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Autore: silviakate    18/09/2011    0 recensioni
La vita di Kate era perfetta, aveva una piccola attività in proprio e stava per sposare l'uomo che amava. Tutto cambierà radicalmente in una notte. Dovrà mettere ogni cosa in discussione e decidere di chi potersi fidare realmente. A sostenerla in questa stravagante avventura la sua amica di sempre, il cinico avvocato Bennet, un inquietante vampiro e un'affascinante uomo misterioso. Preparatevi a un'avventura ricca di colpi di scena ai confini della realtà. Scontri tra maghi, vampiri sanguinari, vendette, amore, amicizia e tanta avventura.. direi che non manca nulla... buona lettura!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fuga.
 
Finalmente era giunta la sera dell’incontro.
Kate si stava trascinando stancamente verso la sua stanza: l’allenamento l’aveva stremata, era stato molto più faticoso del solito. Si chiese se sua nonna centrasse in qualche modo, sapeva del suo appuntamento e non approvava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedirglielo, ovviamente senza mai arrivare a uno scontro diretto, era molto abile in questo. Se aveva iniziato una guerra psicologica questa volta non le sarebbe stato facile vincerla, era rimasta troppo tempo all’oscuro di tutto, era suo diritto conoscere la verità, e si sarebbe battuta per questo.
Riposò qualche minuto distesa sul letto, aspettando che Anita, la cameriera, la chiamasse per la cena.
Si girò verso la finestra, stava imbrunendo, presto sarebbe stato perfetto per uscire, doveva solo trovare il modo giusto per eludere la sorveglianza. Vagò con la mente, chiedendosi se Anthony si sarebbe presentato all’appuntamento, e se fosse saggio da parte sua andarci, o se invece non fosse il caso di ascoltare sua nonna. Anita comparve sulla porta, ponendo fine alle sue riflessioni.
Decise che ci avrebbe pensato dopo la cena.
Trovò solo Adele ad aspettarla seduta al tavolo, di Daniel non c’era traccia. Non si era presentato per la loro passeggiata, come le aveva promesso il giorno precedente.
Era molto arrabbiata per il suo comportamento, avrebbe potuto almeno avvertirla, invece aveva lasciato che l’aspettasse per tutto il pomeriggio come una ragazzina impaziente e trepidante per il primo appuntamento. Agnese servì la cena.
«Sei pensierosa mia cara, c’è qualcosa che ti turba?»
Kate non rispose subito, continuò a tagliare la carne col coltello, concentrandosi sul piatto per non dare importanza alle sue parole. «Mi stavo solo chiedendo dove fosse Daniel.»
Sua nonna alzò un sopracciglio: l’aveva colta di sorpresa. Ci pensò un attimo, poi rispose che era fuori per questioni delicate, doveva controllare la situazione dagli Gnaghi.
«Non devi preoccuparti, sa badare a se stesso e sarà di ritorno entro qualche giorno.»
Kate finse che la cosa non la riguardasse minimamente. «Non sono affatto preoccupata, mi stavo solo chiedendo perché non l’avessi visto in giro in questi giorni, nient’altro» mentì spudoratamente.
Perché non mi ha detto nulla? È addirittura andato via senza salutarmi. A parole è bravo, ma i fatti dimostrano altro, probabilmente non sono così importante per lui quanto pensavo. Tra noi in fondo non c’è nulla di definito, sono stata io a pensare che stessimo insieme, lui non me lo aveva mai chiesto direttamente, anzi, mette sempre le mani avanti sul fatto che non durerà.
Si sentì tremendamente fuori posto e stupida.
«Sai, era molto dispiaciuto per non essere riuscito a salutarti, ma era di massima importanza che partisse subito, la tempestività era fondamentale. Cerca di capire.»
Kate non disse nulla, preferì lasciare cadere l’argomento. Appena terminata la cena, augurò la buona notte e si avviò verso la sua stanza.
«Ti auguro una buona notte cara. Penso sia una saggia decisione, fuori fa piuttosto freddo e non è consigliabile uscire, meglio aspettare domani» le disse, mentre stava già salendo le scale.
Kate aveva capito perfettamente a cosa si stava riferendo. Per spirito di pura contraddizione decise di andare all’appuntamento, sarebbe stata una buona idea, e per qualche ora si sarebbe distratta e non avrebbe ripensato a Daniel, a come l’aveva trattata. Inoltre non accettava che le venisse detto cosa fare, non dopo tutto quello che le era successo.
