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Autore: kaos3003    18/09/2011    3 recensioni
Scritta per il contest "Eroi della mitologia classica" indetto da +Chu+
Bill deve vedersela con la sua trasformazione e un desiderio senza nome e volto.
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Titolo: Bisogna assaporare la parte più profonda e oscura di noi stessi
Nome del Pacchetto: Ila
Prompt scelti: oltre a Bill e “Lasciarsi trasportare dalla corrente”, ho scelto Remus e il prompt “cicatrici” (in teoria c'è anche “matrimonio”, ma è in misura minore)
Personaggi: Bill, Remus (Lunastorta), Fleur a comparsa
Rating: giallo
Genere: generale, vagamente erotico
Avvertimenti: Slash (vago, ma c’è), UST, comportamento animale, linguaggio leggermente scurrile
Beta-reading: no per mancanza di tempo
NdA: La colonna sonora per questa storia è “Le vent nous portera” dei Noir Désir, canzone da cui ho mutuato il titolo. Come è ovvio i personaggi e le ambientazioni non mi appartengono, ma chiedete a JK Rowling, lei vi saprà dare maggiori informazioni.

« Come sei riuscito a conciliare la famiglia e la tua natura di lupo? »
« Non ci sono riuscito. Ninfadora si è adattata a Lunastorta ».

Era fuoco quello che gli scorreva nelle vene e gli solleticava le narici e le cicatrici come un vento impetuoso ed inarrestabile. Era di fuoco ed erba bagnata dalla rugiada di quel freddo e puzzolente dicembre l’odore che l’aria fetida e inquietante, proveniente da Londra, gli schiaffava in faccia quella sera.
Bill cercò di voltarsi sul fianco e di staccarsi dal lenzuolo, appiccicoso per il sudore, senza disturbare la sua compagna di letto. Si sentiva febbricitante e i rivoli d’aria gelida che penetravano dalle imposte sembravano pungergli la pelle come spilloni, mentre il lenzuolo di cotone sfregava contro l'interno della sua coscia.
Era abituato a non poter riposare nelle notti di luna piena, ma aveva avuto una giornata sfiancante all'Ufficio per la Regolamentazione delle Creature Magiche e aveva sperato di poter riposare tranquillamente quella notte, anche se solo per qualche ora.
Ormai completamente sveglio cercò di liberarsi da quel letto, deciso a trovare almeno sollievo dal calore asfissiante. Un soffice mucchio di coperte gli costringeva le gambe e il proprio respiro affannoso gli rimbombava nelle orecchie e nelle tempie, mescolandosi lentamente con i rumori della notte e il battito del cuore della donna che dormiva accanto a lui.
Una donna... Fleur... sua moglie, cercò di ricordare, mentre gettava le gambe oltre il bordo del letto e si avviava verso il bagno, ormai rassegnato a prendersi quanto restava della nottata per pisciare e farsi una doccia gelata. E per stare lontano da quella camera dove perfino le ortensie sembravano puzzare.
Il pavimento sotto i suoi piedi era gelato, mentre le pareti sembravano stringersi per soffocarlo e i fiori secchi protendersi per sfiorargli la pelle. Grazie a Merlino aveva convinto Fleur a non mettere quella carta da parati con le rose oppure ora l'avrebbe strappata fino a farsi sanguinare le unghie. O l'avrebbe fatto il lupo che correva da qualche parte nel bosco lì vicino, se fosse riuscito ad entrare in casa, perché certamente Bill non avrebbe trovato la forza di fermarlo nemmeno fosse stata in ballo la sua vita.
Domattina sarebbe stato tutto diverso, continuava a ripetersi, mentre percorreva il corridoio, sfregandosi le braccia per alleviare il pizzicore alla pelle e lasciandovi scie rossastre. Domattina sarebbe stato tutto diverso e Fleur si sarebbe occupata di ogni suo malessere con amore e pazienza. Purtroppo, almeno per stanotte, il solo dormirle accanto non sarebbe sembrato giusto, per non dire che gli sarebbe stato disgustoso.
Era in momenti come questo che gli mancavano la sua tenda e il suo sacco a pelo sulle sabbie roventi dell’Egitto.
Quando entrò nel piccolo bagno aveva un passo malfermo e il riflesso restituitogli dallo specchio sembrava appena una misera parodia dello schifo che si sentiva, mentre si abbandonava contro lo stipite per riprendere fiato. Non che fosse una novità, le lune piene avevano uno strano effetto sul suo ‘organismo ibrido, difficile da prevedersi e controllare’, come sostenevano alcuni ‘luminari’ del San Mungo.
Luminari. Remus continuava a ripetere che quelli non avrebbero saputo distinguere una ferita da incantesimo da un taglio fatto con il coltello da pane, figurarsi spiegare i problemi di un quasi lupo mannaro. Non capivano ancora quelli di un vero mannaro, sibilava, mentre si accarezzava una vecchia cicatrice sul collo, quasi gli dolesse ancora.1
Il vecchio orologio, regalatoli da uno zio di sua madre per il matrimonio, batté quattro ritocchi. Il legno contro il suo fianco sembrava scaldarsi velocemente e le piccole schegge parevano entrargli nella carne, quasi volessero costringerlo a muoversi. Sarebbe volentieri rimasto immobile su quella soglia, purtroppo i suoi muscoli e i suoi nervi sembravano d'altro avviso.
I suoi passi risuonavano come tamburi sulle piastrelle - o forse era solo la sua ipersensibilità a percepirli così accentuati. Era sempre più difficile distinguere le due nuove realtà - e presto arrivò a scontrarsi con la fresca superficie di vetro, occhi negli occhi con quel relitto umano ansimante e febbricitante. Se non fosse stato solo nella stanza, avrebbe giurato che il ragazzo pallido, madido di sudore e ad un soffio dallo schiantarsi al suolo fosse qualcun altro; purtroppo la zanna all’orecchio e le lunghe ciocche rosse incollate alla fronte davano adito a ben pochi dubbi.
Bill artigliò saldamente il lavandino, cercando di recuperare fiato e lucidità. Era dicembre, c’era la luna piena e lui si sentiva andare a fuoco da ore, precisamente da quando si era seduto sul portico con Remus, spalla contro spalla, coscia contro coscia, in una vicinanza che il freddo assolutamente non giustificava.


