarlo carnalmente. Ma il tempismo di mia madre era noto anche agli eschimesi e scelse il momento peggiore per apparire in camera mia. Avevo gli occhi chiusi, per cui non mi accorsi che aveva aperto la porta e che irrotta nel mio nido d'amore.
«Signora!» esclamò Dario, mettendo fine a quella piacevole tortura ed io aprii la palpebre di soprassalto, mettendomi a sedere.
«Mamma!» trillai, rossa dall'imbarazzo.
Lei era rimasta sulla porta con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Richiuse la porta e la riaprii qualche secondo dopo abbozzando un sorriso.
«Questione risolta. Sono ancora tutti e due scossi, ma hanno deciso di tenere il bambino. Io e tuo padre li aiuteremo, ovviamente. Ora bisognerà parlare con i suoi per cui domani sera andrò a cena da loro con Raffaele. Tu vieni?» parlò senza riprendere fiato, con le guance rosse per l'imbarazzo, dimostrandosi indifferente.
«No! Domani ceniamo fuori» mi precedette Dario e lo fissai interrogativa.
«D'accordo» sorrise ad entrambi e stava per uscire dalla mia camera, ma ci ripensò e ci rivolse un'occhiata maliziosa «Ragazzi, cercate di fare queste cose quando siete da soli» ci consigliò «E tu, Dario, usa sempre le precauzioni. Non voglio avere due nipoti! Uno è sufficiente per adesso»
«Tranquilla signora...» lasciò la frase in sospeso.
«Elena»
«Signora Elena non si preoccupi. Precauzioni sempre e comunque» sorrise, mentre io, piano piano, sprofondavo nell'imbarazzo più profondo.
Mia madre si congedò e Dario mi strinse forte a sé, accarezzandomi una spalla nuda. Mi abbandonai al suo petto, al suo odore e l'imbarazzo, via via, andò scemando.
«Tua madre ha un tempismo da record» constatò ridacchiando.
«Sceglie sempre i momenti peggiori» sbuffai «È specializzata in questo»
«Tipico di quasi tutte le mamme» commentò «Comunque, se non lo avessi capito, domani sei invitata ufficialmente a cena. Per cui, vestiti carina» mi sollevò il viso per incontrare i suoi neri in cui sprofondavo ogni volta rimanendovi intrappolata «e magari metti anche quel completino rosa».
Sbuffai e mi alzai di scatto dal letto. Insomma, ormai ero sicura di volerlo fare, ma non volevo che lui lo sapesse. Era una sorta di sorpresa che volevo fargli e lui non doveva avere nemmeno il minimo sospetto. Se fosse stato tutto premeditato non sarebbe accaduto con la naturalezza che io speravo di avere.
«Sei proprio fissato» borbottai contrariata «Mi hanno obbligata a comprare quel completino» mi voltai dandogli le spalle e incrociai le braccia.
Dario mi si avvicinò e mi abbracciò da dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla. Mi scostò i capelli in modo da poter sfiorare il mio orecchio con le sue labbra.
«Piccola, stavo scherzando» mi sussurrò «Insomma, non proprio» aggiunse ed io ridacchiai «Ma comunque, io non ho fretta»
«Grazie» mormorai, mentre le sue labbra mi baciavano il collo e sorrisi pensando alla cena della sera successiva. Con sorpresa, ovviamente.

Non ero mai stata in un ristorante elegante come il Bice che, per giunta, si trovava in via Montenapoleone. Le pareti erano color crema e delle lampade attaccate ai muri illuminavano con una luce fioca l'intero locale. I tavoli erano ricoperte da tovaglie bianche e setose, apparecchiati con posate d'argento e calici di cristallo. Da quando avevo messo piedi lì dentro non facevo altro che guardarmi intorno spaesata e preoccupata al tempo stesso.
«Che c'è? Non ti piace qui?» mi domandò Dario che, quella sera, era più bello del solito.
Indossava una camicia bianca leggermente attillata che metteva in risalto la sua meravigliosa pelle abbronzata. I primi bottoni erano slacciati, così da mostrare l'inizio dei pettorali e le maniche lunghe erano arrotolate sugli avambracci.
«No, no» scossi la testa «È bellissimo! Ma ti costerà tantissimo»
«Non preoccuparti, piccola!» sorseggiò un goccio di vino rosso che gli aveva precedentemente versato il cameriere, dopo aver preso le nostre ordinazioni «Tu mangia e non pensare ai soldi» mi sorrise e il mio cuore perse un battito.