Che stupida era stata a pensare che fosse la sua anima gemella, alla sua età ancora a credere nel vero amore, la storia con Alex non le aveva proprio insegnato nulla. Angela aveva ragione, dagli uomini non ci si deve aspettare mai nulla, bisogna usarli e scaricarli quando non servono più, perché se non lo facciamo noi, lo faranno loro col nostro cuore tra le mani. Il cinismo della sua amica l’aveva sempre colpita, ma ora iniziava a pensare che forse non avesse tutti i torti.
Aprì la finestra per sentire la brezza fresca sul viso. Il suo sguardo fu attirato da un movimento, seppure quasi impercettibile, vicino al cespuglio posto proprio sotto la sua finestra. Spense la luce nella sua stanza e si sporse per vedere meglio. Attese qualche istante, trattenendo il fiato, perfettamente in silenzio. Non si era sbagliata, la casa era circondata e sorvegliata da vigilanti, sua nonna stava giocando sporco. Le uscite principali erano inagibili. Non posso crederci!
Decise di non scoraggiarsi, erano appena le ventuno, aveva tutto il tempo per escogitare un altro modo per uscire senza farsi scoprire. La prima idea che le balzò alla mente fu di usare la sfera dei desideri, ma dovette scartarla quasi subito: chissà dove sarebbe riapparsa, non aveva ancora provato a materializzarsi fuori della casa. Con la sfortuna che ultimamente la perseguitava, come minimo sarebbe comparsa nella stanza di sua nonna. Doveva trovare qualcosa che comportasse meno rischi. Poteva cercare di sgattaiolare da una porta sul retro, ma erano particolarmente sorvegliate dopo l’ultimo attacco che avevano subito dai licaoni. Inoltre sua nonna era a conoscenza del loro incontro programmato e non lo approvava, perciò aveva sicuramente preso tutte le precauzioni per non farla uscire e per impedirle di incontrarlo.
Si sentiva frustrata, erano anni che non le succedeva. Aveva ottenuto presto la sua libertà e ora si sentiva prigioniera, non era più padrona della sua vita, non poteva prendere decisioni: si sentiva come un burattino nelle loro mani.
 
Guardò l’orologio, erano già passate diverse ore, mancava poco più di un quarto d’ora all’appuntamento e ancora non aveva un’idea sufficientemente buona per uscire. Stava quasi per rassegnarsi, quando una voce agghiacciante entrò nella sua testa e iniziò a parlarle. Lo riconobbe subito, non poteva essere altri che lui.
«Adele ti ha giocato un brutto scherzo, non vuole che ci incontriamo, teme per la sua preziosa nipotina; davvero divertente. Non pensavo sarebbe arrivata addirittura a barricarti in casa.» Emise la sua ormai famigliare risata.
«Per fortuna me lo aspettavo e ho già pensato a tutto» proseguì.
Kate era molto seccata, anche lui si stava prendendo gioco di lei.
«È tutta la sera che ci penso senza nessun risultato, sono davvero impaziente di sentire la sua brillante idea. Inoltre, la casa è completamente sorvegliata» rispose sarcastica.
Riusciva chiaramente a vederlo nella sua mente: indossava abiti scuri, ampi, mentre il viso era celato dal solito passamontagna.
«Sono solo degli umani, non saranno un problema. Dammi del tu per favore, mi fai sentire vecchio» rispose tranquillo.
«Se li farai sparire, a qualcuno potrebbe non far piacere!» rispose acida. Anthony ignorò la provocazione e alzò innocentemente le spalle.
«So che ieri sei entrata nella mia stanza, ma di questo parleremo dopo, ad ogni modo hai scoperto uno dei miei passaggi, per questa volta ti concederò il permesso di usarlo.» La sua voce era dura, asciutta, ma non sembrava arrabbiato, o forse lo mascherava molto bene.
«Solo una domanda: come pensi di raccogliermi da terra?» chiese, ancora più sarcastica.
«Pensi davvero che ti lascerei cadere? Ovviamente verrò a prenderti io stesso, ti aspetterò nella mia stanza, non si sa mai, potresti essere talmente maldestra da farti male aprendo l’armadio o rimanere incastrata appesa fuori dalla finestra, e dopo chi lo spiegherebbe ad Adele? Non voglio problemi.» «Affare fatto, ci vediamo lì tra dieci minuti» tagliò corto Kate.
Sua nonna non le permetteva di mettere il naso fuori di casa senza una scorta, ed era evidente che anche lui pensava non fosse in grado di badare a se stessa. Era davvero delusa, nessuno aveva fiducia in lei. Altro che bei discorsi, ancora una volta i fatti parlavano chiaro.
