Per non
dimenticare
Hojo Satoko
Lacrime
Satoko piangeva
spesso, un tempo.
Se all’inizio era stato un modo piuttosto comune di sfogarsi,
era diventato lentamente un’arma
per ottenere quel che desiderava, con una eccezionale
facilità. I suoi genitori,
troppo stanchi e impegnati a far finta che lei non esistesse, erano dei
soggetti ideali per una tattica così semplice.
Aveva pianto per ottenere l’ultima
fetta di torta, per non andare al pranzo con gli zii, per restare a
guardare la
tv fino a tardi.
Satoko, da grande
esperta di trappole, organizzava le cose a puntino, per
creare le situazioni adatte alla sua tecnica perfetta.
Non ricordava esattamente quando, ma le lacrime, ad un tratto, erano
diventate
spontanee; forse per abitudine, forse per la disarmante realizzazione
di come
bastassero due gocce salate a farla diventare un elemento fastidioso,
da tornar
presto ad ignorare al modico prezzo di un “Sì”.
Soltanto a Satoshi importava di asciugargliele, quelle lacrime, sempre;
ma poi,
anche le sue mani calde sugli occhi lucidi erano scomparse.
Satoko aveva pianto, gridato, vomitato, ma Satoshi non l'aveva
raggiunta.
Non versò più una lacrima. Attendeva quelle di
gioia, che sarebbero tornate con
Satoshi, un giorno.
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parole)