«O-ok» tentennai, anche se mi rammaricava il fatto che dovesse spendere così tanti soldi per me.
«Che ne dici di un brindisi?» mi propose, versandomi un goccio di vino nel calice.
«Non credi che sia una buona idea che io beva» sorrisi imbarazzata «Sai, mi basta un goccio per andare fuori di testa come è successo in discoteca» ricordai.
«Beh, allora è meglio abbondare» disse malizioso «Ti preferisco senza freni»
«Dario» ribattei indignata, dandogli un calcio sullo stinco.
«Che violenza!» commentò, piegandosi per massaggiarsi dove lo avevo colpito «Stavo solo scherzando!».
Lo guardai con sufficienza, ma bastò un suo sorriso per farmi sciogliere. Era qualcosa di meraviglioso il suo sorriso; lui lo era e non mi capacitavo di come potessi essere stata così fortunata nel trovarlo. A volte non mi sembrava nemmeno vero che lui avesse scelto me, che lo avessi accanto e che potessi baciarlo. Era tutto così tremendamente perfetto che quasi mi faceva paura, il tutto. Paura di svegliarmi da un momento all'altro e ritrovarmi catapultata alla mia vecchia ed insulsa vita, ad oziare sul divano con le immagini di qualche programma spazzatura che scorrevano sotto i miei occhi. E la cosa peggiore era che Dario non ci sarebbe stato. Non sarei più riuscita ad immaginare una vita senza di lui. Ormai era dentro di me, nel mio cuore, nella mia mente, sotto la mia pelle, mi scorreva nelle vene. Lui era il mio mondo, il mio tutto.
«Dai, su, brindiamo» riprese lui, sollevando il suo calice.
Sospirai e lo imitai. Cosa avrebbe potuto farmi un goccio di vino?
«A cosa?» domandai melliflua.
«Al nostro primo, vero appuntamento»
Sorridemmo all'unisono e i nostri bicchieri si scontrarono emettendo un leggero tintinnio.
«Al nostro primo appuntamento» ripetei e mi sembrò di sfiorare il cielo con un dito.
Ero felice. Felice di essere in quel ristorante con lui, felice di condividere tutte quelle emozioni con Dario e felice che la mia favola si stesse avverando, piano piano. Magari sarebbe stato solo uno dei tanti principi azzurri che avrei incontrato, ma per il momento era lui il protagonista perfetto per quella favola d'amore.
Il cameriere, un uomo riccioluto e autoritario, ci servì le prime portate dal profumo invitante. Appoggiai il tovagliolo sulle ginocchia e sperai con tutto il cuore di non sbrodolarmi, come ero solita fare, sia per la figuraccia che avrei fatto con Dario, sia perché non volevo rovinare quel meraviglioso abitino blu di raso che mi aveva prestato Cristina. Se glielo avessi riportato macchiato mi avrebbe uccisa.
«Buon appetito!» esclamò con entusiasmo, cominciando a mangiare.
Feci lo stesso e per alcuni minuti rimanemmo in silenzio, a lanciarci occhiate e sorridere sotto i baffi. Era piacevole stare in sua compagnia, anche quando non si parlava. Solo la presenza bastava per farmi sentire meglio.
«Dario» lo chiamai con un filo di voce e lui alzò lo sguardo dai suoi spaghetti all'astice «Mi imbarazza un po' chiedertelo» appoggiai la forchetta nel piatto e torturai la tovaglia.
Lui mi guardò dubbioso poi si tamponò la bocca con il tovagliolo.
«Chiedi pure, piccola» mi sorrise bonariamente.
«Ecco, vedi. Ci conosciamo da tanto, ormai e ora siamo in questo meraviglioso ristorante. Però io non so ancora quando sei nato»
Era una domanda che continuava a rimbalzarmi in testa. Era chiaro che tra di noi ci fosse qualcosa che magari era anche destinato a durare, ma ancora io non sapevo quando compiva gli anni. Magari il suo compleanno era già passato e io non gli avevo fatto nemmeno gli auguri. Mi sarei sentita tremendamente in colpa se fosse stato realmente così. Dario ridacchiò e si morse il labbro inferiore con delicatezza perché era ancora tumefatto.