Nonostante avesse appena preso accordi con un vampiro sanguinario, si sentiva sollevata, quell’ evasione la elettrizzava, erano settimane che non poteva fare niente da sola. Si preparò, prese il giubbotto grosso, fuori doveva fare piuttosto freddo, indossò le scarpe comode e uscì guardinga dalla stanza, attenta a ogni minimo movimento, non voleva certo essere seguita.
Percorse in fretta il corridoio fino alla stanza di Anthony, rimanendo sempre in punta di piedi e cercando di fare il minor rumore possibile. Si guardò intorno, era tutto tranquillo, così abbassò lentamente la maniglia ed entrò. Si rilassò, il più era fatto, in un modo o nell’altro lo avrebbe incontrato e forse finalmente qualcuno le avrebbe raccontato la verità. La cosa più assurda di tutto questo era che a farlo fosse un assassino, uno che fino a pochi giorni prima non aveva mai visto, e non le persone che dicevano di volerle bene.
Appena gli occhi si abituarono alla penombra, riconobbe un’ombra imponente muoversi verso di lei. Guardò d’istinto la luce al centro della stanza, l’interruttore era troppo lontano e Anthony si era interposto tra loro, aveva solo una scelta. Estrasse dalla tasca il suo fidato accendino e fece comparire un po’ di luce. Non gli era mai stata così vicina, era molto più alto di quello che ricordava e se doveva essere sincera incuteva davvero timore.
La mia sete di sapere è più forte della paura, non posso permettermi di farmi fermare da questo, ripeté nella mente. Non riusciva a vederlo bene, era interamente coperto da un lungo impermeabile scuro, il cappuccio gli copriva metà del viso e il resto rimaneva in penombra. Attese qualche secondo per riprendere il controllo sul respiro e sulla sua voce prima di salutarlo, non voleva che trasparisse l’ansia che provava.
Lui le rispose con la sua solita arroganza: «Sbrighiamoci prima che Adele se ne accorga, è più astuta di quanto puoi immaginare.»
Detto questo, si mosse con una velocità incredibile, non lo vide neppure, si sentì solo sollevare da forti braccia, e in pochi secondi stava volando fuori della finestra. Era una situazione assurda, irreale, ma la sensazione che provava era indescrivibile; si sentiva leggera, e allo stesso tempo invincibile, come se nulla potesse fermarla: era finalmente libera. Guardò giù, tutto era minuscolo da quell’altezza, si sentiva incredibilmente viva e forte. Ecco come doveva sentirsi un predatore, da quell’altezza avrebbe potuto scorgere qualsiasi essere vivente.
«Bello vero?» Anthony era a suo agio, nonostante la tenesse stretta tra le braccia non sembrava avvertire il suo peso, si muoveva come se fosse naturale, come se stessero camminando sulla terra ferma e non a decine di metri da essa.
«Altroché!» rispose. Nonostante fosse completamente nelle sue mani, non lo percepiva come una minaccia, forse Adele e Daniel avevano esagerato.
«Una volta provata questa sensazione, non potrai più farne a meno. Chissà, magari un’altra sera voleremo di nuovo insieme, ma per ora è meglio scendere dietro agli alberi, in questo momento saremmo un bersaglio troppo facile.»
Quest’affermazione in un certo senso la tranquillizzò, non voleva farla uccidere, almeno non per il momento, o forse non voleva mettere a rischio la sua persona, poiché era tra le sue braccia.
Difficile dirlo, non poteva rilassarsi, analizzando bene le sue parole capì che le sue intenzioni non erano così chiare. Non lo conosceva affatto, inoltre le sue gesta e la nomina di assassino sanguinario e senza scrupoli che lo accompagnava non la rassicuravano in alcun modo. Doveva mantenere la guardia alta.
La luna era alta nel cielo e illuminava col suo tocco argentato tutto ciò su cui si posava. L’aria era fredda, ma inaspettatamente piacevole. Atterrarono sotto gli alberi nascosti dalla penombra, vicino a loro si scorgeva una costruzione scura abbastanza imponente: doveva essere il luogo di cui le aveva parlato.
«Pensi che qualcuno ci abbia visto?»
Anthony sogghignò divertito.
«Hai l’aria di chi sta rubando in un negozio. Non è illegale. Comunque, se può rassicurarti, nessuno si è accorto della tua fuga.»
Si avvicinarono con cautela, nel più assoluto silenzio, rimanendo nella penombra. Il suo nuovo “amico” stava all’erta, guardava in ogni angolo e ascoltava ogni minimo suono.