« Non si preoccuperà ? »
« Non conosco nessuno capace di preparare la pozione. E poi, questa radura è abbastanza isolata, è la soluzione migliore ».

“Col cazzo!” pensò, spogliandosi e precipitandosi sotto l’acqua gelida. Da ormai troppi cicli lunari quelle docce erano diventate il suo unico sollievo, mentre la bestia che dormiva dentro di lui lottava per prendere il controllo.
Le gocce tintinnavano sulla sua pelle e i lunghi capelli rossi gli si incollavano alla schiena e sul collo, mentre i rivoli lavavano via l’odore di sudore stantio e si mescolavano a quello fresco. Dalla piccola finestra del bagno, lasciata perennemente aperta, proveniva ancora quel forte odore d’erba bagnata, ma stavolta era unito a qualcos’altro, qualcosa di penetrante, forte e dominante, qualcosa che gli faceva tendere perfino le dita dei piedi, pronto ad un qualsiasi scatto...
Un ululato fendette l’aria, seguito dallo stridio di un gufo e Bill spalancò gli occhi e la bocca, ingoiando acqua e il sudore che gli scendeva dalle tempie. Qualcuno, o qualcosa, correva velocemente nei pressi della casa, calpestando i rami secchi e spezzando gli arbusti che circondavano le aiuole; l'’indomani Fleur sarebbe stata furiosa per lo scempio dei suoi fiori, ma lui non riusciva a curarsene: tutto quello a cui pensava era un vento furioso, capace di sollevare la terra e la sabbia e sbatterle violentemente su gambe, su zampe scattanti in quella serata tempestosa.
L’acqua gelida gli batteva sulla schiena e il raspare delle zampe sulle rocce della costiera gli riempiva le orecchie e la testa, mentre le cicatrici bruciavano e tendevano la pelle all’inverosimile. Non poteva trasformarsi, il morso non era stato abbastanza profondo da infettarlo completamente, ma il suo corpo e il suo uccello dovevano essersi persi la notizia perché le cellule dell'epidermide lottavano per diventare pelo e la sua erezione si alzava per l’odore del maschio sotto la sua finestra.
Bill gemette, premendo la fronte contro le piastrelle e massaggiandosi freneticamente la coscia. Lunastorta doveva aver abbandonato nuovamente la radura per esplorare quell’immenso territorio sconosciuto, finendo ancora una volta sotto casa sua, e quel poco di lupo che c’era in Bill sembrava non aver aspettato altro. Aveva lo sfocato ricordo di un sogno su una gola coperta di pelo e delle zampe...
Un secondo ululato lo raggiunse e, che Merlino lo aiutasse, Bill sentì semplicemente la voglia selvaggia di uscire e raggiungere l’altro lupo.
Al diavolo il matrimonio, al diavolo Fleur e la sua famiglia, se non fosse stato sicuro che Remus e l’essere umano, al momento addormentato in lui, lo avrebbero odiato il mattino dopo, sarebbe corso fuori per premersi contro l’altro lupo, quasi fosse, che Merlino lo aiutasse, una cagna in calore.
Infuriato diede un pugno alla parete, lasciandosi poi scivolare a terra, tremante e stremato.
Aveva il fiato corto perché, sebbene sentisse ormai da mesi l'influsso della luna, quegli istinti e quella realtà sensoriale lo sfinivano e gli facevano desiderare di non aver mai avuto bisogno di quei colloqui e della vicinanza del licantropo.