«Perché dovresti essere imbarazzata? È lecito chiedere» mi sorrise ed indugiò qualche secondo durante i quali mi lanciò alcune occhiate furbette «Il 25 giugno»
«Quindi sei un cancro» commentai, bevendo un goccio di vino.
Dario sorrise imbarazzato e solo dopo aver ingerito il liquido rosso realizzai che quel giorno era il 25 giugno. Era il suo compleanno e io lo scoprivo solo in quel momento. Mi sentivo una stupida e per di più non avevo nemmeno un regalo con me.
«Non, non so che dire» la voce mi uscì in un rantolo incontrollato.
«Un “Auguri” sarebbe sufficiente» disse sarcastico.
«A-auguri» balbettai nell'imbarazzo più completo.
«Un altro brindisi? Questa volta ai miei ventiquattro anni?» domandò retoricamente alzando di nuovo il suo calice.
Questa volta, però, non feci lo stesso. Guardai solo il tovagliolo steso sulle mie gambe. Se non glielo avessi chiesto non avrei nemmeno saputo che fosse il suo compleanno e avrei ignorato quel giorno così speciale che lo aveva visto nascere ventiquattro anni prima. Che stupida ero stata! Avrei dovuto chiederglielo molto prima, non svegliarmi così all'improvviso almeno avrei organizzato qualcosa per festeggiarlo. La mano di Dario si allungò sul tavolo e le punte delle sua dita mi sfiorarono un braccio ridestandomi dai miei pensieri.
«Non è mica morto nessuno» ironizzò ridendo.
«Lo so, ma» e respirai rumorosamente «Non ho un regalo, non ho organizzato nulla. Avrei dovuto chiedertelo molto prima»
«Alice non ho bisogno di regali» mi sorrise dolcemente e mi accarezzò «La tua presenza è già un dono, per me».
Mi sentii lusingata nel sentirlo parlare così e quasi sollevata. Era così dolce e comprensivo che, a volte, mi sentivo di non meritarmi una tale fortuna.
«E poi mi sembra che stiamo festeggiando, no? E non potevo chiedere un compleanno migliore. Cibo, vino e una ragazza speciale con cui passare questo giorno».
Mi sciolsi completamente e sorrisi imbarazzata per quelle parole che mi riempirono il cuore di gioia. Ciò che mi rese ancora più felice, però, furono i suoi occhi neri lucidi, brillanti come n0n li avevo mai visti che risplendevano per l'emozione che provava quando stava con me. E le stesse di riflettevano nei miei con maggiore intensità.
«Allora brindiamo» afferrai il bicchiere e brindammo per la seconda volta.
Il resto della serata fu un crescendo di emozioni. Era bello parlare con lui senza quella voglia irrefrenabile di baciarci. Eravamo noi due seduti ad un tavolo di un ristorante e ci scoprivamo a vicenda, ci svestivamo raccontando aneddoti della nostra vita – io molto pochi – e concedendo un pezzo della nostra anima all'altro. Mi regalò perfino cinque rose, comprate da uno di quei venditori ambulanti e quella cena non poteva concludersi in modo migliore. Quella era la prima volta che ricevevo dei fiori e mi sentivo ad un passo dal cielo. Era una serata perfetta ed ero sempre più sicura della mia scelta.
«Senti Alice, dovrei chiederti una cosa» mi disse mentre eravamo in macchina diretti verso casa mia.
Mi voltai a guardarlo concentrato sulla strada che picchiettava l'indice sul volante. Il cuore prese a battere forse un po' troppo veloce ma non ci badai. Mi stava per chiedere se volevo essere la sua ragazza, cosa potevo chiedere di più?
«Vorresti venire con me a Roma?» domandò invece, voltandosi verso di me per rivolgermi un sorriso «Mia cugina si sposa a luglio e sei invitata anche tu, ovviamente. Perciò volevo approfittare di questo matrimonio per mostrarti la mia città».
Sorrisi nervosamente e strinsi il lembo del vestito. No, non era la domanda che mi aspettavo però era pur sempre un invito nella sua città, una vacanza solo io e lui e mi sembrava un'ottima occasione per stare insieme.
«Per me non c'è problema» risposi con un sorriso «Dipende se mia madre mi lascia venire»
«Riusciremo a convincerla, non ti preoccupare» mi fece un occhiolino «Però dobbiamo fare in fretta visto che si parte tra tre giorni»
«Potevi dirmelo un po' prima, non credi?» bofonchia sbuffando «Ma come farai con il lavoro?»