Kate stava per accendere una piccola torcia quando lui la fulminò con lo sguardo, le disse che se voleva farsi scoprire tanto valeva mettersi in mezzo al giardino con una “x” luminosa sulla fronte, urlando a squarciagola. Si sentì in colpa come un bambino scoperto con le mani nella marmellata. Non tentò più nulla, aveva ragione, doveva iniziare a stare più attenta ai suoi comportamenti.
Si fermarono davanti alla porta nera, contornata da borchie. Gli occhi si erano quasi abituati alla penombra, così riuscì a leggere la targhetta: “QUI RIPOSA IN PACE IL MIO AMATO COMPAGNO.”
Non aveva dubbi, era la sua tomba. O santo cielo! Si chiese dove la stesse portando, e che intenzioni avesse.
Per fortuna, lui era troppo concentrato sulla statua posta a fianco per scorgere i suoi pensieri. Si avvicinò con movimenti fluidi e sicuri alla mano sinistra della statua, la spostò dalla sua posizione originale e infine premette il suo anello nell’apertura posta sotto la giacca della guardia. Aprì la porta con estrema facilità, sicuramente usava spesso quell’ingresso.
«Meglio entrare, non è prudente che ci vedano insieme.»
Non era molto propensa a entrare sola con lui in quella sorta di cripta, in fondo nessuno sapeva che era lì, e lui, come si suol dire, giocava in casa. Razionalizzò. Se voleva farle del male, poteva trovare modi migliori, le occasioni non gli erano certo mancate. Fece appello a tutto il suo coraggio e lo seguì.
«Pensavo te la facessi troppo sotto per seguirmi qui dentro!» la punzecchiò Anthony, con un velo di divertimento nella voce.
«Figurati se basta questo per spaventarmi!» rispose spavalda. Cercava di bleffare, ma non era sicura fosse sufficiente a nascondere la paura che si stava impossessando del suo corpo. Alle sue spalle sentì un cigolio, poi la porta si chiuse con un tonfo sordo, che la fece trasalire.
«Avrei giurato di aver sentito il sublime profumo della paura, ma a quanto pare devo essermi sbagliato. Hai detto che ci vuole ben altro per spaventarti, giusto?» disse sogghignando.
«Vedrò cosa si può fare» aggiunse sotto voce, ma sufficientemente forte perché lei lo sentisse.
Kate lo ignorò, preferì non rispondere, non sarebbe comunque riuscita a ribattere nulla.
Si guardò intorno con occhi sbarrati, era in trappola. Scrutò in ogni angolo in cerca di un possibile pericolo o di chi potesse aver chiuso la porta. Anthony le rivolse un’occhiata furtiva e si lasciò scappare una sorta di sorrisetto, che mise in mostra i suoi perfetti e ben affilati canini. Al buio brillavano di luce propria, erano davvero inquietanti. Kate tremò violentemente a quella vista, pregando mentalmente che non se ne fosse accorto. Si rimproverò per non essere rimasta nella sua stanza a fare zapping con i programmi in tv.
La stanza era molto piccola e si sentiva odore di chiuso. Non riusciva a distinguere in modo nitido i contorni degli oggetti presenti, però scorse una sorta di sarcofago funerario al centro della stanza.
Guardò meglio per vedere se c’era altro, ma era troppo buio. Iniziò a innervosirsi.
Anthony, al contrario, era notevolmente a suo agio e si muoveva con disinvoltura, come se fosse alla luce del giorno.
«Un mausoleo è un sepolcro di eccezionale monumentalità, generalmente costruito per conservare il corpo di un grande leader, o comunque di un personaggio importante. Tua nonna teneva molto a Nath, e quando morì di quella brutta malattia, come fu spiegato ai conoscenti, fecero costruire qui in giardino una grande tomba in suo onore. Come puoi vedere con i tuoi occhi, o almeno come vedresti se possedessi la mia vista eccezionalmente sviluppata, tale monumento comprende al suo interno un sarcofago, entro cui è conservato il corpo.
Sapevi che il termine deriva dal re Mausoleo di Caria, la cui moglie, Artemisia, fece costruire il famoso Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico?»
Kate non riuscì a impedirsi di rabbrividire, non si era ancora abituata alla sua voce stridula.
«Sono molto più colto di quello che puoi immaginare, soprattutto su certi argomenti» disse, pavoneggiandosi. «La mia voce non è sempre così stridula, sai, dopo mangiato diventa molto morbida e vellutata.» Guardò per un attimo la sua faccia inebetita e tutto compiaciuto le voltò le spalle, avvicinandosi al sarcofago.
