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Autore: dalialio    18/09/2011    4 recensioni
Una ragazza entra a far parte della vita degli agenti dell’NCIS. La sua identità all’inizio li lascerà sconcertati, ma poi si abitueranno alla sua presenza.
La protagonista presto scoprirà di aver creato dello scompiglio nelle loro vite, ma grazie al suo aiuto qualcuno riuscirà a chiarire i propri sentimenti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'She Cαme Into Our Lives And Chαnged Everything'
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Interceding Is Often Hard- Cap 4

Capitolo 4

In cui comprendo che il lavoro in ufficio a tarda ora puo’ giocare dei brutti scherzi




“Com’è andata oggi dallo zio?”, chiese la mamma quella sera a tavola. La casetta che avevamo affittato aveva una grande sala da pranzo, decorata con quadri ai muri e tende di cotone verdi. Certo quello non era lo stile di casa nostra, ma per qualche giorno sarebbe andato più che bene.
“Benissimo”, risposi entusiasta. “Ho conosciuto tutti i suoi colleghi. Sono simpatici”. Misi in bocca un pezzo di bistecca e masticai. “Sono stata praticamente sempre con Abby”, dissi a bocca piena. “Ve la ricordate?”.
“Sì che ce la ricordiamo”, rispose il papà. “Era quella tipa strana che c’era al Ringraziamento di qualche anno fa”.
“Papà”, lo rimproverai, dopo aver ingurgitato metà bicchiere d’acqua per mandare giù il boccone. “Abby non è strana. Lei è fatta così”.
“E che mi dici degli altri?”, continuò la mamma.
“Sono proprio come li immaginavo”, confessai. “Forse anche meglio”. Soprattutto una certa persona, che riuscivo a deridere fin troppo facilmente.
“Beh, sono contenta che ti sia divertita”, disse. “Domani tornerai di nuovo?”.
Mi aprii in un sorriso a trentadue denti. “Assolutamente sì”.




***





“Com’è Gibbs veramente?”, domandò Tony con un tono che palesava la sua maniacale curiosità.
Eravamo tutti in laboratorio di Abby. Io, lei e Ziva eravamo sedute sul pavimento grigio, mentre i due uomini – stranamente più schizzinosi – si erano accomodati sulle sedie del laboratorio.
“In che senso ‘veramente’?”, domandai, mentre mi abbracciavo le gambe e dondolavo su e giù come una bambina. “Lui è così”.
“Oh, andiamo!”, sbottò DiNozzo. “Non può essere davvero... così come lo conosciamo noi!”.
Corrugai la fronte e lo guardai meglio. “Credi che reciti, per caso?”.
“Quando è qua sì”, rispose lui. “Ne sono convinto”.
Ziva sbuffò violentemente. “Lascia perdere DiNozzo”, mi suggerì. “Credo che volesse chiederti se con te si comporta come con noi”.
“No, certo che no”, risposi con un tono che intendeva quanto ovvio fosse ciò che avevo detto. “Lui mi vuole bene”. Mi voltai verso Abigail. “E ne vuole anche ad Abby”.
Non facendo caso più di tanto alle reazioni dei presenti, mi concentrai sulla domanda di McGee.
“Come fa a far uscire dalla cantina le barche che costruisce?”, domandò morbosamente.
Jethro era appassionato di barche. Che io sapessi, ne aveva già costruita una di legno e ne aveva iniziata una seconda. Il mistero era come riuscisse, una volta ultimate, a farle uscire dalla cantina chiusa e interrata dove le costruiva.
“Posso ammettere di non averne la più pallida idea!”, risposi ridendo.
“Ma davvero fuori dal lavoro si comporta come qua?”, continuò DiNozzo, riprendendo il discorso di prima.
Alzai gli occhi al cielo. Quell’uomo non mollava proprio mai. Ora capivo perché Jethro non riusciva a sopportarlo in alcuni momenti. “Sì, è proprio così. Forse in famiglia è un po’ meno severo, ma posso assicurarti che lui è così!”.
“Ah”, fu tutto quello che riuscì a rispondere.
Sembrava che le rivelazioni sul conto di Gibbs riuscissero a scuotere l’intera squadra.