«Farò la diretta da Roma, semplice» mi rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo «Ho già pensato a tutto, mia cara. Non sono uno sprovveduto» gongolò con un sorriso soddisfatto.
Ridacchiai e mi soffermai a fissarlo. Inizialmente odiavo la sua spocchia ma, mano a mano, mi ero abituata a quel suo aspetto e avevo cominciato a riderci su. Se non avesse avuto quella presunzione non sarebbe stato il mio Dario.
Entrammo nel mio paese e il respiro mi si fece accelerato. Era arrivato il momento di fermarlo prima che arrivassimo a casa mia. Appena la Mito costeggiò la campagna appoggiai una mano sul suo braccio per attirare la sua attenzione e gli sorrisi.
«Possiamo fermarci un attimo?» mormorai.
Ero tesa, nervosa e avevo anche paura, ma il momento del grande passo era arrivato. Sentivo il desiderio di Dario in ogni fibra corporea e non potevo ignorare questo richiamo.
«Non ti senti bene?» si preoccupò.
«Tranquillo» strinsi di più la mia mano attorno al suo braccio «Accosta semplicemente, lì, vicino ai campi di grano».
Lui mi guardò perplesso, ma seguì il mio consiglio. Quella strada era praticamente deserta di sera, poca gente passava di lì e in qualsiasi caso, ci eravamo fermati in una piccola piazzola di terra battuta, nascosta da occhi indiscreti. Dario si slacciò la cintura di sicurezza e mi squadrò interrogativo, scrollando le spalle. Sorrisi imbarazzata e prima che lui aprisse bocca per parlare, gli afferrai i baveri della camicia e lo avvicinai a me. Lo baciai di sorpresa e lui rimase immobilizzato per qualche secondo. Dopo un po', però, si lasciò trasportare da quel bacio, dal ritmo che le mie labbra e la mia lingua scandiva. La sua mano si appoggiò sul mio ginocchio e percorse la coscia, intrufolandosi sotto la gonna del vestito e si fermò a pochi millimetri dal mio inguine. La sua mano era calda e solo sentire il calore delle sue dita espandersi mi fece eccitare maggiormente.
Interruppe il nostro bacio per riprendere fiato e per guardare nei miei occhi. Non parlò, non fece nessuna domanda ma le sue iridi nere colme di passione erano eloquenti. Aveva capito dove volessi arrivare, per cui i suoi occhi cercarono una conferma nei miei. Mi morsi un labbro e imbarazzata come non ero mai stata, annuii. Dario sorrise, un sorriso dolce, sincero e splendido e mi accarezzò una guancia scostandomi una ciocca di capelli. Sfiorò di nuovo le mie labbra con le sue lasciandomi il suo sapore, un piccolo assaggio di lui e della sua pelle.
Si alzò da sedile e, con qualche difficoltà per via del tettuccio e del freno a mano, andò a sedersi nei sedili posteriori.
«Qui si sta più comodi» disse e il suo tono non aveva nulla di malizioso, c'era solo tanta dolcezza.
Mi tese una mano che io afferrai subito e mi aiutò a raggiungerlo. Mi posizionai sulle sue gambe con i nostri bacini a stretto contatto. Mi strinse il viso tra le mani e mi baciò di nuovo con la stessa travolgente passione di poco prima. Ero nervosa, ma solo il suo tocco e le sue labbra riuscivano a sciogliere quella tremenda tensione che si era impossessata di me. Istintivamente, cominciai a muovere il bacino sopra il suo. La gonna era talmente corta e la stoffa degli slip era talmente leggera che ogni frizione dei suoi jeans sulla mia intimità mi provocava scosse di piacere che mi obbligarono a staccarmi dalle sue labbra per ansimare.
«Alice» mormorò roco succhiando la pelle del mio collo «ti voglio da impazzire».
Con un movimento rapido della testa scostai i capelli dalla spalla per permettergli di assaporarmi con più facilità. Affondai le mani nei suoi capelli neri e mossi spingendolo verso di me, verso il mio corpo.
«Anche io ti voglio» ammisi con la voce strozzata dai gemiti.
I suoi occhi neri si alzarono a cercare i miei. I nostri sguardi diventarono un tutt'uno, il castano fuso in quel mare di petrolio, la mia anima dentro in quei meravigliosi cieli notturni.