Spinse con grande facilità il grosso coperchio di marmo da un lato e le fece segno di avvicinarsi. Kate era davvero preoccupata, se riusciva a leggere così facilmente nella sua mente, non aveva nessuna speranza di sorprenderlo e uscire viva da lì. Si appiattì il più possibile alla parete da cui pensava fossero entrati e sperò ingenuamente con tutta se stessa che, se fosse rimasta perfettamente immobile e silenziosa, non l’avrebbe vista. Trattenne perfino il fiato. Il cuore le martellava nel petto, producendo un rumore assordante, o almeno era così che lei lo percepiva. Era pietrificata, non aveva nessuna intenzione di vedere suo nonno, o ciò che restava di lui, le sembrava una cosa davvero macabra e di cattivo gusto.
Con un balzo Anthony fu accanto a lei, l’afferrò per un braccio senza tante cerimonie e la costrinse a seguirlo. Era davvero molto forte, non riuscì a opporsi neanche provandoci con tutta se stessa, lui la guidò con facilità verso il sarcofago aperto. Non riusciva neppure a parlare, si sentiva paralizzata, l’idea che volesse usarla come cena, o lasciarla lì dentro insieme al nonno, sepolta viva, iniziò a farsi strada nella sua mente, spaventandola a morte. Iniziò a tremare come una foglia e, quando la sollevò, il tremore del suo corpo divenne ancora più forte.
Ripensò alle parole di Dante: “ lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”, il senso era appropriato, calzava a pennello con la situazione in cui si trovava. In un ultimo istante di lucidità guardò all’interno, preparata a un’orribile visione del nonno in putrefazione… invece vide solo il fondo di marmo, coperto da un sottile strato di polvere.
 E il corpo dov’è? Fu la domanda che scattò automaticamente nella sua mente. Doveva aver già profanato il corpo, era davvero un essere spregevole, senza un minimo di coscienza. Le sue forti braccia la deposero sul fondo di marmo con estrema cura, dopodiché, con grande agilità, si stese sopra di lei e chiuse il coperchio. Sebbene Anthony cercasse di sostenere il peso del suo corpo robusto e imponente che premeva contro il suo, Kate non poté fare a meno di rendersi conto di quanto fosse fragile e indifesa vicino a lui. Per un momento temette che potesse sbriciolarsi sotto tutta quella pressione. Come le era venuto in mente di vedersi con lui in un posto isolato nel cuore della notte? Era chiusa lì dentro con un mostro succhia sangue, nessuno sapeva dove si trovasse né che fosse con lui, l’aria iniziava a mancarle, come poteva essere stata tanto stupida?
Non fece in tempo a pensare ad altro, Anthony fece una specie di movimento con la mano, sentì solo un forte scricchiolio, il fondo del sarcofago s’inclinò paurosamente e il suo corpo iniziò a scivolare a grande velocità, fino a che si trovò sospesa nell’aria. Chiuse gli occhi preparandosi al peggio. Non riusciva a capire dove si trovasse, era troppo buio, la paura la paralizzava impedendole di pensare lucidamente, stava succedendo tutto troppo velocemente.
La folle discesa si arrestò, dopo un periodo che le parve infinito, anche se probabilmente erano passati solo pochi secondi. Prima che i suoi piedi toccassero terra, Anthony la prese in braccio rallentando la caduta, e appoggiandola con delicatezza. Si ritrovò in una stanza avvolta interamente nell’oscurità.
Per quanto possibile era ancora più buia della precedente, non riusciva neppure a distinguere qualche forma, era nel nulla, al buio più completo. L’unica certezza era una superficie dura sotto i piedi e il fatto di non essere sola. Le narici si riempirono di un odore acre, stantio, l’aria rarefatta e satura di polvere le irritava gli occhi e le mucose, facendola starnutire animatamente. Dovevano essere secoli che quel posto non veniva a contatto con aria pulita.
Lentamente girò su se stessa per cercare di orientarsi, ma era troppo terrorizzata per muoversi o cercare di toccare qualche oggetto vicino a lei, che magari le permettesse di capire dov’era. Anthony si allontanò, senza dire una parola.
Tese le orecchie per percepire anche il minimo brusio, era così spaventata, il cervello iniziò a proiettare immagini terribili, ragni e altre creature strisciavano e si avvicinavano a lei furtive, approfittando del buio per aggredirla. Ogni singolo muscolo era teso, pronto a scattare. Rimase perfettamente immobile, rigida, la paura stava dilagando in ogni sua cellula.