***




Fu quel mercoledì, durante il terzo giorno della mia permanenza all’NCIS, che scoprii qual’era il segreto dell’agente Timothy McGee.
Per due giorni non se n’era minimamente parlato, poi, all’improvviso, tra i membri della squadra non si faceva altro che parlare dell’abilità di Tim come scrittore di romanzi.
Come Abby mi spiegò pazientemente, la settimana prima lei, Anthony, Ziva, Ducky, Palmer e addirittura Jethro avevano scoperto che McGee, con lo pseudonimo di Tom E. Gemcity, che non era altro che l’anagramma del suo nome e cognome, aveva scritto – e addirittura pubblicato – un romanzo. Tutto ciò non avrebbe dato vita a questo grande scompiglio se non fosse stato per il fatto che i personaggi da lui creati non erano del tutto inventati...
Come McGee aveva alla fine confessato, per ideare i personaggi della storia aveva preso liberamente spunto dai suoi colleghi. Forse anche un po’ troppo liberamente.
Sia per nome che per personalità, era semplice poter identificare il personaggio del logorroico Tommy in DiNozzo. L’intrepida agente del Mossad Lisa non era altro che Ziva. Pimmy Jalmer, aiutante del coroner, era la trasposizione letteraria di Palmer. Addirittura Jethro era presente all’interno della storia, nei panni del severo capo della squadra J. Dipps.
Tutto ciò mi fece ridere e destò la mia curiosità. Inaspettatamente, mi sorpresi impaziente che DiNozzo finisse di leggere il libro per avere la possibilità di farlo io stessa.
“O-oh”, rise DiNozzo, seduto alla sua scrivania con il libro di Timothy in mano. “E bravo McGee! Ha davvero azzeccato il tuo personaggio, Ziva”, commentò, appoggiando i gomiti sul tavolo e tenendo il libro davanti la faccia così che per me era difficoltoso scorgere il suo viso dalla scrivania di Jethro. Era sera e le luci soffuse proiettavano in giro delle strane ombre nere e arancioni, che facevano svuotare gli uffici – anche quello di Jethro – e facevano impigrire qualsiasi sguardo sveglio. Anche il mio.
“Davvero?”, fece Ziva dalla sua postazione, alzando la testa dal foglio su cui aveva scritto alacremente fino a quel momento. “Perché?”, chiese freddamente, ma io riuscii comunque a scorgere nel suo tono di voce un filo di morbosa curiosità.
“Beh”, iniziò Tony, “il desiderio di Lisa nei confronti di Tommy è espresso apertamente e corrisponde alla realtà”. Iniziò a leggere un passo del racconto molto esplicito, incurante della mia presenza a qualche metro di distanza da lui.
Così concentrato com’era a leggere, Tony non si accorse che Ziva si era alzata dalla sua sedia e, senza far rumore, si era piazzata dietro di lui. Quando lui alzò lo sguardo di fronte a sé e non la vide, corrugò la fronte e assunse un’espressione di disappunto che provocò una risata da parte mia.
Ad un tratto Ziva, con un movimento rapido e secco, si avvicinò da dietro a Tony, spostando la sedia in modo da schiacciarlo contro il tavolo, e gli piantò un ginocchio sul fianco. L’improvvisa espressione di dolore di DiNozzo mi fece quasi star male, ma poi scoppiò in una risatina nervosa e tenni per me le mie ansie.
“Sai Tony, McGee ha ragione”, disse Ziva al suo orecchio con voce suadente. “Mi serve tutta la buona volontà per... resistere al desiderio che provo”.
DiNozzo spalancò gli occhi a quella affermazione, ma continuò a guardare di fronte a sé, palesemente a disagio. “Il-il desiderio?”, balbettò.
“Già”, continuò Ziva. “Non sai quante volte avrei voluto... lasciarmi andare”.
Tony esplose di nuovo in una risatina imbarazzata. “E con ‘lasciarti andare’ intendi...?”, domandò.
“Abbandonarmi ai sensi”, rispose Ziva avvicinandosi ancora di più al suo orecchio. “Cedere al desiderio”.
DiNozzo avvampò e spalancò ancora di più gli occhi. Temevo che da un momento all’altro gli sarebbe uscito del fumo dalle orecchie.
“Quindi, quella volta che siamo stati sotto copertura insieme...*”, fece Tony.
“C’ero andata molto vicino, la prima notte”, confessò Ziva. “Però credo che mio padre non avrebbe approvato”.
“Ah no?”, disse Tony, che sembrava essere rinsavito. “È perché non sono ebreo?”.
“No, non è per questo motivo”, rispose lei. Poi, improvvisamente, spostò ancora più avanti la sedia, schiacciando DiNozzo contro la scrivania tanto da farlo rimanere senza fiato. “È che a lui non piace quando... massacro le persone”, disse a denti stretti, fingendo un tono duro. Poi si mise a sogghignare.
“Ah-ah-ah”, rise fintamente Tony. Si voltò di scatto verso Ziva. “Comunque non ti ho creduta neanche per un secondo”, disse, cercando di assumere un’espressione indifferente. Ma io avevo visto la sua faccia durante la conversazione e avevo intuito la verità.
“Certo, ti credo”, rispose Ziva ridendo. Mentre tornava al suo posto, si voltò verso di me e mi lanciò un’occhiata accompagnata da uno strano sorrisino. La sua espressione sembrava quasi... vittoriosa. In quel momento, ebbi l’impressione che la scenetta che aveva messo in piedi le fosse servita a marcare il territorio. Mi limitai a guardarla mentre tornava a sedersi al suo posto.
Dopo qualche minuto di silenzio, resami conto che non c’era nessuno in ufficio a parte noi tre, mi assalì l’intenso desiderio di andare a Abby.
Mi alzai dalla sedia recuperando la mia borsa dal pavimento, poi mi diressi in silenzio verso l’ascensore posteriore, lasciando Ziva e Tony immersi tra le ombre arancioni e nere.
__________________________