Racchiuse le mie labbra ancora nelle sue ed intanto le sue mani strinsero i miei seni con delicatezza, con una dolcezza così estrema da spiazzarmi. Avevo pensato che lui fosse un tipo irruento sotto le coperte, uno di quegli uomini passionali guidati dall'istinto spinti solo dalla voglia di provare piacere il prima possibile. Invece ogni gesto di Dario era delicato, voleva mettermi a mio agio per la mia prima volta, voleva che fosse speciale, che fosse dolce. E ci stava riuscendo.
C'era tranquillità intorno a noi, un silenzio che rendeva ancora più magico quel momento. Solo gli schiocchi delle nostre lingue e i nostri ansimi ci riempivano le orecchie e non avrei potuto chiedere colonna sonora migliore. Le nostre labbra avevano bisogno di quelle dell'altro tanto che si staccavano solo per alcuni secondi, il tempo sufficiente a riprendere fiato. Ed intanto le sue mani erano scivolate sulle mie cosce nude e percorrevano su e giù la mia pelle, sfiorandomi l'inguine in un breve e piacevole tormento. Quei tocchi, quei baci non facevano altro che aumentare il mio desiderio, la voglia irrefrenabile che avevo di sentirlo dentro di me. Ero adrenalinica, tutti i muscoli erano scossi da fremiti ed ero eccitata, sentivo un calore umido nel basso ventre che divampava ogni secondo di più.
Ancora una volta fui io a prendere l'iniziativa e senza staccare le labbra dalle sue, cominciai a slacciargli al camicia, bottone dopo bottone, lentamente in modo da sfiorare il suo corpo e farlo rabbrividire.
«Ci sai fare, piccola» rantolò, abbandonando la testa sullo schienale del sedile lasciandomi fare. Arrossii di colpo, ma non potevo negare che tutti quei gesti erano naturali, dettati solo dal mio eccitamento.
Ad ogni bottone slacciato seguiva uno struscio del mio bacino contro il suo, un mio gemito e un suo ansimo. Gli tolsi la camicia e fissai il suo torace nudo con bramosia, leccandomi perfino un labbro. La parte lussuriosa di me, quella che era stata relegata da qualche parte del mio animo era stata liberata quella sera e non mi dispiaceva affatto mostrarmi così disinibita di fronte a Dario. Mi abbassai sul suo petto e vi appoggiai le labbra, piccolo baci che lambivano ogni lembo di pelle e che facevano crescere la sua eccitazione. La percepivo a contatto con la mia intimità e contrariamente alla prima volta non mi spaventava anzi avrei voluto che non ci fosse quella barriera di stoffa che ci impediva di unirci in un atto d'amore passionale come quello.
Finalmente, Dario si decise a togliermi il vestito. Abbassò la zip velocemente e con il mio aiuto, lo sfilò buttandolo da qualche parte nella sua macchina e un lampo di malizia attraverso le sue iridi scure.
«Hai messo la lingerie sexy» constatò.
«Solo per te, amore mio» dissi, senza nemmeno pensare a quello che stavo dicendo.
Dario mi sorrise dolcemente, poi mi baciò di nuovo, succhiando la mia lingua con avidità e la carezza con cui sfiorava la mia coscia si trasformò ben presto in una presa salda. L'altra sua mano si posizionò sulla mia schiena e, con lentezza, mi fece stendere sul sedile. Si slacciò i pantaloni e si sbarazzò anche di questi, rimanendo solo in un paio di boxer neri che contenevano a malapena la sua eccitazione. Si stese su di me, tra le mie gambe, con il viso a pochi millimetri dal mio. Il suo respiro mi inebriava e quel suo intenso odore di vaniglia riempiva l'abitacolo, rendendo il tutto ancora più dolce.
«Sei sicura, piccola?» mi domandò preoccupato, accarezzandomi la guancia con il dorso della mano.
Annuii convinta, deglutendo più volte e con il fiato corto per tutte quelle sensazioni che mi stavano travolgendo. Dario mi rivolse un sorriso e mi baciò dapprima a fior di labbra, poi approfondì solleticandomi il palato. Ero troppo impegnata ad assaggiare le sue labbra che non mi accorsi che una sua mano era sgattaiolata verso un mio fianco. Le sue dita sostarono ben poco in quel punto. Erano vogliose di esplorarmi, di farmi godere ancora di più, perciò si erano infilate nel mio slip.