All’improvviso, vide un piccolo bagliore, una luce tremolante e fioca. Anthony fece ritorno con in mano un candelabro acceso. Perché non ci ho pensato prima ad evocare una luce, mi sarei risparmiata di vagare al buio, si rimproverò mentalmente.
«Mi sono ricordato che non riesci a vedere al buio, così sono andato a cercarti un po’ di luce» si giustificò, come se fosse la cosa più normale del mondo. Proseguì dicendo che il passaggio non era studiato per più persone e si scusò se erano stati un po’ stretti.
«Ti avrei lasciata scendere da sola, ma non saresti atterrata nello stesso modo, mentre se fossi sceso per primo, sono sicuro che saresti scappata, per cui, era l’unico modo per portarti qui. Benvenuta nella mia umile dimora!» scherzò, per allentare la tensione. Il suo sguardo si posò su di lei, come se volesse guardarle dentro per capire a cosa stesse pensando.
«Il corpo di tuo nonno non è conservato nel sarcofago perché è cenere, Adele lo porta sempre con sé nel ciondolo appeso al collo.» Kate era senza parole, ancora sotto shock.
«Va bene, ne parleremo un’altra volta, non sei attenta.» Era piuttosto seccato.
Approfittò della fioca luce per guardarsi intorno e cercare di capire dove l’avesse trascinata.
Si trovava in una stanza molto più ampia rispetto a prima, il soffitto era davvero alto, in un angolo in cima vi era una specie di condotto dell’aria senza grata. Si chiese se quello fosse il tratto finale del tunnel che aveva preso poco prima. La risposta era piuttosto scontata, poiché non vi erano altri punti d’ingresso. Immediatamente, ebbe la certezza che l’aveva protetta. Se l’avesse lasciata cadere da quell’altezza, si sarebbe sicuramente schiantata al suolo.
Altre candele a poco a poco si accesero, come per magia. Finalmente riusciva a vedere nitidamente anche un tavolino e un vecchio divano posto in un angolo. Le ragnatele e la polvere regnavano sovrane ovunque posasse lo sguardo, ma per fortuna non vi erano ragni o creature striscianti visibili. Anthony le fece segno di sedersi. Ubbidì, come se fosse stata sotto un controllo invisibile.
Con un movimento fluido e aggraziato prese posto accanto a lei. Il contatto con la sua pelle fredda la fece trasalire.
«Senti freddo?» le chiese, molto premurosamente.
«Mi dispiace ma noi non vivi non sentiamo più certe sensazioni» cercò di giustificarsi.
Kate mosse silenziosamente la testa, in segno di assenso.
«Se vuoi, possiamo porvi rimedio» le sorrise in modo ambiguo.
«Lo stesso per il volo. Non ci vuole molto tempo, pochi minuti e sarai anche in grado di volare senza bisogno di alcun aiuto, proprio come me!» Appena terminata la frase, le si avvicinò con uno strano sguardo negli occhi.
Kate trasalì, si alzò di scatto, come se avesse preso la scossa, e iniziò a scuotere la testa in modo scoordinato.
«St sto bene come sono! Se la natura mi ha fatta in questo modo, ci sarà un motivo. Non, non avvicinarti!» balbettò, mentre si allontanava lentamente da lui.
Anthony parve divertito dal suo comportamento, prima abbozzò un sorriso, poi lasciò andare ogni decoro, e rise di gusto.
«Kate, ti stai rendendo davvero ridicola! Torna in te per favore!» la sbeffeggiò.
«Pensi davvero che ti abbia portata qui per farti del male o trasformarti? Davvero divertente!» Continuò a ridere di gusto.
«Dovresti conoscere il mio soprannome. Se ti hanno parlato di me, come penso sia successo, sai che per ucciderti e farti a pezzi non avrei avuto alcun bisogno di portarti fin qui.» Le sue parole non la rassicurarono per niente.
Inaspettatamente si tolse il cappello e la sciarpa scura, mostrandole, per la prima volta, il suo volto alla luce. Rimase stupefatta da quello che le si presentò.
Il suo viso era molto diverso da come se lo aspettava, non era deforme, spaventoso o pieno di cicatrici, tutt’altro, era quasi angelico, perfettamente rasato. Gli occhi erano color del mare in tempesta, lo sguardo misterioso e inquietante, non riusciva a fare a meno di guardarlo. I capelli neri come la notte, perfettamente pettinati e raccolti in una coda. Bello e dannato, assolutamente irresistibile, non c’era altro da dire, non assomigliava affatto all’idea che si era fatta di lui.
Dovette attendere diversi istanti prima di riprendersi dallo stupore.
«La morte mi dona, non trovi?» cercò di distrarla. Kate sorrise, ma non disse nulla.