La ceramica sotto i suoi piedi era gelida e l'acqua che gli scorreva addosso gli metteva i brividi, o forse erano le fetide esalazioni dei Dissenatori che, in quei giorni, ingombravano i cieli dell'Inghilterra.
Permettere a Remus di rimanere quelle notti era stata una pazzia e ormai Fleur trasaliva ad ogni rumore di materializzazione, ma suo padre glielo aveva assicurato: i lupi mannari erano stati confinati sui territori a nord e non c'era modo che qualcuno riconoscesse il buon vecchio Lupin, almeno finché era trasformato.
Bill gemette, passandosi una mano sul volto e una sull'interno coscia fino a dietro il ginocchio. Non doveva cedere, non stanotte, doveva ricordare quanto gli aveva detto l'uomo qualche ora prima.
« La luna porta strane sensazioni » aveva mormorato Remus quella sera, mentre stavano sotto quel portico. L’uomo si era stirato, sfiorando con le dita le assi - le stesse assi su cui ora Lunastorta stava scavando piccoli solchi, graffiando con impazienza -, mentre il maglione tarlato si sollevava appena, scoprendo una cicatrice sul fianco. Bill non ricordava se quella cicatrice fosse frutto dell’attacco che l’aveva trasformato, di una trasformazione giovanile o di una battaglia, ma sapeva che correva lungo l’anca e sull'inguine, fino a sfiorargli il sesso.
Merlino, ormai lo aveva medicato talmente tante volte che conosceva a memoria le sue cicatrici, e questo lo terrorizzava.
« La luna porta strane sensazioni, Bill » aveva ripetuto Remus, ad ogni sillaba sempre più Lunastorta e meno uomo. « Alcune le hai viste, ad altre ti abituerai, ma non dubitare mai di quello che vuole la tua parte umana ».
E in quel momento Bill avrebbe voluto maledirlo, prenderlo a pugni e morderlo perché in quei primi giorni non capiva. Cristo, se il San Mungo continuava a ripetergli che era umano, che non gli sarebbero mai spuntati gli artigli o il pelo, da chi diamine doveva distinguersi?
« Io sono umano... »
« Non sei più umano di me » lo aveva interrotto Remus, avviandosi verso la radura. « E io di certo non lo sono. Siamo lupi mannari, Bill, tu hai semplicemente un aspetto più gradevole ».
« E cosa vorrebbero l’uomo e il lupo? »
Ed era una domanda idiota, lo sapeva qualche ora prima ancora prima di aprir bocca e lo sapeva ora, ma, grazie tante, lui non era 'un lupo dall’aspetto gradevole'. Non più, almeno.
Merlino, nemmeno ricordava l’ultima volta che aveva girato per Diagon Alley a volto completamente scoperto senza terrorizzare la gente - forse non era nemmeno mai successo, ma lo desiderava così tanto che poteva quasi sentire il rivolo fresco dell'aria sulla pelle e l'odore dei gelati di Fortebraccio senza che si mescolasse con l'antitarme di cui Fleur inondava i cassetti.
« L’uomo te l’ha già detto: ti sei sposato con una donna splendida ed innamorata. Il lupo... Il lupo ti chiederà altro. Altri lupi, probabilmente ».
Doveva avere un’espressione sconvolta, perché Remus gli rivolse quello sguardo comprensivo che sua madre - no, non voleva pensare a sua madre, non in quel momento, non con l’immagine dei fianchi stretti di quella bestia in testa - descriveva come ‘lo sguardo del perfetto professore’.
« È normale, Lunastorta vuole il suo branco e lo stesso farà il tuo lupo. Per questo non devi lasciare la tua parte umana, per tornare da tua moglie ».