«Dario!» mugugnai, sentendo i suoi polpastrelli muoversi sulla mia intimità.
«E questo è niente piccola» mormorò roco.
Non sapevo cosa aspettarmi finché non sentii un suo dito scivolare lentamente dentro di me. Mi aggrappai con una mano al sedile mente con l'altra gli strinsi i capelli. Non era doloroso, solo molto appagante. Non mi trattenni nemmeno dal gemere, tanto eravamo solo io e lui, anzi quasi urlai per il piacere e dal sorriso che si dipinse sulle labbra di Dario sembrava apprezzare.
«Dimmi se ti faccio male, piccola» mi sussurrò ad un orecchio, mordicchiandone il lobo.
La sua falange si muoveva dentro di me con un ritmo sostenuto, scivolando prima in profondità, poi uscendo quasi del tutto. Avevo la gola secca, gli occhi faticavano a rimanere aperti e l'unica cosa che riuscivo a dire, anzi ad urlare, erano gemiti disconnessi. Deglutii e cercai di regolarizzare il respiro forse un po' troppo accelerato.
«No, tutto okay» fu l'unica cosa che riuscì a dire perché un altro fremito mi scosse e mi costrinse ad inarcarmi.
Avevo gli occhi chiusi, per cui non vidi la reazione di Dario. Sentivo solo i suoi baci che dal collo scendevano verso il seno e il suo dito che si muoveva dentro di me. Al quale, dopo qualche minuto, se ne aggiunse un altro rendendo quel momento ancora più eccitante ed appagante.
«Oh mio Dio!» urlai e gettai le braccia all'indietro, sfiorando il vetro appannato della Mito.
Ogni mio movimento divenne disconnesso. Non avevo più il controllo sui miei muscoli che reagivano solo allo stimolo eccitante delle dita di Dario.
Lentamente lo sentii abbandonare il mio corpo e gli slip scivolarono lungo le mie gambe, seguiti dalle labbra di Dario che baciarono ogni lembo di pelle scoperta. Risalì velocemente e mi cinse la vita con le braccia, sollevandomi a sedere.
«Via anche questo, che dici?» disse malizioso, togliendomi anche il reggiseno.
Ero completamente nuda di fronte a lui e non provai il minimo imbarazzo. Anzi mi sentivo stranamente a mio agio. Mi fece posizionare sulle sue gambe nuovamente e le nostre intimità strusciarono provocando ad entrambi un intenso piacere. Mancava davvero poco, solo un paio di boxer e finalmente lo avrei amato completamente. Forse per l'impazienza, forse per l'irrefrenabile voglia che avevo di lui, afferrai l'elastico delle sue mutande e le abbassai, aiutata da Dario che si alzò quel tanto che bastava per poterglieli sfilare.
Eravamo nudi entrambi, eccitati e desiderosi di diventare un tutt'uno. Più il momento in cui lo avremmo fatto si avvicinava, più il mio cuore accelerava la sua corsa. Ero felice di poter condividere quel momento con lui, ma non potevo nascondere di avere un tantino di paura.
Dario mi passò una mano tra i capelli e mi avvicinò alle sue labbra per un veloce contatto. Poi mi guardò negli occhi, serio ed emozionato al tempo stesso e la sua mano si appoggiò sulla mia guancia. Mi sembrò quasi che tremasse, ma non ci diedi peso.
«Sei sicura al cento per cento?»
Mi morsi le labbra e deglutii a vuoto. Fino a qualche secondo prima lo ero, ma ora che il momento tanto atteso si era avvicinato cominciavo a vacillare. Scossi al testa impercettibilmente e gli sorrisi. Non potevo farmi assalire dai dubbi proprio in quel momento. Lo volevo e basta, non dovevo frenarmi, non in quel momento.
«Mai stata più sicura» risposi baciandolo ancora ed ancora. Le sue labbra e il suo sapore non erano mai abbastanza. Più le sfioravo, più lo assaporavo e più diventavo famelica.
«Un secondo allora» mi disse, appoggiando un indice sulla mia bocca.
Mi strinse forte a sé con una mano e si abbassò alla ricerca dei suoi jeans. Li afferrò con foga e li appoggiò accanto a lui, rovistando in tutte le tasche finché non estrasse il suo portafoglio. Lo aprì e a colpo sicuro prese un preservativo.
«Vuoi fare tu?» e mi piazzò davanti agli occhi quella bustina con scritto Durex.