Subito dopo si chiese perché le stesse mostrando il viso senza alcuna riserva, le avevano detto che nessuno l’aveva mai visto, o era rimasto vivo sufficientemente a lungo per raccontarlo. Probabilmente non la riteneva una minaccia, o forse aveva già deciso che non sarebbe uscita viva da lì sotto. Continuava a guardarlo con molta attenzione per scorgere anche il minimo bagliore nei suoi occhi, qualcosa che le permettesse di prevedere le sue mosse.
«Questo posto è molto sicuro, è protetto da antichi incantesimi che nessun mago conosce, e da altri che quelli come me non possono sciogliere. Mi è costato molto tempo renderlo così sicuro, e non avrei certo messo tutto a repentaglio mostrandotelo, se non mi fidassi di te.»
«Forse hai la consapevolezza che non uscirò viva da qui» disse, con un filo di voce.
«Forse» rispose evasivo.
Kate continuava a osservarlo senza sapere cosa fare.
«Se Adele non mi trova passerai dei guai seri» tentò di minacciarlo.
«Sei ripetitiva, ad ogni modo non hai scelta, sei intrappolata quaggiù con me, dove nemmeno tua nonna può arrivare, perciò, fintanto che respiri autonomamente, approfittane per soddisfare le tue curiosità.»
Aveva ragione, purtroppo non aveva molte alternative. Era decisamente arrogante e irritante quando voleva. Pensò alla sfera dei desideri, ma non fece in tempo a usarla che sparì dalla sua tasca, per comparire, pochi istanti dopo, nella mano destra di Anthony.
«Molto carina, ma purtroppo qui sotto non funziona. Ora torniamo a noi, non vorrei perdere tutta la notte in questo modo, vorrei arrivare almeno a una conclusione entro l’alba e vorrei anche mangiare. Quando ho i crampi della fame, divento estremamente irritabile e aggressivo.» A quest’affermazione il suo stomaco rispose con una fitta.
Quella mattina, quando si era svegliata e aveva cercato di immaginare il loro incontro, l’ultimo posto in cui avrebbe pensato di trovarsi era diversi metri sotto terra, chiusa in una tomba con un vampiro affamato, dove oltretutto nessuno poteva entrare a salvarla. Si chiese come avesse fatto a cacciarsi in quella situazione. Ovviamente aveva agito d’istinto, senza seguire i consigli di Daniel e sua nonna, concluse mentalmente.
«Tornando al mio discorso di prima, vorrei spiegarti ciò di cui parlavo» continuò Anthony, sorridendo e distogliendola dai suoi pensieri. Si alzò, dirigendosi verso di lei, che immediatamente s’irrigidì, preparandosi al peggio, invece la oltrepassò, fermandosi davanti a un vecchio e polveroso baule vuoto. Pronunciò qualcosa che Kate non riuscì a distinguere, ed immediatamente comparvero uno scialle, un mantello e un ciondolo portafoto. Prese gli oggetti e tornò a sedersi vicino a lei. Senza dire una parola, le porse il mantello.
Kate lo prese con mani tremanti, insicure, e iniziò a squadrarlo rigirandolo tra le dita. Non vi trovò nulla che potesse renderlo così speciale, salvo i grossi buchi presenti al suo interno.
Poi le porse il ciondolo.
«È quello che ho regalato alla nonna per Natale, come fai ad averlo tu?»
Era alquanto seccata, non ammetteva che s’intromettesse in cose che non lo riguardavano.
«Quando l’hai acquistato, non avevi la minima idea di cose fosse, dico bene?»
Kate lo guardò con aria di sfida, era proprio curiosa di sapere cosa potesse esserci di tanto speciale. Era la seconda persona che glielo faceva notare e che era interessata a quell’oggetto.
«Non si mettono le foto in questo, devi pensare intensamente a chi vorresti vedere e, se sei abbastanza in gamba, ti sarà possibile anche parlarci» rispose compiaciuto.
«Non è ancora arrivato il cellulare nel regno magico? Sai, nel mio mondo è molto di moda, puoi fare anche le videochiamate, controllare e spedire posta elettronica, navigare in internet…» rispose pungente.
«Molto divertente. Non serve solo a parlare con i vivi.»
Ora sì che l’aveva colpita, era senza parole, non si aspettava certo avesse un uso così singolare. Glielo porse, e le disse di portarlo sempre al collo. Infine, le diede lo scialle.
«Che cosa dovrei farci? Non ho più freddo, grazie... oltretutto non si intona con il mio abbigliamento!»