E ci provava, oh, se ci provava. Nella testa aveva solo il ricordo di due occhi ambrati e di cosce forti e muscolose, ma cercava di seppellirle sotto rivoli d’acqua gelida e l'immagine dei fianchi pieni di Fleur ogni mese dal giorno dell’attacco.
I medimaghi aveva poco da dire sul ‘non essere un lupo mannaro’, pensò, uscendo dalla doccia e avvolgendosi un asciugamano attorno ai fianchi. Fuori pioveva e l’odore del pelo bagnato di quel lupo gli stava tormentando le narici e il cervello; se fosse uscito, avrebbe sentito sotto le sue dita il frenetico scattare dei muscoli...
Con un ringhio Bill si precipitò verso la camera, ancora bagnato e nudo. Il petto di Fleur si sollevava appena, scostando lievemente la camicia maschile che aveva indosso e facendo intravedere la curva di un seno.
Lunastorta ululò ancora e Bill si lanciò sul letto. Se avesse continuato sarebbe sceso e gli avrebbe impedito di ululare.
« Uhm... Bill... »
Il ragazzo si voltò. Fleur lo osservava attraverso le palpebre appena sollevate, gli occhi gonfi per il sonno e i capelli scompigliati. Certamente Ron non l'avrebbe trovata così attraente in quel momento, ma, diamine, era sempre bella.
« Scusami » mormorò, allungandosi per baciarla. « Dormi, Fleur ».
Probabilmente le aveva baciato il naso – o, peggio, le aveva dato una 'leccata' -, ma anche fosse sua moglie aveva deciso di far finta di nulla. Remus aveva ragione: aveva sposato una bella donna innamorata.
Remus... Un latrato spezzò il silenzio che si era creato fra loro, mentre la luna si eclissava dietro una nuvola. Avrebbe dovuto sopportare una nuova trasformazione, ma lui, almeno per qualche minuto, avrebbe ritrovato la lucidità.
« Sperou che domani stia meio2 » mormorò Fleur, sdraiandosi nuovamente e chiudendo gli occhi. Quando la nube scoprì la luna, la ragazza era già addormentata e lui poté schiacciarsi un cuscino sulla faccia, respirando a fondo l'odore di sapone e gemendo all'ennesimo guaito del lupo.
Domani sarebbe sceso. Domani notte sarebbe sceso, magari con quella succosa e sanguinolenta costata che avevano nel frigo e avrebbe cercato di tenere tranquillo Lunastorta, magari questo avrebbe chetato anche quanto di lupesco c'era in lui e, soprattutto, non avrebbe disturbato Fleur.
Già, lo avrebbe fatto per non disturbare Fleur, perché questo voleva il suo lato umano e da questo doveva lasciarsi condurre, anche a costo di annegare nella propria doccia.


« Quindi a Lunastorta piace Tonks ».
« L’accetta. Lunastorta è pazzo, ma riesce a sopportare piccole imposizioni quando riposa ».


1. Il particolare deriva dalla mia raccolta “In odor di menzogna”. Che sia un'impressione di Remus e della sua mancata accettazione o veramente il morso di un lupo mannaro sia perennemente infetto non ha grossa importanza.

2. « Spero domani stia meglio ». Fleur è francese e, benché riesca a palare inglese, non ha mai perso l'accento. Ho scelto di applicare lo stesso “trucco” adottato da JK Rowling, ossia la storpiatura di alcune parole e l'aggiunta della vocale “u” in fine dei parola con vocale “o”.

   
 
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