Farfugliai qualcosa di insensato e diventai rossa come un peperone, se non di più.
«È facile, dai» quasi mi pregò «Ti aiuto io».
Con un pizzico d'imbarazzo accettai e afferrai la bustina dalle sue mani. Tremante la aprii tirandone fuori quell'anello di lattice di cui avevo sentito parlare ma che mai avevo visto prima in vita mia.
Dario mi strinse il polso con dolcezza e mi accompagnò verso il suo desiderio. Posizionò la mia mano sopra la punta della sua eccitazione e lentamente srotolai il preservativo, strappandogli un ansimo.
Pochi secondi, mancava solo una manciata di secondi e avrei fatto sesso per la prima volta. Anzi, l'amore. Dario mi afferrò i fianchi e strusciò il naso sul mio collo. Ero tesa e questo l'aveva percepito, ne ero sicura.
«Tranquilla, piccola, non ti farò del male»
Mi strinsi di più a lui, allacciando le braccia intorno al suo collo mentre mi sollevava per i fianchi. Si aiutò con una mano a posizionarsi sotto di me e con l'altra mi invitava a scendere verso il suo desiderio. Seguii il suo gesto e in pochi secondi lo sentii scivolare dentro di me, con una certa fatica. Strizzai gli occhi e affondai le unghie nella sua carne, abbandonando il capo sulla sua spalla. Questo sì, aveva fatto abbastanza male. Un lamento roco uscì dalle mie labbra e Dario mi accarezzò la schiena, baciandomi il collo.
«Scusa» mormorò al mio orecchio.
Aprii le palpebre e gli sorrisi appoggiando le mie labbra sulle sue.
«E di che?» arrancai tra un ansimo e l'altro.
Cominciai a muovermi sopra di lui, su e giù lentamente e più mi rilassavo, più mi abbandonavo a lui e alla passione più il fastidio che avevo avvertito inizialmente spariva, lasciando il posto al piacere.
Dopo un primo momento di esitazione, anche Dario si lasciò andare e seguì il mio ritmo mandandomi in estasi. Entrambi ansimavamo e nessuno dei due riusciva a baciare l'altro senza che un gemito ci cogliesse. Tentai di sfiorare ancora le sue labbra, ma un fremito mi colse prima di raggiungerle, per cui mi ritrovai ad ansimare nella sua bocca, a mescolare il mio respiro al suo, a fondere il mio piacere con il suo. Gli strinsi il viso e mi avvicinai ad esso, così ci ritrovammo occhi negli occhi, fiato nel fiato, uno dentro l'altro, muovendoci la ritmo dei nostri ansimi. I suoi neri sembravano liquidi, una distesa infinita di piacere nero in cui quasi affogai.
Non mi importava di aver affrettato le cose. Gli avevo detto di aspettare, che avrebbe dovuto riconquistare la mia fiducia, ma non avevo saputo resistere. Io lo amavo, nonostante i dubbi che mi avevano attanagliato e non potevo più frenare quel sentimento che provavo per lui. Non sapevo se Dario provasse lo stesso, anche se mi aveva fatto capire che teneva a me con le meravigliose parole che mi aveva riservato. Forse era solo un modo per portarmi a letto e anche se fosse stato così non avrei mai rimpianto di essermi donata a lui per la prima volta perché non avevo mai provato sensazioni così forti ed intense e solo Dario era stato in grado di regalarmi tutte quelle emozioni.
Dario accelerò il ritmo, aumentando con lei il piacere già quasi al massimo. I nostri gemiti si susseguirono con intensità, strozzati e gutturali, uscendo dalle nostre labbra naturalmente. Eravamo entrambi ad un passo dall'apice, si capiva dalle nostre voci, dai nostri visi contratti e dai nostri respiri accelerati.
«A-Alice» mugugnò lui stringendo con una mano il mio fianco e con l'altra il sedile.
«Da-Dario» lo seguii io, arpionandomi alle sue spalle.
Un fremito, un'ultima scossa che precedette il culmine del piacere per entrambi. Appoggiai il viso sulla sua spalla e intanto uscì da me, abbracciandomi poi stretta a lui e baciandomi sul collo e agli angoli della bocca.