Stava ritrovando un po’ di coraggio, oppure la disperazione aveva prevalso sul buon senso. Come risposta, Anthony si mise a ridere divertito.
«Non è un indumento: se lo indossi, non ti proteggerà solo dal freddo, ma anche dal fuoco, è una sorta di scudo che muta secondo le tue necessità. E stai tranquilla, una volta indossato diventa trasparente, per cui potrai abbinarlo con tutto! Il mantello, invece, ti permetterà di volare.»
Doveva ammetterlo, l’aveva stupita. E lei che aveva pensato volesse morderla sul collo, come nei migliori racconti di vampiri che aveva letto. Stava quasi per ridere di se stessa, della figura che aveva fatto, quando Anthony le si avvicinò con passo felpato alle spalle, immobilizzandola.
La guardò serio.
«Ora non mi resta che morderti e farti diventare come me! Mi sento così solo qui sotto…» E fece il gesto di aggredirla.
Kate urlò terrorizzata, chiuse gli occhi e attese, preparandosi al peggio. Quando li riaprì, trovò Anthony piegato in due dal ridere. Si stava prendendo gioco di lei.
«Erano decenni che non ridevo così di gusto, se provassi ancora certe sensazioni avrei sicuramente dolore agli addominali, devo dartene atto.»
«Non è divertente!» protestò Kate.
«Per te forse, ma per me lo è eccome!»
Il suo viso tornò inaspettatamente serio. «Ora basta giocare, torniamo a parlare di cose importanti. Innanzitutto, non entrerai mai più senza il mio permesso nella mia stanza, a ficcanasare tra le mie cose. Sono stato abbastanza chiaro?» la rimproverò con un tono molto severo.
«Adele dovrebbe avertelo insegnato: non è educato. E soprattutto, non è prudente.»
Kate arrossì violentemente.
«Ti starai chiedendo come ho fatto a scoprirti… Molto semplice, puzzi di mortale, anzi, ancora meglio, odori di giovane strega, ed è un profumo che noi sentiamo da lontano. Il loro sangue è delizioso, inoltre il tuo è anche di stirpe reale, non esiste nulla che lo possa eguagliare.»
Kate rabbrividì all’istante. Pensò fosse una buona idea distoglierlo subito da quel pensiero, in fondo erano ancora chiusi lì sotto insieme.
«Mi dispiace, cercavo Daniel e per caso mi sono imbattuta nella tua stanza, la curiosità è stata troppo forte, sebbene sapessi che era scorretto, non ho saputo resistere. Sono mortificata» cercò di giustificarsi.
«Tranquilla, non sono arrabbiato, però lì dentro ci sono oggetti molto pericolosi, poteva succederti qualcosa, e non potrei mai perdonarmelo se ciò accadesse.» Fece una pausa, poi i suoi occhi divennero una fessura iniettata di sangue.
«Daniel?» Ringhiò.
«Non osare mai più pronunciare il suo nome in mia presenza, sono stato abbastanza chiaro? E non dovrai mai rivelare niente di ciò che ci siamo detti o della parentela che c’è tra noi, chiaro?» Sottolineò tutto con uno sguardo assassino, che le fece gelare il sangue.
Le parole si rifiutarono di uscire, così fece un cenno d’assenso con la testa. Ormai aveva intuito che non le avrebbe fatto del male, ma doveva riconoscere che sapeva davvero far paura quando voleva.
«Quel traditore.» Lo disse tra i denti, ma Kate riuscì a sentirlo ugualmente.
Dopodiché, si calmò. Le sorrise, mostrandole la sua dentatura perfetta; incredibilmente simmetrica.
«I canini servono solo per nutrirci, per il resto del tempo non sono visibili, è un adattamento, altrimenti non riusciremmo a passare così inosservati vivendo tra i mortali.»
«Ma prima erano evidenti…» Kate era perplessa.
«Prima, ecco, eravamo stati piuttosto vicini e il tuo profumo è molto buono... Ora che abbiamo chiarito tutto, è meglio se rientriamo, prima che Adele si accorga della tua assenza. Inoltre, se me la concedi, sto davvero morendo di fame!»
Kate sorrise, quando non cercava di spaventarla sapeva essere molto divertente.
Una sensazione di delusione s’impadronì della sua anima, era appena arrivata e già la mandava a casa, senza averle detto nulla della madre o di altre cose importanti di cui avrebbe voluto chiedergli. Ripensò all’inizio della sua frase, e decise che per quella sera aveva già sfidato la sua buona stella a sufficienza, meglio non abusarne e rientrare a casa tutta intera.
..... continua
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