Nota di fine capitolo:

*: La situazione cui fa riferimento Tony quando parla della “copertura” è nell’episodio 3x8, quando Tony e Ziva si fingono dei killer professionisti e fingono di andare a letto insieme.












*Nota dell’autrice*

Chiedo umilmente perdono per questo capitolo... *si inginocchia per terra e si prostra ai lettori* Se state pensando che la scena tra Tony e Ziva vi sia familiare è perché lo è. La scena Tiva è realmente accaduta: ha avuto luogo nell’episodio 4x10. In quella puntata e nella 4x9 si parla del libro di McGee, che viene letto dai suoi compagni di squadra e che, nell’ultimo episodio citato, provoca una brutta avventura alla povera Abby (ovvero un fan psicopatico del libro di McGee vuole ucciderla).
Ho fatto mia la scena Tiva perché mi serviva per mandare avanti la storia: mentre pensavo a come farla evolvere mi sono ricordata dell’episodio in cui aveva avuto luogo la scena. Senza rendermene conto ho iniziato a scrivere e poi non sono più riuscita a modificare il capitolo :( I dialoghi, comunque, li ho modificati un po’ e, diversamente dalla puntata della serie, è presente la nostra eroina Amy ;) Nella mia storia, comunque, la disavventura di Abby non ha avuto luogo (perché non incide nel proseguimento).
Spero non vi siate arrabbiati per questo capitolo e spero che, nonostante questo incidente di percorso, continuiate a seguire la mia storia. Vi prometto che nei prossimi capitoli non succederà più una cosa del genere! Non mi ispirerò più a puntate della serie, lo giuro! :) :)
Rompo le scatole ancora ricordando a tutti che la mia storia non si inserisce in un preciso punto della linea temporale della serie, poiché la scena Tiva avviene nell’episodio 4x10 quando come direttore c’è ancora Jenny Shepherd, mentre in questa ff, come si potrà capire da qualche capitolo futuro, il direttore è Vance.
   
 
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