Avrei voluto in quel momento dirgli Ti amo, confessargli di nuovo i miei sentimenti. Ma avevo paura che lui rimanesse in silenzio, che non sentisse la stessa cosa per me. Così soffocai quella confessione in attesa di un'occasione migliore per dirglielo. Per il momento avrei goduto del suo abbraccio e del suo calore, di quella sensazione di completezza che era riuscito a donarmi.

«Auguri» gli mormorai all'orecchio, appoggiandomi al suo petto.
Lui mi abbracciò ancora più forte e mi sfiorò una guancia con le labbra.
«Il miglior compleanno della mia vita»

 



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Nuovo banner significa che siamo entrati nella seconda parte della storia.
Per cui dimenticatevi di Saronno (a lui ci penserò più avanti con lo spin off interamente dedicato a lui :3) e di Abbate. No, di lui no, anche perché è il miglior amico di Alice! Ma, come già annunciato, ci saranno altri personaggi che entreranno a far parte della storia. Per chi abbia seguito Mistake sa già di chi si tratta, mentre che non sa nemmeno di cosa sto parlando i due tizi nel banner non sanno nemmeno chi sono xD Ma basta pazientare e lo capirete molto presto.
Comunque, andiamo come sempre con ordine. Cristina Cariati è sempre la stessa oca, ma sembra che non sia poi così antipatica. E alice è del mio stesso avviso, tanto che ha iniziato ad uscirci. Abbate pare proprio che abbia fatto un ottimo lavoro sulla bella biondina. Una giornata di shopping in cui la parola d'ordine è stata lingerie. La cara Alice si è decisa a comprare un completino sexy per il suo amato Dario. Dico amato perché ormai è proprio stra-cotta di Vitrano.  
Parlando di Dario...io lo adoro sempre di più! Soprattutto quando battibecca con Smell e quando attribuisce soprannomi a chiunque. Abbate è il troll mentre Smell gremlin xD buahahah! Che simpaticone :3
Raffaele ha trovato il test di gravidanza e pensa che sia di Alice. Così decide di uccidere con le sue stesse mani Dario. Peccato solo che il test sia di Claudia e non di Alice. È stata una doccia fredda per Smell, ma ha capito che, comunque, è una sua creatura per cui hanno deciso di tenerlo :)
La mamma di Alice è troppo forte! La adoro! Che entra e li becca in atteggiamenti intimi buahahah *ride da sola mentre gli altri la guardano dubbiosi*
Ma la parte clou del capitolo è la fine, la cena al Bice (che esiste davvero). Abbiamo scoperto che Dario è nato il 25 giugno e che ha invitato Alice proprio per festeggiare il suo compleanno, che, sennò, sarebeb stato triste come tutti gli altri. E quale miglior regalo se non l'amore totale di Alice? Lo so che magari può sembrare affrettato il fatto che Alice si sia concessa a Dario, ma ricordiamoci che sono stati "insieme" un mese da Gennaio a Febbraio, quindi diciamo che la loro relazione è nata molto prima che i due se ne rendessero conto.
Ebbene, Dario e Alice lo hanno fatto per la prima volta. E lui è stato davvero tenerissimo a preoccuparsi così per la sua piccola. È davvero un ragazzo splendido ♥.♥ spero che la prima volta di Alice mi abbia emozionata tanto quanto ha emozionato me scriverla e ha emozionato Dario e Alice che si sono amati in toto.
Bene, dopo questo poema direi di passare ai ringraziamenti.
Come al solito ringrazio le persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Chi ha recensito il capitolo (mi dispiace non aver risposto ma è iniziata l'uni ed è già tanto se riesco a respirare xD...quindi non so se riuscirò a rispondere! spero che non vi dispiaccia). Un grazie solo a chi legge, e siete davvero in molti. Un grazie speciale alle ragazze del gruppo Crudelie si nasce che mi sostengono. E, soprattutto, un GRAZIE gigante ed enorme va a Nessie, la mia adotrabile beta e IoNarrante, la mia lover che mi supporta e sopporta.
Ora, TADAN!
Vi posto il trailer fatto da me medesima con tanto tanto love *_____*
Video trailer
E vi mostro, con tanto orgoglio, anche il trailer della nuova long che potrete trovare su EFP appena Alice sarà conclusa.
Freakin'
È il momento della pubblicità:
Come in un Sogno - con IoNarrante.
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Le 999 cose che la gente non sa degli scrittori.

Very well, ho finito di ciarlare!
Al prossimo capitolo ♥
   
 
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